• Francesca Albanese, relatrice ONU, denuncia in un suo ultimo rapporto ( notizia da Il Manifesto di ieri ) la partecipazione all' economia del genocidio in Palestina da parte di molte aziende alimentari, non solo di questo comparto, fra le quali le italiane non sono seconde a nessuna .
    Fare affari con lo Stato di Israele non suscita perplessità, dubbi, mal di testa, problemi di coscienza....in fondo si creano posti di lavoro.
    L' ultimo rapporto della Relatrice ONU ," Dall' economia dell' occupazione all' economia del genocidio", è incentrato su mille aziende, si annoverano anche università ( quella di Edimburgo) , centri di ricerca ( il MIT, così come fiori all' occhiello del nostro made in Italy la Leonardo ( chissà che pianti di contentezza per la presidente del Consiglio,
    donna, mamma, italiana e ...."cristiana" Giorgia Meloni), Google, Amazon, Black Rock... Caterpillar, produttrice dei famosi famigerati bulldozer impiegati per abbattere le abitazioni palestinesi....
    " Tutti loro, dichiara la Relatrice Francesca Albanese, hanno contribuito a violare il diritto di un popolo all' autodeterminazione, a favorire le politiche di annessione dei territori palestinesi e a promuovere l' occupazione, i crimini di appartheid e di genocidio. Leggi penali e civili di differenti giurisdizioni potrebbero essere invocate per accusare in tutta onestà e imparzialità le entità aziendali, altrettanto tutte le altre operanti in altri comparti merceologici, di co - responsabilitá.
    Balocco, Ferrero, Bauli, Pan Ducale, Colussi, Balconi...sono alcuni marchi di aziende che commerciano con lo Stato di Israele.....Cosa risponderebbero i loro alti dirigenti?
    " Commerciamo con i burberi sionisti confidando di placare un poco la loro ira con i nostri prodotti dolciari ".
    E le maestranze..?
    Francesca Albanese, relatrice ONU, denuncia in un suo ultimo rapporto ( notizia da Il Manifesto di ieri ) la partecipazione all' economia del genocidio in Palestina da parte di molte aziende alimentari, non solo di questo comparto, fra le quali le italiane non sono seconde a nessuna . Fare affari con lo Stato di Israele non suscita perplessità, dubbi, mal di testa, problemi di coscienza....in fondo si creano posti di lavoro. L' ultimo rapporto della Relatrice ONU ," Dall' economia dell' occupazione all' economia del genocidio", è incentrato su mille aziende, si annoverano anche università ( quella di Edimburgo) , centri di ricerca ( il MIT, così come fiori all' occhiello del nostro made in Italy la Leonardo ( chissà che pianti di contentezza per la presidente del Consiglio, donna, mamma, italiana e ...."cristiana" Giorgia Meloni), Google, Amazon, Black Rock... Caterpillar, produttrice dei famosi famigerati bulldozer impiegati per abbattere le abitazioni palestinesi.... " Tutti loro, dichiara la Relatrice Francesca Albanese, hanno contribuito a violare il diritto di un popolo all' autodeterminazione, a favorire le politiche di annessione dei territori palestinesi e a promuovere l' occupazione, i crimini di appartheid e di genocidio. Leggi penali e civili di differenti giurisdizioni potrebbero essere invocate per accusare in tutta onestà e imparzialità le entità aziendali, altrettanto tutte le altre operanti in altri comparti merceologici, di co - responsabilitá. Balocco, Ferrero, Bauli, Pan Ducale, Colussi, Balconi...sono alcuni marchi di aziende che commerciano con lo Stato di Israele.....Cosa risponderebbero i loro alti dirigenti? " Commerciamo con i burberi sionisti confidando di placare un poco la loro ira con i nostri prodotti dolciari ". E le maestranze..?
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  • Francesca Albanese all’evento per Gaza: “Dire che non è genocidio ma solo crimini di guerra è ignoranza giuridica”
    “Quando capiranno di essere stati esecutori materiali di un genocidio, gli israeliani vivranno anni molto bui”. Francesca Albanese alla manifestazione per Gaza - Video

    “Oggi la Palestina è un test, è un banco di prova sul quale si gioca l’umanità e la legalità non solo per i palestinesi e gli israeliani, ma per tutti noi“. Così Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati dal 1967, ha concluso un intervento appassionato e rigoroso alla manifestazione “Non in mio nome”, organizzata dall’associazione Schierarsi il 28 giugno a Roma. Una piazza gremitissima ha ascoltato le sue parole come un appello alla coscienza collettiva, in un evento nato per esprimere solidarietà al popolo palestinese, denunciare le atrocità commesse da Israele a Gaza e in Cisgiordania e sostenere l’azione umanitaria di Medici Senza Frontiere.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/06/29/gaza-francesca-albanese-genocidio-israele/8043677/
    Francesca Albanese all’evento per Gaza: “Dire che non è genocidio ma solo crimini di guerra è ignoranza giuridica” “Quando capiranno di essere stati esecutori materiali di un genocidio, gli israeliani vivranno anni molto bui”. Francesca Albanese alla manifestazione per Gaza - Video “Oggi la Palestina è un test, è un banco di prova sul quale si gioca l’umanità e la legalità non solo per i palestinesi e gli israeliani, ma per tutti noi“. Così Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati dal 1967, ha concluso un intervento appassionato e rigoroso alla manifestazione “Non in mio nome”, organizzata dall’associazione Schierarsi il 28 giugno a Roma. Una piazza gremitissima ha ascoltato le sue parole come un appello alla coscienza collettiva, in un evento nato per esprimere solidarietà al popolo palestinese, denunciare le atrocità commesse da Israele a Gaza e in Cisgiordania e sostenere l’azione umanitaria di Medici Senza Frontiere. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/06/29/gaza-francesca-albanese-genocidio-israele/8043677/
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    “I palestinesi resistono, ma gli israeliani pagheranno il prezzo del genocidio" Francesca Albanese alla manifestazione per Gaza - Video
    “Quando capiranno di essere stati esecutori materiali di un genocidio, gli israeliani vivranno anni molto bui”. Francesca Albanese alla manifestazione per Gaza - Video
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  • USCIAMO DALLA GUERRE CON UN RISVEGLIO COLLETTIVO!

    In che modo possiamo uscire da questo delirio catastrofista in cui una èlite di persone che hanno perso il senso della Vita stanno portando l’Umanità?
    In che modo possiamo dare manifestazione alla nostra resistenza interiore che si oppone alle atrocità a cui stiamo assistendo in Palestina ma di fronte alle quali ci sentiamo impotenti?
    Come posso contribuire concretamente a coltivare una Cultura di Pace?

    Sono queste le sfide a cui tutti noi siamo chiamati in questo tempo storico così complesso.

    Nel film “Il Grande Risveglio”, che sto realizzando insieme a Tiziana Alterio, risponderemo a queste importanti domande attraverso le interviste e le esperienze di grandi personalità. Una di queste è Marco Guzzi, il filosofo e poeta che da anni con i gruppi da lui fondati Darsi Pace sta contribuendo al risveglio delle Coscienze.

    Paolo Cassina intervista Marco Guzzi, filosofo e poeta
    USCIAMO DALLA GUERRE CON UN RISVEGLIO COLLETTIVO! In che modo possiamo uscire da questo delirio catastrofista in cui una èlite di persone che hanno perso il senso della Vita stanno portando l’Umanità? In che modo possiamo dare manifestazione alla nostra resistenza interiore che si oppone alle atrocità a cui stiamo assistendo in Palestina ma di fronte alle quali ci sentiamo impotenti? Come posso contribuire concretamente a coltivare una Cultura di Pace? Sono queste le sfide a cui tutti noi siamo chiamati in questo tempo storico così complesso. Nel film “Il Grande Risveglio”, che sto realizzando insieme a Tiziana Alterio, risponderemo a queste importanti domande attraverso le interviste e le esperienze di grandi personalità. Una di queste è Marco Guzzi, il filosofo e poeta che da anni con i gruppi da lui fondati Darsi Pace sta contribuendo al risveglio delle Coscienze. Paolo Cassina intervista Marco Guzzi, filosofo e poeta
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  • Il 19 novembre, pochi minuti dopo aver attraversato un posto di blocco militare israeliano lungo l'autostrada centrale di Gaza, al poeta palestinese Mosab Abu Toha è stato chiesto di allontanarsi dalla folla. Ha posato il figlio di 3 anni, che portava in braccio, e si è seduto davanti a una jeep militare (è stato successivamente trattenuto dalle forze di occupazione per diversi giorni, ndr). Si è scoperto che il signor Abu Toha era entrato nel raggio d'azione di telecamere dotate di tecnologia di riconoscimento facciale [...] Dopo che il suo volto è stato scansionato e identificato, il programma ha scoperto che il poeta si trovava su una lista di persone ricercate da israele.

    https://www.business-humanrights.org/pt/latest-news/report-reveals-google-corsights-technologies-role-in-israels-expansive-facial-recognition-program-in-gaza/

    Pur precisando che l'esercito spara senza fare distinzioni sui palestinesi in attesa del soccorso, "la distribuzione degli aiuti non può passare dal riconoscimento facciale né dallo screening biometrico", ha sottolineato Alhendawi, il direttore regionale di Save The Children, in merito alla violenza tecnologica della "gestione umanitaria".

    Riconoscimento biometrico e profilazione, i pilastri del cosiddetto surveillance state tanto attuale; strumenti funzionali al controllo di massa e all'automazione dell'apartheid. Cosa vuol dire? Che l'erogazione degli aiuti, ad esempio, risulterebbe vincolata automaticamente ad una certa condotta comportamentale. Obbedisci e ottieni concessioni, trasgredisci e affronterai l'esclusione. Un modello tecno-giuridico, definito anche di "diritto premiale", già importato e sperimentato sui nostri territori.

    Tra i responsabili di questa operazione a Gaza (e non è l'unica in corso), oltre alle autorità di Tel Aviv e alla divisione di cyber-spionaggio dell'esercito, l'Unità 8200, vi sono anche Corsight, una compagnia specializzata in servizi di IA per la sicurezza, controllata da Cortica, una start-up israeliana, e infine... Google. Se da una parte sono i servizi di Google Photos a permettere ad israele di "individuare e distinguere i volti dalla folla e dalle riprese granulose dei droni", tramite database, dall'altra è la piattaforma realizzata da Corsight a consentire non solo di "pre-riconoscere individui da una watchlist, ma anche individui sconosciuti".

    Non è certo la prima volta che i giganti della silicon sostengono tecnicamente gli obiettivi della macchina di guerra, o che ne assumono il personale anche per lo sviluppo del "settore civile", che proprio civile non è. Ricordiamo, ad esempio, la piattaforma realizzata da Google per aiutare la "dissidenza siriana" a rovesciare il governo di Damasco, un progetto la cui esistenza è stata svelata da WikiLeaks. Oppure la disponibilità di WhatsApp (Meta) a fornire i dati della popolazione iraniana ad israele, denunciata molto recentemente da Teheran.

    Per approfondire, ricordiamo l'appuntamento Milano, domenica 29 giugno, ore 16.00 in Viale Monza 140: "Palestina Smart City - tecnologie per le guerre ai popoli"

    Here’s the English translation of your text:

    Eng Version

    On November 19, just minutes after passing through an Israeli military checkpoint along Gaza’s central highway, Palestinian poet Mosab Abu Toha was ordered to separate from the crowd. He set down his 3-year-old son, whom he had been carrying, and sat in front of a military jeep (he was later detained by occupation forces for several days, *ed.*). It turned out that Mr. Abu Toha had entered the range of facial recognition-equipped cameras [...] After his face was scanned and identified, the system flagged him as being on an Israeli watchlist.

    [Source](https://www.business-humanrights.org/pt/latest-news/report-reveals-google-corsights-technologies-role-in-israels-expansive-facial-recognition-program-in-gaza/)

    While emphasizing that the Israeli military fires indiscriminately at Palestinians awaiting aid, "aid distribution cannot rely on facial recognition or biometric screening," stressed Alhendawi, Save the Children’s regional director, regarding the technological violence of "humanitarian management."

    Biometric recognition and profiling—the pillars of today’s so-called surveillance state—are tools for mass control and the automation of apartheid. What does this mean? That aid distribution, for example, would be automatically tied to behavioral compliance. Obey and receive concessions; resist and face exclusion. A techno-legal model, also termed "premium law" (reward-based governance), already imported and tested in our own territories.

    Among those responsible for this operation in Gaza (and it’s not the only one underway)—aside from Tel Aviv’s authorities and the military’s cyber-espionage division, Unit 8200—are also Corsight, a company specializing in AI-driven security services (owned by Israeli startup Cortica), and, ultimately... Google. While Google Photos’ services allow Israel to "identify and distinguish faces in crowds and grainy drone footage" via databases, Corsight’s platform goes further, enabling not just "pre-recognition of individuals on watchlists" but also "unknown individuals."

    This is hardly the first time Silicon Valley giants have technically supported war machinery or absorbed its personnel—even for so-called "civilian sector" development (which is anything but civilian). Recall, for example, the platform Google built to help "Syrian dissidents" overthrow Damascus’ government—a project exposed by WikiLeaks. Or WhatsApp’s (Meta) willingness to provide Israeli authorities with Iranian user data, as recently denounced by Tehran.

    For further discussion, join us in Milan, Sunday, June 29 2025, at 4:00 PM, Viale Monza 140:
    "Palestine Smart City – Technologies of War Against Peoples."


    https://t.me/canalemiracolomilano
    Il 19 novembre, pochi minuti dopo aver attraversato un posto di blocco militare israeliano lungo l'autostrada centrale di Gaza, al poeta palestinese Mosab Abu Toha è stato chiesto di allontanarsi dalla folla. Ha posato il figlio di 3 anni, che portava in braccio, e si è seduto davanti a una jeep militare (è stato successivamente trattenuto dalle forze di occupazione per diversi giorni, ndr). Si è scoperto che il signor Abu Toha era entrato nel raggio d'azione di telecamere dotate di tecnologia di riconoscimento facciale [...] Dopo che il suo volto è stato scansionato e identificato, il programma ha scoperto che il poeta si trovava su una lista di persone ricercate da israele. https://www.business-humanrights.org/pt/latest-news/report-reveals-google-corsights-technologies-role-in-israels-expansive-facial-recognition-program-in-gaza/ 👉 Pur precisando che l'esercito spara senza fare distinzioni sui palestinesi in attesa del soccorso, "la distribuzione degli aiuti non può passare dal riconoscimento facciale né dallo screening biometrico", ha sottolineato Alhendawi, il direttore regionale di Save The Children, in merito alla violenza tecnologica della "gestione umanitaria". Riconoscimento biometrico e profilazione, i pilastri del cosiddetto surveillance state tanto attuale; strumenti funzionali al controllo di massa e all'automazione dell'apartheid. Cosa vuol dire? Che l'erogazione degli aiuti, ad esempio, risulterebbe vincolata automaticamente ad una certa condotta comportamentale. Obbedisci e ottieni concessioni, trasgredisci e affronterai l'esclusione. Un modello tecno-giuridico, definito anche di "diritto premiale", già importato e sperimentato sui nostri territori. Tra i responsabili di questa operazione a Gaza (e non è l'unica in corso), oltre alle autorità di Tel Aviv e alla divisione di cyber-spionaggio dell'esercito, l'Unità 8200, vi sono anche Corsight, una compagnia specializzata in servizi di IA per la sicurezza, controllata da Cortica, una start-up israeliana, e infine... Google. Se da una parte sono i servizi di Google Photos a permettere ad israele di "individuare e distinguere i volti dalla folla e dalle riprese granulose dei droni", tramite database, dall'altra è la piattaforma realizzata da Corsight a consentire non solo di "pre-riconoscere individui da una watchlist, ma anche individui sconosciuti". 👉 Non è certo la prima volta che i giganti della silicon sostengono tecnicamente gli obiettivi della macchina di guerra, o che ne assumono il personale anche per lo sviluppo del "settore civile", che proprio civile non è. Ricordiamo, ad esempio, la piattaforma realizzata da Google per aiutare la "dissidenza siriana" a rovesciare il governo di Damasco, un progetto la cui esistenza è stata svelata da WikiLeaks. Oppure la disponibilità di WhatsApp (Meta) a fornire i dati della popolazione iraniana ad israele, denunciata molto recentemente da Teheran. Per approfondire, ricordiamo l'appuntamento 👉 Milano, domenica 29 giugno, ore 16.00 in Viale Monza 140: "Palestina Smart City - tecnologie per le guerre ai popoli" Here’s the English translation of your text: Eng Version On November 19, just minutes after passing through an Israeli military checkpoint along Gaza’s central highway, Palestinian poet Mosab Abu Toha was ordered to separate from the crowd. He set down his 3-year-old son, whom he had been carrying, and sat in front of a military jeep (he was later detained by occupation forces for several days, *ed.*). It turned out that Mr. Abu Toha had entered the range of facial recognition-equipped cameras [...] After his face was scanned and identified, the system flagged him as being on an Israeli watchlist. [Source](https://www.business-humanrights.org/pt/latest-news/report-reveals-google-corsights-technologies-role-in-israels-expansive-facial-recognition-program-in-gaza/) 👉 While emphasizing that the Israeli military fires indiscriminately at Palestinians awaiting aid, "aid distribution cannot rely on facial recognition or biometric screening," stressed Alhendawi, Save the Children’s regional director, regarding the technological violence of "humanitarian management." Biometric recognition and profiling—the pillars of today’s so-called surveillance state—are tools for mass control and the automation of apartheid. What does this mean? That aid distribution, for example, would be automatically tied to behavioral compliance. Obey and receive concessions; resist and face exclusion. A techno-legal model, also termed "premium law" (reward-based governance), already imported and tested in our own territories. Among those responsible for this operation in Gaza (and it’s not the only one underway)—aside from Tel Aviv’s authorities and the military’s cyber-espionage division, Unit 8200—are also Corsight, a company specializing in AI-driven security services (owned by Israeli startup Cortica), and, ultimately... Google. While Google Photos’ services allow Israel to "identify and distinguish faces in crowds and grainy drone footage" via databases, Corsight’s platform goes further, enabling not just "pre-recognition of individuals on watchlists" but also "unknown individuals." 👉 This is hardly the first time Silicon Valley giants have technically supported war machinery or absorbed its personnel—even for so-called "civilian sector" development (which is anything but civilian). Recall, for example, the platform Google built to help "Syrian dissidents" overthrow Damascus’ government—a project exposed by WikiLeaks. Or WhatsApp’s (Meta) willingness to provide Israeli authorities with Iranian user data, as recently denounced by Tehran. For further discussion, join us in Milan, Sunday, June 29 2025, at 4:00 PM, Viale Monza 140: "Palestine Smart City – Technologies of War Against Peoples." https://t.me/canalemiracolomilano
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  • Blue, [18 Giu 2025 alle 22:29]
    Levi Shlaim, uno dei massimi storici ebrei, ha fatto emergere l'ipocrisia dietro la presunta minaccia iraniana.

    "L'Iran non ha mai attaccato un vicino, Israele ha ripetutamente attaccato I suoi vicini.
    L'Iran ha firmato il patto di non proliferazione nucleare, Israele ha rifiutato di firmare.
    L'Iran ha permesso le ispezioni dell'AIEA, Israele ha rifiutato.
    L'Iran non ha armi nucleari, Israele possiede tra le 75 e le 400 testate nucleari. Israele rappresenta una minaccia esistenziale per l’Iran.
    Negli ultimi 40 anni, Israele ha condotto una sistematica campagna di disinformazione contro l’Iran. Perché queste bugie, perché questo doppio standard, perché questa ipocrisia?"

    ⭐Iscriviti a @Russia_Ucraina_Guerra_Palestina

    Per sostenere o associarsi ad ARBITRIUM PSG clicca sul link

    https://arbitriumpsg.org/
    Blue, [18 Giu 2025 alle 22:29] Levi Shlaim, uno dei massimi storici ebrei, ha fatto emergere l'ipocrisia dietro la presunta minaccia iraniana. "L'Iran non ha mai attaccato un vicino, Israele ha ripetutamente attaccato I suoi vicini. L'Iran ha firmato il patto di non proliferazione nucleare, Israele ha rifiutato di firmare. L'Iran ha permesso le ispezioni dell'AIEA, Israele ha rifiutato. L'Iran non ha armi nucleari, Israele possiede tra le 75 e le 400 testate nucleari. Israele rappresenta una minaccia esistenziale per l’Iran. Negli ultimi 40 anni, Israele ha condotto una sistematica campagna di disinformazione contro l’Iran. Perché queste bugie, perché questo doppio standard, perché questa ipocrisia?" ⭐Iscriviti a @Russia_Ucraina_Guerra_Palestina đŸ”șPer sostenere o associarsi ad ARBITRIUM PSG clicca sul link âŹ‡ïž https://arbitriumpsg.org/
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  • Nel corso della notte, è arrivata la reazione iraniana.
    Diverse ondate di missili balistici hanno colpito Tel Aviv, Gerusalemme e altre città della Palestina occupata. Ci sono stati ingenti danni materiali. Sono state colpite anche strutture governative e militari.
    Il regime s1onist4 invasato ha, invece, continuato a bombardare Teheran e varie città iraniane.
    Il boia Nethanyau ha lanciato un appello alla popolazione iraniana, invocando il "cambio di regime". Questo è stato accolto dai partiti monarchici, nostalgici dello Shah, e da qualche formazione curda.
    Temo che da oggi, per tentare il suddetto "colpaccio", Israele intensificherà gli attacchi contro l'economia iraniana, colpendo soprattutto i settori del petrolio e del gas.
    A livello "diplomatico" tutto è immutato.
    Trump, per chi si faceva illusioni, ha scoperto definitivamente le carte e ora è nella cabina di regia dell'aggressione israeliana.
    Gli accordi di pace che aveva proposto all'Iran si sono rivelati una trappola e hanno permesso a Israele di pianificare al meglio l'aggressione.
    I paesi UE sono accodati e allineati. I paesi arabi cosiddetti "moderati" fanno a gara a chi è più prono, offrendosi come supporto alla difesa aerea israeliana.
    Russia e Cina ovviamente condannano. Ma va detto che sono i grandi attori NON protagonisti di questa storia.
    La Cina per scelta, concentrandosi nelle contromisure agli attacchi economici di Trump e nella sua prospettiva maoista-confuciana dei "cent'anni". Ma, prima o poi, gli Usa busseranno alla porta nel suo cortile di casa e Pechino non potrà aspettare e rinviare per sempre.
    La Russia, invece, è impantanata in 3 anni e mezzo di guerra in Ucraina e, dopo la disfatta siriana, non ha più un ruolo attivo in Medio Oriente. Vorrebbe tenersi tutti amici: Nethanyau, Erdogan, l'Iran, i sauditi. Firma accordi di cooperazione militare con Teheran, senza effetti concreti, ma al contempo non se la vuole "spasciare" con Israele, dove vivono milioni di coloni russofoni. Vuole dimostrare di aver ancora un po' di voce, ma sostanzialmente non conta nulla, quantomeno su questo scacchiere.
    Diciamo che il "nuovo mondo multipolare" viene teorizzato, inneggiato, di tanto in tanto si compie qualche passo in quella direzione, ma è ancora ben lungi dal realizzarsi.
    Anzi, si vedono tutti i segnali di una ripresa di vigore dell'imperialismo Usa e delle sue mire espansionistiche. In Medio Oriente, appaltando il tutto a Israele. In America, minacciando di occupare Groenlandia e Panama e stringendo il cerchio verso i governi socialisti latinoamericani. In Europa e in Ucraina, dove Trump ha teso a Putin la stessa trappola predisposta per gli iraniani: parla di pace, ma in realtà sostiene il riarmo di Kiev e si prepara a far perdurare la guerra, tenendo a bada la Russia mentre prova a spianare l'Iran e a testare le prime linee difensive, per ora economiche, cinesi.

    Da Omar Minniti PrBs
    Nel corso della notte, è arrivata la reazione iraniana. Diverse ondate di missili balistici hanno colpito Tel Aviv, Gerusalemme e altre città della Palestina occupata. Ci sono stati ingenti danni materiali. Sono state colpite anche strutture governative e militari. Il regime s1onist4 invasato ha, invece, continuato a bombardare Teheran e varie città iraniane. Il boia Nethanyau ha lanciato un appello alla popolazione iraniana, invocando il "cambio di regime". Questo è stato accolto dai partiti monarchici, nostalgici dello Shah, e da qualche formazione curda. Temo che da oggi, per tentare il suddetto "colpaccio", Israele intensificherà gli attacchi contro l'economia iraniana, colpendo soprattutto i settori del petrolio e del gas. A livello "diplomatico" tutto è immutato. Trump, per chi si faceva illusioni, ha scoperto definitivamente le carte e ora è nella cabina di regia dell'aggressione israeliana. Gli accordi di pace che aveva proposto all'Iran si sono rivelati una trappola e hanno permesso a Israele di pianificare al meglio l'aggressione. I paesi UE sono accodati e allineati. I paesi arabi cosiddetti "moderati" fanno a gara a chi è più prono, offrendosi come supporto alla difesa aerea israeliana. Russia e Cina ovviamente condannano. Ma va detto che sono i grandi attori NON protagonisti di questa storia. La Cina per scelta, concentrandosi nelle contromisure agli attacchi economici di Trump e nella sua prospettiva maoista-confuciana dei "cent'anni". Ma, prima o poi, gli Usa busseranno alla porta nel suo cortile di casa e Pechino non potrà aspettare e rinviare per sempre. La Russia, invece, è impantanata in 3 anni e mezzo di guerra in Ucraina e, dopo la disfatta siriana, non ha più un ruolo attivo in Medio Oriente. Vorrebbe tenersi tutti amici: Nethanyau, Erdogan, l'Iran, i sauditi. Firma accordi di cooperazione militare con Teheran, senza effetti concreti, ma al contempo non se la vuole "spasciare" con Israele, dove vivono milioni di coloni russofoni. Vuole dimostrare di aver ancora un po' di voce, ma sostanzialmente non conta nulla, quantomeno su questo scacchiere. Diciamo che il "nuovo mondo multipolare" viene teorizzato, inneggiato, di tanto in tanto si compie qualche passo in quella direzione, ma è ancora ben lungi dal realizzarsi. Anzi, si vedono tutti i segnali di una ripresa di vigore dell'imperialismo Usa e delle sue mire espansionistiche. In Medio Oriente, appaltando il tutto a Israele. In America, minacciando di occupare Groenlandia e Panama e stringendo il cerchio verso i governi socialisti latinoamericani. In Europa e in Ucraina, dove Trump ha teso a Putin la stessa trappola predisposta per gli iraniani: parla di pace, ma in realtà sostiene il riarmo di Kiev e si prepara a far perdurare la guerra, tenendo a bada la Russia mentre prova a spianare l'Iran e a testare le prime linee difensive, per ora economiche, cinesi. Da Omar Minniti PrBs
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  • INTOLERANCE - (Reprise)

    Scendono in piazza quasi ogni sabato, religiosamente.
    Gridano slogan solidali, agitano bandiere, si avvolgono nella kefiah anche sotto il sole assassino di giugno — 40 gradi all’ombra, ma il dolore altrui merita ogni goccia di sudore.
    “Palestina libera!” — urlano, fieri, puri, indignati.
    Poi basta spostarsi di tre metri, cambiare contesto, ed ecco che quelli che predicano empatia e giustizia ti guardano con disprezzo, ti ignorano se non sei “omologato”, ti silenziano con la bava alla bocca per una sfumatura nel pensiero, per una parola storta, per una “divergenza non autorizzata”.

    Magari ti mandano anche affanculo, così, in nome della tolleranza selettiva quando li incontri in riunione , per strada o addirittura durante una commemorazione funebre.

    Probabilmente la chiamano militanza.
    Gridano all'ipocrisia altrui come quando il bue dà del cornuto all'asino. Né più né meno...
    O forse hanno un qualche certificato, un brevetto morale, che gli permette di stabilire dove finisce la verità e dove inizia la colpa altrui.
    Beati loro....
    Brava, brava..
    Bravo...
    INTOLERANCE - (Reprise) Scendono in piazza quasi ogni sabato, religiosamente. Gridano slogan solidali, agitano bandiere, si avvolgono nella kefiah anche sotto il sole assassino di giugno — 40 gradi all’ombra, ma il dolore altrui merita ogni goccia di sudore. “Palestina libera!” — urlano, fieri, puri, indignati. Poi basta spostarsi di tre metri, cambiare contesto, ed ecco che quelli che predicano empatia e giustizia ti guardano con disprezzo, ti ignorano se non sei “omologato”, ti silenziano con la bava alla bocca per una sfumatura nel pensiero, per una parola storta, per una “divergenza non autorizzata”. Magari ti mandano anche affanculo, così, in nome della tolleranza selettiva quando li incontri in riunione , per strada o addirittura durante una commemorazione funebre. Probabilmente la chiamano militanza. Gridano all'ipocrisia altrui come quando il bue dà del cornuto all'asino. Né più né meno... O forse hanno un qualche certificato, un brevetto morale, che gli permette di stabilire dove finisce la verità e dove inizia la colpa altrui. Beati loro.... Brava, brava.. Bravo...
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  • ROCK SALVATION
    La terza via tra caos e coscienza

    Credo nella via "mediana". Credo nella mediazione e nella ricerca di un equilibrio che oggi ci serve come il pane . E quando dico via mediana, mi riferisco a quell’onda che abbiamo cercato anni fa, chiamata anche “terza via”. No, non è quell'equidistanza democristiana fluttuante che odora di compromessi sterili. Sia chiaro, per i malpensanti.

    E oggi mi fa piacere che questa via del dialogo, questo fragile sentiero d'equilibrio, arrivi ancora una volta dal #Rock. Da chi, dentro al caos creativo, ha saputo sublimare la propria inquietudine in suono e parola. Thom Yorke, come altri poeti del suono – Roger Waters, o in forma più silenziosa Eric Clapton (che sale sul palco con una chitarra palestinese) – oggi ci offre parole che hanno il sapore di un coraggio diverso. Di un equilibrio pensato, sofferto. E io, quelle parole, le sento mie. Le condivido. Le rilancio.

    ❗Perché no, non sempre nella vita esiste l’obbligo di schierarsi. Non sempre serve scegliere tra una contrada o l’altra, in queste moderne guerre tribali tra vax e no vax, palestinesi e israeliani, russi e ucraini. Sembrano gironi di Champions League della coscienza, con tanto di quote da scommessa pseudocalcistica .
    La vita non è solo dicotomia. Ci vuole coraggio – vero coraggio – per voler (e saper) percorrere la via mediana. Quella in cui i problemi si affrontano con precisione chirurgica, dove si cerca la negoziazione come strumento di civiltà. Una via che tarda ad arrivare perché il mondo, oggi, ha disimparato a praticarla.
    Ed è allora che arte, cultura, e in questo caso il rock sperimentale di chi non ha padroni, tornano a farci da bussola.

    Ecco, le parole di Thom Yorke non sono un j’accuse né un manifesto pacifista da bacheca scolastica. Sono riflessioni lucide, scomode, profondamente umane. Le sue parole riecheggiano proprio quella terza via che rivendichiamo.

    “Spero che per chiunque abbia mai ascoltato una nota della musica della mia band o di qualsiasi altra musica che ho creato nel corso degli anni, o abbia guardato la copertina o letto un qualsiasi testo, sia ovvio che non potrei mai supportare alcuna forma di estremismo o disumanizzazione degli altri.”

    Parole che non si piegano né a slogan né a tifoserie. Yorke lo dice senza infingimenti, quando denuncia l’agire dell’attuale governo israeliano:

    “Penso che Netanyahu e la sua banda di estremisti siano totalmente fuori controllo e debbano essere fermati, e che la comunità internazionale dovrebbe esercitare tutta la pressione possibile su di loro affinché cessino. La loro scusa di autodifesa si è esaurita da tempo ed è stata sostituita da un palese desiderio di prendere il controllo di Gaza e della Cisgiordania permanentemente.”

    “Credo che questa amministrazione ultranazionalista si sia nascosta dietro un popolo terrorizzato e addolorato e lo abbia usato per deviare ogni critica, usando quella paura e quel dolore per promuovere la sua agenda ultranazionalista con conseguenze terribili, come vediamo ora con l'orribile blocco degli aiuti a Gaza.”

    Ma attenzione: non c'è parzialità. Non c'è adesione cieca a una sola parte. Yorke mette sotto lente anche l’altro lato:

    “Allo stesso tempo, l'incondizionato ritornello di Palestina Libera che ci circonda non risponde alla semplice domanda: perché gli ostaggi non sono ancora stati tutti restituiti? Per quale possibile motivo? Perché Hamas ha scelto gli atti davvero orribili del 7 ottobre?”

    “La risposta sembra ovvia, e credo che anche Hamas scelga di nascondersi dietro le sofferenze del suo popolo, in modo altrettanto cinico, per i propri scopi.”

    Yorke non gioca a fare il moderato da talk show. Prende posizione. Ma la sua è una posizione mediana, non neutrale. È il coraggio di chiamare le cose con il loro nome, senza rinunciare alla complessità. Senza cedere alle tifoserie.

    No, non è paraculaggine questa. Né mancanza di coraggio. Tutt’altro.
    Perché è proprio quando ci dividiamo in fazioni d’opinionismo e in sacche di resistenza ideologica, che diventiamo la caricatura di quella pace che diciamo di voler costruire. Anche qui, sui social, tra commenti urlati e condivisioni da tastiera.


    Serve invece il coraggio di guardare in faccia le contraddizioni. Di non avere paura della complessità. Di non cercare scorciatoie morali. Perché la vera pace non è mai un atto di schieramento. È un lavoro chirurgico, continuo, spesso ingrato.
    E non è un caso se anni fa fu un poeta del rock – non un politico – a cantare:
    "Give peace a chance".

    Rock docet.

    #ThomYorke #TheSmile #Radiohead #PeaceNotSides #MusicaImpegnata #RockPoetico #ArteEDialogo #ViaMediana #RockSalvation #NoToExtremism #MusicaChePensa #ThirdWay #StopHamas #StopNetanyahu #TomYorkeQuotes #GivePeaceAChance #MusicForPeace #Palestina #Israele #RockAndPolitics #ThinkBeforeYouShout #Equilibrio
    🎾 ROCK SALVATION đŸ€˜ La terza via tra caos e coscienza đŸŒȘïžđŸ•Šïž Credo nella via "mediana". Credo nella mediazione e nella ricerca di un equilibrio che oggi ci serve come il pane 🍞. E quando dico via mediana, mi riferisco a quell’onda che abbiamo cercato anni fa, chiamata anche “terza via”. No, non è quell'equidistanza democristiana fluttuante che odora di compromessi sterili. Sia chiaro, per i malpensanti. E oggi mi fa piacere che questa via del dialogo, questo fragile sentiero d'equilibrio, arrivi ancora una volta dal #Rock. Da chi, dentro al caos creativo, ha saputo sublimare la propria inquietudine in suono e parola. Thom Yorke, come altri poeti del suono – Roger Waters, o in forma più silenziosa Eric Clapton (che sale sul palco con una chitarra palestinese) – oggi ci offre parole che hanno il sapore di un coraggio diverso. Di un equilibrio pensato, sofferto. E io, quelle parole, le sento mie. Le condivido. Le rilancio. ❗Perché no, non sempre nella vita esiste l’obbligo di schierarsi. Non sempre serve scegliere tra una contrada o l’altra, in queste moderne guerre tribali tra vax e no vax, palestinesi e israeliani, russi e ucraini. Sembrano gironi di Champions League della coscienza, con tanto di quote da scommessa pseudocalcistica đŸŽČâšœ. La vita non è solo dicotomia. Ci vuole coraggio – vero coraggio – per voler (e saper) percorrere la via mediana. Quella in cui i problemi si affrontano con precisione chirurgica, dove si cerca la negoziazione come strumento di civiltà. Una via che tarda ad arrivare perché il mondo, oggi, ha disimparato a praticarla. Ed è allora che arte, cultura, e in questo caso il rock sperimentale di chi non ha padroni, tornano a farci da bussola. 🎧🌍 👉Ecco, le parole di Thom Yorke non sono un j’accuse né un manifesto pacifista da bacheca scolastica. Sono riflessioni lucide, scomode, profondamente umane. Le sue parole riecheggiano proprio quella terza via che rivendichiamo. “Spero che per chiunque abbia mai ascoltato una nota della musica della mia band o di qualsiasi altra musica che ho creato nel corso degli anni, o abbia guardato la copertina o letto un qualsiasi testo, sia ovvio che non potrei mai supportare alcuna forma di estremismo o disumanizzazione degli altri.” Parole che non si piegano né a slogan né a tifoserie. Yorke lo dice senza infingimenti, quando denuncia l’agire dell’attuale governo israeliano: “Penso che Netanyahu e la sua banda di estremisti siano totalmente fuori controllo e debbano essere fermati, e che la comunità internazionale dovrebbe esercitare tutta la pressione possibile su di loro affinché cessino. La loro scusa di autodifesa si è esaurita da tempo ed è stata sostituita da un palese desiderio di prendere il controllo di Gaza e della Cisgiordania permanentemente.” “Credo che questa amministrazione ultranazionalista si sia nascosta dietro un popolo terrorizzato e addolorato e lo abbia usato per deviare ogni critica, usando quella paura e quel dolore per promuovere la sua agenda ultranazionalista con conseguenze terribili, come vediamo ora con l'orribile blocco degli aiuti a Gaza.” Ma attenzione: non c'è parzialità. Non c'è adesione cieca a una sola parte. Yorke mette sotto lente anche l’altro lato: “Allo stesso tempo, l'incondizionato ritornello di Palestina Libera che ci circonda non risponde alla semplice domanda: perché gli ostaggi non sono ancora stati tutti restituiti? Per quale possibile motivo? Perché Hamas ha scelto gli atti davvero orribili del 7 ottobre?” “La risposta sembra ovvia, e credo che anche Hamas scelga di nascondersi dietro le sofferenze del suo popolo, in modo altrettanto cinico, per i propri scopi.” Yorke non gioca a fare il moderato da talk show. Prende posizione. Ma la sua è una posizione mediana, non neutrale. È il coraggio di chiamare le cose con il loro nome, senza rinunciare alla complessità. Senza cedere alle tifoserie. No, non è paraculaggine questa. Né mancanza di coraggio. Tutt’altro. Perché è proprio quando ci dividiamo in fazioni d’opinionismo e in sacche di resistenza ideologica, che diventiamo la caricatura di quella pace che diciamo di voler costruire. Anche qui, sui social, tra commenti urlati e condivisioni da tastiera. đŸŽ­đŸ“± Serve invece il coraggio di guardare in faccia le contraddizioni. Di non avere paura della complessità. Di non cercare scorciatoie morali. Perché la vera pace non è mai un atto di schieramento. È un lavoro chirurgico, continuo, spesso ingrato. E non è un caso se anni fa fu un poeta del rock – non un politico – a cantare: đŸŽ” "Give peace a chance". Rock docet. #ThomYorke #TheSmile #Radiohead #PeaceNotSides #MusicaImpegnata #RockPoetico #ArteEDialogo #ViaMediana #RockSalvation #NoToExtremism #MusicaChePensa #ThirdWay #StopHamas #StopNetanyahu #TomYorkeQuotes #GivePeaceAChance #MusicForPeace #Palestina #Israele #RockAndPolitics #ThinkBeforeYouShout #Equilibrio
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  • CARI AMICI, MENOMALE CHE SI E' SVEGLIATO TAJANI ED HA DETTO CHE ISRAELE DEVE FERMARE L' OPERAZIONE DI DISTRUZIONE DELLA PALESTINA A GAZA !!!! MEGLIO TARDI CHE MAI !!!! E LA MELONA COME E' POSSIBILE CHE SI MANDINO ANCORA LE ARMI FABBRICATE DALLA ARMERIA DI CUI E' TITOLARE IL MINISTRO DELLA DIFESA, A NOME GUIDO CROSETTO, A GAZA, PERCHE' CONTINUI IL GENOCIDIO ???!!! INCREDIBILE !!!! E' ORA CHE TUTTO IL MONDO DICA BASTA ALL'ORRORE CHE SI STA PROTRAENDO CONTRO INNOCENTI E BIMBI, DAL 7 OTTOBRE 2023 !!!!! PERFETTAMENTE INUTILE CHE NETHANYAU TENTI DI GIUSTIFICARE QUELLO CHE STA FACENDO, RICORDANDO QUELLO CHE HA FATTO HAMAS !!!!! UN ABBRACCIO A E BUONA GIORNATA A TUTTI.
    CARI AMICI, MENOMALE CHE SI E' SVEGLIATO TAJANI ED HA DETTO CHE ISRAELE DEVE FERMARE L' OPERAZIONE DI DISTRUZIONE DELLA PALESTINA A GAZA !!!! MEGLIO TARDI CHE MAI !!!! E LA MELONA COME E' POSSIBILE CHE SI MANDINO ANCORA LE ARMI FABBRICATE DALLA ARMERIA DI CUI E' TITOLARE IL MINISTRO DELLA DIFESA, A NOME GUIDO CROSETTO, A GAZA, PERCHE' CONTINUI IL GENOCIDIO ???!!! INCREDIBILE !!!! E' ORA CHE TUTTO IL MONDO DICA BASTA ALL'ORRORE CHE SI STA PROTRAENDO CONTRO INNOCENTI E BIMBI, DAL 7 OTTOBRE 2023 !!!!! PERFETTAMENTE INUTILE CHE NETHANYAU TENTI DI GIUSTIFICARE QUELLO CHE STA FACENDO, RICORDANDO QUELLO CHE HA FATTO HAMAS !!!!! UN ABBRACCIO A E BUONA GIORNATA A TUTTI.
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  • PALESTINA : Convergenza o Concorrenza?
    Manifestare uniti... per restare divisi.
    (Spoiler: sempre la seconda)

    Niente da fare. In questo Paese – e nella sua tragicomica politica – la parola "convergenza" continua a suonare come una barzelletta di cattivo gusto. Piuttosto, siamo al solito derby di concorrenza tra opposizioni: chi la spara più giusta, chi la piazza più identitaria, chi riesce a far pesare di più il proprio nome sul volantino della manifestazione.

    E intanto, di mezzo, ci va la Palestina. O meglio, ci vanno le istanze, le vite, i diritti. Perché se anche ci fosse un barlume di buona volontà, viene subito spazzato via da calcoli elettorali, esigenze di partito e smanie di protagonismo.

    E allora succede questo: Pd, M5S e AVS indicono una manifestazione nazionale per sabato 7 giugno a Roma. Mozione unitaria in Parlamento, richiesta di riconoscimento dello Stato di Palestina, cessate il fuoco a Gaza, stop alla vendita di armi a Israele, mandati d’arresto della CPI contro Netanyahu e Gallant da rispettare. Un punto di partenza... che però non va giù a Iv e Azione.

    Calenda e compagnia vogliono integrare la piattaforma: parlano di coccarde gialle per gli ostaggi israeliani, solidarietà agli israeliani anti-Netanyahu (giusto), condanna dell’antisemitismo (sacrosanta), smantellamento di Hamas (tema delicato), due popoli e due Stati (teoricamente condivisibile). Ma la verità è che ogni aggiunta ha l’aria di una clausola di salvaguardia elettorale.

    E così, invece di manifestare insieme, assistiamo all’ennesimo spettacolo di opposizione nell’opposizione. Bellissimo. Proprio quello che serve per fermare un genocidio, no

    E mentre si litiga su quale piazza prenotare (Piazza del Popolo è occupata, ironia della sorte), si resta tutti a metà tra indignazione e calcolo, tra pace da esibire e personalismi da coltivare.
    Complimenti vivissimi...

    Alla fine, si farà qualcosa. Forse. Ma senza unità di intenti, sarà solo l’ennesima passerella utile per i selfie e per le stories da campagna elettorale. La gente però – sorpresa! – non è stupida. E ha smesso da tempo di bersi le faide tra guelfi e ghibellini versione XXI secolo.

    Io continuo a pensare che serva un nuovo umanesimo politico. Quello che mette le persone al centro, non le sigle. Quello che smette di fare strategie sulla pelle degli altri.

    È estremismo? No. È solo disperato bisogno di buon senso. Quello che manca da troppo tempo.

    #Palestina #7giugno #ManifestazioneRoma #Opposizione #M5S #PD #AVS #Calenda #ItaliaViva #Pace #DirittiUmani #StopGenocidio #DirittoInternazionale #DuePopoliDueStati #HumanityFirst
    PALESTINA : Convergenza o Concorrenza? ✌⚔ Manifestare uniti... per restare divisi. (Spoiler: sempre la seconda) Niente da fare. In questo Paese – e nella sua tragicomica politica – la parola "convergenza" continua a suonare come una barzelletta di cattivo gusto. Piuttosto, siamo al solito derby di concorrenza tra opposizioni: chi la spara più giusta, chi la piazza più identitaria, chi riesce a far pesare di più il proprio nome sul volantino della manifestazione. E intanto, di mezzo, ci va la Palestina. O meglio, ci vanno le istanze, le vite, i diritti. Perché se anche ci fosse un barlume di buona volontà, viene subito spazzato via da calcoli elettorali, esigenze di partito e smanie di protagonismo. E allora succede questo: Pd, M5S e AVS indicono una manifestazione nazionale per sabato 7 giugno a Roma. Mozione unitaria in Parlamento, richiesta di riconoscimento dello Stato di Palestina, cessate il fuoco a Gaza, stop alla vendita di armi a Israele, mandati d’arresto della CPI contro Netanyahu e Gallant da rispettare. Un punto di partenza... che però non va giù a Iv e Azione. Calenda e compagnia vogliono integrare la piattaforma: parlano di coccarde gialle per gli ostaggi israeliani, solidarietà agli israeliani anti-Netanyahu (giusto), condanna dell’antisemitismo (sacrosanta), smantellamento di Hamas (tema delicato), due popoli e due Stati (teoricamente condivisibile). Ma la verità è che ogni aggiunta ha l’aria di una clausola di salvaguardia elettorale. E così, invece di manifestare insieme, assistiamo all’ennesimo spettacolo di opposizione nell’opposizione. Bellissimo. Proprio quello che serve per fermare un genocidio, no⁉ E mentre si litiga su quale piazza prenotare (Piazza del Popolo è occupata, ironia della sorte), si resta tutti a metà tra indignazione e calcolo, tra pace da esibire e personalismi da coltivare. Complimenti vivissimi... Alla fine, si farà qualcosa. Forse. Ma senza unità di intenti, sarà solo l’ennesima passerella utile per i selfie e per le stories da campagna elettorale. La gente però – sorpresa! – non è stupida. E ha smesso da tempo di bersi le faide tra guelfi e ghibellini versione XXI secolo. Io continuo a pensare che serva un nuovo umanesimo politico. Quello che mette le persone al centro, non le sigle. Quello che smette di fare strategie sulla pelle degli altri. È estremismo? No. È solo disperato bisogno di buon senso. Quello che manca da troppo tempo. #Palestina #7giugno #ManifestazioneRoma #Opposizione #M5S #PD #AVS #Calenda #ItaliaViva #Pace #DirittiUmani #StopGenocidio #DirittoInternazionale #DuePopoliDueStati #HumanityFirst
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