• GLI INFLUENCER DOVRANNO ISCRIVERSI AD UN ALBO DI STATO E SARANNO CENSURATI

    English translation
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    Rendere internet superficiale e servile come la TV.

    1) DITTATURA DELL'INFORMAZIONE NEI CONFRONTI DEGLI INFLUENCER

    L'AGCOM con una nuova delibera che si può leggere cliccando qui sancisce l'obbligo per qualsiasi influencer dotato di più di 500mila iscritti o più di 1milione di visualizzazioni mensili, indipendentemente dalla piattaforma in cui opera, ad iscriversi ad un albo statale dove deve fornire tutte le sue informazioni personali. Gli influencer possono effettuare l'iscrizione su questo sito dove oltre ad indicare il proprio nome e il proprio cognome reali sono costretti ad indicare le pagine in cui è seguito, il numero dei followers ed anche a lasciare dei recapiti. Siccome è richiesto anche il documento di identità, si tratta di una vera e propria schedatura attraverso la quale lo Stato italiano vuole tenere in pugno ogni persona che ha un grande pubblico. Nell'allegato B, che consiste nel codice di condotta degli influencer è scritto che in assenza di registrazione si verrà puniti in base alla legge 31 luglio 1997, n. 249, art. 30 comma 1 la quale sancisce che chi non fornisce i dati richiesti dalle autorità dovrà pagare una sanzione amministrativa da 1 milione a 200 milioni di lire, quindi con una sanzione che può arrivare a circa 100 mila euro.
    Come illustrato nell'allegato A alla delibera, gli influencer che non seguiranno il codice di condotta saranno sanzionati in base al regolamento del testo unico, ciò vuol dire che crolla il muro che per anni ha separato il mondo della televisione dal mondo di internet, visto che anche gli influencer adesso dovranno seguire lo stesso regolamento imposto le emittenti radiofoniche e televisive, e possiamo dire addio anche alla creatività, libertà e spontaneità nella creazione dei contenuti che ha sempre caratterizzato internet trasformandolo nell'ennesimo braccio della propaganda statale.

    2) IL CODICE DI CONDOTTA IMPONE LA LOTTA ALLA CONTROINFORMAZIONE

    Fin da subito a pp, 2, disposizioni generali, si parla dell'obbligo degli influencer di "contrastare la disinformazione" e quando il sistema parla di disinformazione parla della controinformazione. Gli influencer non possono neanche diffondere "odio razziale" o parlare male di qualsiasi minoranza, quindi sarà vietato pubblicare qualsiasi cosa possa giustificare odio verso di loro. Non potranno parlare dell'invasione, citare statistiche sulla criminalità degli stranieri, in quanto saranno tenuti a seguire l'art. 4 del testo unico che impone la salvaguardia delle differenze "etniche" e l'art. 30 che parla di divieto di istigazione dei reati o apologia degli stessi. L'influencer è anche tenuto a non produrre contenuti che siano "gravemente nocivi per i minori", e ciò vuol dire che non potranno trattare i seguenti temi: "violenza; sesso; diritti fondamentali e incolumità della persona". I contenuti di violenza o di sesso non si identificano necessariamente con atti espliciti di violenza o di pornografia, ma basta che si parli anche solo indirettamente di questi contenuti. Se quindi si sfora dai parametri (le scene non possono essere verosimili, non si possono raccontare i dettagli etc.) il contenuto può essere considerato "altamente nocivo" e incorrere in problemi. Ciò impedisce agli influencer di trattare propriamente tematiche di cronaca nera, affrontare con dovizia di particolari le questioni geopolitiche ed insomma contribuisce a rendere internet un Paese dei Balocchi dove si può parlare solo di stronzate e videogiochi, un luogo di intrattenimento becero la cui unica funzione è far spegnere i cervelli.

    CONCLUSIONI

    Per gli influencer non rilevanti, cioè quelli che hanno meno di 500mila iscritti, si applicano comunque l'art. 41 e 42. L'art 42, b sancisce che le piattaforme sono tenute a "tutelare il pubblico" da contenuti che incitano all'odio nei confronti delle minoranze, quindi parte della censura si applica a chiunque produca materiali audiovisivi.

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    GLI INFLUENCER DOVRANNO ISCRIVERSI AD UN ALBO DI STATO E SARANNO CENSURATI English translation 👉🏻 CLICK HERE 👈🏻 Rendere internet superficiale e servile come la TV. 1) DITTATURA DELL'INFORMAZIONE NEI CONFRONTI DEGLI INFLUENCER L'AGCOM con una nuova delibera che si può leggere cliccando qui sancisce l'obbligo per qualsiasi influencer dotato di più di 500mila iscritti o più di 1milione di visualizzazioni mensili, indipendentemente dalla piattaforma in cui opera, ad iscriversi ad un albo statale dove deve fornire tutte le sue informazioni personali. Gli influencer possono effettuare l'iscrizione su questo sito dove oltre ad indicare il proprio nome e il proprio cognome reali sono costretti ad indicare le pagine in cui è seguito, il numero dei followers ed anche a lasciare dei recapiti. Siccome è richiesto anche il documento di identità, si tratta di una vera e propria schedatura attraverso la quale lo Stato italiano vuole tenere in pugno ogni persona che ha un grande pubblico. Nell'allegato B, che consiste nel codice di condotta degli influencer è scritto che in assenza di registrazione si verrà puniti in base alla legge 31 luglio 1997, n. 249, art. 30 comma 1 la quale sancisce che chi non fornisce i dati richiesti dalle autorità dovrà pagare una sanzione amministrativa da 1 milione a 200 milioni di lire, quindi con una sanzione che può arrivare a circa 100 mila euro. Come illustrato nell'allegato A alla delibera, gli influencer che non seguiranno il codice di condotta saranno sanzionati in base al regolamento del testo unico, ciò vuol dire che crolla il muro che per anni ha separato il mondo della televisione dal mondo di internet, visto che anche gli influencer adesso dovranno seguire lo stesso regolamento imposto le emittenti radiofoniche e televisive, e possiamo dire addio anche alla creatività, libertà e spontaneità nella creazione dei contenuti che ha sempre caratterizzato internet trasformandolo nell'ennesimo braccio della propaganda statale. 2) IL CODICE DI CONDOTTA IMPONE LA LOTTA ALLA CONTROINFORMAZIONE Fin da subito a pp, 2, disposizioni generali, si parla dell'obbligo degli influencer di "contrastare la disinformazione" e quando il sistema parla di disinformazione parla della controinformazione. Gli influencer non possono neanche diffondere "odio razziale" o parlare male di qualsiasi minoranza, quindi sarà vietato pubblicare qualsiasi cosa possa giustificare odio verso di loro. Non potranno parlare dell'invasione, citare statistiche sulla criminalità degli stranieri, in quanto saranno tenuti a seguire l'art. 4 del testo unico che impone la salvaguardia delle differenze "etniche" e l'art. 30 che parla di divieto di istigazione dei reati o apologia degli stessi. L'influencer è anche tenuto a non produrre contenuti che siano "gravemente nocivi per i minori", e ciò vuol dire che non potranno trattare i seguenti temi: "violenza; sesso; diritti fondamentali e incolumità della persona". I contenuti di violenza o di sesso non si identificano necessariamente con atti espliciti di violenza o di pornografia, ma basta che si parli anche solo indirettamente di questi contenuti. Se quindi si sfora dai parametri (le scene non possono essere verosimili, non si possono raccontare i dettagli etc.) il contenuto può essere considerato "altamente nocivo" e incorrere in problemi. Ciò impedisce agli influencer di trattare propriamente tematiche di cronaca nera, affrontare con dovizia di particolari le questioni geopolitiche ed insomma contribuisce a rendere internet un Paese dei Balocchi dove si può parlare solo di stronzate e videogiochi, un luogo di intrattenimento becero la cui unica funzione è far spegnere i cervelli. CONCLUSIONI Per gli influencer non rilevanti, cioè quelli che hanno meno di 500mila iscritti, si applicano comunque l'art. 41 e 42. L'art 42, b sancisce che le piattaforme sono tenute a "tutelare il pubblico" da contenuti che incitano all'odio nei confronti delle minoranze, quindi parte della censura si applica a chiunque produca materiali audiovisivi. Iscriviti a Der Einzige 👉🏻 CLICCA QUI 👈🏻
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  • Per quelli che
    esordiscono con:
    "C'E' UN AGGRESSORE (Putin) ED UN AGGREDITO (Zelensky)...
    Perché non è così:

    Putin è la tipica risposta della Russia a chi vuole distruggerla.

    Facciamo un ripassino?

    Nel 1991, Gorbaciov scioglie a luglio il patto di Varsavia senza chiedere in cambio lo scioglimento della NATO, accontentandosi della promessa americana di non allagare l'alleanza atlantica.

    Un mese dopo, in agosto, Eltsin destituisce Gorbaciov e scioglie l'Unione sovietica.

    Durante gli anni di Eltsin, la Russia viene spolpata dagli oligarchi corrotti, dalle mafie e dalla finanza internazionale filo occidentale e la popolazione invece del benessere si ritrova alla fame.

    Nel 1999, la NATO rompe la promessa di non allargarsi e, a marzo, ingloba tre paesi dell'ex patto di Varsavia: Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria.

    Sempre nel marzo 1999, la NATO bombarda la Serbia violando le risoluzioni ONU e ignorando il veto di Russia e Cina. Dopodiché piazza basi militari in Kosovo e non si schioda più da lì.

    I russi si incazzano e 5 mesi dopo, agosto 1999, danno un calcio in culo a Eltsin, che in cambio dell'immunità per le ruberie e tutto il resto nomina come nuovo premier il direttore dell'ex KGB, un tale chiamato Vladimir Putin.

    Prima mossa di Putin: spazzare via i separatisti ceceni, che stavano vendendo il paese, petrolio compreso, alle multinazionali occidentali.

    L'anno dopo Putin diventa presidente, fa arrestare gli oligarchi e riprende il controllo dell'economia russa, poi allaccia relazioni strette con Cina e India e si oppone alla seconda guerra del golfo degli USA e soci.

    Nel marzo 2004 la NATO si allarga ancora e fa entrare le Repubbliche baltiche, Bulgaria, Romania, Slovacchia e Slovenia, praticamente si mangia tutto l'ex patto di Varsavia, si piazza al confine con la Russia e mette un'altra zampa nei Balcani.

    Sempre a marzo 2004, Putin viene rieletto presidente e riarma la Russia per difendersi dall'allargamento della NATO che la stringe ormai in una morsa.

    Risponde all'espansionismo della NATO vincendo la guerra in Ossezia contro la Georgia, che stava effettuando esercitazioni congiunte con l'esercito USA a due passi da Mosca.

    Stringe ancora i rapporti con i BRIC, con la Turchia (paese NATO ribelle) e con l'Ucraina, bastione europeo per bloccare l'ulteriore avvicinamento delle basi NATO alla Russia. Inoltre si salda alla Bielorussia.

    Nel 2011, si oppone all'invasione della NATO (che nel frattempo si allarga pure in Albania e Croazia) in Libia.

    Quando nel 2014 la NATO prova a ripetere il giochino in Siria, manda l'esercito russo e vince la guerra, mantenendo Assad al potere.
    NEL FRATTEMPO LA NATO ADDESTRA 10 MILA NAZISTI UCRAINI

    Sempre nel 2014, risponde al colpo di stato in Ucraina organizzato dagli USA annettendosi la Crimea e piazzando i suoi a dare man forte alla popolazione ucraina (filo-russa) nel Donbass.

    Nel 2017 la NATO si allarga al Montenegro e nel 2020 si piglia pure la Macedonia del nord.

    Nel 2022, in risposta all'addestramento ed al finanziamento dell'esercito golpista ucraino da parte della NATO e 8 anni di bombardamenti nel Donbass penetra nel paese e si annette il Donbass e altre due regioni.

    Nel 2023 la NATO annette anche la Finlandia, stringendo ancora la morsa intorno alla Russia.

    Da oltre 20 anni funziona così: più la NATO insiste con le aggressioni, più la Russia risponde.

    L'unica via d'uscita è smettere di rompere i coglioni alla Russia e lasciare in pace il resto del mondo.

    Diritti e cooperazione non vanno d'accordo con l'imperialismo della NATO.

    - Andrea Katsumoto
    Per quelli che esordiscono con: "C'E' UN AGGRESSORE (Putin) ED UN AGGREDITO (Zelensky)... Perché non è così: Putin è la tipica risposta della Russia a chi vuole distruggerla. Facciamo un ripassino? Nel 1991, Gorbaciov scioglie a luglio il patto di Varsavia senza chiedere in cambio lo scioglimento della NATO, accontentandosi della promessa americana di non allagare l'alleanza atlantica. Un mese dopo, in agosto, Eltsin destituisce Gorbaciov e scioglie l'Unione sovietica. Durante gli anni di Eltsin, la Russia viene spolpata dagli oligarchi corrotti, dalle mafie e dalla finanza internazionale filo occidentale e la popolazione invece del benessere si ritrova alla fame. Nel 1999, la NATO rompe la promessa di non allargarsi e, a marzo, ingloba tre paesi dell'ex patto di Varsavia: Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria. Sempre nel marzo 1999, la NATO bombarda la Serbia violando le risoluzioni ONU e ignorando il veto di Russia e Cina. Dopodiché piazza basi militari in Kosovo e non si schioda più da lì. I russi si incazzano e 5 mesi dopo, agosto 1999, danno un calcio in culo a Eltsin, che in cambio dell'immunità per le ruberie e tutto il resto nomina come nuovo premier il direttore dell'ex KGB, un tale chiamato Vladimir Putin. Prima mossa di Putin: spazzare via i separatisti ceceni, che stavano vendendo il paese, petrolio compreso, alle multinazionali occidentali. L'anno dopo Putin diventa presidente, fa arrestare gli oligarchi e riprende il controllo dell'economia russa, poi allaccia relazioni strette con Cina e India e si oppone alla seconda guerra del golfo degli USA e soci. Nel marzo 2004 la NATO si allarga ancora e fa entrare le Repubbliche baltiche, Bulgaria, Romania, Slovacchia e Slovenia, praticamente si mangia tutto l'ex patto di Varsavia, si piazza al confine con la Russia e mette un'altra zampa nei Balcani. Sempre a marzo 2004, Putin viene rieletto presidente e riarma la Russia per difendersi dall'allargamento della NATO che la stringe ormai in una morsa. Risponde all'espansionismo della NATO vincendo la guerra in Ossezia contro la Georgia, che stava effettuando esercitazioni congiunte con l'esercito USA a due passi da Mosca. Stringe ancora i rapporti con i BRIC, con la Turchia (paese NATO ribelle) e con l'Ucraina, bastione europeo per bloccare l'ulteriore avvicinamento delle basi NATO alla Russia. Inoltre si salda alla Bielorussia. Nel 2011, si oppone all'invasione della NATO (che nel frattempo si allarga pure in Albania e Croazia) in Libia. Quando nel 2014 la NATO prova a ripetere il giochino in Siria, manda l'esercito russo e vince la guerra, mantenendo Assad al potere. NEL FRATTEMPO LA NATO ADDESTRA 10 MILA NAZISTI UCRAINI Sempre nel 2014, risponde al colpo di stato in Ucraina organizzato dagli USA annettendosi la Crimea e piazzando i suoi a dare man forte alla popolazione ucraina (filo-russa) nel Donbass. Nel 2017 la NATO si allarga al Montenegro e nel 2020 si piglia pure la Macedonia del nord. Nel 2022, in risposta all'addestramento ed al finanziamento dell'esercito golpista ucraino da parte della NATO e 8 anni di bombardamenti nel Donbass penetra nel paese e si annette il Donbass e altre due regioni. Nel 2023 la NATO annette anche la Finlandia, stringendo ancora la morsa intorno alla Russia. Da oltre 20 anni funziona così: più la NATO insiste con le aggressioni, più la Russia risponde. L'unica via d'uscita è smettere di rompere i coglioni alla Russia e lasciare in pace il resto del mondo. Diritti e cooperazione non vanno d'accordo con l'imperialismo della NATO. - Andrea Katsumoto
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  • Risposte del Ministro degli Affari Esteri della Russia S.V. Lavrov alle domande del quotidiano italiano «Corriere della Sera», che ha rifiutato di pubblicare integralmente senza tagli e censura (Mosca, 13 novembre 2025)

    Testo completo dell'intervista

    Tesi chiave:

    • Gli accordi di Anchorage rappresentano una tappa importante nel percorso verso una pace duratura in Ucraina. <...> Siamo ancora pronti a tenere a Budapest il secondo vertice russo-americano, se si baserà realmente su risultati ben elaborati dell'Alaska.

    • A differenza dei paesi occidentali, che hanno raso al suolo interi quartieri cittadini, noi rispettiamo le persone — civili e militari. Le nostre forze armate agiscono con la massima responsabilità, infliggendo colpi di precisione esclusivamente a obiettivi militari e alle infrastrutture di trasporto ed energetiche che li supportano.

    • Gli obiettivi dell’operazione militare speciale (SVO) sono stati definiti dal Presidente della Russia V.V. Putin nel 2022 e sono ancora attuali. Non si tratta di sfere di influenza, ma di riportare l’Ucraina a uno status neutrale, non allineato e denuclearizzato, con il rigoroso rispetto dei diritti umani e di tutti i diritti delle minoranze russe e di altre nazionalità. Proprio così questi impegni sono stati registrati nella Dichiarazione di indipendenza dell’Ucraina del 1990 e nella sua Costituzione, ed è tenendo conto di tali impegni proclamati che la Russia ha riconosciuto l’indipendenza dello Stato ucraino.

    ❗️ Vogliamo e otterremo il ritorno dell’Ucraina a radici sane e stabili della sua statualità, che implica il rifiuto di concedere servilmente il suo territorio per l’uso militare da parte della NATO, la purificazione dall’ideologia nazista proibita a Norimberga, il ripristino di tutti i diritti ai russi, agli ungheresi e a tutte le altre minoranze nazionali.

    • È significativo che le élite di Bruxelles, trascinando il regime di Kiev nell’UE, tacciano sulla flagrante discriminazione dei cosiddetti “popoli non autoctoni” e allo stesso tempo lodino la giunta di Zelensky come difensore dei “valori europei”. Ciò conferma ulteriormente che il nazismo sta rialzando la testa in Europa.

    • La maggior parte delle capitali europee costituiscono ora il nucleo della cosiddetta “coalizione dei volenterosi”, che desidera solo una cosa — che le ostilità in Ucraina durino il più a lungo possibile, “fino all’ultimo ucraino”. A quanto pare, non hanno altro modo per distogliere l’attenzione del loro elettorato dai problemi socio-economici interni fortemente aggravati.

    • La conflittualità, a cui ha portato la politica sconsiderata e senza prospettive delle élite europee, non è una scelta della Russia. La situazione attuale non risponde agli interessi dei nostri popoli.

    • Non “promuoviamo” un ordine mondiale multipolare, esso si sta formando oggettivamente — non attraverso conquiste, schiavitù, oppressione e sfruttamento, come hanno fatto i colonizzatori per costruire il loro “ordine” (e poi il capitalismo), ma attraverso la cooperazione, il rispetto reciproco degli interessi, la distribuzione razionale del lavoro basata sull’unione dei vantaggi competitivi comparativi dei paesi partecipanti e delle strutture di integrazione.

    • Per la Russia non esistono paesi e popoli ostili, ma paesi con governi ostili. A causa della presenza di uno di questi a Roma, le relazioni russo-italiane stanno attraversando la crisi più grave della loro storia del dopoguerra. Ciò non è avvenuto per nostra iniziativa.

    • La cooperazione paritaria e reciprocamente vantaggiosa tra Russia e Italia risponde agli interessi dei nostri popoli. Se a Roma saranno pronti a muoversi verso il ripristino del dialogo basato sul rispetto reciproco e sul rispetto degli interessi, ce lo facciano sapere, siamo sempre pronti ad ascoltare.
    🇷🇺 Risposte del Ministro degli Affari Esteri della Russia S.V. Lavrov alle domande del quotidiano italiano «Corriere della Sera», che ha rifiutato di pubblicare integralmente senza tagli e censura (Mosca, 13 novembre 2025) Testo completo dell'intervista Tesi chiave: • Gli accordi di Anchorage rappresentano una tappa importante nel percorso verso una pace duratura in Ucraina. <...> Siamo ancora pronti a tenere a Budapest il secondo vertice russo-americano, se si baserà realmente su risultati ben elaborati dell'Alaska. • A differenza dei paesi occidentali, che hanno raso al suolo interi quartieri cittadini, noi rispettiamo le persone — civili e militari. Le nostre forze armate agiscono con la massima responsabilità, infliggendo colpi di precisione esclusivamente a obiettivi militari e alle infrastrutture di trasporto ed energetiche che li supportano. • Gli obiettivi dell’operazione militare speciale (SVO) sono stati definiti dal Presidente della Russia V.V. Putin nel 2022 e sono ancora attuali. Non si tratta di sfere di influenza, ma di riportare l’Ucraina a uno status neutrale, non allineato e denuclearizzato, con il rigoroso rispetto dei diritti umani e di tutti i diritti delle minoranze russe e di altre nazionalità. Proprio così questi impegni sono stati registrati nella Dichiarazione di indipendenza dell’Ucraina del 1990 e nella sua Costituzione, ed è tenendo conto di tali impegni proclamati che la Russia ha riconosciuto l’indipendenza dello Stato ucraino. ❗️ Vogliamo e otterremo il ritorno dell’Ucraina a radici sane e stabili della sua statualità, che implica il rifiuto di concedere servilmente il suo territorio per l’uso militare da parte della NATO, la purificazione dall’ideologia nazista proibita a Norimberga, il ripristino di tutti i diritti ai russi, agli ungheresi e a tutte le altre minoranze nazionali. • È significativo che le élite di Bruxelles, trascinando il regime di Kiev nell’UE, tacciano sulla flagrante discriminazione dei cosiddetti “popoli non autoctoni” e allo stesso tempo lodino la giunta di Zelensky come difensore dei “valori europei”. Ciò conferma ulteriormente che il nazismo sta rialzando la testa in Europa. • La maggior parte delle capitali europee costituiscono ora il nucleo della cosiddetta “coalizione dei volenterosi”, che desidera solo una cosa — che le ostilità in Ucraina durino il più a lungo possibile, “fino all’ultimo ucraino”. A quanto pare, non hanno altro modo per distogliere l’attenzione del loro elettorato dai problemi socio-economici interni fortemente aggravati. • La conflittualità, a cui ha portato la politica sconsiderata e senza prospettive delle élite europee, non è una scelta della Russia. La situazione attuale non risponde agli interessi dei nostri popoli. • Non “promuoviamo” un ordine mondiale multipolare, esso si sta formando oggettivamente — non attraverso conquiste, schiavitù, oppressione e sfruttamento, come hanno fatto i colonizzatori per costruire il loro “ordine” (e poi il capitalismo), ma attraverso la cooperazione, il rispetto reciproco degli interessi, la distribuzione razionale del lavoro basata sull’unione dei vantaggi competitivi comparativi dei paesi partecipanti e delle strutture di integrazione. • Per la Russia non esistono paesi e popoli ostili, ma paesi con governi ostili. A causa della presenza di uno di questi a Roma, le relazioni russo-italiane stanno attraversando la crisi più grave della loro storia del dopoguerra. Ciò non è avvenuto per nostra iniziativa. • La cooperazione paritaria e reciprocamente vantaggiosa tra Russia e Italia risponde agli interessi dei nostri popoli. Se a Roma saranno pronti a muoversi verso il ripristino del dialogo basato sul rispetto reciproco e sul rispetto degli interessi, ce lo facciano sapere, siamo sempre pronti ad ascoltare.
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  • LA SECONDA MORTE

    Una perdita umana è il pensiero ricorrente, la ferita più profonda e l’ossessione che accompagna ogni conflitto. Nulla da obiettare.
    Eppure, esiste una ferita ancora più silenziosa e nascosta, perché raramente percepita nella sua interezza. È la ferita della cancellazione.

    Un conflitto non porta con sé soltanto morti e dolore: diventa sinonimo di “annullamento”, di rimozione totale della memoria, della storia, dell’identità stessa di un popolo. Come se la sua cultura non avesse mai avuto diritto di esistere. Come se le sue pietre, le sue strade, i suoi teatri e le sue biblioteche non avessero mai parlato.

    Dal 2022 abbiamo pianto la distruzione del teatro di Odessa, simbolo di arte e bellezza in tempo di guerra. Ebbene, oggi lo stesso copione si ripete nella Gaza che non riconosce più se stessa, dove è difficile persino trovare qualcosa da salvare, se non la tenacia di chi, ancora, sopravvive fra le macerie.
    E sia chiaro: nessun edificio, nessuna chiesa, nessun archivio potrà mai valere quanto una vita umana.
    Ma distruggere i luoghi della memoria significa anche questo: lasciare che la verità di un popolo venga raccontata da altri.
    Da un sistema mediatico e storiografico che non può garantire il sacrosanto principio di imparzialità.

    Ci resta allora solo l’immaginazione.
    Immaginare ciò che non esiste più — o che forse tornerà a vivere, ma secondo i canoni della speculazione e dei progetti di chi costruirà nuovi viadotti, resort, infrastrutture che nulla hanno a che vedere con la memoria palestinese.

    E non è retorica.
    Secondo il report “All That is Lost” dell’organizzazione PEN America, sono oltre 300 i siti culturali distrutti o gravemente danneggiati a Gaza.
    Fra essi, la casa di Yasser Arafat, trasformata in centro culturale dopo la sua morte, oggi ridotta in rovina.
    Il Centro Culturale Rashad El Shawa, dove negli anni ’90 si discuteva di pace con Bill Clinton, è stato raso al suolo nel novembre 2024.
    E ancora la libreria di Samir Mansour, simbolo di resilienza culturale, e la Moschea Omari, che custodiva 20.000 volumi antichi — oggi polvere.

    Polvere come il pavimento a mosaico della Chiesa bizantina di Jabalia, costruita nel 444 d.C., testimone di secoli di convivenza religiosa e di storia condivisa. Colpita anch’essa, cancellata.

    E così, la cultura scivola via, insieme alla memoria.
    Perché la distruzione del patrimonio artistico non è mai solo un “danno collaterale”: è la seconda morte di un popolo, quella che lo priva della sua voce e del suo diritto di esistere nel racconto della storia.

    Forse, di tutto questo, resteranno solo le parole — e il dovere morale di ricordare che anche le pietre, come gli uomini, sanno gridare.

    #Palestina #MemoriaCulturale #PatrimoniPerduti #LaSecondaMorte #CulturaEDistruzione #Gaza #DirittiUmani #MemoriaStorica #ArteESopravvivenza #StoriaNegata #HumanityInRuins #PeaceThroughCulture
    🕯️ LA SECONDA MORTE Una perdita umana è il pensiero ricorrente, la ferita più profonda e l’ossessione che accompagna ogni conflitto. Nulla da obiettare. Eppure, esiste una ferita ancora più silenziosa e nascosta, perché raramente percepita nella sua interezza. È la ferita della cancellazione. Un conflitto non porta con sé soltanto morti e dolore: diventa sinonimo di “annullamento”, di rimozione totale della memoria, della storia, dell’identità stessa di un popolo. Come se la sua cultura non avesse mai avuto diritto di esistere. Come se le sue pietre, le sue strade, i suoi teatri e le sue biblioteche non avessero mai parlato. Dal 2022 abbiamo pianto la distruzione del teatro di Odessa, simbolo di arte e bellezza in tempo di guerra. Ebbene, oggi lo stesso copione si ripete nella Gaza che non riconosce più se stessa, dove è difficile persino trovare qualcosa da salvare, se non la tenacia di chi, ancora, sopravvive fra le macerie. E sia chiaro: nessun edificio, nessuna chiesa, nessun archivio potrà mai valere quanto una vita umana. 👉 Ma distruggere i luoghi della memoria significa anche questo: lasciare che la verità di un popolo venga raccontata da altri. Da un sistema mediatico e storiografico che non può garantire il sacrosanto principio di imparzialità. Ci resta allora solo l’immaginazione. Immaginare ciò che non esiste più — o che forse tornerà a vivere, ma secondo i canoni della speculazione e dei progetti di chi costruirà nuovi viadotti, resort, infrastrutture che nulla hanno a che vedere con la memoria palestinese. E non è retorica. Secondo il report “All That is Lost” dell’organizzazione PEN America, sono oltre 300 i siti culturali distrutti o gravemente danneggiati a Gaza. Fra essi, la casa di Yasser Arafat, trasformata in centro culturale dopo la sua morte, oggi ridotta in rovina. Il Centro Culturale Rashad El Shawa, dove negli anni ’90 si discuteva di pace con Bill Clinton, è stato raso al suolo nel novembre 2024. E ancora la libreria di Samir Mansour, simbolo di resilienza culturale, e la Moschea Omari, che custodiva 20.000 volumi antichi — oggi polvere. Polvere come il pavimento a mosaico della Chiesa bizantina di Jabalia, costruita nel 444 d.C., testimone di secoli di convivenza religiosa e di storia condivisa. Colpita anch’essa, cancellata. E così, la cultura scivola via, insieme alla memoria. Perché la distruzione del patrimonio artistico non è mai solo un “danno collaterale”: è la seconda morte di un popolo, quella che lo priva della sua voce e del suo diritto di esistere nel racconto della storia. Forse, di tutto questo, resteranno solo le parole — e il dovere morale di ricordare che anche le pietre, come gli uomini, sanno gridare. 🕯️ #Palestina #MemoriaCulturale #PatrimoniPerduti #LaSecondaMorte #CulturaEDistruzione #Gaza #DirittiUmani #MemoriaStorica #ArteESopravvivenza #StoriaNegata #HumanityInRuins #PeaceThroughCulture
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  • EFFETTO MAMDA – yes, but… calma

    Quando si percepiscono venti di cambiamento, parole di speranza e propositi basati su solidarietà e bene comune, è umano lasciarsi trascinare.
    Ci emozioniamo, ci esaltiamo, sentiamo di nuovo che “qualcosa si muove”.

    Ma — proprio perché di illusioni ne abbiamo collezionate parecchie — un po’ di prudenza civica non guasta.

    È un bel risultato, quello dei cittadini di New York con l’elezione di Zhoran Mamdani. Faccia pulita, linguaggio diretto, spirito socialdemocratico e un programma che mette al centro i diritti di tutti.
    Bello, ispirante. Ma da qui a farne un modello da importare chiavi in mano per Milano... calma.

    Negli ultimi giorni si è scatenata una specie di febbre da “Effetto Mamda”: c’è chi sogna di trovare un sindaco simile, chi lancia sondaggi come se si trattasse di un casting per il Grande Fratello della politica civica. Tutto comprensibile. Ma davvero crediamo che basti un volto giovane e carismatico per rimettere in sesto una città ferita da anni di malgoverno e autoreferenzialità?
    Non è pessimismo, ma memoria. E qualche punto fermo ci serve per non ripetere gli stessi errori

    Tre cose semplici da considerare:

    1️⃣ Milano non è New York.
    Le due città hanno morfologie, mix sociali e strutture urbanistiche profondamente diverse. Laddove New York è un mosaico di distretti autonomi e di comunità organizzate, Milano vive ancora una rigida centralizzazione amministrativa e un’urbanistica spesso piegata agli interessi immobiliari. I modelli non si “esportano”: si contestualizzano.
    Forse ora come ora qualunque schema ci sembra "oro colato" davanti al fallimento del "Modello Milano".

    2️⃣ Basta con l’uomo solo al comando.
    L’eroe solitario, bello e magnetico come un dio pagano, non serve più. Lo abbiamo visto, lo abbiamo applaudito, e troppe volte ci ha deluso. Il cambiamento vero nasce dal lavoro collettivo, dalle reti civiche, dalla condivisione del potere decisionale.
    Ma a patto che sapremo guardare oltre la concorrenza fra i nostri gruppi politici di opposizione e mettendo da parte le mire personali. Altrimenti la disfatta del 2021 sarà la stessa. Basta guardarsi in cagnesco quindi e ripartiamo.

    3️⃣ Le intenzioni non bastano.
    Stiamo già brindando a un cambiamento che deve ancora tradursi in politiche concrete. È un po’ come il Nobel a Obama: simbolico, ma prematuro. Dietro ogni volto nuovo serve un progetto, una visione collettiva e strutturata.

    E quindi?

    Non è questione di non credere al cambiamento. È questione di non farsi incantare dai riflessi del cambiamento apparente.

    Per Milano, serve una rotta chiara:

    Un candidato empatico ma circondato da una squadra forte, capace di ricucire il legame fra istituzioni e cittadini. Il leader da solo non basta più.

    Un programma concreto, pochi punti ma chiari, costruiti dai quartieri verso il centro. Basta libri dei sogni, servono agende nate dal basso: dal trasporto pubblico all’abitare, dalla giustizia sociale alla qualità della vita.

    Un patto civico nuovo, dove le Municipalità non siano più la “Serie B” della politica, ma il cuore pulsante del cambiamento reale.

    Milano non ha bisogno di un Messia o di un guru come di un profeta, ma di un’etica pubblica nuova.
    Una mentalità diversa, che parta da noi cittadini attivi. Perché senza una spinta collettiva, nemmeno il “Mamdani” più ispirato potrà salvarci.
    Va bene esultare, sognare, farsi contagiare da un entusiasmo sano.
    Ma ricordiamoci che ogni sbornia finisce… e il lunedì arriva per tutti.


    In bocca al lupo, “Mamda”. Ora tocca a noi.
    Posiamo i calici e mettiamoci al lavoro.

    #EffettoMamda #MilanoCivica #PoliticaConcreta #CambiamentoVero #LeadershipDiffusa #Partecipazione #CittàCheCambia #AttivismoCivico
    ✳️ EFFETTO MAMDA – yes, but… calma ✳️ Quando si percepiscono venti di cambiamento, parole di speranza e propositi basati su solidarietà e bene comune, è umano lasciarsi trascinare. Ci emozioniamo, ci esaltiamo, sentiamo di nuovo che “qualcosa si muove”. Ma — proprio perché di illusioni ne abbiamo collezionate parecchie — un po’ di prudenza civica non guasta. ✋ È un bel risultato, quello dei cittadini di New York con l’elezione di Zhoran Mamdani. Faccia pulita, linguaggio diretto, spirito socialdemocratico e un programma che mette al centro i diritti di tutti. Bello, ispirante. Ma da qui a farne un modello da importare chiavi in mano per Milano... calma. Negli ultimi giorni si è scatenata una specie di febbre da “Effetto Mamda”: c’è chi sogna di trovare un sindaco simile, chi lancia sondaggi come se si trattasse di un casting per il Grande Fratello della politica civica. Tutto comprensibile. Ma davvero crediamo che basti un volto giovane e carismatico per rimettere in sesto una città ferita da anni di malgoverno e autoreferenzialità? Non è pessimismo, ma memoria. E qualche punto fermo ci serve per non ripetere gli stessi errori 👇 ⚖️ Tre cose semplici da considerare: 1️⃣ Milano non è New York. Le due città hanno morfologie, mix sociali e strutture urbanistiche profondamente diverse. Laddove New York è un mosaico di distretti autonomi e di comunità organizzate, Milano vive ancora una rigida centralizzazione amministrativa e un’urbanistica spesso piegata agli interessi immobiliari. I modelli non si “esportano”: si contestualizzano. Forse ora come ora qualunque schema ci sembra "oro colato" davanti al fallimento del "Modello Milano". 2️⃣ Basta con l’uomo solo al comando. L’eroe solitario, bello e magnetico come un dio pagano, non serve più. Lo abbiamo visto, lo abbiamo applaudito, e troppe volte ci ha deluso. Il cambiamento vero nasce dal lavoro collettivo, dalle reti civiche, dalla condivisione del potere decisionale. Ma a patto che sapremo guardare oltre la concorrenza fra i nostri gruppi politici di opposizione e mettendo da parte le mire personali. Altrimenti la disfatta del 2021 sarà la stessa. Basta guardarsi in cagnesco quindi e ripartiamo. 3️⃣ Le intenzioni non bastano. Stiamo già brindando a un cambiamento che deve ancora tradursi in politiche concrete. È un po’ come il Nobel a Obama: simbolico, ma prematuro. Dietro ogni volto nuovo serve un progetto, una visione collettiva e strutturata. 💡 E quindi? Non è questione di non credere al cambiamento. È questione di non farsi incantare dai riflessi del cambiamento apparente. Per Milano, serve una rotta chiara: Un candidato empatico ma circondato da una squadra forte, capace di ricucire il legame fra istituzioni e cittadini. Il leader da solo non basta più. Un programma concreto, pochi punti ma chiari, costruiti dai quartieri verso il centro. Basta libri dei sogni, servono agende nate dal basso: dal trasporto pubblico all’abitare, dalla giustizia sociale alla qualità della vita. Un patto civico nuovo, dove le Municipalità non siano più la “Serie B” della politica, ma il cuore pulsante del cambiamento reale. Milano non ha bisogno di un Messia o di un guru come di un profeta, ma di un’etica pubblica nuova. Una mentalità diversa, che parta da noi cittadini attivi. Perché senza una spinta collettiva, nemmeno il “Mamdani” più ispirato potrà salvarci. Va bene esultare, sognare, farsi contagiare da un entusiasmo sano. Ma ricordiamoci che ogni sbornia finisce… e il lunedì arriva per tutti. 🍷 ➡️💼 In bocca al lupo, “Mamda”. Ora tocca a noi. Posiamo i calici e mettiamoci al lavoro. #EffettoMamda #MilanoCivica #PoliticaConcreta #CambiamentoVero #LeadershipDiffusa #Partecipazione #CittàCheCambia #AttivismoCivico
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  • "Altro che Russia, con il regime Covid ci hanno fatto di peggio. Ci hanno segato i diritti, ci hanno censurato, fidati che non è semplice vivere in Italia da indipendente!" 🗣

    Si accende lo scontro in diretta tra Daniele Capezzone e Fabio Duranti

    Source: https://x.com/RadioRadioWeb/status/1986138948004159610?t=zvV5Ms6BNPdctpBhsEsE-A&s=19
    "Altro che Russia, con il regime Covid ci hanno fatto di peggio. Ci hanno segato i diritti, ci hanno censurato, fidati che non è semplice vivere in Italia da indipendente!" 🚨🗣 Si accende lo scontro in diretta tra Daniele Capezzone e Fabio Duranti 🔥 Source: https://x.com/RadioRadioWeb/status/1986138948004159610?t=zvV5Ms6BNPdctpBhsEsE-A&s=19
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  • Una delle attiviste per i diritti delle donne più coraggiose al mondo, e sopravvissuta all'oppressione della Sharia, Ayaan Hirsi Ali ha suscitato indignazione tra i migranti musulmani in Australia.

    In una potente intervista a Sky News, ha avvertito gli australiani: “Imparate dagli errori dell’Europa prima che sia troppo tardi.”

    Il suo messaggio era semplice ma esplosivo: Deportate gli islamisti che rifiutano di accettare le leggi, i valori e la cultura australiana. Sei d’accordo con lei - Sì o No?
    https://x.com/dessere88fenice/status/1986179235711746177?t=1USKEOBPzuSHt6xThr3e4A&s=19
    ⚠️❕Una delle attiviste per i diritti delle donne più coraggiose al mondo, e sopravvissuta all'oppressione della Sharia, Ayaan Hirsi Ali ha suscitato indignazione tra i migranti musulmani in Australia. ➡️In una potente intervista a Sky News, ha avvertito gli australiani: “Imparate dagli errori dell’Europa prima che sia troppo tardi.” ⚠️⚠️Il suo messaggio era semplice ma esplosivo: Deportate gli islamisti che rifiutano di accettare le leggi, i valori e la cultura australiana. Sei d’accordo con lei - Sì o No?👍👌 https://x.com/dessere88fenice/status/1986179235711746177?t=1USKEOBPzuSHt6xThr3e4A&s=19
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  • CATEGORIE INVISIBILI
    Beffa ai caregivers

    Ci sono tematiche che, purtroppo, passano inevitabilmente in secondo piano.
    Di sicuro perché viviamo in un Paese “strano” — per usare un eufemismo — capace di empatizzare con il dolore di popoli lontani, eppure totalmente indifferente davanti alle “peggio porcate” che ogni anno ci servono in tavola con la Manovra economica.
    Un piatto indigesto, puntuale come le abbuffate natalizie.

    E per chi, come il sottoscritto, proviene da percorsi di vita e di studio di carattere umanistico, è impossibile non volgere lo sguardo al dato umano.
    Quello che manda avanti una società, che tiene in piedi un partito o un movimento politico, nonostante tutto.

    Mi spiace dover constatare, ancora una volta, che dopo la cultura, a non godere dei dovuti riguardi siano le politiche sociali.
    Nonostante gli appelli di organizzazioni e associazioni di settore, certe riforme rimangono in un eterno “limbo”, fino a concretizzarsi in reali beffe.
    E ogni volta c’è qualcuno pronto a giustificarle con la solita scusa della coperta corta, vero?
    Oppure, diciamola tutta: ci sono argomenti che non sono “politicamente cavalcabili”.
    Basta ipocrisie, non siamo più bambini.

    Stavolta tocca ai Caregiver di tutta Italia.
    Persone che da anni attendono una legge capace di offrire un riconoscimento sociale, giuridico ed economico, oltreché dignità.
    Parliamo di decine di migliaia di caregiver familiari, in larghissima parte donne over 40, conviventi con chi assistono, impegnate in turni infiniti di cura: 24 ore al giorno, 7 giorni su 7.
    Persone che sacrificano salute, tempo, vita professionale e spesso anche la propria identità pur di garantire assistenza continua a un familiare.

    E cosa prevede la nuova Manovra?
    Secondo l’art. 53, sarà istituito un fondo per il “finanziamento delle iniziative legislative a sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare, con una dotazione di 1,15 milioni di euro per l’anno 2026, e di 207 milioni annui a decorrere dal 2027”.

    Una mancetta.
    Una cifra ridicola se rapportata al fabbisogno reale di un Paese in cui il welfare familiare regge spesso dove lo Stato si dissolve.

    E la cosa più triste è che il Ministero — nella figura di Alessandra Locatelli — si dà alla macchia.
    Complice forse il fatto di giovare di un anonimato comodo, al riparo dai riflettori che illuminano ministri più “macchiettistici” come Giuli, Tajani, Crosetto & Friends.

    Il Governo tace anche di fronte agli appelli e alle legittime richieste di realtà associative come
    “Genitori Tosti in Tutti i Posti”, FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e CONFAD (Coordinamento Nazionale Famiglie con Disabilità).

    E allora diciamolo: non è una questione di ideologia politica.
    La vera colpa, di qualunque governo, è non voler guardare in faccia la realtà.
    Non voler ascoltare chi vive quotidianamente le fragilità del Paese reale.

    Perché le categorie invisibili sono tante.
    Padri separati, nuclei monogenitoriali in stato di vedovanza, famiglie schiacciate da un ISEE che punisce invece di tutelare.
    Tutti ignorati in nome di “altre priorità”.
    Oppure, peggio ancora, scaricati sulle Regioni.

    Ridurre tutto all’ennesimo scontro di contrade ideologiche è il più grande errore di chi governa e di chi si oppone.
    Perché non è una questione di colore politico, ma di sensibilità.
    Quando la politica tornerà a essere studio, ascolto e visione, e non semplice folclore di piazza, forse potremo scrivere un’agenda reale delle priorità di questo Paese.
    Ma servirà qualcosa che oggi manca più di ogni altra risorsa:
    uomini e donne di buona volontà.

    #Caregiver #Manovra2025 #PoliticheSociali #Invisibili #Welfare #DirittiNegati #GiustiziaSociale #Politica #SocietàCivile #dignità
    CATEGORIE INVISIBILI Beffa ai caregivers Ci sono tematiche che, purtroppo, passano inevitabilmente in secondo piano. Di sicuro perché viviamo in un Paese “strano” — per usare un eufemismo — capace di empatizzare con il dolore di popoli lontani, eppure totalmente indifferente davanti alle “peggio porcate” che ogni anno ci servono in tavola con la Manovra economica. Un piatto indigesto, puntuale come le abbuffate natalizie. E per chi, come il sottoscritto, proviene da percorsi di vita e di studio di carattere umanistico, è impossibile non volgere lo sguardo al dato umano. Quello che manda avanti una società, che tiene in piedi un partito o un movimento politico, nonostante tutto. Mi spiace dover constatare, ancora una volta, che dopo la cultura, a non godere dei dovuti riguardi siano le politiche sociali. Nonostante gli appelli di organizzazioni e associazioni di settore, certe riforme rimangono in un eterno “limbo”, fino a concretizzarsi in reali beffe. E ogni volta c’è qualcuno pronto a giustificarle con la solita scusa della coperta corta, vero? Oppure, diciamola tutta: ci sono argomenti che non sono “politicamente cavalcabili”. Basta ipocrisie, non siamo più bambini. Stavolta tocca ai Caregiver di tutta Italia. Persone che da anni attendono una legge capace di offrire un riconoscimento sociale, giuridico ed economico, oltreché dignità. Parliamo di decine di migliaia di caregiver familiari, in larghissima parte donne over 40, conviventi con chi assistono, impegnate in turni infiniti di cura: 24 ore al giorno, 7 giorni su 7. Persone che sacrificano salute, tempo, vita professionale e spesso anche la propria identità pur di garantire assistenza continua a un familiare. 👉E cosa prevede la nuova Manovra? Secondo l’art. 53, sarà istituito un fondo per il “finanziamento delle iniziative legislative a sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare, con una dotazione di 1,15 milioni di euro per l’anno 2026, e di 207 milioni annui a decorrere dal 2027”. Una mancetta. Una cifra ridicola se rapportata al fabbisogno reale di un Paese in cui il welfare familiare regge spesso dove lo Stato si dissolve. E la cosa più triste è che il Ministero — nella figura di Alessandra Locatelli — si dà alla macchia. Complice forse il fatto di giovare di un anonimato comodo, al riparo dai riflettori che illuminano ministri più “macchiettistici” come Giuli, Tajani, Crosetto & Friends. Il Governo tace anche di fronte agli appelli e alle legittime richieste di realtà associative come “Genitori Tosti in Tutti i Posti”, FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e CONFAD (Coordinamento Nazionale Famiglie con Disabilità). E allora diciamolo: non è una questione di ideologia politica. La vera colpa, di qualunque governo, è non voler guardare in faccia la realtà. Non voler ascoltare chi vive quotidianamente le fragilità del Paese reale. Perché le categorie invisibili sono tante. Padri separati, nuclei monogenitoriali in stato di vedovanza, famiglie schiacciate da un ISEE che punisce invece di tutelare. Tutti ignorati in nome di “altre priorità”. Oppure, peggio ancora, scaricati sulle Regioni. Ridurre tutto all’ennesimo scontro di contrade ideologiche è il più grande errore di chi governa e di chi si oppone. Perché non è una questione di colore politico, ma di sensibilità. Quando la politica tornerà a essere studio, ascolto e visione, e non semplice folclore di piazza, forse potremo scrivere un’agenda reale delle priorità di questo Paese. Ma servirà qualcosa che oggi manca più di ogni altra risorsa: uomini e donne di buona volontà. #Caregiver #Manovra2025 #PoliticheSociali #Invisibili #Welfare #DirittiNegati #GiustiziaSociale #Politica #SocietàCivile #dignità
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  • ULTIMA ORA: IL GIUDICE SUSANNA ZANDA ASSOLTA IN CASSAZIONE.

    La Corte di Cassazione si è espressa con l'assoluzione della giudice Susanna Zanda dalle accuse rivoltegli.

    La giudice ha subito provvedimenti e sanzioni disciplinari che minano la sua carriera e la sua dignità umana e professionale per aver emesso sentenze contro le restrizioni ingiustificate alle libertà dei cittadini durante il periodo della c. d. pandemia. Accuse che appaiono a molti come una ritorsione e un avvertimento verso quelle toghe che osano contraddire le decisioni dei Governi.

    Aveva per prima rifiutato il Green Pass e esternato il suo dissenso tanto da vedersi deferita al CSM (Consiglio Superiore della Magistratura).

    “Il supergreen pass tende ad indurre gli over 50 all’inoculo di un trattamento genico sperimentale, che si era già acclarato avere un’efficacia immunizzante ‘negativa’, come confermato dagli ultimi dati Aifa”, disse.

    Inoltre la Giudice aveva ricordato che "La degradazione della persona del lavoratore a merce di supermercato, potrebbe essere giudicato lesivo della dignità della persona, integrando un comportamento illecito della parte datoriale" definendo il provvedimento della tessera verde come eversivo rispetto ai diritti disciplinati e garantiti in Costituzione.

    Oggi la pronuncia di assoluzione dal provvedimento disciplinare aperto dalla Procura Generale della stessa Corte, per sindacare in merito alle decisioni prese dal Magistrato Zanda.

    Ogni tanto una buona notizia.



    Seguimi e aiutami ad essere un giornalista indipendente con una donazione libera su Paypal:

    paypal.me/DavideGianlucaPorro

    Non ho editori alle spalle, posso svolgere questo lavoro solo grazie ai miei sacrifici e all'aiuto spontaneo di cittadini onesti come te.

    Grazie di cuore.
    🔴ULTIMA ORA: IL GIUDICE SUSANNA ZANDA ASSOLTA IN CASSAZIONE. La Corte di Cassazione si è espressa con l'assoluzione della giudice Susanna Zanda dalle accuse rivoltegli. La giudice ha subito provvedimenti e sanzioni disciplinari che minano la sua carriera e la sua dignità umana e professionale per aver emesso sentenze contro le restrizioni ingiustificate alle libertà dei cittadini durante il periodo della c. d. pandemia. Accuse che appaiono a molti come una ritorsione e un avvertimento verso quelle toghe che osano contraddire le decisioni dei Governi. Aveva per prima rifiutato il Green Pass e esternato il suo dissenso tanto da vedersi deferita al CSM (Consiglio Superiore della Magistratura). “Il supergreen pass tende ad indurre gli over 50 all’inoculo di un trattamento genico sperimentale, che si era già acclarato avere un’efficacia immunizzante ‘negativa’, come confermato dagli ultimi dati Aifa”, disse. Inoltre la Giudice aveva ricordato che "La degradazione della persona del lavoratore a merce di supermercato, potrebbe essere giudicato lesivo della dignità della persona, integrando un comportamento illecito della parte datoriale" definendo il provvedimento della tessera verde come eversivo rispetto ai diritti disciplinati e garantiti in Costituzione. Oggi la pronuncia di assoluzione dal provvedimento disciplinare aperto dalla Procura Generale della stessa Corte, per sindacare in merito alle decisioni prese dal Magistrato Zanda. Ogni tanto una buona notizia. 🆘🆘🆘🆘🆘🆘🆘🆘🆘🆘🆘🆘🆘 👍 Seguimi e aiutami ad essere un giornalista indipendente con una donazione libera su Paypal: paypal.me/DavideGianlucaPorro Non ho editori alle spalle, posso svolgere questo lavoro solo grazie ai miei sacrifici e all'aiuto spontaneo di cittadini onesti come te. Grazie di cuore.
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  • (Adesso) NIENTE SCUSE
    Quando la giustizia internazionale diventa “opinione”

    Non ci sono più alibi.
    Non c'è più la scusa della accusa di improvvisazione e incoscienza per una Flotilla o per il troppo rumore sollevato dalle manifestazioni e i cortei sparsi per il mondo.
    Non serve essere esperti di geopolitica per vedere che qualcuno non sta rispettando patti sottoscritti — e che la "fame"è diventata oggi un’arma di guerra indiretta.
    Un attacco silenzioso, che continua nonostante un accordo di tregua, siglato oltre due settimane fa.

    Avevamo ragione a non lasciarci trascinare dall’entusiasmo.
    Per cosa avremmo dovuto esultare?
    Per una giustizia che vale come carta straccia, o che — peggio — diventa opinione?
    Siamo entrati nell’epoca in cui la giustizia internazionale è discrezionale, interpretata a seconda della convenienza del momento.

    “Lo Stato di Israele, in quanto Potenza occupante, è tenuto a garantire alla popolazione dei territori palestinesi occupati beni essenziali quali cibo, acqua, indumenti, rifugio, combustibile, medicine e servizi medici.”
    — Corte Internazionale di Giustizia, L’Aia

    Eppure, nei fatti, siamo punto e a capo.
    Secondo Oxfam e oltre 40 organizzazioni umanitarie, tra il 10 e il 21 ottobre sono state negate 99 richieste di Ong internazionali e 6 delle Nazioni Unite per fornire aiuti a Gaza.
    Pari a circa 50 milioni di dollari di aiuti bloccati: acqua, cibo, tende, medicine.

    Da questa circolazione di aiuti dipende la sopravvivenza di 2 milioni di persone, per lo più donne e bambini.
    Senza interventi immediati, l’inverno a Gaza sarà una condanna: rifugi improvvisati, nessun riscaldamento, acqua contaminata.
    E altri moriranno — quando tutto questo sarebbe evitabile.

    Posso non fidarmi della giustizia italiana, e avremmo fascicoli infiniti a dimostrarlo.
    Ma quando vengono calpestati accordi internazionali e ignorati gli appelli delle istituzioni più autorevoli, che cosa resta?
    Solo indignazione.
    E un dubbio legittimo: se la nostra Premier definiva “inutile” ogni iniziativa umanitaria nata dal basso, cosa resta allora della solidarietà autentica?

    Davvero crediamo che basti un intervento governativo per aprire i valichi?
    E come si sarebbero potuti garantire aiuti umanitari alla popolazione di Gaza? Allungando mazzette o tangenti alle autorità israeliane ?

    Il paradosso è questo: oggi ogni accordo è carta straccia di fronte a volontà politiche che non si piegano.
    Siamo nel tempo del “vale tutto”.
    Non esiste più una linea chiara di giustizia.
    E la parola umanità sembra un concetto arcaico, quasi estinto.

    Ma una speranza resta.
    Sta nella voce di chi non accetta di restare in silenzio, nella scelta di chi si impegna davvero in politica per riportare giustizia e umanità al centro.
    A patto che ci sia anche coraggio — quella virtù ormai dimenticata che distingue chi parla da chi agisce.

    E allora, ditemi voi:
    come cittadini milanesi, come italiani, dovevamo davvero tollerare un gemellaggio del genere?

    #GiustiziaInternazionale #DirittiUmani #GazaUnderAttack #Oxfam #HumanityFirst #CessateIlFuoco #Milano #TelAviv #PoliticaEtica #StopWar #Solidarietà #Verità #CoraggioCivile #Flotilla #ONU #Pace #InternationalLaw
    ✊ (Adesso) NIENTE SCUSE 🕊️ Quando la giustizia internazionale diventa “opinione” Non ci sono più alibi. Non c'è più la scusa della accusa di improvvisazione e incoscienza per una Flotilla o per il troppo rumore sollevato dalle manifestazioni e i cortei sparsi per il mondo. 📉 Non serve essere esperti di geopolitica per vedere che qualcuno non sta rispettando patti sottoscritti — e che la "fame"è diventata oggi un’arma di guerra indiretta. Un attacco silenzioso, che continua nonostante un accordo di tregua, siglato oltre due settimane fa. Avevamo ragione a non lasciarci trascinare dall’entusiasmo. Per cosa avremmo dovuto esultare? Per una giustizia che vale come carta straccia, o che — peggio — diventa opinione? Siamo entrati nell’epoca in cui la giustizia internazionale è discrezionale, interpretata a seconda della convenienza del momento. ⚖️ “Lo Stato di Israele, in quanto Potenza occupante, è tenuto a garantire alla popolazione dei territori palestinesi occupati beni essenziali quali cibo, acqua, indumenti, rifugio, combustibile, medicine e servizi medici.” — Corte Internazionale di Giustizia, L’Aia Eppure, nei fatti, siamo punto e a capo. 🔒 Secondo Oxfam e oltre 40 organizzazioni umanitarie, tra il 10 e il 21 ottobre sono state negate 99 richieste di Ong internazionali e 6 delle Nazioni Unite per fornire aiuti a Gaza. 💰 Pari a circa 50 milioni di dollari di aiuti bloccati: acqua, cibo, tende, medicine. Da questa circolazione di aiuti dipende la sopravvivenza di 2 milioni di persone, per lo più donne e bambini. Senza interventi immediati, l’inverno a Gaza sarà una condanna: rifugi improvvisati, nessun riscaldamento, acqua contaminata. E altri moriranno — quando tutto questo sarebbe evitabile. 🇮🇹 Posso non fidarmi della giustizia italiana, e avremmo fascicoli infiniti a dimostrarlo. Ma quando vengono calpestati accordi internazionali e ignorati gli appelli delle istituzioni più autorevoli, che cosa resta? Solo indignazione. E un dubbio legittimo: se la nostra Premier definiva “inutile” ogni iniziativa umanitaria nata dal basso, cosa resta allora della solidarietà autentica? Davvero crediamo che basti un intervento governativo per aprire i valichi? E come si sarebbero potuti garantire aiuti umanitari alla popolazione di Gaza? Allungando mazzette o tangenti alle autorità israeliane ? 🎭 Il paradosso è questo: oggi ogni accordo è carta straccia di fronte a volontà politiche che non si piegano. Siamo nel tempo del “vale tutto”. Non esiste più una linea chiara di giustizia. E la parola umanità sembra un concetto arcaico, quasi estinto. Ma una speranza resta. 🌱 Sta nella voce di chi non accetta di restare in silenzio, nella scelta di chi si impegna davvero in politica per riportare giustizia e umanità al centro. A patto che ci sia anche coraggio — quella virtù ormai dimenticata che distingue chi parla da chi agisce. E allora, ditemi voi: come cittadini milanesi, come italiani, dovevamo davvero tollerare un gemellaggio del genere? 🇮🇹🤝🇮🇱 #GiustiziaInternazionale #DirittiUmani #GazaUnderAttack #Oxfam #HumanityFirst #CessateIlFuoco #Milano #TelAviv #PoliticaEtica #StopWar #Solidarietà #Verità #CoraggioCivile #Flotilla #ONU #Pace #InternationalLaw
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