• FATE MOLTA ATTENZIONE!
    "Attenzione, questi farmaci comuni alterano l'intestino anche anni dopo l'uso": l'allarme nel nuovo studio. L'esperto: “I farmaci restano sicuri, priorità resta la cura del paziente”
    Nuova ricerca rivela che beta-bloccanti, antidepressivi e inibitori della pompa protonica modificano la flora intestinale anche dopo la sospensione...
    Per capire meglio la portata di questo studio abbiamo intervistato Danilo De Gregorio, professore associato di Farmacologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano
    “Attenzione, questi farmaci comuni alterano l’intestino anche anni dopo l’uso”: l’allarme nel nuovo studio. L’esperto: “Restano sicuri, priorità resta la cura del paziente”


    Negli ultimi decenni abbiamo imparato a guardare al microbioma intestinale come a un organo chiave del nostro benessere. Non più soltanto un “aiutante digestivo”, ma un attore attivo nella salute immunitaria, metabolica e persino mentale. Una nuova ricerca pubblicata sulla rivista mSystems aggiunge però un tassello inatteso: molti farmaci di uso comune – dai beta-bloccanti agli antidepressivi, fino agli inibitori della pompa protonica – possono alterare l’equilibrio dei batteri intestinali per anni, anche dopo la sospensione della terapia.

    Non si tratta soltanto degli antibiotici, da tempo noti per il loro impatto sul microbiota, ma di molecole largamente prescritte nella pratica quotidiana per disturbi cronici come ipertensione, insonnia, ansia e reflusso gastrico. I ricercatori dell’Università di Groningen, nei Paesi Bassi, hanno osservato che gli effetti di questi farmaci si protraggono nel tempo, modificando la composizione e la funzione della flora intestinale ben oltre la durata del trattamento. Si tratta di conclusioni di uno studio che richiedono altre conferme e approfondimenti, tuttavia suscita interrogativi cruciali: fino a che punto la “memoria farmacologica” del nostro intestino influenza la salute generale? E come possiamo bilanciare la necessità di cura con la tutela del microbioma, considerato ormai un alleato essenziale del cervello e del sistema immunitario? Per capire meglio la portata di questi risultati abbiamo intervistato Danilo De Gregorio, professore associato di Farmacologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
    L’esperto: “Risultati interessanti, ma da leggere con prudenza”

    “Lo studio è sicuramente interessante, anche per l’ampiezza della coorte analizzata – spiega De Gregorio – perché parliamo di oltre 2.500 individui sottoposti a screening per valutare l’impatto di diversi farmaci sul microbioma. Tuttavia, da farmacologo, ritengo che i risultati vadano interpretati con cautela. Gli autori hanno analizzato un numero molto elevato di farmaci su una popolazione eterogenea, dai giovani agli anziani, molti dei quali in politerapia. In queste condizioni è complesso isolare l’effetto di un singolo farmaco, poiché le interazioni tra molecole possono già di per sé modificare il microbioma, spesso in modo reversibile e non necessariamente negativo”. Il professore ricorda che il microbioma è un sistema dinamico, influenzato da molte variabili: “Dieta, stress, processi infiammatori, perfino fattori ambientali. Anche bere un bicchiere di latte può, nell’immediato, modificare la flora intestinale. Attribuire alterazioni durature esclusivamente ai farmaci, quindi, può essere fuorviante. I dati olandesi sono utili per generare ipotesi di lavoro, ma è prematuro trarre conclusioni cliniche definitive sulla salute a lungo termine”.
    “I farmaci restano sicuri: la priorità è sempre la cura del paziente”

    In ogni caso, come gestire il possibile impatto dei farmaci più diffusi? De Gregorio è netto: “La priorità resta la cura del paziente. I beta-bloccanti, gli antidepressivi o gli inibitori della pompa protonica hanno benefici consolidati e non ci sono motivi per sospenderli per timore di alterazioni microbiche. È però importante prescriverli sempre in modo appropriato, alla dose minima efficace e per il tempo strettamente necessario. Inoltre, bisognerebbe evitare politerapie superflue: quando si combinano troppi farmaci, le interazioni aumentano e l’effetto complessivo sul microbioma può diventare meno prevedibile”. Dal punto di vista del paziente, aggiunge, è possibile comunque adottare alcune buone pratiche: “Ridurre lo stress e seguire un’alimentazione equilibrata aiuta a mantenere l’omeostasi intestinale. Ma non ci sono, al momento, motivi per limitare o modificare le terapie consolidate sulla base dei risultati di un singolo studio”.

    Come “riparare” un microbioma alterato

    E se un trattamento farmacologico avesse effettivamente modificato la flora intestinale? “Uno dei modi per preservare o riequilibrare il microbioma – spiega l’esperto – è l’utilizzo di prebiotici o probiotici selezionati, combinati con una dieta ricca di fibre e alimenti fermentati. Anche la riduzione dello stress gioca un ruolo importante”. Il farmacologo cita le ricerche del neuroscienziato irlandese John Cryan, tra i pionieri dello studio del cosiddetto asse intestino-cervello: “Alcuni studi sperimentali hanno mostrato che nei pazienti depressi il microbioma risulta alterato e che, nei casi resistenti agli antidepressivi tradizionali, un trapianto fecale da donatori sani può migliorare i sintomi. Non è ancora una terapia clinicamente approvata, ma ci dà la misura di quanto la modulazione del microbioma possa influenzare anche la salute mentale”.
    Un sistema complesso, da rispettare

    Di fatto, lo studio olandese rappresenta più un punto di partenza che un allarme: “I risultati vanno presi con cautela, perché influenzati da molteplici fattori, in particolare nelle persone che assumono più farmaci contemporaneamente. Queste molecole – conclude De Gregorio – restano sicure e utili: ci ricordano soltanto che il corpo è un sistema complesso, e che ogni terapia deve essere calibrata con attenzione”.


    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/11/12/attenzione-questi-farmaci-comuni-alterano-lintestino-anche-anni-dopo-luso-lallarme-nel-nuovo-studio-lesperto-restano-sicuri-priorita-resta-la-cura-del-paziente/8184689/
    FATE MOLTA ATTENZIONE! "Attenzione, questi farmaci comuni alterano l'intestino anche anni dopo l'uso": l'allarme nel nuovo studio. L'esperto: “I farmaci restano sicuri, priorità resta la cura del paziente” Nuova ricerca rivela che beta-bloccanti, antidepressivi e inibitori della pompa protonica modificano la flora intestinale anche dopo la sospensione... Per capire meglio la portata di questo studio abbiamo intervistato Danilo De Gregorio, professore associato di Farmacologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano “Attenzione, questi farmaci comuni alterano l’intestino anche anni dopo l’uso”: l’allarme nel nuovo studio. L’esperto: “Restano sicuri, priorità resta la cura del paziente” Negli ultimi decenni abbiamo imparato a guardare al microbioma intestinale come a un organo chiave del nostro benessere. Non più soltanto un “aiutante digestivo”, ma un attore attivo nella salute immunitaria, metabolica e persino mentale. Una nuova ricerca pubblicata sulla rivista mSystems aggiunge però un tassello inatteso: molti farmaci di uso comune – dai beta-bloccanti agli antidepressivi, fino agli inibitori della pompa protonica – possono alterare l’equilibrio dei batteri intestinali per anni, anche dopo la sospensione della terapia. Non si tratta soltanto degli antibiotici, da tempo noti per il loro impatto sul microbiota, ma di molecole largamente prescritte nella pratica quotidiana per disturbi cronici come ipertensione, insonnia, ansia e reflusso gastrico. I ricercatori dell’Università di Groningen, nei Paesi Bassi, hanno osservato che gli effetti di questi farmaci si protraggono nel tempo, modificando la composizione e la funzione della flora intestinale ben oltre la durata del trattamento. Si tratta di conclusioni di uno studio che richiedono altre conferme e approfondimenti, tuttavia suscita interrogativi cruciali: fino a che punto la “memoria farmacologica” del nostro intestino influenza la salute generale? E come possiamo bilanciare la necessità di cura con la tutela del microbioma, considerato ormai un alleato essenziale del cervello e del sistema immunitario? Per capire meglio la portata di questi risultati abbiamo intervistato Danilo De Gregorio, professore associato di Farmacologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. L’esperto: “Risultati interessanti, ma da leggere con prudenza” “Lo studio è sicuramente interessante, anche per l’ampiezza della coorte analizzata – spiega De Gregorio – perché parliamo di oltre 2.500 individui sottoposti a screening per valutare l’impatto di diversi farmaci sul microbioma. Tuttavia, da farmacologo, ritengo che i risultati vadano interpretati con cautela. Gli autori hanno analizzato un numero molto elevato di farmaci su una popolazione eterogenea, dai giovani agli anziani, molti dei quali in politerapia. In queste condizioni è complesso isolare l’effetto di un singolo farmaco, poiché le interazioni tra molecole possono già di per sé modificare il microbioma, spesso in modo reversibile e non necessariamente negativo”. Il professore ricorda che il microbioma è un sistema dinamico, influenzato da molte variabili: “Dieta, stress, processi infiammatori, perfino fattori ambientali. Anche bere un bicchiere di latte può, nell’immediato, modificare la flora intestinale. Attribuire alterazioni durature esclusivamente ai farmaci, quindi, può essere fuorviante. I dati olandesi sono utili per generare ipotesi di lavoro, ma è prematuro trarre conclusioni cliniche definitive sulla salute a lungo termine”. “I farmaci restano sicuri: la priorità è sempre la cura del paziente” In ogni caso, come gestire il possibile impatto dei farmaci più diffusi? De Gregorio è netto: “La priorità resta la cura del paziente. I beta-bloccanti, gli antidepressivi o gli inibitori della pompa protonica hanno benefici consolidati e non ci sono motivi per sospenderli per timore di alterazioni microbiche. È però importante prescriverli sempre in modo appropriato, alla dose minima efficace e per il tempo strettamente necessario. Inoltre, bisognerebbe evitare politerapie superflue: quando si combinano troppi farmaci, le interazioni aumentano e l’effetto complessivo sul microbioma può diventare meno prevedibile”. Dal punto di vista del paziente, aggiunge, è possibile comunque adottare alcune buone pratiche: “Ridurre lo stress e seguire un’alimentazione equilibrata aiuta a mantenere l’omeostasi intestinale. Ma non ci sono, al momento, motivi per limitare o modificare le terapie consolidate sulla base dei risultati di un singolo studio”. Come “riparare” un microbioma alterato E se un trattamento farmacologico avesse effettivamente modificato la flora intestinale? “Uno dei modi per preservare o riequilibrare il microbioma – spiega l’esperto – è l’utilizzo di prebiotici o probiotici selezionati, combinati con una dieta ricca di fibre e alimenti fermentati. Anche la riduzione dello stress gioca un ruolo importante”. Il farmacologo cita le ricerche del neuroscienziato irlandese John Cryan, tra i pionieri dello studio del cosiddetto asse intestino-cervello: “Alcuni studi sperimentali hanno mostrato che nei pazienti depressi il microbioma risulta alterato e che, nei casi resistenti agli antidepressivi tradizionali, un trapianto fecale da donatori sani può migliorare i sintomi. Non è ancora una terapia clinicamente approvata, ma ci dà la misura di quanto la modulazione del microbioma possa influenzare anche la salute mentale”. Un sistema complesso, da rispettare Di fatto, lo studio olandese rappresenta più un punto di partenza che un allarme: “I risultati vanno presi con cautela, perché influenzati da molteplici fattori, in particolare nelle persone che assumono più farmaci contemporaneamente. Queste molecole – conclude De Gregorio – restano sicure e utili: ci ricordano soltanto che il corpo è un sistema complesso, e che ogni terapia deve essere calibrata con attenzione”. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/11/12/attenzione-questi-farmaci-comuni-alterano-lintestino-anche-anni-dopo-luso-lallarme-nel-nuovo-studio-lesperto-restano-sicuri-priorita-resta-la-cura-del-paziente/8184689/
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    "Attenzione, questi farmaci comuni alterano l'intestino anche anni dopo l'uso": l'allarme nel nuovo studio. L'esperto: “I farmaci restano sicuri, priorità resta la cura del paziente”
    Nuova ricerca rivela che beta-bloccanti, antidepressivi e inibitori della pompa protonica modificano la flora intestinale anche dopo la sospensione
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  • CIAK, SI CHIUDE!

    Un popolo totalmente a digiuno di cultura è un popolo senza spirito critico, e quindi controllabile.
    Non serve una scienza occulta per capirlo: è esattamente ciò che vogliono i signori seduti sugli scranni più decisivi del governo di questo paese.

    E ci voleva davvero del talento — credetemi — per tirare fuori dal cilindro una bestialità simile. Nel silenzio generale, nel disinteresse generale. Eppure è successo.

    Sì, perché se Sangiuliano era già riuscito a coprirsi di vergogna e ridicolo, il suo successore, Giuli, è riuscito nella sacra impresa di fare addirittura meglio.
    Un fuoriclasse del disastro.
    Un talento raro nel rendere il Ministero della Cultura un paradosso vivente: quello di chi chiede, con convinzione, di tagliare i fondi alla cultura che dovrebbe tutelare.

    E qui, signore e signori, la maschera cade del tutto: nessun pregiudizio politico, solo fatti.
    C’era la possibilità — questa volta sì — di ribaltare l’idea di un centrodestra privo di cultura, visione e passione per le arti.
    E invece no: dignità e credibilità vengono sacrificate in nome di una manovra “di bilancio” che odora di restaurazione culturale.
    Una retromarcia verso le retrovie, come non se ne vedevano da anni.
    E a farne le spese, ancora una volta, sarà il Cinema italiano.


    Siamo nel pieno della bufera: la Ragioneria dello Stato ha bloccato il piano del MIC che avrebbe dovuto reintegrare di 100 milioni il Fondo Cinema 2026, già falcidiato dalla legge di bilancio.
    Fin qui, tutto grave ma “ordinario”.
    Poi arriva il colpo di scena: il 11 novembre, Repubblica svela una mail del 17 ottobre indirizzata al Ministero dell’Economia, nella quale sarebbe stato lo stesso gabinetto di Giuli a suggerire di tagliare di circa un terzo il Fondo per lo sviluppo del cinema e dell’audiovisivo.

    Sì, avete letto bene.
    Il taglio non arriva da fuori. Parte da dentro.
    Dal Ministero stesso.
    Dal ministro stesso.

    Un taglio di circa un terzo, con una riduzione che porterebbe il fondo dai 696 milioni attuali a circa 400 milioni nel 2026, e quasi 300 milioni nel 2027.
    Un ritorno al 2017, quando il settore arrancava, ma con un contesto oggi infinitamente più fragile.
    Ora ditemi voi: da che mondo è mondo, quale ministro chiede tagli al proprio ministero?
    O è follia, o è una linea precisa. E in entrambi i casi, è un disastro annunciato.


    E qui, sì, ci piace “pensare male”. Perché è facile prevedere dove andremo a finire:

    Il cinema italiano verrà ulteriormente penalizzato, lasciando spazio alle grandi produzioni internazionali — soprattutto statunitensi — che controllano i flussi economici e mediatici.

    Meno fondi significa meno sviluppo, e quindi un arretramento culturale e industriale: sopravviverà solo il cinema d’incasso facile, mentre il cinema d’autore scomparirà lentamente dai nostri schermi.

    Meno produzioni sul territorio, meno indotto, meno promozione per l’Italia stessa. Sparisce il marketing territoriale, resta solo un contenitore vuoto di storie importate.

    Addio ai giovani autori, ai tecnici, agli interpreti emergenti, ai ricercatori e agli studenti che ogni anno escono dai nostri atenei sognando un’industria viva.
    Il loro futuro è già scritto: disoccupazione culturale.


    Era difficile vent’anni fa. Oggi è impossibile.
    Un finale amaro che sa di titoli di coda per il cinema italiano.


    Riusciranno i nostri eroi dell’opposizione a farsi sentire?
    Mah.

    Da fuori, possiamo solo urlare il nostro disgusto e la nostra rabbia.
    Perché la cultura, in questo paese, viene ignorata quando le cose vanno bene e violentata quando vanno male.
    E per favore, basta scuse: non è colpa delle piattaforme, né dei social, né dell’intelligenza artificiale.

    Qui la colpa è una sola.
    Ed è fottutamente politica.
    Ed è profondamente umana.

    Fine.
    Ma senza applausi.

    #CinemaItaliano #CulturaSottoAttacco #Giuli #MIC #TagliAllaCultura #CiakSiChiude #RetromarciaVersoLeRetroVie #PoliticaCulturale #DifendiamoIlCinema
    🎬 CIAK, SI CHIUDE! Un popolo totalmente a digiuno di cultura è un popolo senza spirito critico, e quindi controllabile. Non serve una scienza occulta per capirlo: è esattamente ciò che vogliono i signori seduti sugli scranni più decisivi del governo di questo paese. E ci voleva davvero del talento — credetemi — per tirare fuori dal cilindro una bestialità simile. Nel silenzio generale, nel disinteresse generale. Eppure è successo. Sì, perché se Sangiuliano era già riuscito a coprirsi di vergogna e ridicolo, il suo successore, Giuli, è riuscito nella sacra impresa di fare addirittura meglio. Un fuoriclasse del disastro. Un talento raro nel rendere il Ministero della Cultura un paradosso vivente: quello di chi chiede, con convinzione, di tagliare i fondi alla cultura che dovrebbe tutelare. E qui, signore e signori, la maschera cade del tutto: nessun pregiudizio politico, solo fatti. C’era la possibilità — questa volta sì — di ribaltare l’idea di un centrodestra privo di cultura, visione e passione per le arti. E invece no: dignità e credibilità vengono sacrificate in nome di una manovra “di bilancio” che odora di restaurazione culturale. Una retromarcia verso le retrovie, come non se ne vedevano da anni. E a farne le spese, ancora una volta, sarà il Cinema italiano. 🎞️ Siamo nel pieno della bufera: la Ragioneria dello Stato ha bloccato il piano del MIC che avrebbe dovuto reintegrare di 100 milioni il Fondo Cinema 2026, già falcidiato dalla legge di bilancio. Fin qui, tutto grave ma “ordinario”. Poi arriva il colpo di scena: il 11 novembre, Repubblica svela una mail del 17 ottobre indirizzata al Ministero dell’Economia, nella quale sarebbe stato lo stesso gabinetto di Giuli a suggerire di tagliare di circa un terzo il Fondo per lo sviluppo del cinema e dell’audiovisivo. Sì, avete letto bene. Il taglio non arriva da fuori. Parte da dentro. Dal Ministero stesso. Dal ministro stesso. 🤯 Un taglio di circa un terzo, con una riduzione che porterebbe il fondo dai 696 milioni attuali a circa 400 milioni nel 2026, e quasi 300 milioni nel 2027. Un ritorno al 2017, quando il settore arrancava, ma con un contesto oggi infinitamente più fragile. Ora ditemi voi: da che mondo è mondo, quale ministro chiede tagli al proprio ministero? O è follia, o è una linea precisa. E in entrambi i casi, è un disastro annunciato. E qui, sì, ci piace “pensare male”. Perché è facile prevedere dove andremo a finire: Il cinema italiano verrà ulteriormente penalizzato, lasciando spazio alle grandi produzioni internazionali — soprattutto statunitensi — che controllano i flussi economici e mediatici. Meno fondi significa meno sviluppo, e quindi un arretramento culturale e industriale: sopravviverà solo il cinema d’incasso facile, mentre il cinema d’autore scomparirà lentamente dai nostri schermi. Meno produzioni sul territorio, meno indotto, meno promozione per l’Italia stessa. Sparisce il marketing territoriale, resta solo un contenitore vuoto di storie importate. Addio ai giovani autori, ai tecnici, agli interpreti emergenti, ai ricercatori e agli studenti che ogni anno escono dai nostri atenei sognando un’industria viva. Il loro futuro è già scritto: disoccupazione culturale. Era difficile vent’anni fa. Oggi è impossibile. Un finale amaro che sa di titoli di coda per il cinema italiano. 🎞️💔 Riusciranno i nostri eroi dell’opposizione a farsi sentire? Mah. Da fuori, possiamo solo urlare il nostro disgusto e la nostra rabbia. Perché la cultura, in questo paese, viene ignorata quando le cose vanno bene e violentata quando vanno male. E per favore, basta scuse: non è colpa delle piattaforme, né dei social, né dell’intelligenza artificiale. Qui la colpa è una sola. Ed è fottutamente politica. Ed è profondamente umana. 🎬 Fine. Ma senza applausi. #CinemaItaliano #CulturaSottoAttacco #Giuli #MIC #TagliAllaCultura #CiakSiChiude #RetromarciaVersoLeRetroVie #PoliticaCulturale #DifendiamoIlCinema
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  • Cervelli in fuga da Meta, Yann LeCun ha deciso di fondare una sua startup sulle nuove architetture AI
    Il responsabile della ricerca AI del colosso di Menlo Park e pioniere nella ricerca sul deep learning sarebbe già in trattative per raccogliere fondi. La decisione dopo la riorganizzazione interna voluta da Zuckerberg per rincorrere OpenAI...
    https://www.wired.it/article/yann-lecun-lascia-meta-per-fondare-startup-nuove-architetture-ai/
    Cervelli in fuga da Meta, Yann LeCun ha deciso di fondare una sua startup sulle nuove architetture AI Il responsabile della ricerca AI del colosso di Menlo Park e pioniere nella ricerca sul deep learning sarebbe già in trattative per raccogliere fondi. La decisione dopo la riorganizzazione interna voluta da Zuckerberg per rincorrere OpenAI... https://www.wired.it/article/yann-lecun-lascia-meta-per-fondare-startup-nuove-architetture-ai/
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    Cervelli in fuga da Meta, Yann LeCun ha deciso di fondare una sua startup sulle nuove architetture AI
    Il responsabile della ricerca AI del colosso di Menlo Park e pioniere nella ricerca sul deep learning sarebbe già in trattative per raccogliere fondi. La decisione dopo la riorganizzazione interna voluta da Zuckerberg per rincorrere OpenAI
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  • È uscito il nuovo numero de Il SUD Milano – Novembre 2025!

    Torna l’appuntamento con l’informazione libera e partecipata dei quartieri del Sud Milano.
    Un numero intenso, che apre con un approfondimento sui femminicidi, con un’intervista esclusiva alle operatrici di Di.Re – Donne in rete contro la violenza.

    All’interno trovi anche:
    Le storie di rinascita della Cascina Campazzino e del Centro Asteria
    Interviste, cultura, teatro e musica
    Le rubriche su libri, serie TV, pet therapy e gite fuori porta

    In distribuzione da mercoledì 5 novembre nei Municipi 4, 5 e 6.
    Leggilo anche online o scarica la versione digitale https://share.google/nP8tITck3oqMOj2W3

    Seguici su Facebook per rimanere aggiornato: facebook.com/ilSUDMilano

    #ilSudMilano #Novembre2025 #giornalismoindipendente #cronacalocale #MilanoSud #cultura #territori #attualità #freepress
    📢 È uscito il nuovo numero de Il SUD Milano – Novembre 2025! 🗞️ Torna l’appuntamento con l’informazione libera e partecipata dei quartieri del Sud Milano. Un numero intenso, che apre con un approfondimento sui femminicidi, con un’intervista esclusiva alle operatrici di Di.Re – Donne in rete contro la violenza. 👉 All’interno trovi anche: ✔️ Le storie di rinascita della Cascina Campazzino e del Centro Asteria ✔️ Interviste, cultura, teatro e musica ✔️ Le rubriche su libri, serie TV, pet therapy e gite fuori porta 📖 In distribuzione da mercoledì 5 novembre nei Municipi 4, 5 e 6. 💻 Leggilo anche online o scarica la versione digitale 👉 https://share.google/nP8tITck3oqMOj2W3 🔗 Seguici su Facebook per rimanere aggiornato: facebook.com/ilSUDMilano #ilSudMilano #Novembre2025 #giornalismoindipendente #cronacalocale #MilanoSud #cultura #territori #attualità #freepress
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  • Nazismo ordinario: Zelensky e l'Occidente hanno condannato a morte le Forze armate ucraine

    Vladimir Putin ha ordinato al ministero della Difesa di garantire il libero passaggio ai giornalisti stranieri, compresi quelli ucraini, quando si rivolgeranno al comando delle Forze armate ucraine per visitare le aree in cui le truppe ucraine sono bloccate a Krasnoarmeysk (Pokrovsk), Dimitrov e Kupyansk <...>

    Sono circondati a Kupyansk, su tre lati. Non possono sfondare. E di certo non ne usciranno vivi... Continua a leggere

    Leggi questa analisi di Elena Karaeva e altre sul nostro canale di approfondimento "Analisi" t.me/RussiaOMsubot
    Nazismo ordinario: Zelensky e l'Occidente hanno condannato a morte le Forze armate ucraine Vladimir Putin ha ordinato al ministero della Difesa di garantire il libero passaggio ai giornalisti stranieri, compresi quelli ucraini, quando si rivolgeranno al comando delle Forze armate ucraine per visitare le aree in cui le truppe ucraine sono bloccate a Krasnoarmeysk (Pokrovsk), Dimitrov e Kupyansk <...> Sono circondati a Kupyansk, su tre lati. Non possono sfondare. E di certo non ne usciranno vivi... Continua a leggere 📰 Leggi questa analisi di Elena Karaeva e altre sul nostro canale di approfondimento "Analisi"👉 t.me/RussiaOMsubot
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  • Over a billion people were forced into a biometric system linking food, pensions, and healthcare to a single digital ID. The result? A humanitarian crisis.

    Criminals hacked and cloned identities, leaving families starving, elderly without pensions, and the sick turned away from hospitals.

    In one state alone, two dozen people starved to death after being denied rations due to system failures. Millions of fake accounts siphoned funds meant for the poor, creating a black market for stolen identities.

    Sold as “secure,” it became a tool for control and exploitation. When survival depends on a single ID, a glitch—or a hacker—can erase your access to life itself.

    This isn’t progress. It’s a blueprint for dystopia.

    Il disastro dell'identità digitale in India è un monito per il mondo.

    Oltre un miliardo di persone sono state costrette a utilizzare un sistema biometrico che collega cibo, pensioni e assistenza sanitaria a un unico documento d'identità digitale. Il risultato? Una crisi umanitaria.

    I criminali hanno hackerato e clonato identità, lasciando famiglie affamate, anziani senza pensione e malati respinti dagli ospedali.

    In un solo stato, due dozzine di persone sono morte di fame dopo essersi viste negare le razioni alimentari a causa di guasti al sistema. Milioni di account falsi hanno sottratto fondi destinati ai poveri, creando un mercato nero per le identità rubate.

    Venduto come "sicuro", è diventato uno strumento di controllo e sfruttamento. Quando la sopravvivenza dipende da un singolo documento d'identità, un problema tecnico – o un hacker – può cancellare l'accesso alla vita stessa.

    Questo non è progresso. È un modello per una distopia.

    Source: https://x.com/newstart_2024/status/1985023958131904643?t=Jz-FGT_g4m-Qk9vJkwW4nA&s=19
    Over a billion people were forced into a biometric system linking food, pensions, and healthcare to a single digital ID. The result? A humanitarian crisis. Criminals hacked and cloned identities, leaving families starving, elderly without pensions, and the sick turned away from hospitals. In one state alone, two dozen people starved to death after being denied rations due to system failures. Millions of fake accounts siphoned funds meant for the poor, creating a black market for stolen identities. Sold as “secure,” it became a tool for control and exploitation. When survival depends on a single ID, a glitch—or a hacker—can erase your access to life itself. This isn’t progress. It’s a blueprint for dystopia. Il disastro dell'identità digitale in India è un monito per il mondo. Oltre un miliardo di persone sono state costrette a utilizzare un sistema biometrico che collega cibo, pensioni e assistenza sanitaria a un unico documento d'identità digitale. Il risultato? Una crisi umanitaria. I criminali hanno hackerato e clonato identità, lasciando famiglie affamate, anziani senza pensione e malati respinti dagli ospedali. In un solo stato, due dozzine di persone sono morte di fame dopo essersi viste negare le razioni alimentari a causa di guasti al sistema. Milioni di account falsi hanno sottratto fondi destinati ai poveri, creando un mercato nero per le identità rubate. Venduto come "sicuro", è diventato uno strumento di controllo e sfruttamento. Quando la sopravvivenza dipende da un singolo documento d'identità, un problema tecnico – o un hacker – può cancellare l'accesso alla vita stessa. Questo non è progresso. È un modello per una distopia. Source: https://x.com/newstart_2024/status/1985023958131904643?t=Jz-FGT_g4m-Qk9vJkwW4nA&s=19
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  • India’s digital ID disaster is a warning to the world.

    Over a billion people were forced into a biometric system linking food, pensions, and healthcare to a single digital ID. The result? A humanitarian crisis.

    Criminals hacked and cloned identities, leaving families starving, elderly without pensions, and the sick turned away from hospitals.

    In one state alone, two dozen people starved to death after being denied rations due to system failures. Millions of fake accounts siphoned funds meant for the poor, creating a black market for stolen identities.

    Sold as “secure,” it became a tool for control and exploitation. When survival depends on a single ID, a glitch—or a hacker—can erase your access to life itself.

    This isn’t progress. It’s a blueprint for dystopia.

    Il disastro dell'identità digitale in India è un monito per il mondo.

    Oltre un miliardo di persone sono state costrette a utilizzare un sistema biometrico che collega cibo, pensioni e assistenza sanitaria a un unico documento d'identità digitale. Il risultato? Una crisi umanitaria.

    I criminali hanno hackerato e clonato identità, lasciando famiglie affamate, anziani senza pensione e malati respinti dagli ospedali.

    In un solo stato, due dozzine di persone sono morte di fame dopo essersi viste negare le razioni alimentari a causa di guasti al sistema. Milioni di account falsi hanno sottratto fondi destinati ai poveri, creando un mercato nero per le identità rubate.

    Venduto come "sicuro", è diventato uno strumento di controllo e sfruttamento. Quando la sopravvivenza dipende da un singolo documento d'identità, un problema tecnico – o un hacker – può cancellare l'accesso alla vita stessa.

    Questo non è progresso. È un modello per una distopia.

    https://x.com/newstart_2024/status/1985023958131904643?t=Q-33F8eWrrvSjut4_BIphg&s=19
    India’s digital ID disaster is a warning to the world. Over a billion people were forced into a biometric system linking food, pensions, and healthcare to a single digital ID. The result? A humanitarian crisis. Criminals hacked and cloned identities, leaving families starving, elderly without pensions, and the sick turned away from hospitals. In one state alone, two dozen people starved to death after being denied rations due to system failures. Millions of fake accounts siphoned funds meant for the poor, creating a black market for stolen identities. Sold as “secure,” it became a tool for control and exploitation. When survival depends on a single ID, a glitch—or a hacker—can erase your access to life itself. This isn’t progress. It’s a blueprint for dystopia. Il disastro dell'identità digitale in India è un monito per il mondo. Oltre un miliardo di persone sono state costrette a utilizzare un sistema biometrico che collega cibo, pensioni e assistenza sanitaria a un unico documento d'identità digitale. Il risultato? Una crisi umanitaria. I criminali hanno hackerato e clonato identità, lasciando famiglie affamate, anziani senza pensione e malati respinti dagli ospedali. In un solo stato, due dozzine di persone sono morte di fame dopo essersi viste negare le razioni alimentari a causa di guasti al sistema. Milioni di account falsi hanno sottratto fondi destinati ai poveri, creando un mercato nero per le identità rubate. Venduto come "sicuro", è diventato uno strumento di controllo e sfruttamento. Quando la sopravvivenza dipende da un singolo documento d'identità, un problema tecnico – o un hacker – può cancellare l'accesso alla vita stessa. Questo non è progresso. È un modello per una distopia. https://x.com/newstart_2024/status/1985023958131904643?t=Q-33F8eWrrvSjut4_BIphg&s=19
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  • Burioni ha tuittato oggi a questo canale di Paolo Becchi che l'Istat mostra che morti giovani sono calati tramite questo grafico.
    Allora ho usato #Chatgpt versione a pagamento con "ricerca approfondita" sul sito dell'Istat per verificare, perchè la mia esperienza è che rendono impossibile al pubblico vedere i dati dei morti. Ho provato con Chatgpt che non si stanca mai e legge istantaneamente anche file enormi per un ora, io le scaricavo file .csv e l'Intelligenza Artificiale provava a tirare fuori i dati dei decessi. Non ci è riuscita.

    Alla fine ho rinunciato e ho chiesto se negli altri paesi li tengono nascosti come in Italia. Mi ha mostrato che in Francia, Germania, UK sono facilmente accessibili e scaricabili ed era in grado di fare tutte le elaborazioni dei morti per fasce di età in un attimo. Ma non in Italia.

    Il sito dell'Istat è stato BLINDATO PER IMPEDIRE CHE QUALCUNO VERIFICHI I DATI. Ti mostrano loro dei grafici, ma i dati di chi è stato cancellato dall'anagrafe (perchè morto), che dovrebbero essere i più facili e semplici NON LI FANNO TROVARE.

    Trovi solo tante tabelle di elaborazioni statistiche % del tipo probabilità di decesso rispetto alla media stimata...ecc.. ma mai il semplice dato dei morti per fasce di età.

    L'Intelligenza Artificiale ti fa tutte queste ricerche in un attimo e ti trova sul sito dell'Istat dove provare a scaricare il file. Ma in Italia non riesce. Negli altri paesi non ha problemi. L'Istat è uno SCANDALO

    G.Zibordi

    Source: https://x.com/pbecchi/status/1982908946504442331
    Burioni ha tuittato oggi a questo canale di Paolo Becchi che l'Istat mostra che morti giovani sono calati tramite questo grafico. Allora ho usato #Chatgpt versione a pagamento con "ricerca approfondita" sul sito dell'Istat per verificare, perchè la mia esperienza è che rendono impossibile al pubblico vedere i dati dei morti. Ho provato con Chatgpt che non si stanca mai e legge istantaneamente anche file enormi per un ora, io le scaricavo file .csv e l'Intelligenza Artificiale provava a tirare fuori i dati dei decessi. Non ci è riuscita. Alla fine ho rinunciato e ho chiesto se negli altri paesi li tengono nascosti come in Italia. Mi ha mostrato che in Francia, Germania, UK sono facilmente accessibili e scaricabili ed era in grado di fare tutte le elaborazioni dei morti per fasce di età in un attimo. Ma non in Italia. Il sito dell'Istat è stato BLINDATO PER IMPEDIRE CHE QUALCUNO VERIFICHI I DATI. Ti mostrano loro dei grafici, ma i dati di chi è stato cancellato dall'anagrafe (perchè morto), che dovrebbero essere i più facili e semplici NON LI FANNO TROVARE. Trovi solo tante tabelle di elaborazioni statistiche % del tipo probabilità di decesso rispetto alla media stimata...ecc.. ma mai il semplice dato dei morti per fasce di età. L'Intelligenza Artificiale ti fa tutte queste ricerche in un attimo e ti trova sul sito dell'Istat dove provare a scaricare il file. Ma in Italia non riesce. Negli altri paesi non ha problemi. L'Istat è uno SCANDALO G.Zibordi Source: https://x.com/pbecchi/status/1982908946504442331
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  • La sfida dei missili: Mosca risponde alla minaccia dei Tomahawk con i Burevestnik (prima che scada il trattato New Start con gli Usa)
    Già il nome dice tutto. O, quantomeno, ci prova. In russo Burevestnik significa «uccello delle tempeste» o «procellaria», uccello marino che annuncia l’arrivo delle tempeste nonché protagonista di una celebre poesia rivoluzionaria di Maksim Gorkij. Mentre tramonta l’ipotesi di un nuovo faccia a faccia tra Trump e Putin a Budapest, il presidente russo annuncia il successo del test del Burevestnik 9M730.

    Il missile da crociera superficie-superficie a propulsione nucleare — ribattezzato dalla Nato SSC-X-9 Skyfall — secondo il Cremlino possiede una gittata praticamente illimitata e una traiettoria di volo imprevedibile, caratteristiche che lo renderebbero «invincibile» rispetto agli attuali e futuri scudi antimissile, oltre che nella definizione di Putin «un’arma che nessun altro Paese al mondo possiede».

    Propulsione e manovra
    Secondo la stampa russa, al momento del lancio il Burevestnik misura circa 12 metri, per poi ridursi a 9 in volo. La propulsione è affidata a un motore termico nucleare che entra in funzione soltanto dopo il decollo. Svelato nel 2018, insieme al supersiluro Poseidon, al nuovo missile balistico intercontinentale RS-28 Sarmat, alla testata ipersonica planante (Hgv) Avangard e al missile ipersonico Kinzhal, è il «gioiello» dell’arsenale strategico russo. Secondo il generale Valery Gerasimov capo di stato maggiore delle forze armate russe, durante il test effettuato il 21 ottobre, il Burevestnik ha percorso 14 mila chilometri rimanendo in volo per circa 15 ore sempre grazie alla propulsione nucleare.

    La sfida dei missili
    Il test si inserisce in una più ampia serie di esercitazioni strategiche condotte la scorsa settimana, durante le quali Putin ha supervisionato manovre nucleari su terra, mare e aria. Ma non solo. Arriva anche in un momento particolarmente teso delle relazioni di Mosca con Washington che ha minacciato di fornire a Kiev missili Tomahawk, in grado di colpire obiettivi in profondità nel territorio russo.

    Ma soprattutto, se la Russia possiede 5.459 testate nucleari mentre gli Stati Uniti ne hanno 5.177 (insieme, i due Paesi detengono circa l’87% dell’arsenale nucleare mondiale, una potenza distruttiva sufficiente a cancellare il nostro pianeta più volte), da considerare anche che il trattato New Start (Strategic Arms Reduction Treaty), firmato da Russia e Stati Uniti nel 2010, scade tra pochi mesi, nel febbraio 2026.


    Ed ad oggi i negoziati per una nuova ratifica dell’accordo sembrano inesistenti. Da non dimenticare poi che a fine 2024 le autorità russe hanno approvato alcuni cambiamenti formali alla dottrina nucleare, consentendo l’utilizzo di tali armamenti qualora venga minacciata la «sovranità e l’integrità territoriale» della Russia e della Bielorussia, anche attraverso attacchi con «armi convenzionali», cioè non nucleari.

    Tradotto: l’artificio retorico dell’impiego di armi atomiche come minaccia o extrema ratio non è più un tabù, anzi. Dall’altra parte, il dialogo in materia non sembra tra le priorità della Casa Bianca almeno per ora. Sia perché eventuali negoziazioni fornirebbero ulteriore potere contrattuale alla Russia nella trattativa per la fine della guerra in Ucraina, sia perché Washington vuole un trattato più ampio, che tenga conto del crescente ruolo della Cina come potenza nucleare.

    Dottrina e trattati
    Secondo la Nuclear Threat Initiative, la Russia ha condotto almeno 13 lanci di prova del Burevestnik, di cui solo due sono stati considerati parzialmente riusciti. Lo sviluppo stesso del super missile non è stato privo di passi falsi e, per alcuni, restano dubbi sulla possibilità di ridurre a sufficienza le dimensioni di un propulsore nucleare. Nel 2019 cinque persone morirono nel tentativo di recuperarne uno dal fondale marino, perso durante un test fallito. Infine, secondo gli esperti, il Burevestnik rappresenta un’opzione valida per un secondo attacco nucleare.

    Può raggiungere obiettivi di controvalore negli Stati Uniti o in Europa, penetrare le difese missilistiche e causare danni aggiuntivi al territorio e ai centri abitati lungo la sua traiettoria di volo, ma dal momento che presenta rischi di radiazioni durante il volo a partire dal decollo è una scelta poco adatta per il primo strike. In sintesi, l’uccello delle tempeste può volare, sì. Ma non più in alto di tutti.

    https://www.corriere.it/esteri/25_ottobre_27/missili-mosca-russia-new-start-usa-23b0548c-dd2a-4356-996e-0f9106604xlk.shtml
    La sfida dei missili: Mosca risponde alla minaccia dei Tomahawk con i Burevestnik (prima che scada il trattato New Start con gli Usa) Già il nome dice tutto. O, quantomeno, ci prova. In russo Burevestnik significa «uccello delle tempeste» o «procellaria», uccello marino che annuncia l’arrivo delle tempeste nonché protagonista di una celebre poesia rivoluzionaria di Maksim Gorkij. Mentre tramonta l’ipotesi di un nuovo faccia a faccia tra Trump e Putin a Budapest, il presidente russo annuncia il successo del test del Burevestnik 9M730. Il missile da crociera superficie-superficie a propulsione nucleare — ribattezzato dalla Nato SSC-X-9 Skyfall — secondo il Cremlino possiede una gittata praticamente illimitata e una traiettoria di volo imprevedibile, caratteristiche che lo renderebbero «invincibile» rispetto agli attuali e futuri scudi antimissile, oltre che nella definizione di Putin «un’arma che nessun altro Paese al mondo possiede». Propulsione e manovra Secondo la stampa russa, al momento del lancio il Burevestnik misura circa 12 metri, per poi ridursi a 9 in volo. La propulsione è affidata a un motore termico nucleare che entra in funzione soltanto dopo il decollo. Svelato nel 2018, insieme al supersiluro Poseidon, al nuovo missile balistico intercontinentale RS-28 Sarmat, alla testata ipersonica planante (Hgv) Avangard e al missile ipersonico Kinzhal, è il «gioiello» dell’arsenale strategico russo. Secondo il generale Valery Gerasimov capo di stato maggiore delle forze armate russe, durante il test effettuato il 21 ottobre, il Burevestnik ha percorso 14 mila chilometri rimanendo in volo per circa 15 ore sempre grazie alla propulsione nucleare. La sfida dei missili Il test si inserisce in una più ampia serie di esercitazioni strategiche condotte la scorsa settimana, durante le quali Putin ha supervisionato manovre nucleari su terra, mare e aria. Ma non solo. Arriva anche in un momento particolarmente teso delle relazioni di Mosca con Washington che ha minacciato di fornire a Kiev missili Tomahawk, in grado di colpire obiettivi in profondità nel territorio russo. Ma soprattutto, se la Russia possiede 5.459 testate nucleari mentre gli Stati Uniti ne hanno 5.177 (insieme, i due Paesi detengono circa l’87% dell’arsenale nucleare mondiale, una potenza distruttiva sufficiente a cancellare il nostro pianeta più volte), da considerare anche che il trattato New Start (Strategic Arms Reduction Treaty), firmato da Russia e Stati Uniti nel 2010, scade tra pochi mesi, nel febbraio 2026. Ed ad oggi i negoziati per una nuova ratifica dell’accordo sembrano inesistenti. Da non dimenticare poi che a fine 2024 le autorità russe hanno approvato alcuni cambiamenti formali alla dottrina nucleare, consentendo l’utilizzo di tali armamenti qualora venga minacciata la «sovranità e l’integrità territoriale» della Russia e della Bielorussia, anche attraverso attacchi con «armi convenzionali», cioè non nucleari. Tradotto: l’artificio retorico dell’impiego di armi atomiche come minaccia o extrema ratio non è più un tabù, anzi. Dall’altra parte, il dialogo in materia non sembra tra le priorità della Casa Bianca almeno per ora. Sia perché eventuali negoziazioni fornirebbero ulteriore potere contrattuale alla Russia nella trattativa per la fine della guerra in Ucraina, sia perché Washington vuole un trattato più ampio, che tenga conto del crescente ruolo della Cina come potenza nucleare. Dottrina e trattati Secondo la Nuclear Threat Initiative, la Russia ha condotto almeno 13 lanci di prova del Burevestnik, di cui solo due sono stati considerati parzialmente riusciti. Lo sviluppo stesso del super missile non è stato privo di passi falsi e, per alcuni, restano dubbi sulla possibilità di ridurre a sufficienza le dimensioni di un propulsore nucleare. Nel 2019 cinque persone morirono nel tentativo di recuperarne uno dal fondale marino, perso durante un test fallito. Infine, secondo gli esperti, il Burevestnik rappresenta un’opzione valida per un secondo attacco nucleare. Può raggiungere obiettivi di controvalore negli Stati Uniti o in Europa, penetrare le difese missilistiche e causare danni aggiuntivi al territorio e ai centri abitati lungo la sua traiettoria di volo, ma dal momento che presenta rischi di radiazioni durante il volo a partire dal decollo è una scelta poco adatta per il primo strike. In sintesi, l’uccello delle tempeste può volare, sì. Ma non più in alto di tutti. https://www.corriere.it/esteri/25_ottobre_27/missili-mosca-russia-new-start-usa-23b0548c-dd2a-4356-996e-0f9106604xlk.shtml
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  • DA NOI NEANCHE una NEWS sulle proteste di Bruxelles! ABBANDONATE i MEDIA del mainstream.

    Le strade di Bruxelles sono in fiamme. La capitale dell’Unione Europea, simbolo del potere e della diplomazia, è diventata l’epicentro di una rivolta senza precedenti. Migliaia di cittadini sono scesi in piazza contro le nuove misure di austerità e l’innalzamento dell’età pensionabile, trasformando un semplice sciopero in una protesta che scuote l’intero continente.
    Dalla Francia ai Paesi Bassi, dalla Polonia all’Italia, l’onda del malcontento si estende in tutta Europa. È la ribellione di un popolo stanco di sacrifici, disuguaglianze e promesse infrante. Dietro la rabbia, c’è la paura di un futuro sempre più incerto e la sensazione che Bruxelles, un tempo simbolo di unità, sia oggi il volto di un potere distante e freddo.
    Questo documentario racconta la crisi di un continente che sta perdendo il contatto con la sua gente. Le immagini, le testimonianze e le voci raccolte tra le barricate rivelano una realtà che i grandi media spesso tacciono: un’Europa in bilico tra la speranza di rinascere e il rischio di implodere.


    Segui Focus Europa per rimanere aggiornato su elezioni europee, geopolitica, fondi europei, politica monetaria, inflazione, eurozona, Brexit, regolamentazioni UE e molto altro. Approfondimenti chiari, dati aggiornati e opinioni esperte per comprendere al meglio il complesso mondo della politica e finanza europea.

    Iscriviti per non perdere i video settimanali che ti aiutano a capire come funzionano le istituzioni europee e come le decisioni prese a Bruxelles impattano sulla vita di tutti noi.

    https://www.youtube.com/watch?v=-rQJqFsuulM
    DA NOI NEANCHE una NEWS sulle proteste di Bruxelles! ABBANDONATE i MEDIA del mainstream. Le strade di Bruxelles sono in fiamme. La capitale dell’Unione Europea, simbolo del potere e della diplomazia, è diventata l’epicentro di una rivolta senza precedenti. Migliaia di cittadini sono scesi in piazza contro le nuove misure di austerità e l’innalzamento dell’età pensionabile, trasformando un semplice sciopero in una protesta che scuote l’intero continente. Dalla Francia ai Paesi Bassi, dalla Polonia all’Italia, l’onda del malcontento si estende in tutta Europa. È la ribellione di un popolo stanco di sacrifici, disuguaglianze e promesse infrante. Dietro la rabbia, c’è la paura di un futuro sempre più incerto e la sensazione che Bruxelles, un tempo simbolo di unità, sia oggi il volto di un potere distante e freddo. Questo documentario racconta la crisi di un continente che sta perdendo il contatto con la sua gente. Le immagini, le testimonianze e le voci raccolte tra le barricate rivelano una realtà che i grandi media spesso tacciono: un’Europa in bilico tra la speranza di rinascere e il rischio di implodere. Segui Focus Europa per rimanere aggiornato su elezioni europee, geopolitica, fondi europei, politica monetaria, inflazione, eurozona, Brexit, regolamentazioni UE e molto altro. Approfondimenti chiari, dati aggiornati e opinioni esperte per comprendere al meglio il complesso mondo della politica e finanza europea. Iscriviti per non perdere i video settimanali che ti aiutano a capire come funzionano le istituzioni europee e come le decisioni prese a Bruxelles impattano sulla vita di tutti noi. https://www.youtube.com/watch?v=-rQJqFsuulM
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