Laureato nel 2001 al Dams di Bologna ma nato e cresciuto a Milano. Città dove attualmente vivo e lavoro.
Teamplayer e rivendicatore della libertà di espressione fra Politica, Musica e Spettacolo. Sogno una nuova Nouvelle Vague da ricreare a Milano fra una vecchia canzone anni '80 e un goal del... Milan!
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σπούδασε Laurea in D.A.M.S. στο Facolta degli Studi di BolognaClass of 2001
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27/10/1977
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EFFETTO MAMDA – yes, but… calma
Quando si percepiscono venti di cambiamento, parole di speranza e propositi basati su solidarietà e bene comune, è umano lasciarsi trascinare.
Ci emozioniamo, ci esaltiamo, sentiamo di nuovo che “qualcosa si muove”.
Ma — proprio perché di illusioni ne abbiamo collezionate parecchie — un po’ di prudenza civica non guasta.
È un bel risultato, quello dei cittadini di New York con l’elezione di Zhoran Mamdani. Faccia pulita, linguaggio diretto, spirito socialdemocratico e un programma che mette al centro i diritti di tutti.
Bello, ispirante. Ma da qui a farne un modello da importare chiavi in mano per Milano... calma.
Negli ultimi giorni si è scatenata una specie di febbre da “Effetto Mamda”: c’è chi sogna di trovare un sindaco simile, chi lancia sondaggi come se si trattasse di un casting per il Grande Fratello della politica civica. Tutto comprensibile. Ma davvero crediamo che basti un volto giovane e carismatico per rimettere in sesto una città ferita da anni di malgoverno e autoreferenzialità?
Non è pessimismo, ma memoria. E qualche punto fermo ci serve per non ripetere gli stessi errori
Tre cose semplici da considerare:
1️⃣ Milano non è New York.
Le due città hanno morfologie, mix sociali e strutture urbanistiche profondamente diverse. Laddove New York è un mosaico di distretti autonomi e di comunità organizzate, Milano vive ancora una rigida centralizzazione amministrativa e un’urbanistica spesso piegata agli interessi immobiliari. I modelli non si “esportano”: si contestualizzano.
Forse ora come ora qualunque schema ci sembra "oro colato" davanti al fallimento del "Modello Milano".
2️⃣ Basta con l’uomo solo al comando.
L’eroe solitario, bello e magnetico come un dio pagano, non serve più. Lo abbiamo visto, lo abbiamo applaudito, e troppe volte ci ha deluso. Il cambiamento vero nasce dal lavoro collettivo, dalle reti civiche, dalla condivisione del potere decisionale.
Ma a patto che sapremo guardare oltre la concorrenza fra i nostri gruppi politici di opposizione e mettendo da parte le mire personali. Altrimenti la disfatta del 2021 sarà la stessa. Basta guardarsi in cagnesco quindi e ripartiamo.
3️⃣ Le intenzioni non bastano.
Stiamo già brindando a un cambiamento che deve ancora tradursi in politiche concrete. È un po’ come il Nobel a Obama: simbolico, ma prematuro. Dietro ogni volto nuovo serve un progetto, una visione collettiva e strutturata.
E quindi?
Non è questione di non credere al cambiamento. È questione di non farsi incantare dai riflessi del cambiamento apparente.
Per Milano, serve una rotta chiara:
Un candidato empatico ma circondato da una squadra forte, capace di ricucire il legame fra istituzioni e cittadini. Il leader da solo non basta più.
Un programma concreto, pochi punti ma chiari, costruiti dai quartieri verso il centro. Basta libri dei sogni, servono agende nate dal basso: dal trasporto pubblico all’abitare, dalla giustizia sociale alla qualità della vita.
Un patto civico nuovo, dove le Municipalità non siano più la “Serie B” della politica, ma il cuore pulsante del cambiamento reale.
Milano non ha bisogno di un Messia o di un guru come di un profeta, ma di un’etica pubblica nuova.
Una mentalità diversa, che parta da noi cittadini attivi. Perché senza una spinta collettiva, nemmeno il “Mamdani” più ispirato potrà salvarci.
Va bene esultare, sognare, farsi contagiare da un entusiasmo sano.
Ma ricordiamoci che ogni sbornia finisce… e il lunedì arriva per tutti.
In bocca al lupo, “Mamda”. Ora tocca a noi.
Posiamo i calici e mettiamoci al lavoro.
#EffettoMamda #MilanoCivica #PoliticaConcreta #CambiamentoVero #LeadershipDiffusa #Partecipazione #CittàCheCambia #AttivismoCivico✳️ EFFETTO MAMDA – yes, but… calma ✳️ Quando si percepiscono venti di cambiamento, parole di speranza e propositi basati su solidarietà e bene comune, è umano lasciarsi trascinare. Ci emozioniamo, ci esaltiamo, sentiamo di nuovo che “qualcosa si muove”. Ma — proprio perché di illusioni ne abbiamo collezionate parecchie — un po’ di prudenza civica non guasta. ✋ È un bel risultato, quello dei cittadini di New York con l’elezione di Zhoran Mamdani. Faccia pulita, linguaggio diretto, spirito socialdemocratico e un programma che mette al centro i diritti di tutti. Bello, ispirante. Ma da qui a farne un modello da importare chiavi in mano per Milano... calma. Negli ultimi giorni si è scatenata una specie di febbre da “Effetto Mamda”: c’è chi sogna di trovare un sindaco simile, chi lancia sondaggi come se si trattasse di un casting per il Grande Fratello della politica civica. Tutto comprensibile. Ma davvero crediamo che basti un volto giovane e carismatico per rimettere in sesto una città ferita da anni di malgoverno e autoreferenzialità? Non è pessimismo, ma memoria. E qualche punto fermo ci serve per non ripetere gli stessi errori 👇 ⚖️ Tre cose semplici da considerare: 1️⃣ Milano non è New York. Le due città hanno morfologie, mix sociali e strutture urbanistiche profondamente diverse. Laddove New York è un mosaico di distretti autonomi e di comunità organizzate, Milano vive ancora una rigida centralizzazione amministrativa e un’urbanistica spesso piegata agli interessi immobiliari. I modelli non si “esportano”: si contestualizzano. Forse ora come ora qualunque schema ci sembra "oro colato" davanti al fallimento del "Modello Milano". 2️⃣ Basta con l’uomo solo al comando. L’eroe solitario, bello e magnetico come un dio pagano, non serve più. Lo abbiamo visto, lo abbiamo applaudito, e troppe volte ci ha deluso. Il cambiamento vero nasce dal lavoro collettivo, dalle reti civiche, dalla condivisione del potere decisionale. Ma a patto che sapremo guardare oltre la concorrenza fra i nostri gruppi politici di opposizione e mettendo da parte le mire personali. Altrimenti la disfatta del 2021 sarà la stessa. Basta guardarsi in cagnesco quindi e ripartiamo. 3️⃣ Le intenzioni non bastano. Stiamo già brindando a un cambiamento che deve ancora tradursi in politiche concrete. È un po’ come il Nobel a Obama: simbolico, ma prematuro. Dietro ogni volto nuovo serve un progetto, una visione collettiva e strutturata. 💡 E quindi? Non è questione di non credere al cambiamento. È questione di non farsi incantare dai riflessi del cambiamento apparente. Per Milano, serve una rotta chiara: Un candidato empatico ma circondato da una squadra forte, capace di ricucire il legame fra istituzioni e cittadini. Il leader da solo non basta più. Un programma concreto, pochi punti ma chiari, costruiti dai quartieri verso il centro. Basta libri dei sogni, servono agende nate dal basso: dal trasporto pubblico all’abitare, dalla giustizia sociale alla qualità della vita. Un patto civico nuovo, dove le Municipalità non siano più la “Serie B” della politica, ma il cuore pulsante del cambiamento reale. Milano non ha bisogno di un Messia o di un guru come di un profeta, ma di un’etica pubblica nuova. Una mentalità diversa, che parta da noi cittadini attivi. Perché senza una spinta collettiva, nemmeno il “Mamdani” più ispirato potrà salvarci. Va bene esultare, sognare, farsi contagiare da un entusiasmo sano. Ma ricordiamoci che ogni sbornia finisce… e il lunedì arriva per tutti. 🍷 ➡️💼 In bocca al lupo, “Mamda”. Ora tocca a noi. Posiamo i calici e mettiamoci al lavoro. #EffettoMamda #MilanoCivica #PoliticaConcreta #CambiamentoVero #LeadershipDiffusa #Partecipazione #CittàCheCambia #AttivismoCivico0 Σχόλια 0 Μοιράστηκε 51 ViewsΠαρακαλούμε συνδέσου στην Κοινότητά μας για να δηλώσεις τι σου αρέσει, να σχολιάσεις και να μοιραστείς με τους φίλους σου! -
È uscito il nuovo numero de Il SUD Milano – Novembre 2025!
Torna l’appuntamento con l’informazione libera e partecipata dei quartieri del Sud Milano.
Un numero intenso, che apre con un approfondimento sui femminicidi, con un’intervista esclusiva alle operatrici di Di.Re – Donne in rete contro la violenza.
All’interno trovi anche:
Le storie di rinascita della Cascina Campazzino e del Centro Asteria
Interviste, cultura, teatro e musica
Le rubriche su libri, serie TV, pet therapy e gite fuori porta
In distribuzione da mercoledì 5 novembre nei Municipi 4, 5 e 6.
Leggilo anche online o scarica la versione digitale https://share.google/nP8tITck3oqMOj2W3
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#ilSudMilano #Novembre2025 #giornalismoindipendente #cronacalocale #MilanoSud #cultura #territori #attualità #freepress📢 È uscito il nuovo numero de Il SUD Milano – Novembre 2025! 🗞️ Torna l’appuntamento con l’informazione libera e partecipata dei quartieri del Sud Milano. Un numero intenso, che apre con un approfondimento sui femminicidi, con un’intervista esclusiva alle operatrici di Di.Re – Donne in rete contro la violenza. 👉 All’interno trovi anche: ✔️ Le storie di rinascita della Cascina Campazzino e del Centro Asteria ✔️ Interviste, cultura, teatro e musica ✔️ Le rubriche su libri, serie TV, pet therapy e gite fuori porta 📖 In distribuzione da mercoledì 5 novembre nei Municipi 4, 5 e 6. 💻 Leggilo anche online o scarica la versione digitale 👉 https://share.google/nP8tITck3oqMOj2W3 🔗 Seguici su Facebook per rimanere aggiornato: facebook.com/ilSUDMilano #ilSudMilano #Novembre2025 #giornalismoindipendente #cronacalocale #MilanoSud #cultura #territori #attualità #freepress0 Σχόλια 0 Μοιράστηκε 345 Views1
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CATEGORIE INVISIBILI
Beffa ai caregivers
Ci sono tematiche che, purtroppo, passano inevitabilmente in secondo piano.
Di sicuro perché viviamo in un Paese “strano” — per usare un eufemismo — capace di empatizzare con il dolore di popoli lontani, eppure totalmente indifferente davanti alle “peggio porcate” che ogni anno ci servono in tavola con la Manovra economica.
Un piatto indigesto, puntuale come le abbuffate natalizie.
E per chi, come il sottoscritto, proviene da percorsi di vita e di studio di carattere umanistico, è impossibile non volgere lo sguardo al dato umano.
Quello che manda avanti una società, che tiene in piedi un partito o un movimento politico, nonostante tutto.
Mi spiace dover constatare, ancora una volta, che dopo la cultura, a non godere dei dovuti riguardi siano le politiche sociali.
Nonostante gli appelli di organizzazioni e associazioni di settore, certe riforme rimangono in un eterno “limbo”, fino a concretizzarsi in reali beffe.
E ogni volta c’è qualcuno pronto a giustificarle con la solita scusa della coperta corta, vero?
Oppure, diciamola tutta: ci sono argomenti che non sono “politicamente cavalcabili”.
Basta ipocrisie, non siamo più bambini.
Stavolta tocca ai Caregiver di tutta Italia.
Persone che da anni attendono una legge capace di offrire un riconoscimento sociale, giuridico ed economico, oltreché dignità.
Parliamo di decine di migliaia di caregiver familiari, in larghissima parte donne over 40, conviventi con chi assistono, impegnate in turni infiniti di cura: 24 ore al giorno, 7 giorni su 7.
Persone che sacrificano salute, tempo, vita professionale e spesso anche la propria identità pur di garantire assistenza continua a un familiare.
E cosa prevede la nuova Manovra?
Secondo l’art. 53, sarà istituito un fondo per il “finanziamento delle iniziative legislative a sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare, con una dotazione di 1,15 milioni di euro per l’anno 2026, e di 207 milioni annui a decorrere dal 2027”.
Una mancetta.
Una cifra ridicola se rapportata al fabbisogno reale di un Paese in cui il welfare familiare regge spesso dove lo Stato si dissolve.
E la cosa più triste è che il Ministero — nella figura di Alessandra Locatelli — si dà alla macchia.
Complice forse il fatto di giovare di un anonimato comodo, al riparo dai riflettori che illuminano ministri più “macchiettistici” come Giuli, Tajani, Crosetto & Friends.
Il Governo tace anche di fronte agli appelli e alle legittime richieste di realtà associative come
“Genitori Tosti in Tutti i Posti”, FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e CONFAD (Coordinamento Nazionale Famiglie con Disabilità).
E allora diciamolo: non è una questione di ideologia politica.
La vera colpa, di qualunque governo, è non voler guardare in faccia la realtà.
Non voler ascoltare chi vive quotidianamente le fragilità del Paese reale.
Perché le categorie invisibili sono tante.
Padri separati, nuclei monogenitoriali in stato di vedovanza, famiglie schiacciate da un ISEE che punisce invece di tutelare.
Tutti ignorati in nome di “altre priorità”.
Oppure, peggio ancora, scaricati sulle Regioni.
Ridurre tutto all’ennesimo scontro di contrade ideologiche è il più grande errore di chi governa e di chi si oppone.
Perché non è una questione di colore politico, ma di sensibilità.
Quando la politica tornerà a essere studio, ascolto e visione, e non semplice folclore di piazza, forse potremo scrivere un’agenda reale delle priorità di questo Paese.
Ma servirà qualcosa che oggi manca più di ogni altra risorsa:
uomini e donne di buona volontà.
#Caregiver #Manovra2025 #PoliticheSociali #Invisibili #Welfare #DirittiNegati #GiustiziaSociale #Politica #SocietàCivile #dignitàCATEGORIE INVISIBILI Beffa ai caregivers Ci sono tematiche che, purtroppo, passano inevitabilmente in secondo piano. Di sicuro perché viviamo in un Paese “strano” — per usare un eufemismo — capace di empatizzare con il dolore di popoli lontani, eppure totalmente indifferente davanti alle “peggio porcate” che ogni anno ci servono in tavola con la Manovra economica. Un piatto indigesto, puntuale come le abbuffate natalizie. E per chi, come il sottoscritto, proviene da percorsi di vita e di studio di carattere umanistico, è impossibile non volgere lo sguardo al dato umano. Quello che manda avanti una società, che tiene in piedi un partito o un movimento politico, nonostante tutto. Mi spiace dover constatare, ancora una volta, che dopo la cultura, a non godere dei dovuti riguardi siano le politiche sociali. Nonostante gli appelli di organizzazioni e associazioni di settore, certe riforme rimangono in un eterno “limbo”, fino a concretizzarsi in reali beffe. E ogni volta c’è qualcuno pronto a giustificarle con la solita scusa della coperta corta, vero? Oppure, diciamola tutta: ci sono argomenti che non sono “politicamente cavalcabili”. Basta ipocrisie, non siamo più bambini. Stavolta tocca ai Caregiver di tutta Italia. Persone che da anni attendono una legge capace di offrire un riconoscimento sociale, giuridico ed economico, oltreché dignità. Parliamo di decine di migliaia di caregiver familiari, in larghissima parte donne over 40, conviventi con chi assistono, impegnate in turni infiniti di cura: 24 ore al giorno, 7 giorni su 7. Persone che sacrificano salute, tempo, vita professionale e spesso anche la propria identità pur di garantire assistenza continua a un familiare. 👉E cosa prevede la nuova Manovra? Secondo l’art. 53, sarà istituito un fondo per il “finanziamento delle iniziative legislative a sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare, con una dotazione di 1,15 milioni di euro per l’anno 2026, e di 207 milioni annui a decorrere dal 2027”. Una mancetta. Una cifra ridicola se rapportata al fabbisogno reale di un Paese in cui il welfare familiare regge spesso dove lo Stato si dissolve. E la cosa più triste è che il Ministero — nella figura di Alessandra Locatelli — si dà alla macchia. Complice forse il fatto di giovare di un anonimato comodo, al riparo dai riflettori che illuminano ministri più “macchiettistici” come Giuli, Tajani, Crosetto & Friends. Il Governo tace anche di fronte agli appelli e alle legittime richieste di realtà associative come “Genitori Tosti in Tutti i Posti”, FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e CONFAD (Coordinamento Nazionale Famiglie con Disabilità). E allora diciamolo: non è una questione di ideologia politica. La vera colpa, di qualunque governo, è non voler guardare in faccia la realtà. Non voler ascoltare chi vive quotidianamente le fragilità del Paese reale. Perché le categorie invisibili sono tante. Padri separati, nuclei monogenitoriali in stato di vedovanza, famiglie schiacciate da un ISEE che punisce invece di tutelare. Tutti ignorati in nome di “altre priorità”. Oppure, peggio ancora, scaricati sulle Regioni. Ridurre tutto all’ennesimo scontro di contrade ideologiche è il più grande errore di chi governa e di chi si oppone. Perché non è una questione di colore politico, ma di sensibilità. Quando la politica tornerà a essere studio, ascolto e visione, e non semplice folclore di piazza, forse potremo scrivere un’agenda reale delle priorità di questo Paese. Ma servirà qualcosa che oggi manca più di ogni altra risorsa: uomini e donne di buona volontà. #Caregiver #Manovra2025 #PoliticheSociali #Invisibili #Welfare #DirittiNegati #GiustiziaSociale #Politica #SocietàCivile #dignità0 Σχόλια 0 Μοιράστηκε 962 Views -
(Adesso) NIENTE SCUSE
Quando la giustizia internazionale diventa “opinione”
Non ci sono più alibi.
Non c'è più la scusa della accusa di improvvisazione e incoscienza per una Flotilla o per il troppo rumore sollevato dalle manifestazioni e i cortei sparsi per il mondo.
Non serve essere esperti di geopolitica per vedere che qualcuno non sta rispettando patti sottoscritti — e che la "fame"è diventata oggi un’arma di guerra indiretta.
Un attacco silenzioso, che continua nonostante un accordo di tregua, siglato oltre due settimane fa.
Avevamo ragione a non lasciarci trascinare dall’entusiasmo.
Per cosa avremmo dovuto esultare?
Per una giustizia che vale come carta straccia, o che — peggio — diventa opinione?
Siamo entrati nell’epoca in cui la giustizia internazionale è discrezionale, interpretata a seconda della convenienza del momento.
“Lo Stato di Israele, in quanto Potenza occupante, è tenuto a garantire alla popolazione dei territori palestinesi occupati beni essenziali quali cibo, acqua, indumenti, rifugio, combustibile, medicine e servizi medici.”
— Corte Internazionale di Giustizia, L’Aia
Eppure, nei fatti, siamo punto e a capo.
Secondo Oxfam e oltre 40 organizzazioni umanitarie, tra il 10 e il 21 ottobre sono state negate 99 richieste di Ong internazionali e 6 delle Nazioni Unite per fornire aiuti a Gaza.
Pari a circa 50 milioni di dollari di aiuti bloccati: acqua, cibo, tende, medicine.
Da questa circolazione di aiuti dipende la sopravvivenza di 2 milioni di persone, per lo più donne e bambini.
Senza interventi immediati, l’inverno a Gaza sarà una condanna: rifugi improvvisati, nessun riscaldamento, acqua contaminata.
E altri moriranno — quando tutto questo sarebbe evitabile.
Posso non fidarmi della giustizia italiana, e avremmo fascicoli infiniti a dimostrarlo.
Ma quando vengono calpestati accordi internazionali e ignorati gli appelli delle istituzioni più autorevoli, che cosa resta?
Solo indignazione.
E un dubbio legittimo: se la nostra Premier definiva “inutile” ogni iniziativa umanitaria nata dal basso, cosa resta allora della solidarietà autentica?
Davvero crediamo che basti un intervento governativo per aprire i valichi?
E come si sarebbero potuti garantire aiuti umanitari alla popolazione di Gaza? Allungando mazzette o tangenti alle autorità israeliane ?
Il paradosso è questo: oggi ogni accordo è carta straccia di fronte a volontà politiche che non si piegano.
Siamo nel tempo del “vale tutto”.
Non esiste più una linea chiara di giustizia.
E la parola umanità sembra un concetto arcaico, quasi estinto.
Ma una speranza resta.
Sta nella voce di chi non accetta di restare in silenzio, nella scelta di chi si impegna davvero in politica per riportare giustizia e umanità al centro.
A patto che ci sia anche coraggio — quella virtù ormai dimenticata che distingue chi parla da chi agisce.
E allora, ditemi voi:
come cittadini milanesi, come italiani, dovevamo davvero tollerare un gemellaggio del genere?
#GiustiziaInternazionale #DirittiUmani #GazaUnderAttack #Oxfam #HumanityFirst #CessateIlFuoco #Milano #TelAviv #PoliticaEtica #StopWar #Solidarietà #Verità #CoraggioCivile #Flotilla #ONU #Pace #InternationalLaw✊ (Adesso) NIENTE SCUSE 🕊️ Quando la giustizia internazionale diventa “opinione” Non ci sono più alibi. Non c'è più la scusa della accusa di improvvisazione e incoscienza per una Flotilla o per il troppo rumore sollevato dalle manifestazioni e i cortei sparsi per il mondo. 📉 Non serve essere esperti di geopolitica per vedere che qualcuno non sta rispettando patti sottoscritti — e che la "fame"è diventata oggi un’arma di guerra indiretta. Un attacco silenzioso, che continua nonostante un accordo di tregua, siglato oltre due settimane fa. Avevamo ragione a non lasciarci trascinare dall’entusiasmo. Per cosa avremmo dovuto esultare? Per una giustizia che vale come carta straccia, o che — peggio — diventa opinione? Siamo entrati nell’epoca in cui la giustizia internazionale è discrezionale, interpretata a seconda della convenienza del momento. ⚖️ “Lo Stato di Israele, in quanto Potenza occupante, è tenuto a garantire alla popolazione dei territori palestinesi occupati beni essenziali quali cibo, acqua, indumenti, rifugio, combustibile, medicine e servizi medici.” — Corte Internazionale di Giustizia, L’Aia Eppure, nei fatti, siamo punto e a capo. 🔒 Secondo Oxfam e oltre 40 organizzazioni umanitarie, tra il 10 e il 21 ottobre sono state negate 99 richieste di Ong internazionali e 6 delle Nazioni Unite per fornire aiuti a Gaza. 💰 Pari a circa 50 milioni di dollari di aiuti bloccati: acqua, cibo, tende, medicine. Da questa circolazione di aiuti dipende la sopravvivenza di 2 milioni di persone, per lo più donne e bambini. Senza interventi immediati, l’inverno a Gaza sarà una condanna: rifugi improvvisati, nessun riscaldamento, acqua contaminata. E altri moriranno — quando tutto questo sarebbe evitabile. 🇮🇹 Posso non fidarmi della giustizia italiana, e avremmo fascicoli infiniti a dimostrarlo. Ma quando vengono calpestati accordi internazionali e ignorati gli appelli delle istituzioni più autorevoli, che cosa resta? Solo indignazione. E un dubbio legittimo: se la nostra Premier definiva “inutile” ogni iniziativa umanitaria nata dal basso, cosa resta allora della solidarietà autentica? Davvero crediamo che basti un intervento governativo per aprire i valichi? E come si sarebbero potuti garantire aiuti umanitari alla popolazione di Gaza? Allungando mazzette o tangenti alle autorità israeliane ? 🎭 Il paradosso è questo: oggi ogni accordo è carta straccia di fronte a volontà politiche che non si piegano. Siamo nel tempo del “vale tutto”. Non esiste più una linea chiara di giustizia. E la parola umanità sembra un concetto arcaico, quasi estinto. Ma una speranza resta. 🌱 Sta nella voce di chi non accetta di restare in silenzio, nella scelta di chi si impegna davvero in politica per riportare giustizia e umanità al centro. A patto che ci sia anche coraggio — quella virtù ormai dimenticata che distingue chi parla da chi agisce. E allora, ditemi voi: come cittadini milanesi, come italiani, dovevamo davvero tollerare un gemellaggio del genere? 🇮🇹🤝🇮🇱 #GiustiziaInternazionale #DirittiUmani #GazaUnderAttack #Oxfam #HumanityFirst #CessateIlFuoco #Milano #TelAviv #PoliticaEtica #StopWar #Solidarietà #Verità #CoraggioCivile #Flotilla #ONU #Pace #InternationalLaw0 Σχόλια 0 Μοιράστηκε 2χλμ. Views1
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RIPROVIAMOCI
Insieme, per restituire voce e scelta ai cittadini
Ebbene sì.
La cosa più importante nella vita – e ancora di più in questo periodo storico – rimane una sola: non arrendersi.
Se la politica merita ancora di essere vissuta e partecipata, dobbiamo avere il coraggio di andare oltre le polemiche e riportare l’attenzione sulle reali esigenze dei cittadini:
ridare a ognuno di noi una legge elettorale giusta, che consenta di scegliere davvero chi ci rappresenta.
Nonostante i risultati passati, abbiamo deciso di riprendere da capo l’esperienza – comunque costruttiva – di “Io Voglio Scegliere” del 2024.
Così, lo scorso 3 maggio 2025 a Rimini, cinque soci fondatori hanno dato vita all’Associazione “Per la Rappresentanza – Voto LibEguale”, con un obiettivo chiaro:
restituire agli italiani il diritto di scelta dei propri rappresentanti in Parlamento, attraverso un voto libero, personale, segreto ed eguale.
La nostra azione si ispira alla Costituzione – in particolare all’articolo 48 – e al ricordo di uomini coraggiosi come Giacomo Matteotti e Felice Besostri, che ci hanno insegnato quanto la democrazia vada difesa ogni giorno.
Cosa stiamo facendo ora
In questi mesi stiamo lavorando alla presentazione di tre Leggi di Iniziativa Popolare per una riforma parziale ma decisiva del Rosatellum, con l’obiettivo di rendere il voto:
più libero,
più eguale,
più rappresentativo.
Perché solo così potremo riconnettere cittadini e istituzioni e contrastare la crescente disaffezione politica e l’astensionismo.
Una firma che fa la differenza
Siamo in una fase di ripartenza, e vogliamo coinvolgere tutte le persone sensibili alla vita democratica del Paese.
Un piccolo gesto può avere un grande impatto:
firma online per sostenere le proposte che promuoviamo direttamente o in collaborazione con altre realtà civiche.
In particolare, ti invitiamo a firmare per la campagna sul “voto fuori sede”, attualmente attiva qui:
https://firmereferendum.giustizia.it/referendum/open/dettaglio-open/4200000
Perché aderire a Voto LibEguale?
Perché non cerchiamo visibilità o vantaggi di parte.
Il nostro è un progetto collettivo e partecipato, alimentato dall’entusiasmo e dal contributo di tutti.
Crediamo che solo facendo rete potremo contrastare l’immobilismo dei poteri consolidati e restituire ai cittadini la vera sovranità, quella che nasce dal diritto di scegliere.
Unisciti a noi
info@votolibeguale.it
www.votolibeguale.it
Perché la democrazia non è un concetto astratto: è partecipazione, è responsabilità, è futuro.
Riproviamoci insieme!
#VotoLibEguale #Riproviamoci #DemocraziaAttiva💪 RIPROVIAMOCI Insieme, per restituire voce e scelta ai cittadini 🇮🇹 Ebbene sì. La cosa più importante nella vita – e ancora di più in questo periodo storico – rimane una sola: non arrendersi. Se la politica merita ancora di essere vissuta e partecipata, dobbiamo avere il coraggio di andare oltre le polemiche e riportare l’attenzione sulle reali esigenze dei cittadini: ridare a ognuno di noi una legge elettorale giusta, che consenta di scegliere davvero chi ci rappresenta. Nonostante i risultati passati, abbiamo deciso di riprendere da capo l’esperienza – comunque costruttiva – di “Io Voglio Scegliere” del 2024. Così, lo scorso 3 maggio 2025 a Rimini, cinque soci fondatori hanno dato vita all’Associazione “Per la Rappresentanza – Voto LibEguale”, con un obiettivo chiaro: restituire agli italiani il diritto di scelta dei propri rappresentanti in Parlamento, attraverso un voto libero, personale, segreto ed eguale. La nostra azione si ispira alla Costituzione – in particolare all’articolo 48 – e al ricordo di uomini coraggiosi come Giacomo Matteotti e Felice Besostri, che ci hanno insegnato quanto la democrazia vada difesa ogni giorno. ⚖️ Cosa stiamo facendo ora In questi mesi stiamo lavorando alla presentazione di tre Leggi di Iniziativa Popolare per una riforma parziale ma decisiva del Rosatellum, con l’obiettivo di rendere il voto: più libero, più eguale, più rappresentativo. Perché solo così potremo riconnettere cittadini e istituzioni e contrastare la crescente disaffezione politica e l’astensionismo. ✍️ Una firma che fa la differenza Siamo in una fase di ripartenza, e vogliamo coinvolgere tutte le persone sensibili alla vita democratica del Paese. Un piccolo gesto può avere un grande impatto: 👉 firma online per sostenere le proposte che promuoviamo direttamente o in collaborazione con altre realtà civiche. In particolare, ti invitiamo a firmare per la campagna sul “voto fuori sede”, attualmente attiva qui: 👉https://firmereferendum.giustizia.it/referendum/open/dettaglio-open/4200000 💬 Perché aderire a Voto LibEguale? Perché non cerchiamo visibilità o vantaggi di parte. Il nostro è un progetto collettivo e partecipato, alimentato dall’entusiasmo e dal contributo di tutti. Crediamo che solo facendo rete potremo contrastare l’immobilismo dei poteri consolidati e restituire ai cittadini la vera sovranità, quella che nasce dal diritto di scegliere. 🤝 Unisciti a noi 📧 info@votolibeguale.it 🌐 www.votolibeguale.it 💬 Perché la democrazia non è un concetto astratto: è partecipazione, è responsabilità, è futuro. Riproviamoci insieme! 💙 #VotoLibEguale #Riproviamoci #DemocraziaAttiva0 Σχόλια 0 Μοιράστηκε 1χλμ. Views -
MANOVRA 2025 – Primo assaggio. Né sorprese, né imprese
L’economia non è un concetto astratto: è fatta di persone.
E la politica non è un evento celeste, ma un insieme di scelte — prese da individui ben precisi a cui, per volontà o per inerzia, concediamo carta bianca.
Eppure, davanti all’ennesima legge di bilancio, sembriamo reagire come sempre: con una scrollata di spalle.
Mentre ci distraiamo su discussioni marginali — tipo l’uso “improprio” del termine cortigiano/a — il governo ci serve il vero piatto forte di fine anno: la manovra 2025, che di “improprio” non ha nulla, ma riflette perfettamente la sua impronta ideologica.
Nulla di sorprendente, appunto.
Siamo ancora alla fase preliminare, con conferenze stampa, bozze e iter parlamentari da smaltire tra una commissione e l’altra, ma il copione è già chiaro: nessuna rivoluzione, nessuna impresa.
Solo un altro giro di giostra finanziato a debito, condito da qualche contentino ben calibrato.
La manovra vale circa 18,7 miliardi di euro.
Meloni la definisce “molto seria ed equilibrata”, e in effetti è più leggera delle precedenti — almeno sulla carta.
Tra le voci principali:
⚫️ Sostegno alla famiglia: circa 1,6 miliardi di euro in più, con esenzioni della prima casa dal calcolo ISEE fino a un certo valore catastale, per favorire l’accesso a misure come assegno unico, bonus nido e assegno di inclusione.
⚫️Fisco e lavoro: semplificazione delle aliquote IRPEF e taglio del cuneo fiscale per i redditi medio-bassi, con ampliamento della platea dei beneficiari della flat tax.
⚫️Politiche sociali: rifinanziamento della carta “Dedicata a te”, per un totale di 500 milioni di euro.
In sintesi, una manovra che conferma l’approccio tradizionalista e conservatore del centrodestra: pochi obiettivi, chiari ma limitati.
Tanto sostegno alle famiglie, qualche ritocco fiscale e un’apparente sobrietà che nasconde una precisa filosofia politica: spendere dove si vuole, tagliare dove non serve (a loro).
È presto per bilanci definitivi, ma sappiamo già cosa aspettarci.
E sappiamo anche quali voci di spesa gridano vendetta.
Da un lato, quella da togliere: la spesa militare.
Dall’altro, quella da proteggere e potenziare: l’informazione, la cultura, la comunicazione libera e indipendente.
Ma la partita, lo sappiamo, è già persa.
Il Documento programmatico pluriennale per la Difesa prevede investimenti da 130 a 140 miliardi di euro nei prossimi 15 anni per sistemi d’arma, infrastrutture e mezzi militari — con ulteriori 12 miliardi già previsti nella manovra per il 2026.
Tutto in linea con i target NATO, ovviamente.
Perché la pace, a quanto pare, passa ancora per le armi.
Nel frattempo, zero investimenti per il giornalismo, per la cultura, per chi tiene accesa la luce dell’informazione.
Ci indigniamo per gli attacchi a figure come Sigfrido Ranucci, ma non muoviamo un dito per costruire un sistema che tuteli chi racconta il Paese, anche quando il racconto non piace.
Non che mi aspettassi qualcosa di diverso ma si prosegue con la linea di pensiero fatta di tagli e scarsità di risorse per la cultura e per la salvaguardia dell'informazione italiana, con assenza di investimenti significativi in questi settori, che dunque ne escono penalizzati rispetto alla spesa per la difesa. Ma poi per difenderci da cosa?
Forse dobbiamo iniziare a difenderci da noi stessi e questa routine politica imbarazzante che giustamente è stata ancora una volta premiata da un meritato e sacrosanto astensionismo che non fa più rima con menefreghismo ma con una sana presa di posizione e coscienza.
#Manovra2025 #PoliticaItaliana #EconomiaReale #FinanzaPubblica #BilancioStato #CulturaEDemocrazia #SpesaMilitare #InformazioneLiberaMANOVRA 2025 🔥 – Primo assaggio. Né sorprese, né imprese L’economia non è un concetto astratto: è fatta di persone. E la politica non è un evento celeste, ma un insieme di scelte — prese da individui ben precisi a cui, per volontà o per inerzia, concediamo carta bianca. Eppure, davanti all’ennesima legge di bilancio, sembriamo reagire come sempre: con una scrollata di spalle. Mentre ci distraiamo su discussioni marginali — tipo l’uso “improprio” del termine cortigiano/a — il governo ci serve il vero piatto forte di fine anno: la manovra 2025, che di “improprio” non ha nulla, ma riflette perfettamente la sua impronta ideologica. Nulla di sorprendente, appunto. Siamo ancora alla fase preliminare, con conferenze stampa, bozze e iter parlamentari da smaltire tra una commissione e l’altra, ma il copione è già chiaro: nessuna rivoluzione, nessuna impresa. Solo un altro giro di giostra finanziato a debito, condito da qualche contentino ben calibrato. La manovra vale circa 18,7 miliardi di euro. Meloni la definisce “molto seria ed equilibrata”, e in effetti è più leggera delle precedenti — almeno sulla carta. Tra le voci principali: ⚫️ Sostegno alla famiglia: circa 1,6 miliardi di euro in più, con esenzioni della prima casa dal calcolo ISEE fino a un certo valore catastale, per favorire l’accesso a misure come assegno unico, bonus nido e assegno di inclusione. ⚫️Fisco e lavoro: semplificazione delle aliquote IRPEF e taglio del cuneo fiscale per i redditi medio-bassi, con ampliamento della platea dei beneficiari della flat tax. ⚫️Politiche sociali: rifinanziamento della carta “Dedicata a te”, per un totale di 500 milioni di euro. In sintesi, una manovra che conferma l’approccio tradizionalista e conservatore del centrodestra: pochi obiettivi, chiari ma limitati. Tanto sostegno alle famiglie, qualche ritocco fiscale e un’apparente sobrietà che nasconde una precisa filosofia politica: spendere dove si vuole, tagliare dove non serve (a loro). È presto per bilanci definitivi, ma sappiamo già cosa aspettarci. E sappiamo anche quali voci di spesa gridano vendetta. 👉 Da un lato, quella da togliere: la spesa militare. Dall’altro, quella da proteggere e potenziare: l’informazione, la cultura, la comunicazione libera e indipendente. Ma la partita, lo sappiamo, è già persa. Il Documento programmatico pluriennale per la Difesa prevede investimenti da 130 a 140 miliardi di euro nei prossimi 15 anni per sistemi d’arma, infrastrutture e mezzi militari — con ulteriori 12 miliardi già previsti nella manovra per il 2026. Tutto in linea con i target NATO, ovviamente. Perché la pace, a quanto pare, passa ancora per le armi. 👉 Nel frattempo, zero investimenti per il giornalismo, per la cultura, per chi tiene accesa la luce dell’informazione. Ci indigniamo per gli attacchi a figure come Sigfrido Ranucci, ma non muoviamo un dito per costruire un sistema che tuteli chi racconta il Paese, anche quando il racconto non piace. Non che mi aspettassi qualcosa di diverso ma si prosegue con la linea di pensiero fatta di tagli e scarsità di risorse per la cultura e per la salvaguardia dell'informazione italiana, con assenza di investimenti significativi in questi settori, che dunque ne escono penalizzati rispetto alla spesa per la difesa. Ma poi per difenderci da cosa? Forse dobbiamo iniziare a difenderci da noi stessi e questa routine politica imbarazzante che giustamente è stata ancora una volta premiata da un meritato e sacrosanto astensionismo che non fa più rima con menefreghismo ma con una sana presa di posizione e coscienza. #Manovra2025 #PoliticaItaliana #EconomiaReale #FinanzaPubblica #BilancioStato #CulturaEDemocrazia #SpesaMilitare #InformazioneLibera0 Σχόλια 0 Μοιράστηκε 2χλμ. Views -
MILANO, IL CORAGGIO NON LO TROVI IN GIUNTA
Il coraggio, evidentemente, non lo si compra al mercato.
La via istituzionale resta sempre quella più dura ma necessaria, perché è lì — tra i banchi del Consiglio — che si misura il peso vero della politica. È lì che servono spina dorsale e coscienza.
Eppure anche oggi, a Milano, abbiamo motivo per incazzarci sul serio. Perché quando si tradiscono i valori, non è solo una mozione a cadere: è un pezzo di dignità collettiva che si sgretola.
La mozione bocciata chiedeva una cosa semplice, chiara, limpida:
che Milano cessasse il gemellaggio con Tel Aviv finché Israele continuerà a violare i diritti umani e il diritto internazionale nei territori palestinesi,
e che la città si facesse promotrice di un dialogo di pace vero, libero da complicità istituzionali e da relazioni di comodo.
Non era una provocazione, ma una presa di posizione morale.
Un segnale concreto per dire che la pace non si invoca: si costruisce anche prendendo le distanze da chi la calpesta ogni giorno.
Dalla città che ama definirsi “medaglia d’oro della Resistenza”, ci saremmo aspettati almeno un lampo di coraggio. Un voto chiaro, netto, capace di dire: “Sì, vogliamo rompere con chi perpetua violenza e oppressione.”
Io quella mozione l’ho firmata convintamente, orgoglioso di essere tra i 1238 milanesi che hanno scelto la coerenza alla convenienza. Perché un’idea giusta non ha bisogno di “targhe” politiche: si sostiene, punto.
Ma ancora una volta, le nostre speranze si sono infrante contro il muro di una Giunta senza vergogna né dignità, dove l’unica bussola sembra essere quella degli affari e delle relazioni “strategiche”.
Sciogliere il gemellaggio con Tel Aviv non era un atto di guerra.
Era un atto di coscienza politica, un segno di autodeterminazione e rispetto verso chi subisce, ogni giorno, la negazione della propria libertà.
Era un modo per dire: Milano è ancora viva, pensa, sceglie.
E invece no.
Milano ha preferito il silenzio.
Ha scelto la comodità dei vincoli, delle lobby, delle famiglie “intoccabili”, e di una memoria storica brandita come scudo, non come lezione.
Oggi questa città vive di rendita morale, come un artista decaduto che si presenta ancora ai festival con un premio vinto quarant’anni fa.
O peggio — come una prostituta di lusso, pronta a muoversi solo quando c’è da compiacere il miglior offerente.
E così, una mozione cade.
E con lei cade un’altra occasione per dimostrare che Milano è ancora la città della Resistenza, e non una vetrina di ipocrisia.
Ma la storia non finisce qui.
Perché fuori da Palazzo Marino, tra chi non si arrende, c’è ancora chi crede in un nuovo soggetto politico dal basso, fondato su coraggio, verità e partecipazione reale.
Da domani basta slogan.
Basta medaglie d’oro sventolate come souvenir.
Milano deve scegliere se vuole essere memoria o coscienza viva.
Perché oggi, purtroppo, non è né l’una né l’altra.
#MilanoSenzaCoraggio
#ResistenzaTradita
#StopGemellaggioTelAviv
#GiuntaSenzaVergogna
#PoliticaConCoscienza
#MilanoIpocrita
#OltreGliAffari
#MilanoResiste
#VergognaCivica
#dirittiumanisempre🔥 MILANO, IL CORAGGIO NON LO TROVI IN GIUNTA Il coraggio, evidentemente, non lo si compra al mercato. La via istituzionale resta sempre quella più dura ma necessaria, perché è lì — tra i banchi del Consiglio — che si misura il peso vero della politica. È lì che servono spina dorsale e coscienza. Eppure anche oggi, a Milano, abbiamo motivo per incazzarci sul serio. Perché quando si tradiscono i valori, non è solo una mozione a cadere: è un pezzo di dignità collettiva che si sgretola. La mozione bocciata chiedeva una cosa semplice, chiara, limpida: 👉 che Milano cessasse il gemellaggio con Tel Aviv finché Israele continuerà a violare i diritti umani e il diritto internazionale nei territori palestinesi, 👉 e che la città si facesse promotrice di un dialogo di pace vero, libero da complicità istituzionali e da relazioni di comodo. Non era una provocazione, ma una presa di posizione morale. Un segnale concreto per dire che la pace non si invoca: si costruisce anche prendendo le distanze da chi la calpesta ogni giorno. Dalla città che ama definirsi “medaglia d’oro della Resistenza”, ci saremmo aspettati almeno un lampo di coraggio. Un voto chiaro, netto, capace di dire: “Sì, vogliamo rompere con chi perpetua violenza e oppressione.” Io quella mozione l’ho firmata convintamente, orgoglioso di essere tra i 1238 milanesi che hanno scelto la coerenza alla convenienza. Perché un’idea giusta non ha bisogno di “targhe” politiche: si sostiene, punto. Ma ancora una volta, le nostre speranze si sono infrante contro il muro di una Giunta senza vergogna né dignità, dove l’unica bussola sembra essere quella degli affari e delle relazioni “strategiche”. Sciogliere il gemellaggio con Tel Aviv non era un atto di guerra. Era un atto di coscienza politica, un segno di autodeterminazione e rispetto verso chi subisce, ogni giorno, la negazione della propria libertà. Era un modo per dire: Milano è ancora viva, pensa, sceglie. E invece no. Milano ha preferito il silenzio. Ha scelto la comodità dei vincoli, delle lobby, delle famiglie “intoccabili”, e di una memoria storica brandita come scudo, non come lezione. Oggi questa città vive di rendita morale, come un artista decaduto che si presenta ancora ai festival con un premio vinto quarant’anni fa. O peggio — come una prostituta di lusso, pronta a muoversi solo quando c’è da compiacere il miglior offerente. E così, una mozione cade. E con lei cade un’altra occasione per dimostrare che Milano è ancora la città della Resistenza, e non una vetrina di ipocrisia. Ma la storia non finisce qui. Perché fuori da Palazzo Marino, tra chi non si arrende, c’è ancora chi crede in un nuovo soggetto politico dal basso, fondato su coraggio, verità e partecipazione reale. Da domani basta slogan. Basta medaglie d’oro sventolate come souvenir. Milano deve scegliere se vuole essere memoria o coscienza viva. Perché oggi, purtroppo, non è né l’una né l’altra. #MilanoSenzaCoraggio #ResistenzaTradita #StopGemellaggioTelAviv #GiuntaSenzaVergogna #PoliticaConCoscienza #MilanoIpocrita #OltreGliAffari #MilanoResiste #VergognaCivica #dirittiumanisempre0 Σχόλια 0 Μοιράστηκε 2χλμ. Views1
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TOTO NOBEL
Onore sì, effetti zero.
Premetto che non voglio entrare nel merito della designazione — ci mancherebbe.
Nulla contro il popolo venezuelano né contro i suoi rappresentanti politici.
Ne abbiamo già abbastanza dei nostri per metterci a giudicare gli altri.
Quindi: complimenti alla signora María Corina Machado e buon lavoro.
Il punto, però, è un altro.
Io non critico la persona.
Critico il meccanismo, l’idea stessa di premio e la liturgia che ogni anno si ripete come un talk show stanco, dove tutti hanno già la parte assegnata.
Critico i dibattiti che si gonfiano come palloncini, gli schieramenti da stadio, le tifoserie travestite da analisti.
Un po’ come il Pallone d’Oro, ormai: mancano solo gli sponsor, i brand sugli inviti e qualche hashtag in più per completare la farsa.
Perché sì, il Nobel per la Pace resta una vetrina, non una leva.
Permette di iscrivere un nome nell’albo d’oro della storia.
E poi?
Davvero incide nel tempo che stiamo vivendo — un tempo in cui le tregue durano meno di un trend su X?
Passata la festa, si torna nel solito caos mediatico.
E la pace rimane un argomento da prime time, non una pratica quotidiana.
Forse sarebbe stato più utile concentrare energie su Mozioni, Leggi di Iniziativa Popolare, atti concreti che chiedano il riconoscimento di uno Stato o la cessazione di rapporti con i Paesi più belligeranti del pianeta.
Ma no.
Lo spettacolo deve continuare.
E allora meglio un nome che un cambiamento, meglio un applauso che una scossa.
Siamo passati dal premio dato “alle intenzioni” al premio per “chi non disturba troppo”.
Non è questione di persone, è questione di dinamiche spettacolari e diplomatiche.
Un copione che si ripete ogni anno, sempre più vuoto, sempre meno necessario.
Da Oslo è tutto.
#Nobel2025 #PaceDiFacciata #OsloCalling #PremiCheNonCambianoNulla #GeopoliticaSpettacolo #TheShowMustGoOnTOTO NOBEL Onore sì, effetti zero. Premetto che non voglio entrare nel merito della designazione — ci mancherebbe. Nulla contro il popolo venezuelano né contro i suoi rappresentanti politici. Ne abbiamo già abbastanza dei nostri per metterci a giudicare gli altri. Quindi: complimenti alla signora María Corina Machado e buon lavoro. Il punto, però, è un altro. Io non critico la persona. Critico il meccanismo, l’idea stessa di premio e la liturgia che ogni anno si ripete come un talk show stanco, dove tutti hanno già la parte assegnata. Critico i dibattiti che si gonfiano come palloncini, gli schieramenti da stadio, le tifoserie travestite da analisti. Un po’ come il Pallone d’Oro, ormai: mancano solo gli sponsor, i brand sugli inviti e qualche hashtag in più per completare la farsa. Perché sì, il Nobel per la Pace resta una vetrina, non una leva. Permette di iscrivere un nome nell’albo d’oro della storia. E poi? Davvero incide nel tempo che stiamo vivendo — un tempo in cui le tregue durano meno di un trend su X? Passata la festa, si torna nel solito caos mediatico. E la pace rimane un argomento da prime time, non una pratica quotidiana. Forse sarebbe stato più utile concentrare energie su Mozioni, Leggi di Iniziativa Popolare, atti concreti che chiedano il riconoscimento di uno Stato o la cessazione di rapporti con i Paesi più belligeranti del pianeta. Ma no. Lo spettacolo deve continuare. E allora meglio un nome che un cambiamento, meglio un applauso che una scossa. Siamo passati dal premio dato “alle intenzioni” al premio per “chi non disturba troppo”. Non è questione di persone, è questione di dinamiche spettacolari e diplomatiche. Un copione che si ripete ogni anno, sempre più vuoto, sempre meno necessario. Da Oslo è tutto. #Nobel2025 #PaceDiFacciata #OsloCalling #PremiCheNonCambianoNulla #GeopoliticaSpettacolo #TheShowMustGoOn0 Σχόλια 0 Μοιράστηκε 1χλμ. Views -
È online e in distribuzione il nuovo numero de Il SUD Milano – Ottobre 2025!
Bentrovati/e ! Torniamo a tenervi compagnia con la nostra informazione libera, partecipata e radicata nei quartieri del Sud Milano.
In questo numero trovate:
Approfondimenti e servizi sui fatti più rilevanti della zona
Interviste esclusive e storie di impegno civile
Cultura, teatro, musica e società
Rubriche dedicate a serie TV, libri e lifestyle
Buona lettura!
Disponibile in versione cartacea.
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#ilsudmilano #Ottobre2025 #Milano #cultura #territori #cronacalocale #attualità #rubriche #interviste #giornalismoindipendente #freepress #SudMilanoInforma📢 È online e in distribuzione il nuovo numero de Il SUD Milano – Ottobre 2025! 📢 Bentrovati/e ! 🌞 Torniamo a tenervi compagnia con la nostra informazione libera, partecipata e radicata nei quartieri del Sud Milano. 🗞️ 👉 In questo numero trovate: ✔️ Approfondimenti e servizi sui fatti più rilevanti della zona ✔️ Interviste esclusive e storie di impegno civile ✔️ Cultura, teatro, musica e società ✔️ Rubriche dedicate a serie TV, libri e lifestyle 📖 Buona lettura! 📰 Disponibile in versione cartacea. 💻 Scopri l’edizione digitale e scarica il numero di ottobre in PDF 👉 https://share.google/nP8tITck3oqMOj2W3 🔗 Seguici anche su Facebook: facebook.com/ilSUDMilano #ilsudmilano #Ottobre2025 #Milano #cultura #territori #cronacalocale #attualità #rubriche #interviste #giornalismoindipendente #freepress #SudMilanoInforma0 Σχόλια 0 Μοιράστηκε 1χλμ. Views -
MARTEDÌ 7 OTTOBRE - APPUNTAMENTO DA NON PERDERE
La mobilità privata a Milano: è ancora un diritto o è diventata un privilegio per pochi?
Area B, Area C, ZTL: queste politiche stanno davvero migliorando la nostra città o stanno solo limitando la libertà di movimento dei cittadini?
È il momento di parlarne apertamente, con esperti e cittadini. Voci diverse, aspetti legali, sociali, urbanistici ed economici sul tavolo.
Martedì 7 ottobre, ore 20:30 CAM - Via Garibaldi 27, Milano
Intervengono relatori qualificati e rappresentanti di associazioni. La tua voce conta: partecipa e fai sentire la tua opinione!
Info: t.me/agendamilano | Scenario.press
#MobilitàMilano #AreaB #AreaC #DirittoAllaMobilità #MilanoDebatte #7Ottobre🚨 MARTEDÌ 7 OTTOBRE - APPUNTAMENTO DA NON PERDERE La mobilità privata a Milano: è ancora un diritto o è diventata un privilegio per pochi? Area B, Area C, ZTL: queste politiche stanno davvero migliorando la nostra città o stanno solo limitando la libertà di movimento dei cittadini? È il momento di parlarne apertamente, con esperti e cittadini. Voci diverse, aspetti legali, sociali, urbanistici ed economici sul tavolo. Martedì 7 ottobre, ore 20:30 📍 CAM - Via Garibaldi 27, Milano Intervengono relatori qualificati e rappresentanti di associazioni. La tua voce conta: partecipa e fai sentire la tua opinione! Info: t.me/agendamilano | Scenario.press #MobilitàMilano #AreaB #AreaC #DirittoAllaMobilità #MilanoDebatte #7Ottobre0 Σχόλια 0 Μοιράστηκε 1χλμ. Views2
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