• NO OTHER LAND
    *Prima visione 15/11 - Rai3*

    Lasciamo che sia il cinema – quello che non ha paura di sporcare la pellicola con la realtà – a parlare per noi. Per una sera abbassiamo il volume delle polemiche, sospendiamo slogan e contrapposizioni, e concediamoci il tempo necessario per guardare dritto negli occhi una storia che non appartiene “a loro”, ma a tutti noi.

    “NO OTHER LAND” è molto più di un documentario: è un atto di resistenza visiva. Un film nato da cinque anni di registrazioni sul campo, dal 2019 al 2024, durante i quali l’attivista palestinese Basel Adra ha filmato, abitazione dopo abitazione, la progressiva demolizione delle case considerate “abusive” dal governo israeliano. Un lavoro che diventa ancora più potente nell’incontro con lo sguardo del giornalista israeliano Yuval Abraham, e con quello dei co-registi Hamdan Ballal e Rachel Szor.

    Quattro voci, quattro sensibilità, quattro sguardi che si intrecciano in un’opera che non cerca il sensazionalismo ma la verità, anche quando è scomoda, anche quando fa male. Un racconto duro, necessario, che mostra la violenza e la resistenza ma anche una rara e fragile possibilità di alleanza umana oltre le divisioni storiche e politiche.

    Un merito enorme a questo gruppo di autori che dimostra – con un film e non con proclami – che l’arte può davvero diventare un terreno comune, un ponte reale in un paesaggio di muri.

    Sostenuto da Amnesty International nella distribuzione e accompagnato da Medici Senza Frontiere, “No Other Land” ci consegna immagini che restano impresse come cicatrici, e parole che aprono spiragli. Un'opera che non pretende di dare risposte, ma ci invita con forza a non distogliere lo sguardo.


    SABATO 15 NOVEMBRE – ORE 21:20 – RAI 3 (prima visione)


    E allora sì: questa sera non dobbiamo mancare. Perché certe storie non si guardano soltanto — si attraversano insieme.


    #NoOtherLand #Documentario #DirittiUmani #Rai3 #Attivismo #CinemaDelReale #Palestina #Israele
    🎬NO OTHER LAND🎬 *Prima visione 15/11 - Rai3* Lasciamo che sia il cinema – quello che non ha paura di sporcare la pellicola con la realtà – a parlare per noi. Per una sera abbassiamo il volume delle polemiche, sospendiamo slogan e contrapposizioni, e concediamoci il tempo necessario per guardare dritto negli occhi una storia che non appartiene “a loro”, ma a tutti noi. “NO OTHER LAND” è molto più di un documentario: è un atto di resistenza visiva. Un film nato da cinque anni di registrazioni sul campo, dal 2019 al 2024, durante i quali l’attivista palestinese Basel Adra ha filmato, abitazione dopo abitazione, la progressiva demolizione delle case considerate “abusive” dal governo israeliano. Un lavoro che diventa ancora più potente nell’incontro con lo sguardo del giornalista israeliano Yuval Abraham, e con quello dei co-registi Hamdan Ballal e Rachel Szor. Quattro voci, quattro sensibilità, quattro sguardi che si intrecciano in un’opera che non cerca il sensazionalismo ma la verità, anche quando è scomoda, anche quando fa male. Un racconto duro, necessario, che mostra la violenza e la resistenza ma anche una rara e fragile possibilità di alleanza umana oltre le divisioni storiche e politiche. Un merito enorme a questo gruppo di autori che dimostra – con un film e non con proclami – che l’arte può davvero diventare un terreno comune, un ponte reale in un paesaggio di muri. Sostenuto da Amnesty International nella distribuzione e accompagnato da Medici Senza Frontiere, “No Other Land” ci consegna immagini che restano impresse come cicatrici, e parole che aprono spiragli. Un'opera che non pretende di dare risposte, ma ci invita con forza a non distogliere lo sguardo. 📌 📺 SABATO 15 NOVEMBRE – ORE 21:20 – RAI 3 (prima visione) E allora sì: questa sera non dobbiamo mancare. Perché certe storie non si guardano soltanto — si attraversano insieme. #NoOtherLand #Documentario #DirittiUmani #Rai3 #Attivismo #CinemaDelReale #Palestina #Israele
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  • LA SECONDA MORTE

    Una perdita umana è il pensiero ricorrente, la ferita più profonda e l’ossessione che accompagna ogni conflitto. Nulla da obiettare.
    Eppure, esiste una ferita ancora più silenziosa e nascosta, perché raramente percepita nella sua interezza. È la ferita della cancellazione.

    Un conflitto non porta con sé soltanto morti e dolore: diventa sinonimo di “annullamento”, di rimozione totale della memoria, della storia, dell’identità stessa di un popolo. Come se la sua cultura non avesse mai avuto diritto di esistere. Come se le sue pietre, le sue strade, i suoi teatri e le sue biblioteche non avessero mai parlato.

    Dal 2022 abbiamo pianto la distruzione del teatro di Odessa, simbolo di arte e bellezza in tempo di guerra. Ebbene, oggi lo stesso copione si ripete nella Gaza che non riconosce più se stessa, dove è difficile persino trovare qualcosa da salvare, se non la tenacia di chi, ancora, sopravvive fra le macerie.
    E sia chiaro: nessun edificio, nessuna chiesa, nessun archivio potrà mai valere quanto una vita umana.
    Ma distruggere i luoghi della memoria significa anche questo: lasciare che la verità di un popolo venga raccontata da altri.
    Da un sistema mediatico e storiografico che non può garantire il sacrosanto principio di imparzialità.

    Ci resta allora solo l’immaginazione.
    Immaginare ciò che non esiste più — o che forse tornerà a vivere, ma secondo i canoni della speculazione e dei progetti di chi costruirà nuovi viadotti, resort, infrastrutture che nulla hanno a che vedere con la memoria palestinese.

    E non è retorica.
    Secondo il report “All That is Lost” dell’organizzazione PEN America, sono oltre 300 i siti culturali distrutti o gravemente danneggiati a Gaza.
    Fra essi, la casa di Yasser Arafat, trasformata in centro culturale dopo la sua morte, oggi ridotta in rovina.
    Il Centro Culturale Rashad El Shawa, dove negli anni ’90 si discuteva di pace con Bill Clinton, è stato raso al suolo nel novembre 2024.
    E ancora la libreria di Samir Mansour, simbolo di resilienza culturale, e la Moschea Omari, che custodiva 20.000 volumi antichi — oggi polvere.

    Polvere come il pavimento a mosaico della Chiesa bizantina di Jabalia, costruita nel 444 d.C., testimone di secoli di convivenza religiosa e di storia condivisa. Colpita anch’essa, cancellata.

    E così, la cultura scivola via, insieme alla memoria.
    Perché la distruzione del patrimonio artistico non è mai solo un “danno collaterale”: è la seconda morte di un popolo, quella che lo priva della sua voce e del suo diritto di esistere nel racconto della storia.

    Forse, di tutto questo, resteranno solo le parole — e il dovere morale di ricordare che anche le pietre, come gli uomini, sanno gridare.

    #Palestina #MemoriaCulturale #PatrimoniPerduti #LaSecondaMorte #CulturaEDistruzione #Gaza #DirittiUmani #MemoriaStorica #ArteESopravvivenza #StoriaNegata #HumanityInRuins #PeaceThroughCulture
    🕯️ LA SECONDA MORTE Una perdita umana è il pensiero ricorrente, la ferita più profonda e l’ossessione che accompagna ogni conflitto. Nulla da obiettare. Eppure, esiste una ferita ancora più silenziosa e nascosta, perché raramente percepita nella sua interezza. È la ferita della cancellazione. Un conflitto non porta con sé soltanto morti e dolore: diventa sinonimo di “annullamento”, di rimozione totale della memoria, della storia, dell’identità stessa di un popolo. Come se la sua cultura non avesse mai avuto diritto di esistere. Come se le sue pietre, le sue strade, i suoi teatri e le sue biblioteche non avessero mai parlato. Dal 2022 abbiamo pianto la distruzione del teatro di Odessa, simbolo di arte e bellezza in tempo di guerra. Ebbene, oggi lo stesso copione si ripete nella Gaza che non riconosce più se stessa, dove è difficile persino trovare qualcosa da salvare, se non la tenacia di chi, ancora, sopravvive fra le macerie. E sia chiaro: nessun edificio, nessuna chiesa, nessun archivio potrà mai valere quanto una vita umana. 👉 Ma distruggere i luoghi della memoria significa anche questo: lasciare che la verità di un popolo venga raccontata da altri. Da un sistema mediatico e storiografico che non può garantire il sacrosanto principio di imparzialità. Ci resta allora solo l’immaginazione. Immaginare ciò che non esiste più — o che forse tornerà a vivere, ma secondo i canoni della speculazione e dei progetti di chi costruirà nuovi viadotti, resort, infrastrutture che nulla hanno a che vedere con la memoria palestinese. E non è retorica. Secondo il report “All That is Lost” dell’organizzazione PEN America, sono oltre 300 i siti culturali distrutti o gravemente danneggiati a Gaza. Fra essi, la casa di Yasser Arafat, trasformata in centro culturale dopo la sua morte, oggi ridotta in rovina. Il Centro Culturale Rashad El Shawa, dove negli anni ’90 si discuteva di pace con Bill Clinton, è stato raso al suolo nel novembre 2024. E ancora la libreria di Samir Mansour, simbolo di resilienza culturale, e la Moschea Omari, che custodiva 20.000 volumi antichi — oggi polvere. Polvere come il pavimento a mosaico della Chiesa bizantina di Jabalia, costruita nel 444 d.C., testimone di secoli di convivenza religiosa e di storia condivisa. Colpita anch’essa, cancellata. E così, la cultura scivola via, insieme alla memoria. Perché la distruzione del patrimonio artistico non è mai solo un “danno collaterale”: è la seconda morte di un popolo, quella che lo priva della sua voce e del suo diritto di esistere nel racconto della storia. Forse, di tutto questo, resteranno solo le parole — e il dovere morale di ricordare che anche le pietre, come gli uomini, sanno gridare. 🕯️ #Palestina #MemoriaCulturale #PatrimoniPerduti #LaSecondaMorte #CulturaEDistruzione #Gaza #DirittiUmani #MemoriaStorica #ArteESopravvivenza #StoriaNegata #HumanityInRuins #PeaceThroughCulture
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  • Quando ⁦@repubblica⁩ riportava la verità sullo sterminio degli ucraini del #Donbass da parte del governo di #Kiev. E quasi si scandalizzava del fatto che #Putin non intervenisse a fronte delle richieste disperate di aiuto dei leader delle Repubbliche di #Donetsk e Lugansk.

    Source: https://x.com/ladyonorato/status/1987093298763178137?t=H1fj6DY3g-2HPzMYFkfgwg&s=19
    Quando ⁦@repubblica⁩ riportava la verità sullo sterminio degli ucraini del #Donbass da parte del governo di #Kiev. E quasi si scandalizzava del fatto che #Putin non intervenisse a fronte delle richieste disperate di aiuto dei leader delle Repubbliche di #Donetsk e Lugansk. Source: https://x.com/ladyonorato/status/1987093298763178137?t=H1fj6DY3g-2HPzMYFkfgwg&s=19
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  • La Russia ha ucciso con
    l'atomica 300.000 persone in Giappone? 
    No, sono stati gli Stati Uniti.

    La Russia ha ucciso tra
    5 o 6 milioni di ebrei?
    No, è stata la Germania.

    La Russia ha ucciso sei milioni di persone in Congo?
    No, è stato il Belgio.

    La Russia ha ucciso centinaia di migliaia di persone affamate in India e ha schiavizzato nazioni in Asia e Africa?
    No, é stata l'Inghilterra.

    La Russia ha deportato milioni di africani in catene per schiavizzarli in America?
    No, lo hanno fatto gli inglesi, gli spagnoli e i portoghesi.

    La Russia ha ucciso migliaia di persone in Algeria?
    No, è stata la Francia.

    La Russia ha ucciso
    3 milioni di persone in Vietnam e 2 milioni in Cambogia?
    No, sono stati gli Stati Uniti.

    La Russia ha ucciso sei milioni di coreani, nel Sud e nel Nord, e un milione di cinesi, nella guerra di Corea?
    No, sono stati gli Stati Uniti.

    La Russia ha ucciso un milione di persone in Iraq, utilizzando anche bombe a uranio impoverito che fanno ancora nascere, a distanza di 20 anni, bambini deformi?
    No, sono stati gli anglo-americani.

    La Russia ha ucciso oltre 240.000 persone in Afghanistan?
    No, sono stati gli Usa.

    È stata la Russia a bombardare la Jugoslavia e la Libia?
    No, sono stati gli  USA e la Ue (NATO).

    La Russia ha compiuto il genocidio dei popoli indigeni, annesso metà Messico, Porto Rico, Hawaii e altre terre?
    No, sono stati gli Stati Uniti.

    La Russia ha ucciso 100.000 palestinesi nella Striscia di Gaza, solo nell'attuale conflitto in Medio Oriente?
    No, è stata Israele.

    La propaganda mass-mediatica diffonde l'esatto contrario della verità.
    🇷🇺 La Russia ha ucciso con l'atomica 300.000 persone in Giappone?  No, sono stati gli Stati Uniti. 🇺🇸 🇷🇺 La Russia ha ucciso tra 5 o 6 milioni di ebrei? No, è stata la Germania. 🇩🇪 🇷🇺 La Russia ha ucciso sei milioni di persone in Congo? No, è stato il Belgio. 🇧🇪 🇷🇺 La Russia ha ucciso centinaia di migliaia di persone affamate in India e ha schiavizzato nazioni in Asia e Africa? No, é stata l'Inghilterra. 🇬🇧 🇷🇺 La Russia ha deportato milioni di africani in catene per schiavizzarli in America? No, lo hanno fatto gli inglesi, gli spagnoli e i portoghesi. 🇪🇸 🇵🇹 🇷🇺 La Russia ha ucciso migliaia di persone in Algeria? No, è stata la Francia. 🇫🇷 🇷🇺 La Russia ha ucciso 3 milioni di persone in Vietnam e 2 milioni in Cambogia? No, sono stati gli Stati Uniti. 🇺🇸 🇷🇺 La Russia ha ucciso sei milioni di coreani, nel Sud e nel Nord, e un milione di cinesi, nella guerra di Corea? No, sono stati gli Stati Uniti. 🇺🇸 🇷🇺 La Russia ha ucciso un milione di persone in Iraq, utilizzando anche bombe a uranio impoverito che fanno ancora nascere, a distanza di 20 anni, bambini deformi? No, sono stati gli anglo-americani. 🇬🇧🇺🇸 🇷🇺 La Russia ha ucciso oltre 240.000 persone in Afghanistan? No, sono stati gli Usa. 🇺🇸 🇷🇺 È stata la Russia a bombardare la Jugoslavia e la Libia? No, sono stati gli  USA e la Ue (NATO). 🇺🇸🇪🇺 🇷🇺 La Russia ha compiuto il genocidio dei popoli indigeni, annesso metà Messico, Porto Rico, Hawaii e altre terre? No, sono stati gli Stati Uniti. 🇺🇸 🇷🇺 La Russia ha ucciso 100.000 palestinesi nella Striscia di Gaza, solo nell'attuale conflitto in Medio Oriente? No, è stata Israele. 🇮🇱 La propaganda mass-mediatica diffonde l'esatto contrario della verità.
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  • BASTARDI SENZA GLORIA

    La Verità di oggi 31 ottobre 2025 - L'ex sottosegretario proctologo SILERI CHIEDE 13.500 EURO per DIFFAMAZIONE ad un uomo che si è sfogato contro di lui sui social, dopo una paresi da vaccino.

    Dall’ex viceministro, scriveva su Facebook, «nemmeno il mio cane farei visitare». Uno sfogo pubblicato in seguito a ictus e semiparalisi rimediati a causa dell’anti Covid. Il medico ora esige 13.500 euro entro 15 giorni.

    Ricordiamoci le minacce che è stato capace di proferire in TV la povera vittima "diffamata":
    “Vi renderemo la vita difficile come stiamo facendo perché il non vaccinato e chi non rispetta le regole è pericolo. Punto!”

    Dopo 5 anni di ricatti e insulti DI TUTTI I GENERI che le persone che non erano disposte a farsi iniettare un siero alquanto sospetto si sono sentite rivolgere dai Burioni, Bassetti, Sileri, Pregliasco & Co e da tutti coloro che per motivi ancora misteriosi erano stati autorizzati a farlo, questi si permettono anche di chiedere soldi ad un normalissimo cittadino reso invalido dal vaccino che si è dovuto obbligatoriamente iniettare.

    Pensavamo davvero che avessero già toccato il fondo da tempo, che peggio di quello che han fatto non potessero più fare e invece al peggio non c'è mai fine. Il danno, la beffa e ancora il danno.


    Source:   t.me/ArsenaleKappa
    BASTARDI SENZA GLORIA La Verità di oggi 31 ottobre 2025 - L'ex sottosegretario proctologo SILERI CHIEDE 13.500 EURO per DIFFAMAZIONE ad un uomo che si è sfogato contro di lui sui social, dopo una paresi da vaccino. Dall’ex viceministro, scriveva su Facebook, «nemmeno il mio cane farei visitare». Uno sfogo pubblicato in seguito a ictus e semiparalisi rimediati a causa dell’anti Covid. Il medico ora esige 13.500 euro entro 15 giorni. Ricordiamoci le minacce che è stato capace di proferire in TV la povera vittima "diffamata": “Vi renderemo la vita difficile come stiamo facendo perché il non vaccinato e chi non rispetta le regole è pericolo. Punto!” Dopo 5 anni di ricatti e insulti DI TUTTI I GENERI che le persone che non erano disposte a farsi iniettare un siero alquanto sospetto si sono sentite rivolgere dai Burioni, Bassetti, Sileri, Pregliasco & Co e da tutti coloro che per motivi ancora misteriosi erano stati autorizzati a farlo, questi si permettono anche di chiedere soldi ad un normalissimo cittadino reso invalido dal vaccino che si è dovuto obbligatoriamente iniettare. Pensavamo davvero che avessero già toccato il fondo da tempo, che peggio di quello che han fatto non potessero più fare e invece al peggio non c'è mai fine. Il danno, la beffa e ancora il danno. Source: 🌐  t.me/ArsenaleKappa 🅰️ 💥💥 ㅤ
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  • HOSPITALS FIRED STAFF FOR REPORTING VACCINE INJURIES

    This is how they kept the COVID vaccine injury numbers down.

    Doctors and nurses were required by law to report adverse reactions to VAERS — the Vaccine Adverse Event Reporting System.

    Instead, those who told the truth were silenced.

    “I was fired for reporting COVID vaccine adverse events under emergency use authorization,” said Physician Assistant Deb Conrad.

    “Two weeks later, I was surrounded mid-shift and physically thrown out of the hospital.”

    She was doing her legal duty.

    They made an example of her — to stop others from speaking.

    WHAT THIS MEANS:

    • Vaccine injury data was deliberately underreported.
    • Medical whistleblowers were intimidated or removed.
    • Hospitals abandoned transparency to protect the narrative.

    The truth is now coming out — and the people who covered it up must face justice.

    Freedom Train International stands with every doctor, nurse, and whistleblower who refused to stay silent.
    Join us — and prepare for what comes next.

    GLI OSPEDALI HANNO LICENZIATO IL PERSONALE PER AVER SEGNALATO LESIONI DA VACCINO

    Ecco come hanno mantenuto bassi i numeri delle lesioni da vaccino contro il COVID.

    Medici e infermieri erano tenuti per legge a segnalare le reazioni avverse al VAERS (il Sistema di Segnalazione degli Eventi Avversi da Vaccino).

    Chi invece ha detto la verità è stato messo a tacere.

    "Sono stata licenziata per aver segnalato reazioni avverse da vaccino contro il COVID in base all'autorizzazione all'uso di emergenza", ha detto l'assistente medico Deb Conrad.

    "Due settimane dopo, sono stata circondata a metà turno e buttata fuori fisicamente dall'ospedale."

    Stava facendo il suo dovere legale.

    Hanno fatto di lei un esempio: impedire ad altri di parlare.

    COSA SIGNIFICA:

    • I dati sulle lesioni da vaccino sono stati deliberatamente sottostimati.
    • I whistleblower medici sono stati intimiditi o rimossi.
    • Gli ospedali hanno abbandonato la trasparenza per proteggere la narrazione.

    La verità ora sta venendo a galla e chi l'ha insabbiata deve affrontare la giustizia.

    Freedom Train International è al fianco di ogni medico, infermiere e informatore che si è rifiutato di rimanere in silenzio.

    Unisciti a noi e preparati a ciò che verrà.

    Source: https://x.com/JimFergusonUK/status/1984897556749377839?t=UQQCAuJfZpk0RvI94HVP_g&s=19
    HOSPITALS FIRED STAFF FOR REPORTING VACCINE INJURIES This is how they kept the COVID vaccine injury numbers down. Doctors and nurses were required by law to report adverse reactions to VAERS — the Vaccine Adverse Event Reporting System. Instead, those who told the truth were silenced. “I was fired for reporting COVID vaccine adverse events under emergency use authorization,” said Physician Assistant Deb Conrad. “Two weeks later, I was surrounded mid-shift and physically thrown out of the hospital.” She was doing her legal duty. They made an example of her — to stop others from speaking. WHAT THIS MEANS: • Vaccine injury data was deliberately underreported. • Medical whistleblowers were intimidated or removed. • Hospitals abandoned transparency to protect the narrative. The truth is now coming out — and the people who covered it up must face justice. Freedom Train International stands with every doctor, nurse, and whistleblower who refused to stay silent. Join us — and prepare for what comes next. GLI OSPEDALI HANNO LICENZIATO IL PERSONALE PER AVER SEGNALATO LESIONI DA VACCINO Ecco come hanno mantenuto bassi i numeri delle lesioni da vaccino contro il COVID. Medici e infermieri erano tenuti per legge a segnalare le reazioni avverse al VAERS (il Sistema di Segnalazione degli Eventi Avversi da Vaccino). Chi invece ha detto la verità è stato messo a tacere. "Sono stata licenziata per aver segnalato reazioni avverse da vaccino contro il COVID in base all'autorizzazione all'uso di emergenza", ha detto l'assistente medico Deb Conrad. "Due settimane dopo, sono stata circondata a metà turno e buttata fuori fisicamente dall'ospedale." Stava facendo il suo dovere legale. Hanno fatto di lei un esempio: impedire ad altri di parlare. COSA SIGNIFICA: • I dati sulle lesioni da vaccino sono stati deliberatamente sottostimati. • I whistleblower medici sono stati intimiditi o rimossi. • Gli ospedali hanno abbandonato la trasparenza per proteggere la narrazione. La verità ora sta venendo a galla e chi l'ha insabbiata deve affrontare la giustizia. Freedom Train International è al fianco di ogni medico, infermiere e informatore che si è rifiutato di rimanere in silenzio. Unisciti a noi e preparati a ciò che verrà. Source: https://x.com/JimFergusonUK/status/1984897556749377839?t=UQQCAuJfZpk0RvI94HVP_g&s=19
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  • PANDEMIA: È IL TEMPO DELLA VERITÀ, ANCHE SE NON BASTA

    Corruttori e corrotti nel grande inganno dell'epoca Covid (e oltre) con Fabrizio Pregliasco tra le figure più bieche: fino a quando la faranno franca?

    https://www.panorama.it/attualita/pregliasco-confessa-pagato-da-big-pharma

    https://www.open.online/2024/09/02/fabrizio-pregliasco-covid-sasso-metro-milano/

    https://t.me/movimentoperleliberta/4346 (2/9/2024)
    PANDEMIA: È IL TEMPO DELLA VERITÀ, ANCHE SE NON BASTA Corruttori e corrotti nel grande inganno dell'epoca Covid (e oltre) con Fabrizio Pregliasco tra le figure più bieche: fino a quando la faranno franca? https://www.panorama.it/attualita/pregliasco-confessa-pagato-da-big-pharma https://www.open.online/2024/09/02/fabrizio-pregliasco-covid-sasso-metro-milano/ https://t.me/movimentoperleliberta/4346 (2/9/2024)
    WWW.PANORAMA.IT
    Pregliasco confessa: «Pagato da big pharma»
    Il prezzemolino tv talebano dei vaccini ammette finanziamenti da Pfizer, Moderna, Novavax, Janssen, Bayer, Sanofi e altri. Poi, incalzato dai parlamentari, osa dire: «Sono più indipendente perché prendo soldi da tanti».
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  • (Adesso) NIENTE SCUSE
    Quando la giustizia internazionale diventa “opinione”

    Non ci sono più alibi.
    Non c'è più la scusa della accusa di improvvisazione e incoscienza per una Flotilla o per il troppo rumore sollevato dalle manifestazioni e i cortei sparsi per il mondo.
    Non serve essere esperti di geopolitica per vedere che qualcuno non sta rispettando patti sottoscritti — e che la "fame"è diventata oggi un’arma di guerra indiretta.
    Un attacco silenzioso, che continua nonostante un accordo di tregua, siglato oltre due settimane fa.

    Avevamo ragione a non lasciarci trascinare dall’entusiasmo.
    Per cosa avremmo dovuto esultare?
    Per una giustizia che vale come carta straccia, o che — peggio — diventa opinione?
    Siamo entrati nell’epoca in cui la giustizia internazionale è discrezionale, interpretata a seconda della convenienza del momento.

    “Lo Stato di Israele, in quanto Potenza occupante, è tenuto a garantire alla popolazione dei territori palestinesi occupati beni essenziali quali cibo, acqua, indumenti, rifugio, combustibile, medicine e servizi medici.”
    — Corte Internazionale di Giustizia, L’Aia

    Eppure, nei fatti, siamo punto e a capo.
    Secondo Oxfam e oltre 40 organizzazioni umanitarie, tra il 10 e il 21 ottobre sono state negate 99 richieste di Ong internazionali e 6 delle Nazioni Unite per fornire aiuti a Gaza.
    Pari a circa 50 milioni di dollari di aiuti bloccati: acqua, cibo, tende, medicine.

    Da questa circolazione di aiuti dipende la sopravvivenza di 2 milioni di persone, per lo più donne e bambini.
    Senza interventi immediati, l’inverno a Gaza sarà una condanna: rifugi improvvisati, nessun riscaldamento, acqua contaminata.
    E altri moriranno — quando tutto questo sarebbe evitabile.

    Posso non fidarmi della giustizia italiana, e avremmo fascicoli infiniti a dimostrarlo.
    Ma quando vengono calpestati accordi internazionali e ignorati gli appelli delle istituzioni più autorevoli, che cosa resta?
    Solo indignazione.
    E un dubbio legittimo: se la nostra Premier definiva “inutile” ogni iniziativa umanitaria nata dal basso, cosa resta allora della solidarietà autentica?

    Davvero crediamo che basti un intervento governativo per aprire i valichi?
    E come si sarebbero potuti garantire aiuti umanitari alla popolazione di Gaza? Allungando mazzette o tangenti alle autorità israeliane ?

    Il paradosso è questo: oggi ogni accordo è carta straccia di fronte a volontà politiche che non si piegano.
    Siamo nel tempo del “vale tutto”.
    Non esiste più una linea chiara di giustizia.
    E la parola umanità sembra un concetto arcaico, quasi estinto.

    Ma una speranza resta.
    Sta nella voce di chi non accetta di restare in silenzio, nella scelta di chi si impegna davvero in politica per riportare giustizia e umanità al centro.
    A patto che ci sia anche coraggio — quella virtù ormai dimenticata che distingue chi parla da chi agisce.

    E allora, ditemi voi:
    come cittadini milanesi, come italiani, dovevamo davvero tollerare un gemellaggio del genere?

    #GiustiziaInternazionale #DirittiUmani #GazaUnderAttack #Oxfam #HumanityFirst #CessateIlFuoco #Milano #TelAviv #PoliticaEtica #StopWar #Solidarietà #Verità #CoraggioCivile #Flotilla #ONU #Pace #InternationalLaw
    ✊ (Adesso) NIENTE SCUSE 🕊️ Quando la giustizia internazionale diventa “opinione” Non ci sono più alibi. Non c'è più la scusa della accusa di improvvisazione e incoscienza per una Flotilla o per il troppo rumore sollevato dalle manifestazioni e i cortei sparsi per il mondo. 📉 Non serve essere esperti di geopolitica per vedere che qualcuno non sta rispettando patti sottoscritti — e che la "fame"è diventata oggi un’arma di guerra indiretta. Un attacco silenzioso, che continua nonostante un accordo di tregua, siglato oltre due settimane fa. Avevamo ragione a non lasciarci trascinare dall’entusiasmo. Per cosa avremmo dovuto esultare? Per una giustizia che vale come carta straccia, o che — peggio — diventa opinione? Siamo entrati nell’epoca in cui la giustizia internazionale è discrezionale, interpretata a seconda della convenienza del momento. ⚖️ “Lo Stato di Israele, in quanto Potenza occupante, è tenuto a garantire alla popolazione dei territori palestinesi occupati beni essenziali quali cibo, acqua, indumenti, rifugio, combustibile, medicine e servizi medici.” — Corte Internazionale di Giustizia, L’Aia Eppure, nei fatti, siamo punto e a capo. 🔒 Secondo Oxfam e oltre 40 organizzazioni umanitarie, tra il 10 e il 21 ottobre sono state negate 99 richieste di Ong internazionali e 6 delle Nazioni Unite per fornire aiuti a Gaza. 💰 Pari a circa 50 milioni di dollari di aiuti bloccati: acqua, cibo, tende, medicine. Da questa circolazione di aiuti dipende la sopravvivenza di 2 milioni di persone, per lo più donne e bambini. Senza interventi immediati, l’inverno a Gaza sarà una condanna: rifugi improvvisati, nessun riscaldamento, acqua contaminata. E altri moriranno — quando tutto questo sarebbe evitabile. 🇮🇹 Posso non fidarmi della giustizia italiana, e avremmo fascicoli infiniti a dimostrarlo. Ma quando vengono calpestati accordi internazionali e ignorati gli appelli delle istituzioni più autorevoli, che cosa resta? Solo indignazione. E un dubbio legittimo: se la nostra Premier definiva “inutile” ogni iniziativa umanitaria nata dal basso, cosa resta allora della solidarietà autentica? Davvero crediamo che basti un intervento governativo per aprire i valichi? E come si sarebbero potuti garantire aiuti umanitari alla popolazione di Gaza? Allungando mazzette o tangenti alle autorità israeliane ? 🎭 Il paradosso è questo: oggi ogni accordo è carta straccia di fronte a volontà politiche che non si piegano. Siamo nel tempo del “vale tutto”. Non esiste più una linea chiara di giustizia. E la parola umanità sembra un concetto arcaico, quasi estinto. Ma una speranza resta. 🌱 Sta nella voce di chi non accetta di restare in silenzio, nella scelta di chi si impegna davvero in politica per riportare giustizia e umanità al centro. A patto che ci sia anche coraggio — quella virtù ormai dimenticata che distingue chi parla da chi agisce. E allora, ditemi voi: come cittadini milanesi, come italiani, dovevamo davvero tollerare un gemellaggio del genere? 🇮🇹🤝🇮🇱 #GiustiziaInternazionale #DirittiUmani #GazaUnderAttack #Oxfam #HumanityFirst #CessateIlFuoco #Milano #TelAviv #PoliticaEtica #StopWar #Solidarietà #Verità #CoraggioCivile #Flotilla #ONU #Pace #InternationalLaw
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  • PER NON DIMENTICARE e FARE UN PO' di CHIAREZZA!
    L’ENIGMA RANUCCI: IL GIORNALISTA SCOMODO CHE NON DISTURBA IL POTERE!
    Sempre solidale con chiunque subisca ogni tipo di intimidazione, compreso il soggetto in questione, vi propongo questi interessanti e condivisibili post sulla figura di Sigfrido Ranucci, il giornalista che durante la pandemia pubblicizzava senza farsi alcuna domanda i sieri sperimentali che continuano tutt’oggi a mietere vittime anche fra i suoi colleghi e proponeva imperdibili inchieste della durata di un’ora sull’evoluzione della pizza in Italia, con un inedito focus sulla mangiata dell’ex presidente Bill Clinton in una pizzeria di Napoli…tutto questo nel periodo in cui tutti i diritti fondamentali dell’uomo venivano calpestati da un banchiere criminale nel silenzio di (quasi) tutte le trasmissioni televisive, fra cui la sua.
    Buona lettura.
    Post 1
    Sigfrido Ranucci viene presentato da anni come simbolo del giornalismo d’inchiesta italiano, “voce scomoda” contro i poteri forti. Eppure, se si osserva con attenzione la linea editoriale di Report, emerge un quadro molto diverso da quello percepito dal grande pubblico.
    I servizi del programma non toccano mai le questioni centrali del potere reale: il ruolo dell’Unione Europea e della BCE nell’impoverimento economico del Paese, le responsabilità politiche nella gestione pandemica, i rapporti fra magistratura e intelligence, l’impatto delle politiche migratorie sulla sicurezza e sull’identità sociale.
    Temi di questa portata vengono costantemente evitati. Si preferisce orientare l’attenzione verso fenomeni di corruzione secondaria, conflitti di interesse marginali o presunti scandali a basso rischio politico.
    In questo senso, Report svolge una funzione precisa: incanalare l’indignazione pubblica verso bersagli innocui.
    Il risultato è duplice: da un lato si alimenta l’immagine del giornalismo “libero”, dall’altro si impedisce che l’opinione pubblica concentri la propria attenzione sui veri centri di potere.
    Non è un caso che Ranucci, pur dichiarandosi “in pericolo”, goda di massima copertura istituzionale, sia da parte del Quirinale che dell’Unione Europea, che ne difendono costantemente l’operato in nome della “libertà di stampa”.
    È difficile considerare realmente scomodo chi opera all’interno del servizio pubblico e gode di protezione politica trasversale.
    In un Paese dove giornalisti indipendenti vengono querelati, censurati o isolati, l’immagine del “cronista coraggioso sotto scorta” funziona come una narrazione utile al sistema: serve a dare credibilità a un’informazione che, in realtà, si muove entro confini molto ben definiti.
    Post 2 – L’ATTENTATO IMPOSSIBILE: UNA NARRAZIONE COSTRUITA?
    Dal 2021 Sigfrido Ranucci vive sotto scorta. Ciò significa che la sua abitazione, i suoi spostamenti e la sua vettura rientrano in protocolli di sicurezza estremamente rigidi.
    Ogni ingresso, parcheggio e itinerario è monitorato. Per questo motivo, la notizia secondo cui qualcuno sarebbe riuscito a collocare un ordigno esplosivo nella sua auto appare tecnicamente poco plausibile, se non impossibile, a meno di gravi complicità interne.
    L’attentato, così come raccontato, presenta quindi una doppia anomalia: o i protocolli di protezione sono falliti in modo clamoroso — cosa che dovrebbe comportare immediate dimissioni di funzionari e scorte — oppure la vicenda ha una forte componente scenica e comunicativa.
    Il tempismo mediatico lo conferma: subito dopo la notizia, esponenti politici di tutti i partiti hanno espresso solidarietà, il Quirinale ha ribadito il valore del “giornalismo libero”, e i media hanno rilanciato la narrazione dell’Italia come “paese pericoloso per chi fa informazione”.
    Ma di quale informazione si parla?
    Ranucci non ha mai prodotto inchieste che mettessero realmente in crisi i vertici del potere politico o finanziario. Non ha mai toccato temi come l’adesione incondizionata dell’Italia alla NATO, la gestione opaca dei fondi del PNRR, o le pressioni sovranazionali in materia sanitaria ed energetica.
    Eppure viene presentato come simbolo della libertà di parola.
    L’ipotesi più coerente è che l’“attentato” serva a consolidare una narrativa utile al mainstream: quella del giornalista eroico minacciato da forze oscure, che deve essere difeso dal potere politico stesso.
    Un paradosso perfetto: chi dovrebbe essere il bersaglio diventa, in realtà, l’attore principale di una messa in scena che rafforza il sistema che finge di combattere.
    Post 3 – IL RUOLO DI SISTEMA DEL GIORNALISTA “SOTTO ATTACCO”
    In ogni momento di crisi di fiducia verso i media, il sistema reagisce in modo prevedibile: rilancia figure come Ranucci per ridare legittimità morale alla stampa istituzionale.
    Quando il pubblico inizia a percepire la manipolazione dell’informazione, serve un simbolo di “verità perseguitata”.
    Ranucci diventa così il protagonista perfetto di una sceneggiatura politica: un giornalista “coraggioso” che affronta “minacce anonime”, protetto dalle istituzioni e celebrato dalle stesse forze di potere che dice di denunciare.
    È un meccanismo studiato.
    Il potere sa che per sopravvivere deve simulare al proprio interno una quota di conflitto controllato: apparire diviso per essere più credibile.
    In realtà, la funzione del dissenso istituzionalizzato è proprio neutralizzare il vero dissenso.
    Mentre l’attenzione del pubblico viene dirottata su un presunto attacco a Report, restano fuori dall’agenda mediatica i dossier realmente scomodi: i rapporti fra politica e finanza, l’influenza delle multinazionali sui media, il ruolo delle intelligence nei processi giudiziari, e la progressiva erosione della sovranità nazionale.
    Il risultato è che il “giornalista minacciato” diventa uno scudo narrativo per l’establishment.
    L’intera vicenda rafforza l’idea che chi critica i media ufficiali sia un potenziale pericolo per la democrazia.
    E così, mentre il potere si autoassolve celebrando la propria “libertà di stampa”, il vero giornalismo d’inchiesta — quello che indaga davvero su chi comanda — resta invisibile, marginalizzato, e privo di voce.

    Source: https://www.facebook.com/story.php?story_fbid=10229586144179377&id=1276122023&post_id=1276122023_10229586144179377&rdid=By0LdSJgnVcqb30V
    PER NON DIMENTICARE e FARE UN PO' di CHIAREZZA! L’ENIGMA RANUCCI: IL GIORNALISTA SCOMODO CHE NON DISTURBA IL POTERE! Sempre solidale con chiunque subisca ogni tipo di intimidazione, compreso il soggetto in questione, vi propongo questi interessanti e condivisibili post sulla figura di Sigfrido Ranucci, il giornalista che durante la pandemia pubblicizzava senza farsi alcuna domanda i sieri sperimentali che continuano tutt’oggi a mietere vittime anche fra i suoi colleghi e proponeva imperdibili inchieste della durata di un’ora sull’evoluzione della pizza in Italia, con un inedito focus sulla mangiata dell’ex presidente Bill Clinton in una pizzeria di Napoli…tutto questo nel periodo in cui tutti i diritti fondamentali dell’uomo venivano calpestati da un banchiere criminale nel silenzio di (quasi) tutte le trasmissioni televisive, fra cui la sua. Buona lettura. Post 1 Sigfrido Ranucci viene presentato da anni come simbolo del giornalismo d’inchiesta italiano, “voce scomoda” contro i poteri forti. Eppure, se si osserva con attenzione la linea editoriale di Report, emerge un quadro molto diverso da quello percepito dal grande pubblico. I servizi del programma non toccano mai le questioni centrali del potere reale: il ruolo dell’Unione Europea e della BCE nell’impoverimento economico del Paese, le responsabilità politiche nella gestione pandemica, i rapporti fra magistratura e intelligence, l’impatto delle politiche migratorie sulla sicurezza e sull’identità sociale. Temi di questa portata vengono costantemente evitati. Si preferisce orientare l’attenzione verso fenomeni di corruzione secondaria, conflitti di interesse marginali o presunti scandali a basso rischio politico. In questo senso, Report svolge una funzione precisa: incanalare l’indignazione pubblica verso bersagli innocui. Il risultato è duplice: da un lato si alimenta l’immagine del giornalismo “libero”, dall’altro si impedisce che l’opinione pubblica concentri la propria attenzione sui veri centri di potere. Non è un caso che Ranucci, pur dichiarandosi “in pericolo”, goda di massima copertura istituzionale, sia da parte del Quirinale che dell’Unione Europea, che ne difendono costantemente l’operato in nome della “libertà di stampa”. È difficile considerare realmente scomodo chi opera all’interno del servizio pubblico e gode di protezione politica trasversale. In un Paese dove giornalisti indipendenti vengono querelati, censurati o isolati, l’immagine del “cronista coraggioso sotto scorta” funziona come una narrazione utile al sistema: serve a dare credibilità a un’informazione che, in realtà, si muove entro confini molto ben definiti. Post 2 – L’ATTENTATO IMPOSSIBILE: UNA NARRAZIONE COSTRUITA? Dal 2021 Sigfrido Ranucci vive sotto scorta. Ciò significa che la sua abitazione, i suoi spostamenti e la sua vettura rientrano in protocolli di sicurezza estremamente rigidi. Ogni ingresso, parcheggio e itinerario è monitorato. Per questo motivo, la notizia secondo cui qualcuno sarebbe riuscito a collocare un ordigno esplosivo nella sua auto appare tecnicamente poco plausibile, se non impossibile, a meno di gravi complicità interne. L’attentato, così come raccontato, presenta quindi una doppia anomalia: o i protocolli di protezione sono falliti in modo clamoroso — cosa che dovrebbe comportare immediate dimissioni di funzionari e scorte — oppure la vicenda ha una forte componente scenica e comunicativa. Il tempismo mediatico lo conferma: subito dopo la notizia, esponenti politici di tutti i partiti hanno espresso solidarietà, il Quirinale ha ribadito il valore del “giornalismo libero”, e i media hanno rilanciato la narrazione dell’Italia come “paese pericoloso per chi fa informazione”. Ma di quale informazione si parla? Ranucci non ha mai prodotto inchieste che mettessero realmente in crisi i vertici del potere politico o finanziario. Non ha mai toccato temi come l’adesione incondizionata dell’Italia alla NATO, la gestione opaca dei fondi del PNRR, o le pressioni sovranazionali in materia sanitaria ed energetica. Eppure viene presentato come simbolo della libertà di parola. L’ipotesi più coerente è che l’“attentato” serva a consolidare una narrativa utile al mainstream: quella del giornalista eroico minacciato da forze oscure, che deve essere difeso dal potere politico stesso. Un paradosso perfetto: chi dovrebbe essere il bersaglio diventa, in realtà, l’attore principale di una messa in scena che rafforza il sistema che finge di combattere. Post 3 – IL RUOLO DI SISTEMA DEL GIORNALISTA “SOTTO ATTACCO” In ogni momento di crisi di fiducia verso i media, il sistema reagisce in modo prevedibile: rilancia figure come Ranucci per ridare legittimità morale alla stampa istituzionale. Quando il pubblico inizia a percepire la manipolazione dell’informazione, serve un simbolo di “verità perseguitata”. Ranucci diventa così il protagonista perfetto di una sceneggiatura politica: un giornalista “coraggioso” che affronta “minacce anonime”, protetto dalle istituzioni e celebrato dalle stesse forze di potere che dice di denunciare. È un meccanismo studiato. Il potere sa che per sopravvivere deve simulare al proprio interno una quota di conflitto controllato: apparire diviso per essere più credibile. In realtà, la funzione del dissenso istituzionalizzato è proprio neutralizzare il vero dissenso. Mentre l’attenzione del pubblico viene dirottata su un presunto attacco a Report, restano fuori dall’agenda mediatica i dossier realmente scomodi: i rapporti fra politica e finanza, l’influenza delle multinazionali sui media, il ruolo delle intelligence nei processi giudiziari, e la progressiva erosione della sovranità nazionale. Il risultato è che il “giornalista minacciato” diventa uno scudo narrativo per l’establishment. L’intera vicenda rafforza l’idea che chi critica i media ufficiali sia un potenziale pericolo per la democrazia. E così, mentre il potere si autoassolve celebrando la propria “libertà di stampa”, il vero giornalismo d’inchiesta — quello che indaga davvero su chi comanda — resta invisibile, marginalizzato, e privo di voce. Source: https://www.facebook.com/story.php?story_fbid=10229586144179377&id=1276122023&post_id=1276122023_10229586144179377&rdid=By0LdSJgnVcqb30V
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  • 2000 SCIENZIATI CHIEDONO DI FERMARE LA TECNOLOGIA MRNA - 1 Minute News

    Con il titolo "Risk Warning on Drug Safety – Stop mRNA Moratorium: A world Journey of Truth" (Avviso di rischio sulla sicurezza dei farmaci – Moratoria sull'mRNA: un viaggio mondiale alla ricerca della verità), il 9 ottobre 2025 si è svolto un evento significativo in cui trenta esperti di medicina, scienze biologiche, diritto, psicologia ed economia hanno parlato a nome di oltre 2000 scienziati e medici, 10.000 firmatari che insieme mettono in guardia dai rischi della tecnologia mRNA e chiedono una moratoria immediata.

    https://youtu.be/dyZIGfcfCug?si=gUrYGyfqnWzhUSPO
    2000 SCIENZIATI CHIEDONO DI FERMARE LA TECNOLOGIA MRNA - 1 Minute News Con il titolo "Risk Warning on Drug Safety – Stop mRNA Moratorium: A world Journey of Truth" (Avviso di rischio sulla sicurezza dei farmaci – Moratoria sull'mRNA: un viaggio mondiale alla ricerca della verità), il 9 ottobre 2025 si è svolto un evento significativo in cui trenta esperti di medicina, scienze biologiche, diritto, psicologia ed economia hanno parlato a nome di oltre 2000 scienziati e medici, 10.000 firmatari che insieme mettono in guardia dai rischi della tecnologia mRNA e chiedono una moratoria immediata. https://youtu.be/dyZIGfcfCug?si=gUrYGyfqnWzhUSPO
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