• Russia-Ue, la nuova guerra (finanziaria): i conti bloccati delle imprese occidentali, le mani di Putin su 150 miliardi di dollari, cosa rischiano le italiane
    Il Cremlino risponderà all’idea del cancelliere tedesco Merz di utilizzare le riserve congelate russe per finanziare l’Ucraina: ecco che cosa ha in mente lo Zar (e cosa rischia l’Italia...

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    Russia-Ue, la nuova guerra (finanziaria): i conti bloccati delle imprese occidentali, le mani di Putin su 150 miliardi di dollari, cosa rischiano le italiane
    di Federico Fubini

    Russia-Ue, la nuova guerra (finanziaria): i conti bloccati delle imprese occidentali, così Putin mette le mani su 150 miliardi di dollari
    Vladimir Putin (a destra) con Sergei Lavrov

    (Questo articolo è tratto dalla newsletter Whatever it takes ad opera di Federico Fubini, se vuoi iscriverti clicca qui)

    Si è udito un silenzio irreale da Mosca dopo che il cancelliere tedesco Friedrich Merz, per la prima volta, ha messo la sua firma su una decisione che sta prendendo forma: usare le riserve congelate della Russia per finanziare l’Ucraina, dapprima mobilitando 170 miliardi di euro e alla lunga ben oltre duecento. La vicenda dei fondi di Mosca risale ai primi giorni della guerra totale all’Ucraina, quando i leader del G7 bloccarono quei conti in dollari, euro, sterline e yen e li sottrassero alla disponibilità di Vladimir Putin (foto sotto). Ho scritto sul “Corriere” (qui, qui e qui, con Mara Gergolet) dei modi in cui questo può accadere, a partire dal G7 dei ministri delle Finanze già previsto mercoledì. Si può ipotizzare che la decisione diventi esecutiva fra marzo e aprile prossimi.

    La risposta del Cremlino
    Ora però mi interessano altri aspetti, perché quel silenzio di Mosca è ingannevole. Il Cremlino risponderà. Prenderà di mira e confischerà i conti e probabilmente anche i beni fisici delle aziende attive in Russia dei Paesi che dovessero partecipare all’intervento sulle riserve – incluse almeno una sessantina di imprese italiane – se questa decisione sarà confermata. La tensione tra Mosca e i governi europei, già altissima, non farà che crescere ancora.

    Le ritorsioni
    Dirò più sotto perché temo che tutto ciò sia inevitabile e perché gli averi delle aziende europee in Russia già oggi sono probabilmente irrecuperabili; quindi, non è il momento per italiani, francesi, tedeschi o britannici di farsi intimidire dalle minacce di ritorsioni. Il senso di ciò che sta accadendo è sempre più chiaro. La ritirata degli Stati Uniti dal conflitto per scelta di Donald Trump, così come la determinazione di Putin (sostenuto dalla Cina) di perseguire comunque i suoi obiettivi massimi di guerra, stanno spingendo una parte d’Europa verso ciò che per ottant’anni non aveva mai fatto: esporsi sempre di più – con denaro, armi, industria e tecnologie – perché l’Ucraina non ceda; perché Putin non divenga una minaccia sempre maggiore anche per noi stessi.


    Le riserve russe
    Usare le riserve russe è un modo di continuare questo sforzo cercando di prevenire una rivolta dei contribuenti europei, che verrebbe molto presto cavalcata dai populisti di ogni segno. Ma nei fatti la scomparsa dell’America da questo scacchiere accelera un degrado ulteriore nei rapporti tra l’Europa e la Russia, con ricadute anche finanziarie e industriali finora poco comprese. Vediamo.

    Il decreto presidenziale
    Esiste a Mosca, almeno dall’inizio dell’anno, la bozza di un decreto presidenziale che prevede la nazionalizzazione delle attività di aziende di Paesi considerati «non amichevoli». La novità sarebbe solo nella scala – vastissima, macroeconomica – sulla quale tutto ciò potrebbe avvenire. Perché il resto si è già visto tutto. In questi tre anni e mezzo Putin, il suo governo o i giudici da esso controllati hanno già requisito per motivi politici, messo sotto il controllo dello Stato o trasferito a oligarchi amici 103 aziende o proprietà; fra queste le attività russe della francese Danone (trasferite al leader ceceno e signore della guerra Ramzan Kadyrov), quella della danese Carlsberg, della belga InBev, della tedesca Bosch, dell’americana Exxon Mobil e dell’italiana Ariston. Queste ultime erano state addossate a Gazprom, la quale le ha restituite ad Ariston stessa dopo appena sette mesi (succedeva a marzo scorso).

    Il valore dei beni fisici
    Tutto questo molto probabilmente è solo il prologo di ciò che sta per accadere ora, se e quando l’uso per l’Ucraina delle riserve congelate russe diventerà operativo in primavera. Una stima approssimativa che circola negli ambienti di affari legati a Mosca indica che il valore dei beni fisici d’investimento delle società occidentali in Russia sia oggi attorno ai 150 miliardi di dollari; a questi si aggiungono conti bancari di imprese di Paesi “non amichevoli” per altri 150 miliardi di dollari circa.
    Per quanto riguarda le imprese italiane, i conti bancari esposti al sequestro in Russia molto probabilmente custodiscono almeno l’equivalente in rubli di almeno mezzo miliardo di euro; ma si tratta con ogni verosimiglianza di una stima cauta.

    La spinta dell’inflazione
    Spiegherò meglio tra poco, prima però va chiarito perché il valore complessivo dei conti e degli averi delle imprese dei Paesi occidentali in Russia (Giappone politicamente incluso) è così alto. Solo i primi otto gruppi di Paesi “non amichevoli” hanno fatturato in Russia l’equivalente di circa venti miliardi di euro all’ultimo anno dichiarato, spesso il 2023 o il 2024. Il colosso giapponese del tabacco JTI dal 2023 è in testa con vendite per l’equivalente di 4,9 miliardi nel 2023, grazie a un aumento nominale dei fatturati del 40% registrato solo dall’inizio della guerra.

    La spinta dell’inflazione
    JTI ha superato l’americana Philip Morris, diretta concorrente, la quale ha invece fatturato in Russia 4,5 miliardi di euro nel 2023 con un aumento nominale del 12% dall’inizio dell’invasione totale dell’Ucraina. Si tratta di una crescita sospinta in parte da un’inflazione di circa il 20% nei primi due anni del conflitto e dall’accelerazione dei consumi dei russi, perché la spesa militare in quella fase ha creato occupazione e aumentato il potere d’acquisto di milioni di persone.

    I dati
    I dati provengono dalle dichiarazioni fiscali delle imprese stesse all’agenzia delle tasse e all’agenzia statistica russe, raccolti e resi disponibili dalla banca dati Interfax Spark. In questo paradossalmente il governo di Mosca è più trasparente di quelli europei, perché pubblica i dati delle singole aziende (con eccezioni ed esenzioni di natura molto politica).

    Le aziende che hanno lasciato la Russia
    Naturalmente circa 17 mila aziende di Europa, Stati Uniti, Giappone, Australia hanno lasciato la Russia. Anche a costo di essere costrette a vendere a vecchi e nuovi oligarchi locali. Lo hanno fatto ad esempio l'americana McDonald, le tedesche Volkswagen, Mercedes-Benz e Henkel o le italiane Eni ed Enel. Fra i grandi gruppi globali colpiscono, in particolare, due traiettorie.

    Il caso Pepsi
    L’americana Pepsi vede salire i suoi fatturati russi del 58% nei primi tre anni di guerra fino all’equivalente di 2,5 miliardi di euro, proprio mentre da Washington arrivava un pacchetto dopo l’altro di sanzioni (ma non nei beni di consumo come cibi e bevande). E il colosso farmaceutico anglo-svedese Astra-Zeneca, malgrado i rapporti pessimi fra le capitali, dall’inizio del conflitto al 2024 vede quasi triplicare i fatturati fino a un miliardo di euro. Non è chiaro se abbia ricevuto contratti del governo di Mosca nel suo settore, che peraltro è anch’esso del tutto esente dalle sanzioni.

    La curva dei ricavi
    Al confronto le aziende italiane mostrano tendenze simili, ma su una scala molto più modesta. Circa il 70% di quelle che erano presenti prima del 2022 non ha mai lasciato la Russia neanche dopo le sanzioni; e delle 61 imprese di cui è stato possibile reperire le dichiarazioni fiscali su Interfax Spark, 37 avevano fatturati nominali in Russia più alti nel 2024 che prima dell’inizio della guerra. Di una cinquantina di imprese italiane è stato possibile ricostruire l’andamento nel Paese di Vladimir Putin da prima dello scoppio del conflitto totale in Ucraina fino all’anno scorso: il loro fatturato complessivo negli anni di guerra sale del 37%, di una decina di punti in più rispetto all’inflazione locale, fino all’equivalente di 1,7 miliardi di euro nel 2024. L’utile netto aggregato degli anni di guerra è di circa mezzo miliardo di euro, con oltre cento milioni in tasse versate nello stesso periodo al governo di Mosca.

    L’Aperol Spritz
    Quali sono queste imprese? Campari ha una filiale di importazione – non di produzione – che non investe né fa alcuna promozione per crescere, eppure ha visto i fatturati raddoppiare a circa 120 milioni di euro negli anni di guerra per una ragione legata ai paradossi della società russa: mentre i poveri muoiono nel Donbass, nelle élite di Mosca che non possono più viaggiare si è diffusa la moda dell’Aperol Spritz «all'italiana».

    Le italiane, da Chiesi a Barilla e Ferrero
    Crescono molto le farmaceutiche Chiesi e soprattutto Angelini (ma meno di AstraZeneca); decresce in Russia l’impianto di Marcegaglia per acciai di uso civile (700 mila euro di utile in Russia, su un totale di gruppo di quasi duecento milioni nel 2023). Pirelli fattura più di trecento milioni di euro, un risultato che al netto dell’inflazione risulta in frenata dall’inizio della guerra. A queste si aggiungono Cremonini (rifornisce la catena di ex McDonald), Barilla e Ferrero, quest’ultima con un giro d’affari in Russia che resta comunque una frazione dei quasi due miliardi di euro della concorrente americana Mars.

    La presa d'ostaggio
    Nessuna delle imprese che ho citato viola le sanzioni, ma tutte ormai rischiano molto. Spiega The Bell, un quotidiano online molto ben informato sull’economia russa e le dinamiche del potere a Mosca che il governo ha bollato come “agente straniero”: «Gli utili realizzati dalle filiali russe delle aziende (occidentali, ndr.) non possono essere rimpatriati». Dal 2022 devono confluire tutti nei cosiddetti “conti S” fatti istituire dal Cremlino: nella sostanza depositi congelati, così come lo sono le riserve russe in Europa.

    I capitali delle imprese
    Centinaia e centinaia di imprese occidentali non possono disporre dei loro soldi, mentre i profitti e le partecipazioni si accumulano ormai da quasi quattro anni. Di fatto sono stati presi finanziariamente in ostaggio da Putin. Se si aggiunge al conto la quota da circa dieci miliardi di dollari della britannica BP in Rosneft, quella da circa otto miliardi della francese TotalEnergies in Novatek più varie altre e i relativi flussi di dividendi, la stima di conti congelati degli occidentali in Russia per circa 150 miliardi di dollari non suona infondata.

    La fuga inevasa dalla Russia
    Perché tutte queste aziende di tanti Paesi diversi non hanno lasciato la Russia prima? I casi di avidità o opportunismo ci saranno, ma forse non sono molti. Certe imprese sono rimaste perché i loro concorrenti lo facevano (Philip Morris contro JTI). Alcune nel 2022 hanno rinviato l’uscita perché il governo di Mosca imponeva svendite al 50%, per poi scoprire che lo sconto forzoso ora è salito all’80% o al 90%. Altre ancora pensavano che il ritorno di Trump avrebbe portato la pace e il ritiro delle sanzioni. Tutte sono vestigia viventi di un’epoca finita, quella della globalizzazione e del “mondo piatto”, rimaste incagliate in questo tempo di guerra e sanzioni.

    Il ciclo delle ritorsioni
    Putin nel 2022 ha costretto gli europei – che esitavano – a smettere di comprare il gas russo. Oggi è perfettamente capace e deciso a sequestrare gli averi finanziari e materiali delle imprese occidentali, quando l’Europa userà le riserve di Mosca. Per tutte queste imprese ormai non c'è più tempo per tentare di uscire. Per il Cremlino – osserva The Bell – la confisca dell'Occidente sarà una scorciatoia per coprire il crescente deficit di bilancio nel 2026, ma a un prezzo astronomico: con questi espropri la Russia si taglierà fuori dai mercati finanziari internazionali per una generazione a venire, finendo sempre di più nelle mani e alla mercé della Cina.


    I conti S
    Peraltro non potrà estrarre molto denaro dai "conti S", perché la quota liquida è limitata mentre vendere la parte in azioni o obbligazioni può far crollare il mercato di Mosca. Ma Putin accetterà anche questo, pur di servire la sua ossessione di guerra. Per l’Europa cedere al ricatto per salvare i conti russi delle proprie imprese sarebbe comunque un errore. Essi resterebbero comunque congelati per sempre, o almeno fino alla sottomissione dei governi europei agli obiettivi di restaurazione imperiale del Cremlino. Il costo sarebbe ben più alto di qualunque profitto accumulato.


    Source: https://www.corriere.it/economia/finanza/25_settembre_29/russia-ue-nuova-guerra-finanziaria-144a5e5d-82d0-47d6-885e-4646cbfa6xlk_amp.shtml
    Russia-Ue, la nuova guerra (finanziaria): i conti bloccati delle imprese occidentali, le mani di Putin su 150 miliardi di dollari, cosa rischiano le italiane Il Cremlino risponderà all’idea del cancelliere tedesco Merz di utilizzare le riserve congelate russe per finanziare l’Ucraina: ecco che cosa ha in mente lo Zar (e cosa rischia l’Italia... la newsletter Russia-Ue, la nuova guerra (finanziaria): i conti bloccati delle imprese occidentali, le mani di Putin su 150 miliardi di dollari, cosa rischiano le italiane di Federico Fubini Russia-Ue, la nuova guerra (finanziaria): i conti bloccati delle imprese occidentali, così Putin mette le mani su 150 miliardi di dollari Vladimir Putin (a destra) con Sergei Lavrov (Questo articolo è tratto dalla newsletter Whatever it takes ad opera di Federico Fubini, se vuoi iscriverti clicca qui) Si è udito un silenzio irreale da Mosca dopo che il cancelliere tedesco Friedrich Merz, per la prima volta, ha messo la sua firma su una decisione che sta prendendo forma: usare le riserve congelate della Russia per finanziare l’Ucraina, dapprima mobilitando 170 miliardi di euro e alla lunga ben oltre duecento. La vicenda dei fondi di Mosca risale ai primi giorni della guerra totale all’Ucraina, quando i leader del G7 bloccarono quei conti in dollari, euro, sterline e yen e li sottrassero alla disponibilità di Vladimir Putin (foto sotto). Ho scritto sul “Corriere” (qui, qui e qui, con Mara Gergolet) dei modi in cui questo può accadere, a partire dal G7 dei ministri delle Finanze già previsto mercoledì. Si può ipotizzare che la decisione diventi esecutiva fra marzo e aprile prossimi. La risposta del Cremlino Ora però mi interessano altri aspetti, perché quel silenzio di Mosca è ingannevole. Il Cremlino risponderà. Prenderà di mira e confischerà i conti e probabilmente anche i beni fisici delle aziende attive in Russia dei Paesi che dovessero partecipare all’intervento sulle riserve – incluse almeno una sessantina di imprese italiane – se questa decisione sarà confermata. La tensione tra Mosca e i governi europei, già altissima, non farà che crescere ancora. Le ritorsioni Dirò più sotto perché temo che tutto ciò sia inevitabile e perché gli averi delle aziende europee in Russia già oggi sono probabilmente irrecuperabili; quindi, non è il momento per italiani, francesi, tedeschi o britannici di farsi intimidire dalle minacce di ritorsioni. Il senso di ciò che sta accadendo è sempre più chiaro. La ritirata degli Stati Uniti dal conflitto per scelta di Donald Trump, così come la determinazione di Putin (sostenuto dalla Cina) di perseguire comunque i suoi obiettivi massimi di guerra, stanno spingendo una parte d’Europa verso ciò che per ottant’anni non aveva mai fatto: esporsi sempre di più – con denaro, armi, industria e tecnologie – perché l’Ucraina non ceda; perché Putin non divenga una minaccia sempre maggiore anche per noi stessi. Le riserve russe Usare le riserve russe è un modo di continuare questo sforzo cercando di prevenire una rivolta dei contribuenti europei, che verrebbe molto presto cavalcata dai populisti di ogni segno. Ma nei fatti la scomparsa dell’America da questo scacchiere accelera un degrado ulteriore nei rapporti tra l’Europa e la Russia, con ricadute anche finanziarie e industriali finora poco comprese. Vediamo. Il decreto presidenziale Esiste a Mosca, almeno dall’inizio dell’anno, la bozza di un decreto presidenziale che prevede la nazionalizzazione delle attività di aziende di Paesi considerati «non amichevoli». La novità sarebbe solo nella scala – vastissima, macroeconomica – sulla quale tutto ciò potrebbe avvenire. Perché il resto si è già visto tutto. In questi tre anni e mezzo Putin, il suo governo o i giudici da esso controllati hanno già requisito per motivi politici, messo sotto il controllo dello Stato o trasferito a oligarchi amici 103 aziende o proprietà; fra queste le attività russe della francese Danone (trasferite al leader ceceno e signore della guerra Ramzan Kadyrov), quella della danese Carlsberg, della belga InBev, della tedesca Bosch, dell’americana Exxon Mobil e dell’italiana Ariston. Queste ultime erano state addossate a Gazprom, la quale le ha restituite ad Ariston stessa dopo appena sette mesi (succedeva a marzo scorso). Il valore dei beni fisici Tutto questo molto probabilmente è solo il prologo di ciò che sta per accadere ora, se e quando l’uso per l’Ucraina delle riserve congelate russe diventerà operativo in primavera. Una stima approssimativa che circola negli ambienti di affari legati a Mosca indica che il valore dei beni fisici d’investimento delle società occidentali in Russia sia oggi attorno ai 150 miliardi di dollari; a questi si aggiungono conti bancari di imprese di Paesi “non amichevoli” per altri 150 miliardi di dollari circa. Per quanto riguarda le imprese italiane, i conti bancari esposti al sequestro in Russia molto probabilmente custodiscono almeno l’equivalente in rubli di almeno mezzo miliardo di euro; ma si tratta con ogni verosimiglianza di una stima cauta. La spinta dell’inflazione Spiegherò meglio tra poco, prima però va chiarito perché il valore complessivo dei conti e degli averi delle imprese dei Paesi occidentali in Russia (Giappone politicamente incluso) è così alto. Solo i primi otto gruppi di Paesi “non amichevoli” hanno fatturato in Russia l’equivalente di circa venti miliardi di euro all’ultimo anno dichiarato, spesso il 2023 o il 2024. Il colosso giapponese del tabacco JTI dal 2023 è in testa con vendite per l’equivalente di 4,9 miliardi nel 2023, grazie a un aumento nominale dei fatturati del 40% registrato solo dall’inizio della guerra. La spinta dell’inflazione JTI ha superato l’americana Philip Morris, diretta concorrente, la quale ha invece fatturato in Russia 4,5 miliardi di euro nel 2023 con un aumento nominale del 12% dall’inizio dell’invasione totale dell’Ucraina. Si tratta di una crescita sospinta in parte da un’inflazione di circa il 20% nei primi due anni del conflitto e dall’accelerazione dei consumi dei russi, perché la spesa militare in quella fase ha creato occupazione e aumentato il potere d’acquisto di milioni di persone. I dati I dati provengono dalle dichiarazioni fiscali delle imprese stesse all’agenzia delle tasse e all’agenzia statistica russe, raccolti e resi disponibili dalla banca dati Interfax Spark. In questo paradossalmente il governo di Mosca è più trasparente di quelli europei, perché pubblica i dati delle singole aziende (con eccezioni ed esenzioni di natura molto politica). Le aziende che hanno lasciato la Russia Naturalmente circa 17 mila aziende di Europa, Stati Uniti, Giappone, Australia hanno lasciato la Russia. Anche a costo di essere costrette a vendere a vecchi e nuovi oligarchi locali. Lo hanno fatto ad esempio l'americana McDonald, le tedesche Volkswagen, Mercedes-Benz e Henkel o le italiane Eni ed Enel. Fra i grandi gruppi globali colpiscono, in particolare, due traiettorie. Il caso Pepsi L’americana Pepsi vede salire i suoi fatturati russi del 58% nei primi tre anni di guerra fino all’equivalente di 2,5 miliardi di euro, proprio mentre da Washington arrivava un pacchetto dopo l’altro di sanzioni (ma non nei beni di consumo come cibi e bevande). E il colosso farmaceutico anglo-svedese Astra-Zeneca, malgrado i rapporti pessimi fra le capitali, dall’inizio del conflitto al 2024 vede quasi triplicare i fatturati fino a un miliardo di euro. Non è chiaro se abbia ricevuto contratti del governo di Mosca nel suo settore, che peraltro è anch’esso del tutto esente dalle sanzioni. La curva dei ricavi Al confronto le aziende italiane mostrano tendenze simili, ma su una scala molto più modesta. Circa il 70% di quelle che erano presenti prima del 2022 non ha mai lasciato la Russia neanche dopo le sanzioni; e delle 61 imprese di cui è stato possibile reperire le dichiarazioni fiscali su Interfax Spark, 37 avevano fatturati nominali in Russia più alti nel 2024 che prima dell’inizio della guerra. Di una cinquantina di imprese italiane è stato possibile ricostruire l’andamento nel Paese di Vladimir Putin da prima dello scoppio del conflitto totale in Ucraina fino all’anno scorso: il loro fatturato complessivo negli anni di guerra sale del 37%, di una decina di punti in più rispetto all’inflazione locale, fino all’equivalente di 1,7 miliardi di euro nel 2024. L’utile netto aggregato degli anni di guerra è di circa mezzo miliardo di euro, con oltre cento milioni in tasse versate nello stesso periodo al governo di Mosca. L’Aperol Spritz Quali sono queste imprese? Campari ha una filiale di importazione – non di produzione – che non investe né fa alcuna promozione per crescere, eppure ha visto i fatturati raddoppiare a circa 120 milioni di euro negli anni di guerra per una ragione legata ai paradossi della società russa: mentre i poveri muoiono nel Donbass, nelle élite di Mosca che non possono più viaggiare si è diffusa la moda dell’Aperol Spritz «all'italiana». Le italiane, da Chiesi a Barilla e Ferrero Crescono molto le farmaceutiche Chiesi e soprattutto Angelini (ma meno di AstraZeneca); decresce in Russia l’impianto di Marcegaglia per acciai di uso civile (700 mila euro di utile in Russia, su un totale di gruppo di quasi duecento milioni nel 2023). Pirelli fattura più di trecento milioni di euro, un risultato che al netto dell’inflazione risulta in frenata dall’inizio della guerra. A queste si aggiungono Cremonini (rifornisce la catena di ex McDonald), Barilla e Ferrero, quest’ultima con un giro d’affari in Russia che resta comunque una frazione dei quasi due miliardi di euro della concorrente americana Mars. La presa d'ostaggio Nessuna delle imprese che ho citato viola le sanzioni, ma tutte ormai rischiano molto. Spiega The Bell, un quotidiano online molto ben informato sull’economia russa e le dinamiche del potere a Mosca che il governo ha bollato come “agente straniero”: «Gli utili realizzati dalle filiali russe delle aziende (occidentali, ndr.) non possono essere rimpatriati». Dal 2022 devono confluire tutti nei cosiddetti “conti S” fatti istituire dal Cremlino: nella sostanza depositi congelati, così come lo sono le riserve russe in Europa. I capitali delle imprese Centinaia e centinaia di imprese occidentali non possono disporre dei loro soldi, mentre i profitti e le partecipazioni si accumulano ormai da quasi quattro anni. Di fatto sono stati presi finanziariamente in ostaggio da Putin. Se si aggiunge al conto la quota da circa dieci miliardi di dollari della britannica BP in Rosneft, quella da circa otto miliardi della francese TotalEnergies in Novatek più varie altre e i relativi flussi di dividendi, la stima di conti congelati degli occidentali in Russia per circa 150 miliardi di dollari non suona infondata. La fuga inevasa dalla Russia Perché tutte queste aziende di tanti Paesi diversi non hanno lasciato la Russia prima? I casi di avidità o opportunismo ci saranno, ma forse non sono molti. Certe imprese sono rimaste perché i loro concorrenti lo facevano (Philip Morris contro JTI). Alcune nel 2022 hanno rinviato l’uscita perché il governo di Mosca imponeva svendite al 50%, per poi scoprire che lo sconto forzoso ora è salito all’80% o al 90%. Altre ancora pensavano che il ritorno di Trump avrebbe portato la pace e il ritiro delle sanzioni. Tutte sono vestigia viventi di un’epoca finita, quella della globalizzazione e del “mondo piatto”, rimaste incagliate in questo tempo di guerra e sanzioni. Il ciclo delle ritorsioni Putin nel 2022 ha costretto gli europei – che esitavano – a smettere di comprare il gas russo. Oggi è perfettamente capace e deciso a sequestrare gli averi finanziari e materiali delle imprese occidentali, quando l’Europa userà le riserve di Mosca. Per tutte queste imprese ormai non c'è più tempo per tentare di uscire. Per il Cremlino – osserva The Bell – la confisca dell'Occidente sarà una scorciatoia per coprire il crescente deficit di bilancio nel 2026, ma a un prezzo astronomico: con questi espropri la Russia si taglierà fuori dai mercati finanziari internazionali per una generazione a venire, finendo sempre di più nelle mani e alla mercé della Cina. I conti S Peraltro non potrà estrarre molto denaro dai "conti S", perché la quota liquida è limitata mentre vendere la parte in azioni o obbligazioni può far crollare il mercato di Mosca. Ma Putin accetterà anche questo, pur di servire la sua ossessione di guerra. Per l’Europa cedere al ricatto per salvare i conti russi delle proprie imprese sarebbe comunque un errore. Essi resterebbero comunque congelati per sempre, o almeno fino alla sottomissione dei governi europei agli obiettivi di restaurazione imperiale del Cremlino. Il costo sarebbe ben più alto di qualunque profitto accumulato. Source: https://www.corriere.it/economia/finanza/25_settembre_29/russia-ue-nuova-guerra-finanziaria-144a5e5d-82d0-47d6-885e-4646cbfa6xlk_amp.shtml
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  • EUNOMIS INFORMA, [29 Set 2025 alle 08:38]
    https://www.ilgiornaleditalia.it/news/approfondimenti/734863/legittimita-degli-obblighi-vaccinali-la-sospensione-degli-stipendi-ai-non-vaccinati-di-nuovo-al-vaglio-della-corte-costituzionale.html

    “Il Tribunale di Catania rimette nuovamente alla Corte Costituzionale”

    * di Andrea Montanari, avvocato

    Torna in Corte delle Leggi la “vexatissima quaestio” della sospensione (rectius, privazione) degli stipendi ai lavoratori non vaccinati nel periodo del Covid-19.

    Una delle normative più ingiuste e contestate del recente governo Draghi di epoca “pseudo pandemica” (e forse dell’intera storia repubblicana) torna quindi a giudizio di illegittimità costituzionale, come peraltro abbiamo sempre segnalato sarebbe avvenuto.

    D’altra parte, le famigerate sentenze del 2023 con cui la Corte delle Leggi rigetto’ istanze di remissione e interventi di numerosi avvocati e associazioni (tra cui la nostra Associazione EUNOMIS, con il sostegno di Società italiana di Medicina, difensori in mandato eravamo il sottoscritto e l’egregio avv. Francesco Cardile), volti a fare dichiarare l’illegittimita’ costituzionale dell’obbligo vaccinale e/o della abnorme e discriminatoria sanzione irrogata ai “resistenti” , erano evidentemente ERRATE dal momento che aderirono alla temeraria tesi (pseudoscientifica) della Avvocatura di Stato che sostenne (pur consapevole del contrario) che i farmaci per il Covid - 19 (detti irregolarmente “vaccini”) “prevenivano la trasmissione della infezione” (!).

    Un clamoroso falso storico - sotto il profilo scientifico (da cui la Corte “delle Leggi” avrebbe dovuto astenersi o comunque dichiarare) - che era già noto alla data delle udienze di discussione in Corte che si tennero a fine anno 2022 dopo la lunga notte di veglia che tenemmo a Roma.

    Un clamoroso falso storico dunque che oggi e’ emerso e dimostrato in tutta la sua fondatezza EX ANTE con la pubblicazione dei verbali del CTS della Presidenza del Consiglio dei Ministri (si v. , ex multis, il verbale 4/21 anteriore all’emissione del DL 44/21 che introdusse l’obbligo), con la ammissione di AIFA a seguito di accesso agli atti, con le audizioni in sede di Commissione parlamentare di inchiesta Covid-19, con decine di studi scientifici pubblicati (per quanto ciò risultasse già allora chiaramente anche dai cd. “bugiardini”).

    Si riapriranno dunque le porte al risarcimento degli stipendi illegittimamente negati a tutti questi lavoratori e alle loro famiglie ?
    Noi lo auspichiamo.

    Consigliamo intanto la lettura dell’articolo allegato di commento all’ordinanza di rinvio del Tribunale catanese, uscito su Il Giornale d’Italia, a firma del prof. avv. Gianfrancesco Vecchio, membro del nostri team legali EUNOMIS e Società italiana di Medicina, che tra l’altro fu con noi in Corte Costituzionale.

    * presidente EUNOMIS
    * coordinatore Dipartimento Affari Legali Società italiana di Medicina
    * presidente nazionale FenImprese Sanita’ - Insieme per Salute e Ben-essere https://t.me/eunomis/4646
    EUNOMIS INFORMA, [29 Set 2025 alle 08:38] https://www.ilgiornaleditalia.it/news/approfondimenti/734863/legittimita-degli-obblighi-vaccinali-la-sospensione-degli-stipendi-ai-non-vaccinati-di-nuovo-al-vaglio-della-corte-costituzionale.html 📍 “Il Tribunale di Catania rimette nuovamente alla Corte Costituzionale” * di Andrea Montanari, avvocato Torna in Corte delle Leggi la “vexatissima quaestio” della sospensione (rectius, privazione) degli stipendi ai lavoratori non vaccinati nel periodo del Covid-19. Una delle normative più ingiuste e contestate del recente governo Draghi di epoca “pseudo pandemica” (e forse dell’intera storia repubblicana) torna quindi a giudizio di illegittimità costituzionale, come peraltro abbiamo sempre segnalato sarebbe avvenuto. D’altra parte, le famigerate sentenze del 2023 con cui la Corte delle Leggi rigetto’ istanze di remissione e interventi di numerosi avvocati e associazioni (tra cui la nostra Associazione EUNOMIS, con il sostegno di Società italiana di Medicina, difensori in mandato eravamo il sottoscritto e l’egregio avv. Francesco Cardile), volti a fare dichiarare l’illegittimita’ costituzionale dell’obbligo vaccinale e/o della abnorme e discriminatoria sanzione irrogata ai “resistenti” , erano evidentemente ERRATE dal momento che aderirono alla temeraria tesi (pseudoscientifica) della Avvocatura di Stato che sostenne (pur consapevole del contrario) che i farmaci per il Covid - 19 (detti irregolarmente “vaccini”) “prevenivano la trasmissione della infezione” (!). Un clamoroso falso storico - sotto il profilo scientifico (da cui la Corte “delle Leggi” avrebbe dovuto astenersi o comunque dichiarare) - che era già noto alla data delle udienze di discussione in Corte che si tennero a fine anno 2022 dopo la lunga notte di veglia che tenemmo a Roma. Un clamoroso falso storico dunque che oggi e’ emerso e dimostrato in tutta la sua fondatezza EX ANTE con la pubblicazione dei verbali del CTS della Presidenza del Consiglio dei Ministri (si v. , ex multis, il verbale 4/21 anteriore all’emissione del DL 44/21 che introdusse l’obbligo), con la ammissione di AIFA a seguito di accesso agli atti, con le audizioni in sede di Commissione parlamentare di inchiesta Covid-19, con decine di studi scientifici pubblicati (per quanto ciò risultasse già allora chiaramente anche dai cd. “bugiardini”). Si riapriranno dunque le porte al risarcimento degli stipendi illegittimamente negati a tutti questi lavoratori e alle loro famiglie ? Noi lo auspichiamo. Consigliamo intanto la lettura dell’articolo allegato di commento all’ordinanza di rinvio del Tribunale catanese, uscito su Il Giornale d’Italia, a firma del prof. avv. Gianfrancesco Vecchio, membro del nostri team legali EUNOMIS e Società italiana di Medicina, che tra l’altro fu con noi in Corte Costituzionale. * presidente EUNOMIS * coordinatore Dipartimento Affari Legali Società italiana di Medicina * presidente nazionale FenImprese Sanita’ - Insieme per Salute e Ben-essere https://t.me/eunomis/4646
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  • *"10.000 danneggiati da vaccino: a chi risponde davvero Schillaci?": Andrea Zambrano a Mezzora con Messora*

    Doveva essere sicuro. Doveva essere efficace. Invece ci sono 5 mila, o più ragionevolmente *10 mila persone almeno che hanno avuto la vita rovinata* . E lo Stato che fa? Non li risarcisce! In nessun paese civile lo Stato non risarcisce i cittadini dopo averli rovinati. Perfino in Australia lo Stato non esita a risarcire i danneggiati per le sue leggi. L'Italia sarebbe un paese civile?

    *Il Ministro Orazio Schillaci da chi è stato nominato?* Si definisce un tecnico, ma poi prende decisioni politiche, come azzerare una commissione intera, la Nitag, perché due medici non sono graditi. *Chi sono gli "stakeholder" che Schillaci difende?* I portatori di interessi economici in questa vicenda non possono essere altro che le case farmaceutiche. *A chi risponde, davvero, Orazio Schillaci?*

    *Andrea Zambrano* , capo redattore de La Nuova Bussola Quotidiana, senza freni a _Mezzora con Messora_ . La consapevolezza si costruisce guardando, ascoltando e diffondendo interviste come queste.

    👉🏻 *Diffondi il link:* https://www.youtube.com/watch?v=YJfaAOwN_M8
    *"10.000 danneggiati da vaccino: a chi risponde davvero Schillaci?": Andrea Zambrano a Mezzora con Messora* Doveva essere sicuro. Doveva essere efficace. Invece ci sono 5 mila, o più ragionevolmente *10 mila persone almeno che hanno avuto la vita rovinata* . E lo Stato che fa? Non li risarcisce! In nessun paese civile lo Stato non risarcisce i cittadini dopo averli rovinati. Perfino in Australia lo Stato non esita a risarcire i danneggiati per le sue leggi. L'Italia sarebbe un paese civile? *Il Ministro Orazio Schillaci da chi è stato nominato?* Si definisce un tecnico, ma poi prende decisioni politiche, come azzerare una commissione intera, la Nitag, perché due medici non sono graditi. *Chi sono gli "stakeholder" che Schillaci difende?* I portatori di interessi economici in questa vicenda non possono essere altro che le case farmaceutiche. *A chi risponde, davvero, Orazio Schillaci?* *Andrea Zambrano* , capo redattore de La Nuova Bussola Quotidiana, senza freni a _Mezzora con Messora_ . La consapevolezza si costruisce guardando, ascoltando e diffondendo interviste come queste. 👉🏻 *Diffondi il link:* https://www.youtube.com/watch?v=YJfaAOwN_M8
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  • UN PO' di Giustizia oltralpe!
    Sarkozy condannato a 5 anni per i fondi di Gheddafi: "Andrà in carcere"
    Emesso il "mandat de depot", cioè la carcerazione, anche se presenterà appello
    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/09/25/sarkozy-condanna-gheddafi-finanziamenti-illeciti-notizie/8138621/
    UN PO' di Giustizia oltralpe! Sarkozy condannato a 5 anni per i fondi di Gheddafi: "Andrà in carcere" Emesso il "mandat de depot", cioè la carcerazione, anche se presenterà appello https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/09/25/sarkozy-condanna-gheddafi-finanziamenti-illeciti-notizie/8138621/
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  • Risparmio, tutte le app per investire e guadagnare se sei Millennial o Gen Z (ma servono anche agli over 40)
    Chi ha meno di quarant’anni predilige i servizi digitali sia per gli investimenti che per il mordi-e-fuggi. Una lista delle possibilità e dei protagonisti che negli ultimi dieci anni hanno creato un nuovo segmento. E che ora cercano di arricchire l’offerta, arrivando fino ai fondi pensione e ai mercati privati
    https://www.corriere.it/economia/risparmio/cards/risparmio-tutte-le-app-per-investire-e-guadagnare-se-sei-millennial-o-gen-z-ma-servono-anche-agli-over-40/la-nuova-clientela-cresce_principale.shtml?utm_source=firefox-newtab-it-it
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  • CI STANNO RIPROVANDO per PORTARCI in GUERRA! LA RUSSIA NON E' MIO NEMICO!
    Droni bloccano aeroporti nordici, Zelensky accusa: "Erano russi"
    Gli scali di Copenaghen e Oslo riaperti dopo ore di chiusura per droni non identificati. Il presidente ucraino chiede risposta ferma

    Poco dopo la mezzanotte è tornato attivo l’aeroporto di Copenhagen. Attorno alle 4 del mattino ha riaperto lo spazio aereo di Oslo. L’allarme nei cieli di Danimarca e Norvegiam causato dalla presenza di di alcuni droni, è terminato. I voli nello scalo danese sono ripresi questa mattina: “L’aeroporto di Copenaghen ha riaperto dopo essere stato chiuso a causa dell’attività dei droni. Tuttavia, ci saranno ritardi e partenze cancellate. Si consiglia ai passeggeri di verificare con la propria compagnia aerea per ulteriori informazioni”, si legge sul sito web ufficiale dello scalo. La polizia aveva riferito che ieri sera erano stati avvistati due o tre droni di grandi dimensioni non identificati, costringendo i voli in partenza dal più grande aeroporto della Scandinavia a rimanere a terra e altri a essere dirottati verso aeroporti vicini.

    Nella notte è stato riaperto anche spazio aereo sopra l’aeroporto di Oslo. Lo ha comunicato lo scalo in una e-mail all’agenzia di stampa norvegese NTB. “Chiediamo ai passeggeri di presentarsi normalmente. L’aeroporto era stato precedentemente chiuso dopo che almeno due droni erano stati avvistati nei pressi della pista di atterraggio. La decisione è stata presa per motivi di sicurezza”. La chiusura dell’aeroporto, che è durata circa quattro ore, avrà ripercussioni anche sui passeggeri in partenza da Copenaghen questa mattina. Sul sito web delle partenze programmate dall’aeroporto di Copenaghen , diversi voli mattutini risultano cancellati o in ritardo.

    “I velivoli senza pilota non sono stati abbattuti dalle autorità, ma sono scomparsi dalla zona da soli e non sappiamo dove siano andati”, ha spiegato in una conferenza stampa nella notte il vice ispettore di polizia Jakob Hansen. ‘”Stiamo cercando di scoprire – ha aggiunto – di che tipo di droni si trovavano nei pressi dell’aeroporto e da dove provengono”. “Verso le 20:30 – ricostruisce Hansen – la polizia di Copenaghen ha ricevuto una notifica da Naviair (l’ente che controlla e gestisce il traffico aereo) che lo spazio aereo era chiuso a causa dell’osservazione dei droni. La polizia ha quindi avviato un’indagine approfondita, in collaborazione con il PET e le forze armate danesi”.

    A manovrare i velivoli sono state persone “competenti“, ha detto ai giornalisti l’ispettore di polizia Jens Jespersen: “Il numero, le dimensioni, le rotte di volo, il tempo trascorso sopra l’aeroporto. Tutto questo insieme indica che si tratta di un attore capace. Quale attore capace, non lo so”.

    L’Ucraina punta il dito contro la Russia. Volodymyr Zelensky fa sapere via X di aver “parlato con il direttore del Fondo Monetario Internazionale, Kristalina Georgieva, e nel colloquio “è stata dedicata particolare attenzione alle violazioni della Russia dello spazio aereo dei Paesi membri della Nato, compresa quella del 22 settembre a Copenaghen”. “Abbiamo avuto uno scambio di opinioni sulle ragioni – aggiunge – Se non ci sarà una risposta risoluta da parte degli alleati, stati e istituzioni, alle aggressioni provocatorie, la Russia continuerà”.


    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/09/23/droni-aeroporti-nordici-russia-ucraina-notizie/8135567/
    CI STANNO RIPROVANDO per PORTARCI in GUERRA! LA RUSSIA NON E' MIO NEMICO! Droni bloccano aeroporti nordici, Zelensky accusa: "Erano russi" Gli scali di Copenaghen e Oslo riaperti dopo ore di chiusura per droni non identificati. Il presidente ucraino chiede risposta ferma Poco dopo la mezzanotte è tornato attivo l’aeroporto di Copenhagen. Attorno alle 4 del mattino ha riaperto lo spazio aereo di Oslo. L’allarme nei cieli di Danimarca e Norvegiam causato dalla presenza di di alcuni droni, è terminato. I voli nello scalo danese sono ripresi questa mattina: “L’aeroporto di Copenaghen ha riaperto dopo essere stato chiuso a causa dell’attività dei droni. Tuttavia, ci saranno ritardi e partenze cancellate. Si consiglia ai passeggeri di verificare con la propria compagnia aerea per ulteriori informazioni”, si legge sul sito web ufficiale dello scalo. La polizia aveva riferito che ieri sera erano stati avvistati due o tre droni di grandi dimensioni non identificati, costringendo i voli in partenza dal più grande aeroporto della Scandinavia a rimanere a terra e altri a essere dirottati verso aeroporti vicini. Nella notte è stato riaperto anche spazio aereo sopra l’aeroporto di Oslo. Lo ha comunicato lo scalo in una e-mail all’agenzia di stampa norvegese NTB. “Chiediamo ai passeggeri di presentarsi normalmente. L’aeroporto era stato precedentemente chiuso dopo che almeno due droni erano stati avvistati nei pressi della pista di atterraggio. La decisione è stata presa per motivi di sicurezza”. La chiusura dell’aeroporto, che è durata circa quattro ore, avrà ripercussioni anche sui passeggeri in partenza da Copenaghen questa mattina. Sul sito web delle partenze programmate dall’aeroporto di Copenaghen , diversi voli mattutini risultano cancellati o in ritardo. “I velivoli senza pilota non sono stati abbattuti dalle autorità, ma sono scomparsi dalla zona da soli e non sappiamo dove siano andati”, ha spiegato in una conferenza stampa nella notte il vice ispettore di polizia Jakob Hansen. ‘”Stiamo cercando di scoprire – ha aggiunto – di che tipo di droni si trovavano nei pressi dell’aeroporto e da dove provengono”. “Verso le 20:30 – ricostruisce Hansen – la polizia di Copenaghen ha ricevuto una notifica da Naviair (l’ente che controlla e gestisce il traffico aereo) che lo spazio aereo era chiuso a causa dell’osservazione dei droni. La polizia ha quindi avviato un’indagine approfondita, in collaborazione con il PET e le forze armate danesi”. A manovrare i velivoli sono state persone “competenti“, ha detto ai giornalisti l’ispettore di polizia Jens Jespersen: “Il numero, le dimensioni, le rotte di volo, il tempo trascorso sopra l’aeroporto. Tutto questo insieme indica che si tratta di un attore capace. Quale attore capace, non lo so”. L’Ucraina punta il dito contro la Russia. Volodymyr Zelensky fa sapere via X di aver “parlato con il direttore del Fondo Monetario Internazionale, Kristalina Georgieva, e nel colloquio “è stata dedicata particolare attenzione alle violazioni della Russia dello spazio aereo dei Paesi membri della Nato, compresa quella del 22 settembre a Copenaghen”. “Abbiamo avuto uno scambio di opinioni sulle ragioni – aggiunge – Se non ci sarà una risposta risoluta da parte degli alleati, stati e istituzioni, alle aggressioni provocatorie, la Russia continuerà”. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/09/23/droni-aeroporti-nordici-russia-ucraina-notizie/8135567/
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    Droni bloccano aeroporti nordici, Zelensky accusa: "Erano russi"
    Gli scali di Copenaghen e Oslo riaperti dopo ore di chiusura per droni non identificati. Il presidente ucraino chiede risposta ferma
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  • Ieri sera a Londra si sono svolti i 'National Diversity Awards'. Il premio "Modello di ruolo positivo" è stato assegnato a Katie Neeves, un uomo che raccoglie fondi tramite crowdfunding per far la CASTRAZIONE CHIMICA. Preciamente., per farsì che i bambini maschi ricevano farmaci bloccanti la pubertà e dice loro che "non hanno bisogno del permesso dei genitori".
    Amazon HSBC_ la mega banca in UK, OVO Energy e British Telecom hanno pagato per l'evento, sponsorizzandolo. Questi soggetti e movimenti esistono perchè sono finanziati dalle multinazionali

    G.Zibordi

    Source: https://x.com/pbecchi/status/1969688334239773137?t=-rE2HQP5tf33bpb7J2WeXQ&s=19
    Ieri sera a Londra si sono svolti i 'National Diversity Awards'. Il premio "Modello di ruolo positivo" è stato assegnato a Katie Neeves, un uomo che raccoglie fondi tramite crowdfunding per far la CASTRAZIONE CHIMICA. Preciamente., per farsì che i bambini maschi ricevano farmaci bloccanti la pubertà e dice loro che "non hanno bisogno del permesso dei genitori". Amazon HSBC_ la mega banca in UK, OVO Energy e British Telecom hanno pagato per l'evento, sponsorizzandolo. Questi soggetti e movimenti esistono perchè sono finanziati dalle multinazionali G.Zibordi Source: https://x.com/pbecchi/status/1969688334239773137?t=-rE2HQP5tf33bpb7J2WeXQ&s=19
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  • Arrestato lo scienziato che negava la correlazione tra autismo e vaccinazioni. Rubava i fondi della ricerca.
    Arrestato lo scienziato che negava la correlazione tra autismo e vaccinazioni. Rubava i fondi della ricerca.
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  • Wow ! Evviva ! Sììì ! Era ora, meglio tardi che mai: la commissione europea si è risolta, determinante la tenacia, la cocciutaggine della sua presidente e della vicepresidente, ad elaborare delle ponderose sanzioni ad Israele. Sanzioni che contemplano il congelamento di 14 milioni di fondi, la reintroduzione di dazi e delle misure restrittive a due ministri, Ben Gvir e Smotrich, e ai coloni violenti . ( A letto senza cena per almeno tre giorni di fila e per altrettanti giorni provvedere a lavare da sé gli indumenti intimi ) .
    " E che non si dica più che l' UE adotti un doppio standard rispetto al conflitto in Ucraina" : ha sbottato stizzita la presidente della commissione europea.
    La vice presidente Kaja Kallas è decisa, è irremovibile " occorre sfruttare gli strumenti a nostra disposizione per esercitare pressioni su Israele ".
    Le sanzioni debbono ora riscuotere parere favorevole da parte degli Stati membri, in caso contrario...bhe! L' intenzione è stata espressa: certo che infliggere delle così pesanti pressioni su una democrazia, quale è Israele.. onestamente non mi pare un gesto carino...
    Matteo Salvini intervistato dall' emittente televisiva israeliana i24 News ha dichiarato " Israele ha diritto di difendersi ( diritto ? Perché non dire
    " ha il dovere " ...suona meglio ) e di garantirsi un futuro sereno".
    Ad agosto la commissione europea ha proposto di sospendere la partecipazione di Israele al programma Horizon Europe ( programma dell' UE dedicato alla ricerca e sviluppo tecnologico) ma alcuni Paesi membri, per citarne alcuni la Germania, l' Italia e l' Ungheria ( lo Stato che passa per il più del più sovranista) si sono opposti.
    Perché le sanzioni destinate ai summenzionati ministri e ai coloni violenti siano imposte occorrerà il parere favorevole all' unanimità . Il governo italiano saprà dirsi favorevole e l' Ungheria che usò la cortesia di non dare effetto al mandato di arresto a carico del primo ministro israeliano in occasione della sua visita ufficiale sul territorio ungherese, saprà vorrà dirsi favorevole? Si accettano scommesse.
    Comunque, Israele non ha gradito le intenzioni dell' UE .. e così il ministro della difesa ha inviato una letterina a lor signori e signore avvertendoli che " qualsiasi azione contro Israele riceverà una risposta adeguata, speriamo di non dover arrivare a tanto"!
    " Risposta adeguata "...Hanno in serbo di compiere un atto terroristico nel mezzo di una folla di cittadini europei ?
    Un avvertimento che sarà bene non sottostimare; di certo ne hanno la volontà e capacità ...dimostrata in passato.
    A proposito....ma di interrompere le forniture di armi ? Già, non sarebbe molto cortese....eppoi non irritare oltremodo i sionisti....le conseguenze potrebbero risultare assai rovinose.
    Wow ! Evviva ! Sììì ! Era ora, meglio tardi che mai: la commissione europea si è risolta, determinante la tenacia, la cocciutaggine della sua presidente e della vicepresidente, ad elaborare delle ponderose sanzioni ad Israele. Sanzioni che contemplano il congelamento di 14 milioni di fondi, la reintroduzione di dazi e delle misure restrittive a due ministri, Ben Gvir e Smotrich, e ai coloni violenti . ( A letto senza cena per almeno tre giorni di fila e per altrettanti giorni provvedere a lavare da sé gli indumenti intimi ) . " E che non si dica più che l' UE adotti un doppio standard rispetto al conflitto in Ucraina" : ha sbottato stizzita la presidente della commissione europea. La vice presidente Kaja Kallas è decisa, è irremovibile " occorre sfruttare gli strumenti a nostra disposizione per esercitare pressioni su Israele ". Le sanzioni debbono ora riscuotere parere favorevole da parte degli Stati membri, in caso contrario...bhe! L' intenzione è stata espressa: certo che infliggere delle così pesanti pressioni su una democrazia, quale è Israele.. onestamente non mi pare un gesto carino... Matteo Salvini intervistato dall' emittente televisiva israeliana i24 News ha dichiarato " Israele ha diritto di difendersi ( diritto ? Perché non dire " ha il dovere " ...suona meglio ) e di garantirsi un futuro sereno". Ad agosto la commissione europea ha proposto di sospendere la partecipazione di Israele al programma Horizon Europe ( programma dell' UE dedicato alla ricerca e sviluppo tecnologico) ma alcuni Paesi membri, per citarne alcuni la Germania, l' Italia e l' Ungheria ( lo Stato che passa per il più del più sovranista) si sono opposti. Perché le sanzioni destinate ai summenzionati ministri e ai coloni violenti siano imposte occorrerà il parere favorevole all' unanimità . Il governo italiano saprà dirsi favorevole e l' Ungheria che usò la cortesia di non dare effetto al mandato di arresto a carico del primo ministro israeliano in occasione della sua visita ufficiale sul territorio ungherese, saprà vorrà dirsi favorevole? Si accettano scommesse. Comunque, Israele non ha gradito le intenzioni dell' UE .. e così il ministro della difesa ha inviato una letterina a lor signori e signore avvertendoli che " qualsiasi azione contro Israele riceverà una risposta adeguata, speriamo di non dover arrivare a tanto"! " Risposta adeguata "...Hanno in serbo di compiere un atto terroristico nel mezzo di una folla di cittadini europei ? Un avvertimento che sarà bene non sottostimare; di certo ne hanno la volontà e capacità ...dimostrata in passato. A proposito....ma di interrompere le forniture di armi ? Già, non sarebbe molto cortese....eppoi non irritare oltremodo i sionisti....le conseguenze potrebbero risultare assai rovinose.
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  • QUESTO MI SEMBRA VERAMENTE SCANDALOSO!!!
    Solo tre patteggiamenti: così si chiude il processo per la strage del Mottarone. La madre di una vittima: “Questo è il valore che danno alla vita delle persone”
    di F. Q.
    Il gup di Verbania ha accolto le istanze a 3 anni e 10 mesi avanzata da Luigi Nerini, il titolare della Ferrovia del Mottarone, e a 4 anni e 11 mesi e 4 anni e 5 mesi proposte da Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, rispettivamente direttore d’esercizio e capo servizio dell’impianto. Nessuno dei tre va in carcere.

    Si è chiuso il capitolo giudiziario nell’ambito del procedimento sulla strage della funivia Stresa-Mottarone. Il giudice per l’udienza preliminare ha accolto tre patteggiamenti e pronunciato sentenza di non luogo a procedere per altri due imputati che sono stati prosciolti. Il gup di Verbania, Gianni Macchioni, ha accolto le istanze a patteggiare a 3 anni e 10 mesi avanzata da Luigi Nerini, il titolare della Ferrovia del Mottarone, e a 4 anni e 11 mesi e 4 anni e 5 mesi proposte da Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, rispettivamente direttore d’esercizio e capo servizio dell’impianto. Con tale pena nessuno dei tre va in carcere. Gli indagati all’epoca erano stati fermati e poi scarcerati dal gip tra le polemiche, salvo poi essere rimessi ai domiciliari dal Riesame. La Cassazione infine aveva annullato gli arresti. La Procura aveva chiesto il proscioglimento di Martin Leitner, consigliere delegato della omonima società, e di Peter Rabanser, responsabile del Customer Service. La Regione Piemonte, ha revocato la costituzione di parte civile dopo un risarcimento di circa 100mila euro.

    “Questo è il valore che danno alla vita delle persone” ha detto Vincenza Minutella, la mamma di Silvia Malnati. “Dal signor Nerini non c’è mai stata una lettera di scusa ai famigliari delle vittime, questo ci lascia con un po’ di amaro in bocca. Siamo comunque soddisfatti dell’esito del processo perché c’è stata una condanna severa per le persone contro cui ci eravamo costituiti parte civile, cioè Nerini e Tadini” ha detto Lo ha detto l’avvocato Emanuele Zanalda, legale di alcuni parenti del ramo paterno di Eitan, il bimbo israeliano unico sopravvissuto alla tragedia.

    La strage
    Il 23 maggio del 2021 morirono 14 passeggeri a bordo della cabina precipitata per la rottura della fune traente dell’impianto e del concomitante inserimento dei ‘forchettoni’ che impedirono l’attivazione dei freni di emergenza. A tre mesi dall’ultima udienza, nella quale i pm di Verbania avevano riformulato le accuse eliminando quella di attentato alla sicurezza dei trasporti aggravato dal disastro. Secondo i periti incaricati la funivia del Mottarone era precipitata “a causa del degrado della fune” traente. Di conseguenza, “una corretta attuazione dei controlli” avrebbe evitato la morte delle persone a bordo.

    I pm
    “Nessuna pena, nessun risarcimento potrà mai lenire il dolore per quanto accaduto. Chiudere ora, in una maniera complessivamente adeguata, è un modo per tutti di cominciare a ricucire quello strappo” aveva detto il rappresentante dell’accusa in udienza aggiungendo che si tratta di una “decisione non facile. Spero che le parti offese possano non dico accettare, ma comprendere questo esito”. I pm in aula hanno illustrato i motivi della richiesta di proscioglimento per i due dirigenti della Leitner. Peter Rabanser, che dell’azienda altoatesina è il responsabile del customer service, non può essere ritenuto responsabile di quanto inizialmente contestato – hanno spiegato – perché non spettava a lui il controllo sull’operato del direttore d’esercizio dell’impianto Enrico Perocchio, pubblico ufficiale sul cui operato i controlli spettavano all’Ustif, l’acronimo che indica l’Ufficio speciale trasporti a impianti fissi.

    Le reazioni
    “Non sono sorpresa, era già previsto dalla scorsa udienza. Ma sono molto amareggiata: loro (i pm, ndr) forse non sono stati sette ore su in mezzo ai morti come me. Rispetto la decisione, però l’intervento della Procura mi è sembrato piuttosto da brivido. Giustificano il fatto che non vai a processo perché in questo modo si rinnova il dolore?” aveva detto la sindaca di Stresa, Marcella Severino, prima della decisione. La prima cittadina ha poi ribadito il concetto: “Il solco era già stato tracciato l’udienza precedente, dove si era capito benissimo, quando sono stati rivisti i capi d’imputazione dove si voleva andare. Sono molto, molto amareggiata. Forse, avendo vissuto la tragedia in prima persona, l’ho un pò cucita sulla pelle, speravo veramente ci fosse giustizia. In questo momento devo riflettere ma sono molto perplessa”.

    “La società Leitner non può che esprimere il proprio apprezzamento per la sentenza di non luogo a procedere – si legge in una nota – in relazione alla posizione del proprio vicepresidente Martin Leitner e del dirigente Peter Rabanser. Una decisione che si pone in linea di totale continuità con le già avvenute archiviazioni della posizione del proprio presidente Anton Seeber e della stessa Società per gli addebiti 231/01. Sin dall’inizio del procedimento la società Leitner ha costantemente ribadito la propria condotta improntata a diligenza, coscienza e responsabilità, nell’esecuzione del contratto di manutenzione vigente con la società Ferrovie del Mottarone”.

    Il procuratore e il rischio prescrizione
    “Questo risultato non è il migliore, ma è una soluzione complessivamente adeguata. Siamo consapevoli della profondità del dolore dei familiari delle vittime, ma il processo penale non può mirare a restituire nulla e neppure ad attenuare il dolore. Non devono pensare all’entità della pena, ma che questo patteggiamento rappresenta un accertamento dei fatti e delle responsabilità. Questo anche la persona offesa può prenderlo in considerazione per provare a girare pagina nel limite di quanto umanamente possibile” ha detto ai giornalisti il procuratore di Verbania, Alessandro Pepè.

    “Questa non è la soluzione migliore, non è quella a cui il procuratore pensava nel corso delle indagini, ma è la soluzione che si basa su un dato di fatto: i tempi di indagini e dell’udienza preliminari sono stati particolarmente lunghi, ci siamo trovati a iniziare la seconda udienza preliminare dopo oltre quattro anni dai fatti e dobbiamo prendere atto di questa situazione. Riteniamo – ha concluso – che questo tipo di atteggiamento, che certamente non applica pene particolarmente severe, possa essere preferibile rispetto all’inizio di un percorso dibattimentale che sarebbe stato molto lungo e anche dall’esito incerto visto il tempo già decorso e considerato che si trattava solo più di reati colposi. I tempi della prescrizione li conosciamo e non sono particolarmente lunghi”.

    Le difese
    “Tadini è sempre stato trasparente e presente, ha scritto una lettera breve e toccante. Secondo me abbiamo chiuso nella maniera tecnicamente giusta. Chiaramente qualcuno sarà insoddisfatto, ma io credo che sia la scelta corretta e definitiva. Alla luce di tutto quello che è accaduto, per quanto mi riguarda sono molto soddisfatto, credo di aver fatto un buon lavoro” dice l’avvocato Marcello Perillo. “Il mio cliente subisce una condanna severa ma che gli consente di pensare di non dover tornare in un carcere: questo era il nostro obiettivo primario rispetto a un disastro che avrebbe potuto avere delle conseguenze gravissime anche su di lui” commenta l’avvocato Andrea Da Prato, difensore di Perocchio. “Sentenza giusta? La verità storica è un’altra cosa, ci vorrebbe un dibattimento ma non era il caso di affrontarlo“, ha concluso.

    La lettera dell’imputato
    “Sono profondamente addolorato per tutto il dolore, per le tante, troppe sofferenze causate dal mio comportamento, le cui conseguenze sono andate ben al di là di quanto potessi immaginare nei giorni che hanno preceduto la tragedia. Da quando è accaduto il fatto, non so darmi pace” si legge nella lettera che Tadini ha scritto per accompagnare la richiesta di patteggiamento. “So bene – afferma – che per quanto io possa essere pentito, il mio dolore, la contrizione del mio cuore non potrà alleviare la sofferenza dei famigliari delle vittime. Più che la condanna, temo il loro mancato perdono. Possa Dio darmi l’occasione di espirare il male compiuto dando loro al contempo tutto ciò che la loro vita necessita per tornare a fiorire”.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/09/18/strage-mottarone-patteggiamento-imputati-notizie/8130804/
    QUESTO MI SEMBRA VERAMENTE SCANDALOSO!!! Solo tre patteggiamenti: così si chiude il processo per la strage del Mottarone. La madre di una vittima: “Questo è il valore che danno alla vita delle persone” di F. Q. Il gup di Verbania ha accolto le istanze a 3 anni e 10 mesi avanzata da Luigi Nerini, il titolare della Ferrovia del Mottarone, e a 4 anni e 11 mesi e 4 anni e 5 mesi proposte da Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, rispettivamente direttore d’esercizio e capo servizio dell’impianto. Nessuno dei tre va in carcere. Si è chiuso il capitolo giudiziario nell’ambito del procedimento sulla strage della funivia Stresa-Mottarone. Il giudice per l’udienza preliminare ha accolto tre patteggiamenti e pronunciato sentenza di non luogo a procedere per altri due imputati che sono stati prosciolti. Il gup di Verbania, Gianni Macchioni, ha accolto le istanze a patteggiare a 3 anni e 10 mesi avanzata da Luigi Nerini, il titolare della Ferrovia del Mottarone, e a 4 anni e 11 mesi e 4 anni e 5 mesi proposte da Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, rispettivamente direttore d’esercizio e capo servizio dell’impianto. Con tale pena nessuno dei tre va in carcere. Gli indagati all’epoca erano stati fermati e poi scarcerati dal gip tra le polemiche, salvo poi essere rimessi ai domiciliari dal Riesame. La Cassazione infine aveva annullato gli arresti. La Procura aveva chiesto il proscioglimento di Martin Leitner, consigliere delegato della omonima società, e di Peter Rabanser, responsabile del Customer Service. La Regione Piemonte, ha revocato la costituzione di parte civile dopo un risarcimento di circa 100mila euro. “Questo è il valore che danno alla vita delle persone” ha detto Vincenza Minutella, la mamma di Silvia Malnati. “Dal signor Nerini non c’è mai stata una lettera di scusa ai famigliari delle vittime, questo ci lascia con un po’ di amaro in bocca. Siamo comunque soddisfatti dell’esito del processo perché c’è stata una condanna severa per le persone contro cui ci eravamo costituiti parte civile, cioè Nerini e Tadini” ha detto Lo ha detto l’avvocato Emanuele Zanalda, legale di alcuni parenti del ramo paterno di Eitan, il bimbo israeliano unico sopravvissuto alla tragedia. La strage Il 23 maggio del 2021 morirono 14 passeggeri a bordo della cabina precipitata per la rottura della fune traente dell’impianto e del concomitante inserimento dei ‘forchettoni’ che impedirono l’attivazione dei freni di emergenza. A tre mesi dall’ultima udienza, nella quale i pm di Verbania avevano riformulato le accuse eliminando quella di attentato alla sicurezza dei trasporti aggravato dal disastro. Secondo i periti incaricati la funivia del Mottarone era precipitata “a causa del degrado della fune” traente. Di conseguenza, “una corretta attuazione dei controlli” avrebbe evitato la morte delle persone a bordo. I pm “Nessuna pena, nessun risarcimento potrà mai lenire il dolore per quanto accaduto. Chiudere ora, in una maniera complessivamente adeguata, è un modo per tutti di cominciare a ricucire quello strappo” aveva detto il rappresentante dell’accusa in udienza aggiungendo che si tratta di una “decisione non facile. Spero che le parti offese possano non dico accettare, ma comprendere questo esito”. I pm in aula hanno illustrato i motivi della richiesta di proscioglimento per i due dirigenti della Leitner. Peter Rabanser, che dell’azienda altoatesina è il responsabile del customer service, non può essere ritenuto responsabile di quanto inizialmente contestato – hanno spiegato – perché non spettava a lui il controllo sull’operato del direttore d’esercizio dell’impianto Enrico Perocchio, pubblico ufficiale sul cui operato i controlli spettavano all’Ustif, l’acronimo che indica l’Ufficio speciale trasporti a impianti fissi. Le reazioni “Non sono sorpresa, era già previsto dalla scorsa udienza. Ma sono molto amareggiata: loro (i pm, ndr) forse non sono stati sette ore su in mezzo ai morti come me. Rispetto la decisione, però l’intervento della Procura mi è sembrato piuttosto da brivido. Giustificano il fatto che non vai a processo perché in questo modo si rinnova il dolore?” aveva detto la sindaca di Stresa, Marcella Severino, prima della decisione. La prima cittadina ha poi ribadito il concetto: “Il solco era già stato tracciato l’udienza precedente, dove si era capito benissimo, quando sono stati rivisti i capi d’imputazione dove si voleva andare. Sono molto, molto amareggiata. Forse, avendo vissuto la tragedia in prima persona, l’ho un pò cucita sulla pelle, speravo veramente ci fosse giustizia. In questo momento devo riflettere ma sono molto perplessa”. “La società Leitner non può che esprimere il proprio apprezzamento per la sentenza di non luogo a procedere – si legge in una nota – in relazione alla posizione del proprio vicepresidente Martin Leitner e del dirigente Peter Rabanser. Una decisione che si pone in linea di totale continuità con le già avvenute archiviazioni della posizione del proprio presidente Anton Seeber e della stessa Società per gli addebiti 231/01. Sin dall’inizio del procedimento la società Leitner ha costantemente ribadito la propria condotta improntata a diligenza, coscienza e responsabilità, nell’esecuzione del contratto di manutenzione vigente con la società Ferrovie del Mottarone”. Il procuratore e il rischio prescrizione “Questo risultato non è il migliore, ma è una soluzione complessivamente adeguata. Siamo consapevoli della profondità del dolore dei familiari delle vittime, ma il processo penale non può mirare a restituire nulla e neppure ad attenuare il dolore. Non devono pensare all’entità della pena, ma che questo patteggiamento rappresenta un accertamento dei fatti e delle responsabilità. Questo anche la persona offesa può prenderlo in considerazione per provare a girare pagina nel limite di quanto umanamente possibile” ha detto ai giornalisti il procuratore di Verbania, Alessandro Pepè. “Questa non è la soluzione migliore, non è quella a cui il procuratore pensava nel corso delle indagini, ma è la soluzione che si basa su un dato di fatto: i tempi di indagini e dell’udienza preliminari sono stati particolarmente lunghi, ci siamo trovati a iniziare la seconda udienza preliminare dopo oltre quattro anni dai fatti e dobbiamo prendere atto di questa situazione. Riteniamo – ha concluso – che questo tipo di atteggiamento, che certamente non applica pene particolarmente severe, possa essere preferibile rispetto all’inizio di un percorso dibattimentale che sarebbe stato molto lungo e anche dall’esito incerto visto il tempo già decorso e considerato che si trattava solo più di reati colposi. I tempi della prescrizione li conosciamo e non sono particolarmente lunghi”. Le difese “Tadini è sempre stato trasparente e presente, ha scritto una lettera breve e toccante. Secondo me abbiamo chiuso nella maniera tecnicamente giusta. Chiaramente qualcuno sarà insoddisfatto, ma io credo che sia la scelta corretta e definitiva. Alla luce di tutto quello che è accaduto, per quanto mi riguarda sono molto soddisfatto, credo di aver fatto un buon lavoro” dice l’avvocato Marcello Perillo. “Il mio cliente subisce una condanna severa ma che gli consente di pensare di non dover tornare in un carcere: questo era il nostro obiettivo primario rispetto a un disastro che avrebbe potuto avere delle conseguenze gravissime anche su di lui” commenta l’avvocato Andrea Da Prato, difensore di Perocchio. “Sentenza giusta? La verità storica è un’altra cosa, ci vorrebbe un dibattimento ma non era il caso di affrontarlo“, ha concluso. La lettera dell’imputato “Sono profondamente addolorato per tutto il dolore, per le tante, troppe sofferenze causate dal mio comportamento, le cui conseguenze sono andate ben al di là di quanto potessi immaginare nei giorni che hanno preceduto la tragedia. Da quando è accaduto il fatto, non so darmi pace” si legge nella lettera che Tadini ha scritto per accompagnare la richiesta di patteggiamento. “So bene – afferma – che per quanto io possa essere pentito, il mio dolore, la contrizione del mio cuore non potrà alleviare la sofferenza dei famigliari delle vittime. Più che la condanna, temo il loro mancato perdono. Possa Dio darmi l’occasione di espirare il male compiuto dando loro al contempo tutto ciò che la loro vita necessita per tornare a fiorire”. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/09/18/strage-mottarone-patteggiamento-imputati-notizie/8130804/
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    Strage del Mottarone, tre imputati chiedono di patteggiare
    Per la strage della funivia Stresa-Mottarone del 23 maggio 2021 tre imputati hanno chiesto di patteggiare con pene fino a 4 anni e 5 mesi
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