• LA SECONDA MORTE

    Una perdita umana è il pensiero ricorrente, la ferita più profonda e l’ossessione che accompagna ogni conflitto. Nulla da obiettare.
    Eppure, esiste una ferita ancora più silenziosa e nascosta, perché raramente percepita nella sua interezza. È la ferita della cancellazione.

    Un conflitto non porta con sé soltanto morti e dolore: diventa sinonimo di “annullamento”, di rimozione totale della memoria, della storia, dell’identità stessa di un popolo. Come se la sua cultura non avesse mai avuto diritto di esistere. Come se le sue pietre, le sue strade, i suoi teatri e le sue biblioteche non avessero mai parlato.

    Dal 2022 abbiamo pianto la distruzione del teatro di Odessa, simbolo di arte e bellezza in tempo di guerra. Ebbene, oggi lo stesso copione si ripete nella Gaza che non riconosce più se stessa, dove è difficile persino trovare qualcosa da salvare, se non la tenacia di chi, ancora, sopravvive fra le macerie.
    E sia chiaro: nessun edificio, nessuna chiesa, nessun archivio potrà mai valere quanto una vita umana.
    Ma distruggere i luoghi della memoria significa anche questo: lasciare che la verità di un popolo venga raccontata da altri.
    Da un sistema mediatico e storiografico che non può garantire il sacrosanto principio di imparzialità.

    Ci resta allora solo l’immaginazione.
    Immaginare ciò che non esiste più — o che forse tornerà a vivere, ma secondo i canoni della speculazione e dei progetti di chi costruirà nuovi viadotti, resort, infrastrutture che nulla hanno a che vedere con la memoria palestinese.

    E non è retorica.
    Secondo il report “All That is Lost” dell’organizzazione PEN America, sono oltre 300 i siti culturali distrutti o gravemente danneggiati a Gaza.
    Fra essi, la casa di Yasser Arafat, trasformata in centro culturale dopo la sua morte, oggi ridotta in rovina.
    Il Centro Culturale Rashad El Shawa, dove negli anni ’90 si discuteva di pace con Bill Clinton, è stato raso al suolo nel novembre 2024.
    E ancora la libreria di Samir Mansour, simbolo di resilienza culturale, e la Moschea Omari, che custodiva 20.000 volumi antichi — oggi polvere.

    Polvere come il pavimento a mosaico della Chiesa bizantina di Jabalia, costruita nel 444 d.C., testimone di secoli di convivenza religiosa e di storia condivisa. Colpita anch’essa, cancellata.

    E così, la cultura scivola via, insieme alla memoria.
    Perché la distruzione del patrimonio artistico non è mai solo un “danno collaterale”: è la seconda morte di un popolo, quella che lo priva della sua voce e del suo diritto di esistere nel racconto della storia.

    Forse, di tutto questo, resteranno solo le parole — e il dovere morale di ricordare che anche le pietre, come gli uomini, sanno gridare.

    #Palestina #MemoriaCulturale #PatrimoniPerduti #LaSecondaMorte #CulturaEDistruzione #Gaza #DirittiUmani #MemoriaStorica #ArteESopravvivenza #StoriaNegata #HumanityInRuins #PeaceThroughCulture
    🕯️ LA SECONDA MORTE Una perdita umana è il pensiero ricorrente, la ferita più profonda e l’ossessione che accompagna ogni conflitto. Nulla da obiettare. Eppure, esiste una ferita ancora più silenziosa e nascosta, perché raramente percepita nella sua interezza. È la ferita della cancellazione. Un conflitto non porta con sé soltanto morti e dolore: diventa sinonimo di “annullamento”, di rimozione totale della memoria, della storia, dell’identità stessa di un popolo. Come se la sua cultura non avesse mai avuto diritto di esistere. Come se le sue pietre, le sue strade, i suoi teatri e le sue biblioteche non avessero mai parlato. Dal 2022 abbiamo pianto la distruzione del teatro di Odessa, simbolo di arte e bellezza in tempo di guerra. Ebbene, oggi lo stesso copione si ripete nella Gaza che non riconosce più se stessa, dove è difficile persino trovare qualcosa da salvare, se non la tenacia di chi, ancora, sopravvive fra le macerie. E sia chiaro: nessun edificio, nessuna chiesa, nessun archivio potrà mai valere quanto una vita umana. 👉 Ma distruggere i luoghi della memoria significa anche questo: lasciare che la verità di un popolo venga raccontata da altri. Da un sistema mediatico e storiografico che non può garantire il sacrosanto principio di imparzialità. Ci resta allora solo l’immaginazione. Immaginare ciò che non esiste più — o che forse tornerà a vivere, ma secondo i canoni della speculazione e dei progetti di chi costruirà nuovi viadotti, resort, infrastrutture che nulla hanno a che vedere con la memoria palestinese. E non è retorica. Secondo il report “All That is Lost” dell’organizzazione PEN America, sono oltre 300 i siti culturali distrutti o gravemente danneggiati a Gaza. Fra essi, la casa di Yasser Arafat, trasformata in centro culturale dopo la sua morte, oggi ridotta in rovina. Il Centro Culturale Rashad El Shawa, dove negli anni ’90 si discuteva di pace con Bill Clinton, è stato raso al suolo nel novembre 2024. E ancora la libreria di Samir Mansour, simbolo di resilienza culturale, e la Moschea Omari, che custodiva 20.000 volumi antichi — oggi polvere. Polvere come il pavimento a mosaico della Chiesa bizantina di Jabalia, costruita nel 444 d.C., testimone di secoli di convivenza religiosa e di storia condivisa. Colpita anch’essa, cancellata. E così, la cultura scivola via, insieme alla memoria. Perché la distruzione del patrimonio artistico non è mai solo un “danno collaterale”: è la seconda morte di un popolo, quella che lo priva della sua voce e del suo diritto di esistere nel racconto della storia. Forse, di tutto questo, resteranno solo le parole — e il dovere morale di ricordare che anche le pietre, come gli uomini, sanno gridare. 🕯️ #Palestina #MemoriaCulturale #PatrimoniPerduti #LaSecondaMorte #CulturaEDistruzione #Gaza #DirittiUmani #MemoriaStorica #ArteESopravvivenza #StoriaNegata #HumanityInRuins #PeaceThroughCulture
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  • FOLLIA SENZA LIMITI!!!
    La Commissione Ue presenta il piano della difesa: "Investiremo 6.800 miliardi"
    Droni, scudo aereo e progetti militari congiunti: la roadmap dell'Ue per colmare le carenze militari entro il 2030...
    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/10/16/piano-difesa-europea-investimenti-minacce-notizie/8162678/
    FOLLIA SENZA LIMITI!!! La Commissione Ue presenta il piano della difesa: "Investiremo 6.800 miliardi" Droni, scudo aereo e progetti militari congiunti: la roadmap dell'Ue per colmare le carenze militari entro il 2030... https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/10/16/piano-difesa-europea-investimenti-minacce-notizie/8162678/
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    La Commissione Ue presenta il piano della difesa: "Investiremo 6.800 miliardi"
    Droni, scudo aereo e progetti militari congiunti: la roadmap dell'Ue per colmare le carenze militari entro il 2030
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  • L'ultima intervista a Claudia Cardinale: «Sono stata felice solo una volta, per amore. E ho un rimpianto, ma preferisco non pensarci»
    Claudia Cardinale con Alain Delon nella scena del ballo di Angelica e Tancredi deI Il gattopardo , (1963) di Luchino Visconti tratto dal romanzo omonimo di Tomasi di Lampedusa (TITANUS / Album)

    Ripubblichiamo l'ultima intervista a Claudia Cardinale pubblicata su 7, il magazine del Corriere, lo scorso gennaio: la diva parlava dell'unica volta in cui era stata felice e della sua nostalgia: «Ho un rimpianto, preferisco non pensarci»

    Claudia Cardinale è morta il 23 settembre 2025. Ripubblichiamo l'ultima intervista concessa a 7, il magazine del Corriere della Sera, nel gennaio di quest'anno.

    Con quel meraviglioso sorriso di donna irresistibile senza volerlo, Claudia Cardinale venne eletta nel 1957 “la più bella italiana di Tunisia” in un concorso al quale neppure sapeva di avere partecipato, primo passo per venire considerata rapidamente tra le più belle e affascinanti donne del mondo. Sex symbol involontario, soprattutto straordinaria attrice che ha fatto la storia del cinema, Claudia Cardinale è stata la diva che non si prendeva sul serio, così brava e forte da prestarsi a scherzare in televisione, ai tempi del bianco e nero, nello sketch in cui fingeva di saper suonare tutti gli strumenti dell’orchestra, o da accettare la proposta di Alberto Moravia che volle intervistarla «come se fosse un oggetto» per la rivista Esquire.

    «Quando ride, i suoi occhi diventano due fessure nere, scintillanti con qualche cosa di monellesco, di scatenato, di intenso, di meridionale», disse di lei lo scrittore prima di interrogarla passando in rassegna ogni parte del corpo. Ma lei usava il corpo «come una maschera, come rappresentazione di me stessa», disse poi, e si prestò al gioco.

    Marcello Mastroianni si innamorò follemente di lei ne Il Bell’Antonio di Mauro Bolognini: nel film, tanto da essere ridotto all’impotenza come nel romanzo di Vitaliano Brancati, e anche nella realtà. Lei lo respinse perché pensava che ci provasse con tutte le attrici, e lo trattò da amico. Di quella storia mancata, sul set e nella vita, resta l’indimenticabile scena sull’altalena.
    «Claudina», la chiamavano sia Luchino Visconti che Federico Fellini, i grandi maestri del cinema italiano che la scelsero per i due capolavori del 1963, Il Gattopardo con Alain Delon e Burt Lancaster e 8½ di nuovo con Mastroianni.

    Ma tra i 150 film di Claudia Cardinale ci sono anche quelli girati a Hollywood, o Le pistolere in cui le presunte rivali BB (Brigitte Bardot) e CC (Claudia Cardinale) recitano assieme, e il western di Sergio Leone C’era una volta il West, o Fitzcarraldo di Herzog con Klaus Kinski. Una carriera eccezionale, piena di ruoli diversi e imprevedibili, affrontata con l’impegno e la leggerezza dimostrati nell’intervista esclusiva realizzata in questo inizio del 2025 per 7.

    Quando si è accorta di essere diventata una diva senza volerlo?
    «Me ne sono accorta lentamente. Un momento cardine è stato l’anno 1963 quando in sala sono usciti Il Gattopardo e 8 1/2. Ecco, in quel momento ho capito che non ero più una giovane promessa ma che il mondo mi accoglieva come una sua “diva”…»

    Qual è il suo primo ricordo nel mondo del cinema?
    «In Tunisia. Davanti alla mia scuola quando René Vautier (un famoso regista e sceneggiatore francese; ndr) si è avvicinato e mi ha chiesto se poteva parlare a mio padre. Poco dopo avrei fatto la mia prima apparizione in un piccolo film, Les anneaux d’or. Ma in quel momento non pensavo assolutamente che sarebbe stato il mio destino».

    E l’ultimo set al quale ha partecipato?
    «Con la Fondazione Claudia Cardinale che ho fondato con mia figlia Claudia Squitieri. Abbiamo girato il cortometraggio Un Cardinale Donna di Manuel Maria Perrone. Era un ritratto poetico che mia figlia ha voluto fare di me. L’abbiamo girato nella nostra nuova casa a Nemours nel 2023. Il corto è stato presentato al MoMa di New York durante la retrospettiva di Cinecittà».

    Può descriverci la casa dove vive adesso? Come l’ha scelta?
    «È stata una scelta comune con mia figlia Claudia e mio figlio Patrick. Volevo restare in Francia ma ritrovare una vita più vicina alla natura, meno metropolitana. Quindi abbiamo deciso di trasferirci insieme a Nemours. La casa dove viviamo era un’ antica conceria sulla riva del fiume. In questo luogo oggi abbiamo creato un ristorante e dato spazio alla sede della Fondazione».

    Quali sono i suoi progetti artistici?
    «Attraverso la Fondazione Claudia Cardinale sosteniamo il percorso di artisti contemporanei nel mondo audio visivo ma non solo. Accogliamo artisti in residenza, facciamo delle mostre, collaboriamo con altre strutture. Oggi è mia figlia, insieme con la sua collaboratrice Perrine Gamot, che dirige la Fondazione, io assisto con gioia al movimento che si crea intorno a me e al quale collaboro volentieri. Abbiamo fatto delle foto con l’artista Marie Losier, ho prestato la mia voce per i progetti di giovani talenti come Friedreih Andreoni e Benedetta Fioravanti…»

    Ci racconterebbe una sua giornata tipo? C’è un hobby che le piace coltivare?
    «C’è sempre qualcosa da fare qui in casa. Con il ristorante, la Fondazione… Mi piace andare in giro, ascoltare musica…»

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    L'attrice Claudia Cardinale è morta a 87 anni: viveva vicino a Parigi, i figli accanto a lei
    di Maurizio Porro

    Claudia Cardinale, la sua vita in un'intervista: «Dissi no a Brando e Delon. Su me e Chirac voci false. A Patrick avrei dovuto dire prima che era mio figlio, non mio fratello»
    di Aldo Cazzullo e Stefano Montefiori

    Claudia Cardinale, bellissima e inafferabile, non fu mai schiava di un solo personaggio
    di Paolo Mereghetti

    Le ultime ore di Claudia Cardinale a Nemours. La figlia: «Qui aveva ricreato la grande casa italiana in cui ha vissuto tutta la vita»
    di Stefano Montefiori

    Claudia Cardinale e Milano: addio alla «Ginetta», era l'ultima grande interprete di «Rocco e i suoi fratelli»
    di Maurizio Porro

    Perché tanto tempo fa ha scelto di vivere in Francia e non in Italia?
    «Chi lo sa… In fondo la mia prima lingua, e la mia prima cultura sono state quella francese, seppur attraverso la Tunisia. In Italia vivevo un po’ rinchiusa. Era difficile avere una vita normale. Fare la spesa, andare a passeggio. In Francia ho trovato un Paese amico in cui il rapporto con le persone pubbliche è un po’ più vivibile che in Italia. Almeno per me in quegli anni era così».

    Quale Paese ama di più?
    «La Tunisia. Lo ammetto. Amo la Francia, amo l’Italia ma la Tunisia resta per me il Paese del cuore».

    Che ricordo ne ha?
    «Tanti. Tutta la mia infanzia. Mi ricorda mia madre, mio padre, un tempo sospeso prima che la mia vita diventasse una corsa!»

    Lo sa che all’estero, quando si parla di Italia, accanto ai luoghi comuni sulla pizza c’è sempre qualcuno che cita il fascino delle donne, e quindi Claudia Cardinale? Come ha vissuto il ruolo di simbolo di un Paese?
    «Con piacere immenso. Sono molto onorata di fare parte della cultura (immensa) italiana».

    Vede spesso i suoi vecchi film?
    «Quando capita, magari in televisione, con piacere. Ancora meglio se capita al cinema».

    È vero che è stato Luchino Visconti a spingerla a cominciare a fumare?
    «Sì. Ma ora ho smesso! Ho fumato molto ma a 85 anni ho smesso. Meglio tardi che mai».

    Perché all’inizio della carriera la doppiavano?
    «Sicuramente non avevo una voce standard. Avevo una voce poco femminile per i modelli di quegli anni. In più non parlavo benissimo italiano all’inizio! In Tunisia si parlava un siciliano di casa… Ci ho messo un po’ a parlare bene. Non bisogna dimenticare poi che in quegli anni il doppiaggio in Italia era un’istituzione».

    Che ricordo ha di Marcello Mastroianni, che girò con lei Il bell’Antonio?
    «Che mi faceva la corte!»

    E del grande Alain Delon, da poco scomparso? Che rapporto avevate mentre giravate Il Gattopardo?
    «All’inizio un po’ scontroso. Poi quando ha capito che non sarei caduta tra le sue braccia siamo diventati amici e lo siamo rimasti fino alla fine. Ero stata invitata al suo funerale. Purtroppo, il dolore e la mia età non mi hanno dato la forza di andare».

    E Jean Paul Belmondo?
    «Con Belmondo ci divertivamo come bambini. Ci nascondevamo sotto ai tavoli alle cene noiose e ci buttavamo pezzi di pane».

    Saprebbe dire qual è stato il momento più felice della sua vita?
    «Per fortuna in una vita ce ne sono un paio! Ma sicuramente il momento in cui ho lasciato tutto e raggiunto Pasquale (Squitieri, ndr) a New York è stato un momento importante della mia vita».

    C’è un rimpianto, qualcosa che cambierebbe?
    «Sicuramente, ma preferisco non pensarci».

    Il suo più grande desiderio adesso?
    «Vivere serena in compagnia. E che la Fondazione Claudia Cardinale possa aiutare a realizzare opere che ci aiutino ad affrontare le sfide del nostro tempo».

    CHI È
    LA VITA
    Nata a Tunisi il 15 aprile 1938, quando la Tunisia era protettorato francese, da genitori lì natì ma di famiglie siciliane emigrate, Claudia Cardinale, primogenita di casa, ha una sorella e due fratelli. Madre a 20 anni di Patrick, nato dopo uno stupro, è stata moglie del produttore Franco Cristaldi fino al 1975 e poi sino al 1999 compagna del regista Pasquale Squitieri, con cui ha avuto una figlia, Claudia. Ha due nipoti, uno da ciascun figlio.

    LA CARRIERA
    Nella sua carriera lunga quasi 60 anni e cominciata nel 1958 con I soliti ignoti di Mario Monicelli, ha interpretato oltre 120 film.

    I PREMI
    Alla Mostra di Venezia ha vinto un Leone d’Oro alla carriera nel 1993 e un Premio Pasinetti come migliore attrice per Claretta nel 1984. Si è poi aggiudicata tre David di Donatello più uno alla carriera e quattro Nastri d’argento.

    Source: https://www.corriere.it/sette/25_settembre_24/ultima-intervista-claudia-cardinale-e4d64eac-acbc-4ea7-bb0f-a8b7d33e1xlk_amp.shtml
    L'ultima intervista a Claudia Cardinale: «Sono stata felice solo una volta, per amore. E ho un rimpianto, ma preferisco non pensarci» Claudia Cardinale con Alain Delon nella scena del ballo di Angelica e Tancredi deI Il gattopardo , (1963) di Luchino Visconti tratto dal romanzo omonimo di Tomasi di Lampedusa (TITANUS / Album) Ripubblichiamo l'ultima intervista a Claudia Cardinale pubblicata su 7, il magazine del Corriere, lo scorso gennaio: la diva parlava dell'unica volta in cui era stata felice e della sua nostalgia: «Ho un rimpianto, preferisco non pensarci» Claudia Cardinale è morta il 23 settembre 2025. Ripubblichiamo l'ultima intervista concessa a 7, il magazine del Corriere della Sera, nel gennaio di quest'anno. Con quel meraviglioso sorriso di donna irresistibile senza volerlo, Claudia Cardinale venne eletta nel 1957 “la più bella italiana di Tunisia” in un concorso al quale neppure sapeva di avere partecipato, primo passo per venire considerata rapidamente tra le più belle e affascinanti donne del mondo. Sex symbol involontario, soprattutto straordinaria attrice che ha fatto la storia del cinema, Claudia Cardinale è stata la diva che non si prendeva sul serio, così brava e forte da prestarsi a scherzare in televisione, ai tempi del bianco e nero, nello sketch in cui fingeva di saper suonare tutti gli strumenti dell’orchestra, o da accettare la proposta di Alberto Moravia che volle intervistarla «come se fosse un oggetto» per la rivista Esquire. «Quando ride, i suoi occhi diventano due fessure nere, scintillanti con qualche cosa di monellesco, di scatenato, di intenso, di meridionale», disse di lei lo scrittore prima di interrogarla passando in rassegna ogni parte del corpo. Ma lei usava il corpo «come una maschera, come rappresentazione di me stessa», disse poi, e si prestò al gioco. Marcello Mastroianni si innamorò follemente di lei ne Il Bell’Antonio di Mauro Bolognini: nel film, tanto da essere ridotto all’impotenza come nel romanzo di Vitaliano Brancati, e anche nella realtà. Lei lo respinse perché pensava che ci provasse con tutte le attrici, e lo trattò da amico. Di quella storia mancata, sul set e nella vita, resta l’indimenticabile scena sull’altalena. «Claudina», la chiamavano sia Luchino Visconti che Federico Fellini, i grandi maestri del cinema italiano che la scelsero per i due capolavori del 1963, Il Gattopardo con Alain Delon e Burt Lancaster e 8½ di nuovo con Mastroianni. Ma tra i 150 film di Claudia Cardinale ci sono anche quelli girati a Hollywood, o Le pistolere in cui le presunte rivali BB (Brigitte Bardot) e CC (Claudia Cardinale) recitano assieme, e il western di Sergio Leone C’era una volta il West, o Fitzcarraldo di Herzog con Klaus Kinski. Una carriera eccezionale, piena di ruoli diversi e imprevedibili, affrontata con l’impegno e la leggerezza dimostrati nell’intervista esclusiva realizzata in questo inizio del 2025 per 7. Quando si è accorta di essere diventata una diva senza volerlo? «Me ne sono accorta lentamente. Un momento cardine è stato l’anno 1963 quando in sala sono usciti Il Gattopardo e 8 1/2. Ecco, in quel momento ho capito che non ero più una giovane promessa ma che il mondo mi accoglieva come una sua “diva”…» Qual è il suo primo ricordo nel mondo del cinema? «In Tunisia. Davanti alla mia scuola quando René Vautier (un famoso regista e sceneggiatore francese; ndr) si è avvicinato e mi ha chiesto se poteva parlare a mio padre. Poco dopo avrei fatto la mia prima apparizione in un piccolo film, Les anneaux d’or. Ma in quel momento non pensavo assolutamente che sarebbe stato il mio destino». E l’ultimo set al quale ha partecipato? «Con la Fondazione Claudia Cardinale che ho fondato con mia figlia Claudia Squitieri. Abbiamo girato il cortometraggio Un Cardinale Donna di Manuel Maria Perrone. Era un ritratto poetico che mia figlia ha voluto fare di me. L’abbiamo girato nella nostra nuova casa a Nemours nel 2023. Il corto è stato presentato al MoMa di New York durante la retrospettiva di Cinecittà». Può descriverci la casa dove vive adesso? Come l’ha scelta? «È stata una scelta comune con mia figlia Claudia e mio figlio Patrick. Volevo restare in Francia ma ritrovare una vita più vicina alla natura, meno metropolitana. Quindi abbiamo deciso di trasferirci insieme a Nemours. La casa dove viviamo era un’ antica conceria sulla riva del fiume. In questo luogo oggi abbiamo creato un ristorante e dato spazio alla sede della Fondazione». Quali sono i suoi progetti artistici? «Attraverso la Fondazione Claudia Cardinale sosteniamo il percorso di artisti contemporanei nel mondo audio visivo ma non solo. Accogliamo artisti in residenza, facciamo delle mostre, collaboriamo con altre strutture. Oggi è mia figlia, insieme con la sua collaboratrice Perrine Gamot, che dirige la Fondazione, io assisto con gioia al movimento che si crea intorno a me e al quale collaboro volentieri. Abbiamo fatto delle foto con l’artista Marie Losier, ho prestato la mia voce per i progetti di giovani talenti come Friedreih Andreoni e Benedetta Fioravanti…» Ci racconterebbe una sua giornata tipo? C’è un hobby che le piace coltivare? «C’è sempre qualcosa da fare qui in casa. Con il ristorante, la Fondazione… Mi piace andare in giro, ascoltare musica…» LEGGI ANCHE L'attrice Claudia Cardinale è morta a 87 anni: viveva vicino a Parigi, i figli accanto a lei di Maurizio Porro Claudia Cardinale, la sua vita in un'intervista: «Dissi no a Brando e Delon. Su me e Chirac voci false. A Patrick avrei dovuto dire prima che era mio figlio, non mio fratello» di Aldo Cazzullo e Stefano Montefiori Claudia Cardinale, bellissima e inafferabile, non fu mai schiava di un solo personaggio di Paolo Mereghetti Le ultime ore di Claudia Cardinale a Nemours. La figlia: «Qui aveva ricreato la grande casa italiana in cui ha vissuto tutta la vita» di Stefano Montefiori Claudia Cardinale e Milano: addio alla «Ginetta», era l'ultima grande interprete di «Rocco e i suoi fratelli» di Maurizio Porro Perché tanto tempo fa ha scelto di vivere in Francia e non in Italia? «Chi lo sa… In fondo la mia prima lingua, e la mia prima cultura sono state quella francese, seppur attraverso la Tunisia. In Italia vivevo un po’ rinchiusa. Era difficile avere una vita normale. Fare la spesa, andare a passeggio. In Francia ho trovato un Paese amico in cui il rapporto con le persone pubbliche è un po’ più vivibile che in Italia. Almeno per me in quegli anni era così». Quale Paese ama di più? «La Tunisia. Lo ammetto. Amo la Francia, amo l’Italia ma la Tunisia resta per me il Paese del cuore». Che ricordo ne ha? «Tanti. Tutta la mia infanzia. Mi ricorda mia madre, mio padre, un tempo sospeso prima che la mia vita diventasse una corsa!» Lo sa che all’estero, quando si parla di Italia, accanto ai luoghi comuni sulla pizza c’è sempre qualcuno che cita il fascino delle donne, e quindi Claudia Cardinale? Come ha vissuto il ruolo di simbolo di un Paese? «Con piacere immenso. Sono molto onorata di fare parte della cultura (immensa) italiana». Vede spesso i suoi vecchi film? «Quando capita, magari in televisione, con piacere. Ancora meglio se capita al cinema». È vero che è stato Luchino Visconti a spingerla a cominciare a fumare? «Sì. Ma ora ho smesso! Ho fumato molto ma a 85 anni ho smesso. Meglio tardi che mai». Perché all’inizio della carriera la doppiavano? «Sicuramente non avevo una voce standard. Avevo una voce poco femminile per i modelli di quegli anni. In più non parlavo benissimo italiano all’inizio! In Tunisia si parlava un siciliano di casa… Ci ho messo un po’ a parlare bene. Non bisogna dimenticare poi che in quegli anni il doppiaggio in Italia era un’istituzione». Che ricordo ha di Marcello Mastroianni, che girò con lei Il bell’Antonio? «Che mi faceva la corte!» E del grande Alain Delon, da poco scomparso? Che rapporto avevate mentre giravate Il Gattopardo? «All’inizio un po’ scontroso. Poi quando ha capito che non sarei caduta tra le sue braccia siamo diventati amici e lo siamo rimasti fino alla fine. Ero stata invitata al suo funerale. Purtroppo, il dolore e la mia età non mi hanno dato la forza di andare». E Jean Paul Belmondo? «Con Belmondo ci divertivamo come bambini. Ci nascondevamo sotto ai tavoli alle cene noiose e ci buttavamo pezzi di pane». Saprebbe dire qual è stato il momento più felice della sua vita? «Per fortuna in una vita ce ne sono un paio! Ma sicuramente il momento in cui ho lasciato tutto e raggiunto Pasquale (Squitieri, ndr) a New York è stato un momento importante della mia vita». C’è un rimpianto, qualcosa che cambierebbe? «Sicuramente, ma preferisco non pensarci». Il suo più grande desiderio adesso? «Vivere serena in compagnia. E che la Fondazione Claudia Cardinale possa aiutare a realizzare opere che ci aiutino ad affrontare le sfide del nostro tempo». CHI È LA VITA Nata a Tunisi il 15 aprile 1938, quando la Tunisia era protettorato francese, da genitori lì natì ma di famiglie siciliane emigrate, Claudia Cardinale, primogenita di casa, ha una sorella e due fratelli. Madre a 20 anni di Patrick, nato dopo uno stupro, è stata moglie del produttore Franco Cristaldi fino al 1975 e poi sino al 1999 compagna del regista Pasquale Squitieri, con cui ha avuto una figlia, Claudia. Ha due nipoti, uno da ciascun figlio. LA CARRIERA Nella sua carriera lunga quasi 60 anni e cominciata nel 1958 con I soliti ignoti di Mario Monicelli, ha interpretato oltre 120 film. I PREMI Alla Mostra di Venezia ha vinto un Leone d’Oro alla carriera nel 1993 e un Premio Pasinetti come migliore attrice per Claretta nel 1984. Si è poi aggiudicata tre David di Donatello più uno alla carriera e quattro Nastri d’argento. Source: https://www.corriere.it/sette/25_settembre_24/ultima-intervista-claudia-cardinale-e4d64eac-acbc-4ea7-bb0f-a8b7d33e1xlk_amp.shtml
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  • Sanzioni a Israele??? RIDICOLE!
    L'UE propone sanzioni a Israele, ma armi e colonie restano escluse
    Pacchetto da 227 milioni che colpisce solo il 37% dei commerci con Israele, mentre continua la vendita di armi europee...
    Come annunciato, la Commissione Ue ha proposto un pacchetto di sanzioni contro Israele. “L’operazione a Gaza City rappresenta un’escalation della guerra”, ha spiegato l’alto rappresentante Ue Kaja Kallas, per questo “oggi presentiamo un robusto pacchetto di sanzioni: l’obiettivo non è punire Israele ma migliorare la situazione a Gaza”. “Oltre ai ministri israeliani estremisti“, quello per la Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir e per le Finanze Bezalel Smotrich, nel pacchetto – che deve essere approvato all’unanimità – “ci sono altri membri di Hamas e coloni violenti“, ha precisato Kallas. La proposta inoltre include misure sul commercio, ma i dubbi non mancano: tra queste non c’è nulla che colpisca gli insediamenti illegali in Cisgiordania e l’export di armi dall’Europa verso lo Stato ebraico.

    La proposta mira a sospendere una parte – “la più significativa” – del trattato commerciale tra l’Ue e Israele, che equivale al 37% del volume totale. Il resto, spiega un alto funzionario europeo, è regolato dai patti presi nel quadro del WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) e non è soggetto alle misure. In termini pratici, si tratta di circa 227 milioni di euro all’anno, che ora saranno soggetti a dazi maggiorati e quindi applicati agli importatori europei: in tutto nel 2024 l’Ue ha importato beni da Israele per un valore totale di 16 miliardi di euro. Il grosso riguarderà i prodotti agricoli. L’accordo di associazione copre anche il settore dei servizi ma, fanno notare alla Commissione, si tratta di una parte rimasta essenzialmente sulla carta e dunque non significativa.

    Ora la proposta deve essere approvata dagli Stati membri con la maggioranza qualificata. “Se sarà votata dal Consiglio, notificheremo l’ente di gestione dell’accordo di associazione con Israele e le misure entreranno in vigore dopo 30 giorni, ovvero una pratica standard”, precisa il funzionario.

    Altro capitolo sono poi i programmi che fanno capo direttamente alla Commissione (gemellaggi o progetti per l’integrazione regionale, previsti ad esempio dagli accordi di Abramo). “Sospendiamo il sostegno bilaterale al governo israeliano. In particolare, 14 milioni di euro di fondi già stanziati per il periodo 2020-2024. Di tale importo, 4,3 milioni di euro sono stati contrattualizzati, mentre 9,4 milioni di euro rimangono non contrattualizzati. Fino a nuovo avviso, non procederemo all’identificazione congiunta di nuove azioni né alla firma di contratti”, ha annunciato la commissaria Ue per il Mediterraneo Dubravka Šuica sottolineando che in questo caso l’esecutivo comunitario ha potuto prendere una decisione “indipendente“.

    Le misure però sollevano diversi interrogativi. Ad esempio, non colpiranno i prodotti che vengono dalle colonie – ovvero tutto ciò che va oltre i confini del 1967 – dato che l’accordo copre solo ciò che l’Ue riconosce come Stato d’Israele e gli insediamenti, essendo illegali, non lo sono. Servirà dunque una proposta separata per colpire i beni provenienti dai territori occupati.

    C’è un altro aspetto della questione che solleva forti dubbi sulla credibilità delle misure. Il settore delle armi non sarà toccato dalla proposta della Commissione poiché non rientra nelle specificità dell’accordo di associazione, ma è coperto dal quadro generale del Wto, ha spiegato ancora il funzionario illustrando i dettagli della proposta dell’esecutivo e sottolineando che gli armamenti beneficiano spesso della “clausola di confidenzialità” per cui non è dato sapere con certezza quanto pesi sull’interscambio generale tra Ue e Israele.
    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/09/17/sanzioni-israele-ue-armi-colonie-news/8129792/
    Sanzioni a Israele??? RIDICOLE! L'UE propone sanzioni a Israele, ma armi e colonie restano escluse Pacchetto da 227 milioni che colpisce solo il 37% dei commerci con Israele, mentre continua la vendita di armi europee... Come annunciato, la Commissione Ue ha proposto un pacchetto di sanzioni contro Israele. “L’operazione a Gaza City rappresenta un’escalation della guerra”, ha spiegato l’alto rappresentante Ue Kaja Kallas, per questo “oggi presentiamo un robusto pacchetto di sanzioni: l’obiettivo non è punire Israele ma migliorare la situazione a Gaza”. “Oltre ai ministri israeliani estremisti“, quello per la Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir e per le Finanze Bezalel Smotrich, nel pacchetto – che deve essere approvato all’unanimità – “ci sono altri membri di Hamas e coloni violenti“, ha precisato Kallas. La proposta inoltre include misure sul commercio, ma i dubbi non mancano: tra queste non c’è nulla che colpisca gli insediamenti illegali in Cisgiordania e l’export di armi dall’Europa verso lo Stato ebraico. La proposta mira a sospendere una parte – “la più significativa” – del trattato commerciale tra l’Ue e Israele, che equivale al 37% del volume totale. Il resto, spiega un alto funzionario europeo, è regolato dai patti presi nel quadro del WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) e non è soggetto alle misure. In termini pratici, si tratta di circa 227 milioni di euro all’anno, che ora saranno soggetti a dazi maggiorati e quindi applicati agli importatori europei: in tutto nel 2024 l’Ue ha importato beni da Israele per un valore totale di 16 miliardi di euro. Il grosso riguarderà i prodotti agricoli. L’accordo di associazione copre anche il settore dei servizi ma, fanno notare alla Commissione, si tratta di una parte rimasta essenzialmente sulla carta e dunque non significativa. Ora la proposta deve essere approvata dagli Stati membri con la maggioranza qualificata. “Se sarà votata dal Consiglio, notificheremo l’ente di gestione dell’accordo di associazione con Israele e le misure entreranno in vigore dopo 30 giorni, ovvero una pratica standard”, precisa il funzionario. Altro capitolo sono poi i programmi che fanno capo direttamente alla Commissione (gemellaggi o progetti per l’integrazione regionale, previsti ad esempio dagli accordi di Abramo). “Sospendiamo il sostegno bilaterale al governo israeliano. In particolare, 14 milioni di euro di fondi già stanziati per il periodo 2020-2024. Di tale importo, 4,3 milioni di euro sono stati contrattualizzati, mentre 9,4 milioni di euro rimangono non contrattualizzati. Fino a nuovo avviso, non procederemo all’identificazione congiunta di nuove azioni né alla firma di contratti”, ha annunciato la commissaria Ue per il Mediterraneo Dubravka Šuica sottolineando che in questo caso l’esecutivo comunitario ha potuto prendere una decisione “indipendente“. Le misure però sollevano diversi interrogativi. Ad esempio, non colpiranno i prodotti che vengono dalle colonie – ovvero tutto ciò che va oltre i confini del 1967 – dato che l’accordo copre solo ciò che l’Ue riconosce come Stato d’Israele e gli insediamenti, essendo illegali, non lo sono. Servirà dunque una proposta separata per colpire i beni provenienti dai territori occupati. C’è un altro aspetto della questione che solleva forti dubbi sulla credibilità delle misure. Il settore delle armi non sarà toccato dalla proposta della Commissione poiché non rientra nelle specificità dell’accordo di associazione, ma è coperto dal quadro generale del Wto, ha spiegato ancora il funzionario illustrando i dettagli della proposta dell’esecutivo e sottolineando che gli armamenti beneficiano spesso della “clausola di confidenzialità” per cui non è dato sapere con certezza quanto pesi sull’interscambio generale tra Ue e Israele. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/09/17/sanzioni-israele-ue-armi-colonie-news/8129792/
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    L'UE propone sanzioni a Israele, ma armi e colonie restano escluse
    Pacchetto da 227 milioni che colpisce solo il 37% dei commerci con Israele, mentre continua la vendita di armi europee
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  • IMPRESSIONI DI SETTEMBRE /
    URBANISTICA – IL DOCENTE COLPISCE ANCORA
    Sosteniamo il nuovo appello dei 200 Docenti universitari

    Mi rendo conto che la #politica e le forze politiche non siano più “di moda” quando a parlare di città, di spazi, di futuro sono proprio loro: le personalità che quella materia l’hanno studiata, vissuta, insegnata e difesa.

    La conoscono con la stessa passione e determinazione del guerrigliero vietcong che difende la propria foresta dall’invasore. So che il paragone è duro, specie in un tempo già attraversato da guerre e tensioni, ma rende l’idea. Ed è giusto che sia così.

    Per questo oggi ringrazio i 200 docenti universitari e accademici che ci stanno impartendo una vera lezione di politica. Perché fare politica, almeno per me, significa dare voce e spazio alle categorie coinvolte. Significa costruire sinergie reali. Non ridurre tutto a uno slogan da campagna elettorale. Non vi sembra?
    Le impressioni di settembre, questa volta, non hanno nulla di romantico: sono roventi . Non parliamo del clima, ma della nostra Milano.

    Dopo mesi di inchieste e scandali sull’urbanistica milanese, è arrivato un nuovo appello per una vera svolta. A firmarlo sono oltre 200 professori universitari di tutta Italia: urbanisti, architetti, giuristi, sociologi, antropologi, filosofi.
    Gli stessi che già si erano opposti con forza alla legge Salva Milano. Ora tornano in campo, rivolgendosi direttamente a sindaco, giunta e consiglieri comunali di Milano, alla Regione Lombardia, al Parlamento, al Governo e persino ai partiti e ai sindacati.

    Il documento è chiaro: le indagini giudiziarie hanno mostrato che “il governo della città è opaco, non democratico, profondamente ingiusto sul piano della redistribuzione delle risorse e dannoso per lo sviluppo economico italiano”.

    Da qui, tre proposte concrete:

    1️⃣ Fermare i grandi e medi progetti in corso a Milano e aprire un nuovo ciclo trasparente e partecipativo.
    2️⃣ Rivoluzionare il Piano Casa, privilegiando l’Edilizia Residenziale Pubblica invece dell’Housing Sociale.
    3️⃣ Respingere ogni deregolamentazione della normativa urbanistica nazionale, approvando invece la legge sulla Rigenerazione urbana e un nuovo Testo Unico dell’Edilizia.

    Non è poesia. È un atto politico e morale.
    Questa volta il segnale arriva da chi conosce la materia e ha scelto di parlare al cuore e alla mente dei cittadini.
    Basta leggere uno dei passaggi più duri e lucidi dell’appello:

    “A Milano si è considerato normale trasformare la città per frammenti, senza un quadro strategico di visione e gestione pubblica: si è costruito all’interno degli isolati e nei cortili edifici di dimensioni incongrue, spesso al posto di laboratori, parcheggi, piccole residenze, giardini o aree che la natura aveva riconquistato.”

    Ecco lo schiaffo morale: una moderna Banda Bassotti che ha speculato sulla città, mentre la politica, complici istituzioni supine e paralizzate dal timore di perdere consensi, ha taciuto.
    E allora? Facciamo tesoro di questo appello, diamogli voce, diamogli fiato, diamogli forza.
    Perché il docente “doce”, sì. Ma non tace.
    E noi con lui.

    Leggi il testo integrale dell’appello qui:
    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/08/29/urbanistica-milano-appello-docenti-san-siro-notizie/8108716/

    #Milano #Urbanistica #RigenerazioneUrbana #Politica #Partecipazione #BeneComune #Docenti #Appello
    IMPRESSIONI DI SETTEMBRE / URBANISTICA – IL DOCENTE COLPISCE ANCORA 💪📢 Sosteniamo il nuovo appello dei 200 Docenti universitari ✍️ Mi rendo conto che la #politica e le forze politiche non siano più “di moda” quando a parlare di città, di spazi, di futuro sono proprio loro: le personalità che quella materia l’hanno studiata, vissuta, insegnata e difesa. La conoscono con la stessa passione e determinazione del guerrigliero vietcong che difende la propria foresta dall’invasore. So che il paragone è duro, specie in un tempo già attraversato da guerre e tensioni, ma rende l’idea. Ed è giusto che sia così. Per questo oggi ringrazio i 200 docenti universitari e accademici che ci stanno impartendo una vera lezione di politica. Perché fare politica, almeno per me, significa dare voce e spazio alle categorie coinvolte. Significa costruire sinergie reali. Non ridurre tutto a uno slogan da campagna elettorale. Non vi sembra? Le impressioni di settembre, questa volta, non hanno nulla di romantico: sono roventi 🔥. Non parliamo del clima, ma della nostra Milano. Dopo mesi di inchieste e scandali sull’urbanistica milanese, è arrivato un nuovo appello per una vera svolta. A firmarlo sono oltre 200 professori universitari di tutta Italia: urbanisti, architetti, giuristi, sociologi, antropologi, filosofi. Gli stessi che già si erano opposti con forza alla legge Salva Milano. Ora tornano in campo, rivolgendosi direttamente a sindaco, giunta e consiglieri comunali di Milano, alla Regione Lombardia, al Parlamento, al Governo e persino ai partiti e ai sindacati. Il documento è chiaro: le indagini giudiziarie hanno mostrato che “il governo della città è opaco, non democratico, profondamente ingiusto sul piano della redistribuzione delle risorse e dannoso per lo sviluppo economico italiano”. Da qui, tre proposte concrete: 1️⃣ Fermare i grandi e medi progetti in corso a Milano e aprire un nuovo ciclo trasparente e partecipativo. 2️⃣ Rivoluzionare il Piano Casa, privilegiando l’Edilizia Residenziale Pubblica invece dell’Housing Sociale. 3️⃣ Respingere ogni deregolamentazione della normativa urbanistica nazionale, approvando invece la legge sulla Rigenerazione urbana e un nuovo Testo Unico dell’Edilizia. Non è poesia. È un atto politico e morale. Questa volta il segnale arriva da chi conosce la materia e ha scelto di parlare al cuore e alla mente dei cittadini. Basta leggere uno dei passaggi più duri e lucidi dell’appello: “A Milano si è considerato normale trasformare la città per frammenti, senza un quadro strategico di visione e gestione pubblica: si è costruito all’interno degli isolati e nei cortili edifici di dimensioni incongrue, spesso al posto di laboratori, parcheggi, piccole residenze, giardini o aree che la natura aveva riconquistato.” Ecco lo schiaffo morale: una moderna Banda Bassotti che ha speculato sulla città, mentre la politica, complici istituzioni supine e paralizzate dal timore di perdere consensi, ha taciuto. E allora? Facciamo tesoro di questo appello, diamogli voce, diamogli fiato, diamogli forza. Perché il docente “doce”, sì. Ma non tace. E noi con lui. 💥 👉 Leggi il testo integrale dell’appello qui: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/08/29/urbanistica-milano-appello-docenti-san-siro-notizie/8108716/ #Milano #Urbanistica #RigenerazioneUrbana #Politica #Partecipazione #BeneComune #Docenti #Appello
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  • QUESTA MI SEMBRA un'OTTIMA INIZIATIVA!
    FORZA ADERIAMO IN CENTINAIA di MIGLIAIA!
    Oltre mille insegnanti italiani si mobilitano contro il genocidio a Gaza
    Da un gruppo WhatsApp nato a Brescia a un movimento nazionale: docenti uniti per sensibilizzare sul conflitto a Gaza e chiedere lo stop alle armi.
    “Sentiamo l’esigenza di fare qualcosa - raccontano - Per questo chiediamo che si indica uno sciopero unitario della scuola, ma capace di coinvolgere anche studenti e famiglie, con lo scopo di fare pressione sul governo affinché interrompa le relazioni militari e commerciali con lo Stato di Israele”
    Più di mille insegnanti si mobilitano per Gaza: “Servono progetti per sensibilizzare i nostri bambini”


    Mobilitazione del mondo della scuola per alzare la voce e dire no al genocidio in corso nella Striscia di Gaza ad opera del governo israeliano. Una iniziativa, nata quasi per caso, spontaneamente, pochi giorni fa a Brescia e che oggi sta coinvolgendo istituti scolastici di tutta Italia, dalla Lombardia alla Sicilia, dall’Alto Adige alla Toscana. Un gruppo WhatsApp che oggi ha raggiunto una dimensione nazionale e che conta oltre mille iscritti tra insegnanti, educatori e operatori che lavorano nell’universo scolastico, dall’asilo nido fino all’università. “Un paio di settimane fa – racconta a ilfattoquotidiano.it Emanuela De Rocco, una delle promotrici della mobilitazione che insegna alla scuola primaria Torricella di Brescia – ho scritto un messaggio sul gruppo ‘Coordinamento bresciano contro la guerra per la pace e il disarmo’. Non potevo immaginare di riprendere la scuola facendo finta di niente. Mi sono chiesta, angosciata e impotente, se fosse possibile trovarsi e condividere questi pensieri, oltre che muovere i sindacati avendo l’impressione che le istituzioni stiano facendo ben poco”. Subito ha risposto Sara Girelli Carasi, insegnante della scuola media Pascoli di Brescia, che ha lanciato l’idea di creare una community di cui ora fanno parte, mentre scriviamo, 1.050 membri.

    “Sentiamo l’esigenza di fare qualcosa – ha detto invece Fernando Scarlata, docente del centro di formazione professionale Canossa di Brescia, anche lui tra i promotori dell’iniziativa pro Gaza – Non possiamo più rimandare. Per questo chiediamo che si indica uno sciopero unitario della scuola, ma capace di coinvolgere anche studenti e famiglie, con lo scopo di fare pressione sul governo affinché interrompa le relazioni militari e commerciali con lo Stato di Israele”. E aggiunge: “Di iniziative in questo periodo ce ne sono parecchie, ma spesso quelle legate al mondo della scuola sono scollegate tra loro. Il nostro obiettivo è dare a questi progetti la giusta visibilità e far uscire queste progettualità dalla scuola per coinvolgere unitariamente tutte le istituzioni”.

    Per questo i promotori della mobilitazione hanno scritto, tre giorni fa in occasione della loro prima assemblea che si è tenuta aula magna dell’Itis Castelli di Brescia, una lettera che spediranno a presidente della Repubblica, governo, Parlamento, sindacati e uffici scolastici territoriali. Nel documento, una sorta di manifesto programmatico che ci si aspetta verrà sottoscritto da migliaia di persone. Si chiede, tra le altre cose, che il governo cessi immediatamente l’invio di armi verso Israele e ogni forma di collaborazione militare con Tel Aviv, che si assuma una posizione di ferma condanna verso i crimini di guerra e contro l’umanità commessi, che si sospenda ogni forma di collaborazione politica ed economica fino a quando non si porrà fine al genocidio in corso e all’occupazione dei territori palestinesi, l’immediato riconoscimento da parte dell’Italia dello Stato di Palestina (come già hanno fatto altri 143 Stati) per affermare un diritto universale e inalienabile, ossia il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese.

    In vista dell’avvio dell’anno scolastico e dei primi collegi-docenti, Girelli Carasi spiega che la community sta pensando a un evento di sensibilizzazione per il primo giorno di scuola. Inoltre, i promotori hanno chiesto al ministero dell’Istruzione di inserire nella normale programmazione didattica spazi e momenti di educazione alla pace e alla non violenza, oltre ad approfondimenti storici su sionismo e anti-semitismo. Argomenti che andranno tarati per tipologia di scuola e utenza. Vi è anche l’idea di suggerire ai ragazzi di intrattenere una corrispondenza epistolare con studenti gazawi e per i bimbi più piccoli la possibilità di avere accanto a loro, in un forte legame ideale, uno degli oltre 18mila bambini uccisi dal 7 ottobre 2023.

    “Il primo settembre riprenderò la scuola – racconta ancora De Rocco – e non posso immaginare di iniziare così, come se niente fosse, di partecipare al primo collegio docenti come fosse routine e poi ritrovare i miei alunni allegri, fiduciosi e giocosi, come dovrebbero essere tutti i bambini del mondo, senza pensare ai bambini di Gaza. Io non posso iniziare facendo finta di niente, non ce la faccio”.

    Le maestre si occupano dei bambini, della loro cura, cercando di trasmettere loro valori e speranze e dunque “come è possibile dedicarsi a tutto ciò – si legge ancora nel documento programmatico – sapendo che ci sono bambini e famiglie che vengo intenzionalmente uccise, lasciate morire di fame e di sete, sapendo che il nostro Paese è complice di simili atrocità?”.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/08/29/insegnanti-mobilitazione-gaza-stop-armi-notizie/8107979/
    QUESTA MI SEMBRA un'OTTIMA INIZIATIVA! FORZA ADERIAMO IN CENTINAIA di MIGLIAIA! Oltre mille insegnanti italiani si mobilitano contro il genocidio a Gaza Da un gruppo WhatsApp nato a Brescia a un movimento nazionale: docenti uniti per sensibilizzare sul conflitto a Gaza e chiedere lo stop alle armi. “Sentiamo l’esigenza di fare qualcosa - raccontano - Per questo chiediamo che si indica uno sciopero unitario della scuola, ma capace di coinvolgere anche studenti e famiglie, con lo scopo di fare pressione sul governo affinché interrompa le relazioni militari e commerciali con lo Stato di Israele” Più di mille insegnanti si mobilitano per Gaza: “Servono progetti per sensibilizzare i nostri bambini” Mobilitazione del mondo della scuola per alzare la voce e dire no al genocidio in corso nella Striscia di Gaza ad opera del governo israeliano. Una iniziativa, nata quasi per caso, spontaneamente, pochi giorni fa a Brescia e che oggi sta coinvolgendo istituti scolastici di tutta Italia, dalla Lombardia alla Sicilia, dall’Alto Adige alla Toscana. Un gruppo WhatsApp che oggi ha raggiunto una dimensione nazionale e che conta oltre mille iscritti tra insegnanti, educatori e operatori che lavorano nell’universo scolastico, dall’asilo nido fino all’università. “Un paio di settimane fa – racconta a ilfattoquotidiano.it Emanuela De Rocco, una delle promotrici della mobilitazione che insegna alla scuola primaria Torricella di Brescia – ho scritto un messaggio sul gruppo ‘Coordinamento bresciano contro la guerra per la pace e il disarmo’. Non potevo immaginare di riprendere la scuola facendo finta di niente. Mi sono chiesta, angosciata e impotente, se fosse possibile trovarsi e condividere questi pensieri, oltre che muovere i sindacati avendo l’impressione che le istituzioni stiano facendo ben poco”. Subito ha risposto Sara Girelli Carasi, insegnante della scuola media Pascoli di Brescia, che ha lanciato l’idea di creare una community di cui ora fanno parte, mentre scriviamo, 1.050 membri. “Sentiamo l’esigenza di fare qualcosa – ha detto invece Fernando Scarlata, docente del centro di formazione professionale Canossa di Brescia, anche lui tra i promotori dell’iniziativa pro Gaza – Non possiamo più rimandare. Per questo chiediamo che si indica uno sciopero unitario della scuola, ma capace di coinvolgere anche studenti e famiglie, con lo scopo di fare pressione sul governo affinché interrompa le relazioni militari e commerciali con lo Stato di Israele”. E aggiunge: “Di iniziative in questo periodo ce ne sono parecchie, ma spesso quelle legate al mondo della scuola sono scollegate tra loro. Il nostro obiettivo è dare a questi progetti la giusta visibilità e far uscire queste progettualità dalla scuola per coinvolgere unitariamente tutte le istituzioni”. Per questo i promotori della mobilitazione hanno scritto, tre giorni fa in occasione della loro prima assemblea che si è tenuta aula magna dell’Itis Castelli di Brescia, una lettera che spediranno a presidente della Repubblica, governo, Parlamento, sindacati e uffici scolastici territoriali. Nel documento, una sorta di manifesto programmatico che ci si aspetta verrà sottoscritto da migliaia di persone. Si chiede, tra le altre cose, che il governo cessi immediatamente l’invio di armi verso Israele e ogni forma di collaborazione militare con Tel Aviv, che si assuma una posizione di ferma condanna verso i crimini di guerra e contro l’umanità commessi, che si sospenda ogni forma di collaborazione politica ed economica fino a quando non si porrà fine al genocidio in corso e all’occupazione dei territori palestinesi, l’immediato riconoscimento da parte dell’Italia dello Stato di Palestina (come già hanno fatto altri 143 Stati) per affermare un diritto universale e inalienabile, ossia il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. In vista dell’avvio dell’anno scolastico e dei primi collegi-docenti, Girelli Carasi spiega che la community sta pensando a un evento di sensibilizzazione per il primo giorno di scuola. Inoltre, i promotori hanno chiesto al ministero dell’Istruzione di inserire nella normale programmazione didattica spazi e momenti di educazione alla pace e alla non violenza, oltre ad approfondimenti storici su sionismo e anti-semitismo. Argomenti che andranno tarati per tipologia di scuola e utenza. Vi è anche l’idea di suggerire ai ragazzi di intrattenere una corrispondenza epistolare con studenti gazawi e per i bimbi più piccoli la possibilità di avere accanto a loro, in un forte legame ideale, uno degli oltre 18mila bambini uccisi dal 7 ottobre 2023. “Il primo settembre riprenderò la scuola – racconta ancora De Rocco – e non posso immaginare di iniziare così, come se niente fosse, di partecipare al primo collegio docenti come fosse routine e poi ritrovare i miei alunni allegri, fiduciosi e giocosi, come dovrebbero essere tutti i bambini del mondo, senza pensare ai bambini di Gaza. Io non posso iniziare facendo finta di niente, non ce la faccio”. Le maestre si occupano dei bambini, della loro cura, cercando di trasmettere loro valori e speranze e dunque “come è possibile dedicarsi a tutto ciò – si legge ancora nel documento programmatico – sapendo che ci sono bambini e famiglie che vengo intenzionalmente uccise, lasciate morire di fame e di sete, sapendo che il nostro Paese è complice di simili atrocità?”. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/08/29/insegnanti-mobilitazione-gaza-stop-armi-notizie/8107979/
    WWW.ILFATTOQUOTIDIANO.IT
    Oltre mille insegnanti italiani si mobilitano contro il genocidio a Gaza
    Da un gruppo WhatsApp nato a Brescia a un movimento nazionale: docenti uniti per sensibilizzare sul conflitto a Gaza e chiedere lo stop alle armi
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  • SARABANDA COMUNALE: promesse, slogan e altre illusioni estive


    Sarebbero da citare vecchi romanzi  francesi per parafrasare quest’estate milanese: una farsa tragicomica, un "feuilleton" di decadenza politica che si ostina a travestirsi da successo amministrativo.

    A pochi giorni dal disastro di Cementopoli 2.0 – serie tv low budget durata meno di un weekend – eccoci servita una nuova puntata della fiction estiva del Comune: l’assestamento di bilancio, approvato lunedì 28 luglio.

    Ebbene sì, gente: ci risiamo. Ho vissuto questo rito già cinque volte da consigliere. Cinque. Sempre lo stesso copione: una sfilza di promesse sventolate come bandierine arcobaleno su una città in apnea, solo per gettare un po’ di fumo negli occhi e rianimare una tifoseria piddina sempre più stordita, sempre meno colpevole ma eternamente complice.

    Questa è la vera SARABANDA delle promesse comunali™: un festival del “faremo”, un circo di numeri lanciati come coriandoli per far sembrare movimento dove c’è solo stallo.

    Ma noi non siamo più quelli dei “forse ci crediamo”. Siamo quelli del “stavolta non ci freghi”.

    Ecco il piatto forte della casa:

    +19 milioni € per i dipendenti comunali e le cooperative sociali. (Sacrosanto. Solita manfrina post-scioperi. Ed altrettanto rivedibile. Ne riparliamo fra qualche mese con i soggetti coinvolti e sondiamo gli umori.)

    +59 milioni € per il trasporto pubblico locale. (Domanda da un milione di corse: miglioreranno i mezzi e la copertura di servizio e la frequenza delle corse ? Questa si che è una semi-missione impossibile)

    +25 milioni € per le politiche sociali. (La voce storicamente più pompata a livello mediatico. Ma quando andiamo a leggere le voci di spesa... metà si dissolve in progettini una tantum. Il sociale non può essere un parcheggio di buone intenzioni)

    +21 milioni € per la manutenzione delle case popolari. (Davvero? Venite a farvi un giro nei condomini gestiti da MM in via Bolla, Gratosoglio, San Siro. Ascensori rotti da mesi, muffa ovunque, amianto e topi. Queste sono le "case" di cui parlate?)

    +30 milioni € per le strade. (Qualche toppa d'asfalto qua e là tra un cantiere infinito e l’altro?)

    +15,8 milioni € per cultura ed educazione. (Aumento degno di nota... ma a chi andrà?  Ai soliti eventi “instagrammabili” da tre giorni e via? Davvero? E comunque lo stanziamento va ridistribuito su 9 Municipalità. Se saltano fuori i soldi per una festa di via è già un successo)

    E poi il gran finale:

    Programma “Zero Sfitti” (che sa di "Zero Impatto", ma ok), il salvataggio del complesso storico in viale Lombardia 65, e la resurrezione promessa del Centro Carraro al Gratosoglio (2026, se vi va bene). Tutto bello. Tutto sulla carta però al momento.




    Ma alla romana: "Ma chi ve crede?!"

    Perché, cari miei, il vero bilancio si fa con la realtà, non con i titoli da conferenza stampa. Non bastano gli “stanziamenti”, serve l’ascolto dei territori, serve progettazione vera, serve che dietro ai numeri ci siano azioni concrete e non solo determine fatte per rattoppare il dissenso.

    Sparano alto, ma noi non siamo qui per contarci le slide. Siamo qui per dire che il cambiamento non passa dai selfie ma dalla partecipazione vera.
    Dai cittadini che portano proposte, dai territori che pretendono risposte.

    E allora mi domando: lo vogliamo colmare questo abisso tra il dire e il fare?

    Oppure continuiamo a guardare la sarabanda da fuori, come spettatori stanchi?

    Fine primo atto. Ma il secondo lo scriviamo noi.



    #MilanoNonCiSta #BilancioFuffa #SarabandaComunale #PromesseAMemoriaCorta #PartecipazioneReale #Cementopoli #PoliticaCheIllude #NumeriDaCirco #Milano2025 #ZeroFiducia
    🎪 SARABANDA COMUNALE: promesse, slogan e altre illusioni estive 🌞📉 Sarebbero da citare vecchi romanzi  francesi per parafrasare quest’estate milanese: una farsa tragicomica, un "feuilleton" di decadenza politica che si ostina a travestirsi da successo amministrativo. A pochi giorni dal disastro di Cementopoli 2.0 – serie tv low budget durata meno di un weekend – eccoci servita una nuova puntata della fiction estiva del Comune: l’assestamento di bilancio, approvato lunedì 28 luglio. 🙃 Ebbene sì, gente: ci risiamo. Ho vissuto questo rito già cinque volte da consigliere. Cinque. Sempre lo stesso copione: una sfilza di promesse sventolate come bandierine arcobaleno su una città in apnea, solo per gettare un po’ di fumo negli occhi e rianimare una tifoseria piddina sempre più stordita, sempre meno colpevole ma eternamente complice. 🤡 Questa è la vera SARABANDA delle promesse comunali™: un festival del “faremo”, un circo di numeri lanciati come coriandoli per far sembrare movimento dove c’è solo stallo. Ma noi non siamo più quelli dei “forse ci crediamo”. Siamo quelli del “stavolta non ci freghi”. 🧠 Ecco il piatto forte della casa: 🍽️ +19 milioni € per i dipendenti comunali e le cooperative sociali. (Sacrosanto. Solita manfrina post-scioperi. Ed altrettanto rivedibile. Ne riparliamo fra qualche mese con i soggetti coinvolti e sondiamo gli umori.) 🚎 +59 milioni € per il trasporto pubblico locale. (Domanda da un milione di corse: miglioreranno i mezzi e la copertura di servizio e la frequenza delle corse ? Questa si che è una semi-missione impossibile) 🏘️ +25 milioni € per le politiche sociali. (La voce storicamente più pompata a livello mediatico. Ma quando andiamo a leggere le voci di spesa... metà si dissolve in progettini una tantum. Il sociale non può essere un parcheggio di buone intenzioni) 🔧 +21 milioni € per la manutenzione delle case popolari. (Davvero? Venite a farvi un giro nei condomini gestiti da MM in via Bolla, Gratosoglio, San Siro. Ascensori rotti da mesi, muffa ovunque, amianto e topi. Queste sono le "case" di cui parlate?) 🛣️ +30 milioni € per le strade. (Qualche toppa d'asfalto qua e là tra un cantiere infinito e l’altro?) 🎭 +15,8 milioni € per cultura ed educazione. (Aumento degno di nota... ma a chi andrà?  Ai soliti eventi “instagrammabili” da tre giorni e via? Davvero? E comunque lo stanziamento va ridistribuito su 9 Municipalità. Se saltano fuori i soldi per una festa di via è già un successo) E poi il gran finale: 🏠 Programma “Zero Sfitti” (che sa di "Zero Impatto", ma ok), il salvataggio del complesso storico in viale Lombardia 65, e la resurrezione promessa del Centro Carraro al Gratosoglio (2026, se vi va bene). Tutto bello. Tutto sulla carta però al momento. 📄 Ma alla romana: "Ma chi ve crede?!" Perché, cari miei, il vero bilancio si fa con la realtà, non con i titoli da conferenza stampa. Non bastano gli “stanziamenti”, serve l’ascolto dei territori, serve progettazione vera, serve che dietro ai numeri ci siano azioni concrete e non solo determine fatte per rattoppare il dissenso. Sparano alto, ma noi non siamo qui per contarci le slide. Siamo qui per dire che il cambiamento non passa dai selfie ma dalla partecipazione vera. 👉Dai cittadini che portano proposte, dai territori che pretendono risposte. 📢 E allora mi domando: lo vogliamo colmare questo abisso tra il dire e il fare? Oppure continuiamo a guardare la sarabanda da fuori, come spettatori stanchi? 🎭 Fine primo atto. Ma il secondo lo scriviamo noi. #MilanoNonCiSta #BilancioFuffa #SarabandaComunale #PromesseAMemoriaCorta #PartecipazioneReale #Cementopoli #PoliticaCheIllude #NumeriDaCirco #Milano2025 #ZeroFiducia
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  • AL VIA IL PRIMO PROCESSO!
    Park Towers: rinviati a giudizio sei imputati per il caso urbanistico milanese
    Immobiliarista, progettista e tre funzionari comunali a processo per abuso edilizio e lottizzazione abusiva nel progetto delle tre torri...

    È già tempo di processo per la prima delle inchieste sull’urbanistica di Milano. La giudice per le indagini preliminari di Milano, Alessandra Di Fazio, ha disposto il rinvio a giudizio per i sei imputati sul caso delle Park Towers, il progetto di tre torri per 113 appartamenti, in zona Crescenzago a Milano, finito al centro di uno dei filoni delle indagini sulla gestione urbanistica per accuse di abuso edilizio, lottizzazione abusiva e falso. Vanno a processo l’immobiliarista Andrea Bezziccheri di Bluestone, il progettista Sergio Francesco Maria Asti, tre ex dirigenti e funzionari dello Sportello Unico Edilizia del Comune, Carla Barone, Francesco Rosata e Maurizio De Luca, e Roberto Vederio, rappresentante legale della Devero Costruzioni. Le indagini erano state chiuse nel gennaio del 2024.
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    Gli inquirenti avevano chiesto il sequestro preventivo del cantiere (quasi ultimato), ma il giudice per le indagini preliminari, pur respingendola, aveva riconosciuto “la piena fondatezza dell’impianto accusatorio e la sussistenza dei reati di abuso edilizio e lottizzazione abusiva, contestati a tutti gli indagati”. Il gip aveva respinto il sequestro rilevando la “sproporzione di tale rimedio giuridico in relazione allo stato troppo avanzato dei lavori (ormai quasi ultimati)”

    Il magistrati aveva sottolineato nel provvedimento come la giurisprudenza di Corte Costituzionale, Consiglio di Stato e Corte di Cassazione fosse “concorde e univoca” nel ritenere la pianificazione urbanistica un obbligo imprescindibile della Pubblica amministrazione e un diritto della popolazione, e che pertanto costruzioni impattanti (per via dei nuovi carichi urbanistici che creano), come quella di specie, non possono essere realizzate in assenza di un previo ‘piano attuativo’, di un piano urbanistico cioè che assicuri il raccordo con l’edificato preesistente e il necessario ridimensionamento dei servizi nell’intera zona (che comporta il coinvolgimento procedurale degli organi comunali e della popolazione)”.

    Per il gip l’insediamento di via Crescenzago, a causa delle gravose dimensioni, del numero di abitanti cui è destinato (almeno 321) e della necessità del previo piano attuativo, “non poteva essere qualificato come ristrutturazione edilizia né essere realizzato a mezzo Scia, in sostituzione di un permesso”. Per il giudice, in particolare, “la determina dirigenziale del Comune numero 65 del 2018 sulla Scia edilizia (a firma dei dirigenti) e la circolare numero 1 del luglio 2023 contrastano con tutte le chiare interpretazioni giurisprudenziali secondo cui il principio di corretta pianificazione urbanistica afferisce a norme di legge fondamentali, poste a tutela di fondamentali diritti delle persone”.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/07/23/park-towers-a-processo-i-sei-imputati-limmobiliarista-il-progettista-e-tre-funzionari-del-comune-di-milano/8071218/
    AL VIA IL PRIMO PROCESSO! Park Towers: rinviati a giudizio sei imputati per il caso urbanistico milanese Immobiliarista, progettista e tre funzionari comunali a processo per abuso edilizio e lottizzazione abusiva nel progetto delle tre torri... È già tempo di processo per la prima delle inchieste sull’urbanistica di Milano. La giudice per le indagini preliminari di Milano, Alessandra Di Fazio, ha disposto il rinvio a giudizio per i sei imputati sul caso delle Park Towers, il progetto di tre torri per 113 appartamenti, in zona Crescenzago a Milano, finito al centro di uno dei filoni delle indagini sulla gestione urbanistica per accuse di abuso edilizio, lottizzazione abusiva e falso. Vanno a processo l’immobiliarista Andrea Bezziccheri di Bluestone, il progettista Sergio Francesco Maria Asti, tre ex dirigenti e funzionari dello Sportello Unico Edilizia del Comune, Carla Barone, Francesco Rosata e Maurizio De Luca, e Roberto Vederio, rappresentante legale della Devero Costruzioni. Le indagini erano state chiuse nel gennaio del 2024. PUBBLICITÀ Leggi Anche Il piano regolatore “ombra” di Milano costruito grazie agli “incarichi” delle grandi imprese agli architetti del Comune Il piano regolatore “ombra” di Milano costruito grazie agli “incarichi” delle grandi imprese agli architetti del Comune Leggi articolo Gli inquirenti avevano chiesto il sequestro preventivo del cantiere (quasi ultimato), ma il giudice per le indagini preliminari, pur respingendola, aveva riconosciuto “la piena fondatezza dell’impianto accusatorio e la sussistenza dei reati di abuso edilizio e lottizzazione abusiva, contestati a tutti gli indagati”. Il gip aveva respinto il sequestro rilevando la “sproporzione di tale rimedio giuridico in relazione allo stato troppo avanzato dei lavori (ormai quasi ultimati)” Il magistrati aveva sottolineato nel provvedimento come la giurisprudenza di Corte Costituzionale, Consiglio di Stato e Corte di Cassazione fosse “concorde e univoca” nel ritenere la pianificazione urbanistica un obbligo imprescindibile della Pubblica amministrazione e un diritto della popolazione, e che pertanto costruzioni impattanti (per via dei nuovi carichi urbanistici che creano), come quella di specie, non possono essere realizzate in assenza di un previo ‘piano attuativo’, di un piano urbanistico cioè che assicuri il raccordo con l’edificato preesistente e il necessario ridimensionamento dei servizi nell’intera zona (che comporta il coinvolgimento procedurale degli organi comunali e della popolazione)”. Per il gip l’insediamento di via Crescenzago, a causa delle gravose dimensioni, del numero di abitanti cui è destinato (almeno 321) e della necessità del previo piano attuativo, “non poteva essere qualificato come ristrutturazione edilizia né essere realizzato a mezzo Scia, in sostituzione di un permesso”. Per il giudice, in particolare, “la determina dirigenziale del Comune numero 65 del 2018 sulla Scia edilizia (a firma dei dirigenti) e la circolare numero 1 del luglio 2023 contrastano con tutte le chiare interpretazioni giurisprudenziali secondo cui il principio di corretta pianificazione urbanistica afferisce a norme di legge fondamentali, poste a tutela di fondamentali diritti delle persone”. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/07/23/park-towers-a-processo-i-sei-imputati-limmobiliarista-il-progettista-e-tre-funzionari-del-comune-di-milano/8071218/
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  • IL BIVIO È ADESSO

    Amici e amiche,
    stiamo assistendo in questi giorni a un caso giudiziario che potrebbe rappresentare molto più di uno scandalo. Potrebbe essere il bivio storico per Milano.
    Da una parte c’è chi spera nello "scoperchiamento del vaso di Pandora", dall’altra chi già teme – o si augura – che tutto finisca in quel tipico “grande boh” milanese. Tradotto: nulla di fatto, come accadde dopo Expo 2015, quando la città si prese uno schiaffo giuridico condito da assoluzioni e pernacchie.

    Ma oggi, lasciatemelo dire, il clima è diverso. E forse persino più incerto.

    Stiamo tutti aspettando le parole del Sindaco Sala in aula lunedì 21 luglio, ma il centro del discorso non può e non deve essere la solita gara a chi spara il colpo più duro. Non si tratta di delegittimare con nuove invettive o rincorrere il titolo più roboante.
    Tutto questo lo conosciamo già. E sappiamo anche che potrebbe concludersi, come spesso accade, in un buco nell'acqua per chi non è attivista, per chi vive Milano senza partecipare.

    Nel frattempo, si è aperta la solita danza delle ipocrisie politiche.
    Il centrodestra, da sempre vicino agli affari col centrosinistra quando c’era da spartirsi opportunità, oggi alza la voce. Chiede la testa del Sindaco, come se non fosse stato “compagno di merende” nel sostegno alle Olimpiadi invernali e ad altri progetti di potere condiviso.

    Così, tra un centrodestra ambivalente e un centrosinistra frantumato in mille sensibilità e rivoli ideologici, chi ne paga il prezzo è sempre e solo la cittadinanza attiva.
    Quella vera. Quella che ha già dato tanto e ricevuto troppo poco.

    Allora la vera domanda oggi è:
    Che cosa vogliamo fare noi?
    Che cosa vogliamo scegliere davanti a un’estate che rischia di passare, ancora una volta, tra indignazione passeggera, una manifestazione sotto il sole e un ritorno alla vita di sempre… fino al prossimo scandalo?

    Per questo ho scritto, giorni fa, “Se non ora, quando?”.
    E oggi torno con forza a dire: non è una battaglia tra opposti politici.
    Non è una sfida tra destra e sinistra.
    La vera battaglia è psicologica. Ed è nostra.

    Perché il problema non è scegliere il male minore.
    Il problema è che non vogliamo più scegliere affatto.
    Per paura. Per stanchezza. Per cinismo.
    Perché crediamo che la politica sia solo di chi comanda, e non di chi vive.

    Eppure, non possiamo più permetterci di restare immobili.

    O decidiamo di aprire un fronte comune, per scrivere insieme un programma vero per la città – fatto di lavoro, servizi, cultura, spazi pubblici, trasparenza –
    oppure restiamo nel solito loop:
    scandalo → indignazione → corteo → commenti → silenzio → nuovo scandalo.

    È un copione che conosciamo. E non possiamo più accettarlo.

    Non è questione di ideologie. È questione di decidere se vogliamo ancora partecipare o se preferiamo vivere da spettatori, lamentandoci del palcoscenico.

    Non è il momento dei “troppo occupati”.
    Non è il momento degli “io ve l’avevo detto”.
    Non è nemmeno il momento dei “meglio restare fuori, tanto non serve a niente”.

    Non serve fare gli splendidi. Non serve fare gli schizzinosi.
    E soprattutto, non serve aspettare che qualcun altro si muova al posto nostro.

    Non è un “armiamoci e partite”.
    È un “rigiochiamocela”. È un “riproviamoci”.
    È un “usciamo dal loop”.

    Io ci sono. E vi aspetto.

    #MilanoCambia
    #Riproviamoci
    #OltreIlLoop
    #MilanoCivica
    #PartecipazioneAttiva
    #RinascitaPolitica
    #Rigiochiamocela
    #IlBivioÈOra
    #ControLaRassegnazione
    #milanoèditutti
    ⚖️ IL BIVIO È ADESSO⏳ Amici e amiche, stiamo assistendo in questi giorni a un caso giudiziario che potrebbe rappresentare molto più di uno scandalo. Potrebbe essere il bivio storico per Milano. Da una parte c’è chi spera nello "scoperchiamento del vaso di Pandora", dall’altra chi già teme – o si augura – che tutto finisca in quel tipico “grande boh” milanese. Tradotto: nulla di fatto, come accadde dopo Expo 2015, quando la città si prese uno schiaffo giuridico condito da assoluzioni e pernacchie. Ma oggi, lasciatemelo dire, il clima è diverso. E forse persino più incerto. Stiamo tutti aspettando le parole del Sindaco Sala in aula lunedì 21 luglio, ma il centro del discorso non può e non deve essere la solita gara a chi spara il colpo più duro. Non si tratta di delegittimare con nuove invettive o rincorrere il titolo più roboante. Tutto questo lo conosciamo già. E sappiamo anche che potrebbe concludersi, come spesso accade, in un buco nell'acqua per chi non è attivista, per chi vive Milano senza partecipare. Nel frattempo, si è aperta la solita danza delle ipocrisie politiche. Il centrodestra, da sempre vicino agli affari col centrosinistra quando c’era da spartirsi opportunità, oggi alza la voce. Chiede la testa del Sindaco, come se non fosse stato “compagno di merende” nel sostegno alle Olimpiadi invernali e ad altri progetti di potere condiviso. Così, tra un centrodestra ambivalente e un centrosinistra frantumato in mille sensibilità e rivoli ideologici, chi ne paga il prezzo è sempre e solo la cittadinanza attiva. Quella vera. Quella che ha già dato tanto e ricevuto troppo poco. Allora la vera domanda oggi è: Che cosa vogliamo fare noi? Che cosa vogliamo scegliere davanti a un’estate che rischia di passare, ancora una volta, tra indignazione passeggera, una manifestazione sotto il sole e un ritorno alla vita di sempre… fino al prossimo scandalo? Per questo ho scritto, giorni fa, “Se non ora, quando?”. E oggi torno con forza a dire: non è una battaglia tra opposti politici. Non è una sfida tra destra e sinistra. La vera battaglia è psicologica. Ed è nostra. Perché il problema non è scegliere il male minore. Il problema è che non vogliamo più scegliere affatto. Per paura. Per stanchezza. Per cinismo. Perché crediamo che la politica sia solo di chi comanda, e non di chi vive. Eppure, non possiamo più permetterci di restare immobili. O decidiamo di aprire un fronte comune, per scrivere insieme un programma vero per la città – fatto di lavoro, servizi, cultura, spazi pubblici, trasparenza – oppure restiamo nel solito loop: scandalo → indignazione → corteo → commenti → silenzio → nuovo scandalo. È un copione che conosciamo. E non possiamo più accettarlo. Non è questione di ideologie. È questione di decidere se vogliamo ancora partecipare o se preferiamo vivere da spettatori, lamentandoci del palcoscenico. Non è il momento dei “troppo occupati”. Non è il momento degli “io ve l’avevo detto”. Non è nemmeno il momento dei “meglio restare fuori, tanto non serve a niente”. Non serve fare gli splendidi. Non serve fare gli schizzinosi. E soprattutto, non serve aspettare che qualcun altro si muova al posto nostro. Non è un “armiamoci e partite”. È un “rigiochiamocela”. È un “riproviamoci”. È un “usciamo dal loop”. Io ci sono. E vi aspetto. #MilanoCambia #Riproviamoci #OltreIlLoop #MilanoCivica #PartecipazioneAttiva #RinascitaPolitica #Rigiochiamocela #IlBivioÈOra #ControLaRassegnazione #milanoèditutti
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  • NON MI E' MAI PIACIUTO. IL PEGGIOR SINDACO CHE MILANO ABBIA MAI AVUTO!
    NON LO RIMPIAGEREMO!
    Indagato il sindaco Sala nelle inchieste sull'urbanistica a Milano
    Il primo cittadino coinvolto per dichiarazioni false e induzione indebita in relazione a nomine e progetti immobiliari...

    Anche il sindaco di Milano, Beppe Sala, è indagato nell’ambito delle inchieste sull’urbanistica per le quali i pm hanno chiesto sei arresti: lo scrivono Corriere della Sera, La Repubblica e La Stampa.

    Le ipotesi di reato, riportano i quotidiani, sono di false dichiarazioni su qualità proprie o di altre persone relativamente alla nomina del presidente della Commissione per il paesaggio del Comune, Giuseppe Marinoni, e di induzione indebita a dare o a promettere utilità intorno al progetto del ‘Pirellino’ dell’architetto Stefano Boeri e dell’imprenditore Manfredi Catella, presidente del gruppo Coima.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/07/17/sala-indagato-urbanistica-milano-news/8064263/
    NON MI E' MAI PIACIUTO. IL PEGGIOR SINDACO CHE MILANO ABBIA MAI AVUTO! NON LO RIMPIAGEREMO! Indagato il sindaco Sala nelle inchieste sull'urbanistica a Milano Il primo cittadino coinvolto per dichiarazioni false e induzione indebita in relazione a nomine e progetti immobiliari... Anche il sindaco di Milano, Beppe Sala, è indagato nell’ambito delle inchieste sull’urbanistica per le quali i pm hanno chiesto sei arresti: lo scrivono Corriere della Sera, La Repubblica e La Stampa. Le ipotesi di reato, riportano i quotidiani, sono di false dichiarazioni su qualità proprie o di altre persone relativamente alla nomina del presidente della Commissione per il paesaggio del Comune, Giuseppe Marinoni, e di induzione indebita a dare o a promettere utilità intorno al progetto del ‘Pirellino’ dell’architetto Stefano Boeri e dell’imprenditore Manfredi Catella, presidente del gruppo Coima. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/07/17/sala-indagato-urbanistica-milano-news/8064263/
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