• Che cosa sta accadendo? – Quando hai in mano il tuo smartphone (o tablet) e sullo schermo del tuo device (dispositivo) compaiono queste icone e le relative indicazioni – Ti sei mai chiesto che cosa è costretto a subire il tuo organismo? / Credo proprio di no. Altrimenti avresti consapevolezza dell’entità del rischio per la tua salute. / Si chiama “Danno Biologico da esposizione ai Campi Elettromagnetici” artificiali.
    Ora, vediamo assieme quali sono le informazioni che compaiono davanti ai tuoi occhi ma che sino ad ora non hai mai dato l’attenzione che meritano.
    Sono le “16:46” – l’ora esatta che ti arriva direttamente da un “cloud” inviato da un satellite. Questo significa che il tuo dispositivo è geolocalizzato, quindi può ricevere il segnale ed è interconnesso con la rete.
    La seconda icona indica che il vostro “bluetooth” è in funzione. Questo sta ad indicare che il vostro organismo è immerso nelle radiazioni elettromagnetiche della Banda dei 2,4 GHz. Il Sistema Bluetooth è quella tecnologia che permette il trasferimento di dati digitali senza l’ausilio di connessioni fisiche (cablaggio ad es. mediante filo di rame). Lo si utilizza per collegare i dispositivi wireless (senza filo).
    La terza icona indica la vostra SIM 1 è in funzione e il vostro segnale di rice/trasmissione è al massimo.
    La SIM è una piccola scheda che viene inserita in uno smartphone, un modem portatile oppure un dispositivo compatibile, in modo da permettere la fornitura di diversi servizi. La SIM (Subscriber Identity Module) serve a riconoscere l’identità di un utente di telefonia mobile, associandolo ad un numero di telefono. In questo caso la SIM eroga servizi con segnali digitali LTE-4G. Qualora il segnale fosse in 5G, si vedrebbe comparire l’indicazione “5G”. In ogni caso, i dati trasmessi in 4G, sono di tipo “triband”. Questo significa che per avere stabilità di trasferimento di dati, si utilizzano contemporaneamente 3 Bande di Frequenza. Il vostro organismo è permeato dalle radiazioni elettromagnetiche delle seguenti Bande di Frequenza: 800MHz, 1800MHz, 2600 MHz. Campi Elettromagnetici artificiali che mediante pacchetti di segnali pulsati, ricevono e inviano informazioni, costantemente.
    La quarta icona ha le medesime caratteristiche della precedente ma essendo assegnata ad un’altra SIM (numero utente) opera in maniera indipendente, quindi riceve e trasmette sulla stessa Banda di Frequenza dell’altra ma in parallelo.

    È come essere in possesso di un secondo dispositivo sempre in funzione.
    L’irraggiamento elettromagnetico si somma. Aumenta quindi il danno biologico da esposizione alle RF.
    Eccoci arrivati alla successiva icona, quella che indica che il vostro dispositivo è collegato ad una rete Internet locale. È un servizio diverso da quello erogato dalle due SIM. Vediamo di spiegare meglio di che cosa si tratta. Il termine Wi-Fi, è l’acronimo di “Wireless Fidelity”. Indica una tecnologia di rete wireless (senza fili) che consente ai dispositivi omologati di connettersi a una rete tramite radiofrequenza (altre radiazioni elettromagnetiche). La rete è chiamata “Wireless Local Area Network” (in breve “WLAN”) e consente ai dispositivi come smartphone, tablet, computer portatili e computer di connettersi a Internet e comunicare tra loro senza bisogno di cavi fisici, come nel caso delle porte Ethernet (cablate).
    La maggior parte delle reti wireless sono in genere configurate utilizzando un router, che funge da hub per la trasmissione del segnale wireless o della frequenza WiFi. Vista la semplicità e la facilità di accesso, le reti WiFi sono diventate di uso comune in vari luoghi, tra cui: uffici commerciali, aeroporti, hotel, caffetterie, biblioteche e altri spazi pubblici. / Tutto bello, tutto carino, tutto facile.
    Qual è il rovescio della medaglia? – Il WiFi funziona mediante radiofrequenze su bande diverse, quindi, forniscono dati a velocità variabili. Le Bande di Frequenza normalmente utilizzate sono le seguenti: 2,4GHz; 5GHz e 6GHz. Tanto per capire, la banda di frequenza più alta è la più veloce nel trasferimento dei dati ma, allo stesso tempo, è quella che copre una minor distanza. In ogni caso il vostro organismo sarà permeato anche da queste radiofrequenze. Se vi va bene, solo da una di esse ma sarà più facile che vi troviate immersi di almeno due di esse se non addirittura in tutte e tre contemporaneamente. La priorità del servizio (business) è più importante della vostra salute. Mi sembra chiaro. Spero lo sia anche per Voi.
    Alla fine siamo giunti all’ultima icona. Quest’ultima ci indica la percentuale di carica della “Batteria agli Ioni di Litio”, quella che sta facendo funzionare il dispositivo. / Finalmente qualcosa di positivo, penserete. Niente di più sbagliato. Le radiazioni elettromagnetiche emesse dal vostro accumulatore, altera fortemente le funzioni biologiche delle vostre cellule. Un’analisi del vostro sangue mediante un microscopio elettronico a campo oscuro, metterebbe in evidenza come il nostro sangue tenda ad aumentare la sua viscosità. Ciò sta indicare che c’è un minore apporto d’Ossigeno nell’organismo. Ne consegue anche un minore scambio ossigeno/anidride carbonica. Non sto qui ora ad elencare l’effetto domino che ne scaturisce. In poche parole, niente di buono.
    Avevate mai pensato a tutto questo? – Ve lo avevano mai detto? // Tutto questo accade ad ogni organismo vivente se esposto ai Campi Elettromagnetici artificiali. // Spero di essermi espresso in modo chiaro e che tutto ciò Vi sia utile. Per sicurezza aggiungo ancora questa osservazione. Chiunque stia utilizzando il proprio smartphone (tablet o altro) si trova a subire tutto questo. Per conferma, osservate ciò che appare in altro sul vostro schermo. Il Danno Biologico che il vostro organismo sta subendo è dovuto al fatto che siete in prossimità di quel dispositivo. Le icone vi indicheranno le fonti che lo generano il danno biologico e l’intensità dello stesso.
    Attenzione! Non vorrei vi fosse sfuggita una cosa importante. Il vostro dispositivo funziona perché attorno ad esso ci sono tutte queste fonti inquinanti (Elettrosmog e Radiofrequenza). Questo significa che per caso decideste di spegnere il dispositivo, il vostro organismo subirebbe comunque il danno biologico perché le fonti che facevano funzionare il vostro dispositivo, sono comunque attive e Voi, irradiati da quei campi elettromagnetici artificiali che di naturale non hanno nulla.
    Ora vi è chiaro perché ancora oggi dichiarano che l’Inquinamento Elettromagnetico è l’unico modello di inquinamento che non nuoce? / In conclusione, chi sarebbe disposto a perdere tutti questi business?! Giorgio Rossi Ecoitaliasolidale Nord Italia_

    ENG

    What is happening? – When you have your smartphone (or tablet) in your hand and these icons and related information appear on the screen of your device – Have you ever wondered what your body is forced to endure? / I really don’t think so. Otherwise you would be aware of the extent of the risk to your health. / It’s called “Biological Damage from Exposure to Artificial Electromagnetic Fields”.
    Now, let’s see together what information appears before your eyes but that until now you have never given the attention it deserves.
    It is “16:46” – the exact time that comes to you directly from a “cloud” sent by a satellite. This means that your device is geolocalized, so it can receive the signal and is interconnected with the network.
    The second icon indicates that your “bluetooth” is working. This indicates that your body is immersed in electromagnetic radiation of the 2.4 GHz Band. The Bluetooth System is the technology that allows the transfer of digital data without the aid of physical connections (e.g. wiring using copper wire). It is used to connect wireless devices (without wires).
    The third icon indicates that your SIM 1 is in operation and your reception/transmission signal is at maximum.
    The SIM is a small card that is inserted into a smartphone, a portable modem or a compatible device, in order to allow the provision of various services. The SIM (Subscriber Identity Module) is used to recognize the identity of a mobile phone user, associating it with a telephone number. In this case the SIM provides services with LTE-4G digital signals. If the signal were in 5G, the indication “5G” would appear. In any case, the data transmitted in 4G are of the “triband” type. This means that to have stability of data transfer, 3 Frequency Bands are used simultaneously. Your body is permeated by electromagnetic radiation of the following Frequency Bands: 800MHz, 1800MHz, 2600 MHz. Artificial electromagnetic fields that, through pulsed signal packets, receive and send information, constantly.
    The fourth icon has the same characteristics as the previous one but being assigned to another SIM (user number) it operates independently, therefore it receives and transmits on the same Frequency Band as the other but in parallel.


    It's like having a second device that's always on.
    Electromagnetic radiation adds up. Therefore, biological damage from exposure to RF increases.
    Here we come to the next icon, the one that indicates that your device is connected to a local Internet network. This is a different service from the one provided by the two SIM cards. Let's explain better what it is. The term Wi-Fi is an acronym for "Wireless Fidelity". It indicates a wireless network technology that allows approved devices to connect to a network via radio frequency (other electromagnetic radiation). The network is called "Wireless Local Area Network" (or "WLAN" for short) and allows devices such as smartphones, tablets, laptops and computers to connect to the Internet and communicate with each other without the need for physical cables, as in the case of Ethernet ports (wired).
    Most wireless networks are typically configured using a router, which acts as a hub for transmitting the wireless signal or WiFi frequency. Given the simplicity and ease of access, WiFi networks have become commonplace in various places, including: business offices, airports, hotels, cafes, libraries and other public spaces. / All nice, all cute, all easy.
    What is the other side of the coin? – WiFi works through radio frequencies on different bands, therefore, they provide data at variable speeds. The Frequency Bands normally used are the following: 2.4GHz; 5GHz and 6GHz. Just to understand, the highest frequency band is the fastest in transferring data but, at the same time, it is the one that covers a shorter distance. In any case, your body will also be permeated by these radio frequencies. If you are lucky, only by one of them but it will be easier to find yourself immersed in at least two of them if not even in all three at the same time. The priority of the service (business) is more important than your health. It seems clear to me. I hope it is for you too.
    Finally we have come to the last icon. The latter indicates the percentage of charge of the “Lithium Ion Battery”, the one that is making the device work. / Finally something positive, you will think. Nothing could be more wrong. The electromagnetic radiation emitted by your battery strongly alters the biological functions of your cells. An analysis of your blood using a dark field electron microscope would highlight how our blood tends to increase its viscosity. This indicates that there is a lower supply of Oxygen in the body. This also results in a lower oxygen/carbon dioxide exchange. I am not going to list the domino effect that comes from this. In short, nothing good.
    Have you ever thought about all this? – Have you ever been told? // All this happens to every living organism if exposed to artificial electromagnetic fields. // I hope I have expressed myself clearly and that all this is useful to you. For safety I will add this observation. Anyone who is using their smartphone (tablet or other) finds themselves subjected to all this. For confirmation, look at what appears on your screen. The Biological Damage that your body is suffering is due to the fact that you are in proximity to that device. The icons will show you the sources that generate the biological damage and the intensity of the same.
    Attention! I would not want you to have missed an important thing. Your device works because around it there are all these polluting sources (Electrosmog and Radiofrequency). This means that if by chance you decided to turn off the device, your body would still suffer the biological damage because the sources that made your device work, are still active and you, irradiated by those artificial electromagnetic fields that have nothing natural.
    Now is it clear to you why they still declare that Electromagnetic Pollution is the only model of pollution that does not harm? / In conclusion, who would be willing to lose all these businesses?! Giorgio Rossi Ecoitaliasolidale Nord Italia_
    Che cosa sta accadendo? – Quando hai in mano il tuo smartphone (o tablet) e sullo schermo del tuo device (dispositivo) compaiono queste icone e le relative indicazioni – Ti sei mai chiesto che cosa è costretto a subire il tuo organismo? / Credo proprio di no. Altrimenti avresti consapevolezza dell’entità del rischio per la tua salute. / Si chiama “Danno Biologico da esposizione ai Campi Elettromagnetici” artificiali. Ora, vediamo assieme quali sono le informazioni che compaiono davanti ai tuoi occhi ma che sino ad ora non hai mai dato l’attenzione che meritano. Sono le “16:46” – l’ora esatta che ti arriva direttamente da un “cloud” inviato da un satellite. Questo significa che il tuo dispositivo è geolocalizzato, quindi può ricevere il segnale ed è interconnesso con la rete. La seconda icona indica che il vostro “bluetooth” è in funzione. Questo sta ad indicare che il vostro organismo è immerso nelle radiazioni elettromagnetiche della Banda dei 2,4 GHz. Il Sistema Bluetooth è quella tecnologia che permette il trasferimento di dati digitali senza l’ausilio di connessioni fisiche (cablaggio ad es. mediante filo di rame). Lo si utilizza per collegare i dispositivi wireless (senza filo). La terza icona indica la vostra SIM 1 è in funzione e il vostro segnale di rice/trasmissione è al massimo. La SIM è una piccola scheda che viene inserita in uno smartphone, un modem portatile oppure un dispositivo compatibile, in modo da permettere la fornitura di diversi servizi. La SIM (Subscriber Identity Module) serve a riconoscere l’identità di un utente di telefonia mobile, associandolo ad un numero di telefono. In questo caso la SIM eroga servizi con segnali digitali LTE-4G. Qualora il segnale fosse in 5G, si vedrebbe comparire l’indicazione “5G”. In ogni caso, i dati trasmessi in 4G, sono di tipo “triband”. Questo significa che per avere stabilità di trasferimento di dati, si utilizzano contemporaneamente 3 Bande di Frequenza. Il vostro organismo è permeato dalle radiazioni elettromagnetiche delle seguenti Bande di Frequenza: 800MHz, 1800MHz, 2600 MHz. Campi Elettromagnetici artificiali che mediante pacchetti di segnali pulsati, ricevono e inviano informazioni, costantemente. La quarta icona ha le medesime caratteristiche della precedente ma essendo assegnata ad un’altra SIM (numero utente) opera in maniera indipendente, quindi riceve e trasmette sulla stessa Banda di Frequenza dell’altra ma in parallelo. È come essere in possesso di un secondo dispositivo sempre in funzione. L’irraggiamento elettromagnetico si somma. Aumenta quindi il danno biologico da esposizione alle RF. Eccoci arrivati alla successiva icona, quella che indica che il vostro dispositivo è collegato ad una rete Internet locale. È un servizio diverso da quello erogato dalle due SIM. Vediamo di spiegare meglio di che cosa si tratta. Il termine Wi-Fi, è l’acronimo di “Wireless Fidelity”. Indica una tecnologia di rete wireless (senza fili) che consente ai dispositivi omologati di connettersi a una rete tramite radiofrequenza (altre radiazioni elettromagnetiche). La rete è chiamata “Wireless Local Area Network” (in breve “WLAN”) e consente ai dispositivi come smartphone, tablet, computer portatili e computer di connettersi a Internet e comunicare tra loro senza bisogno di cavi fisici, come nel caso delle porte Ethernet (cablate). La maggior parte delle reti wireless sono in genere configurate utilizzando un router, che funge da hub per la trasmissione del segnale wireless o della frequenza WiFi. Vista la semplicità e la facilità di accesso, le reti WiFi sono diventate di uso comune in vari luoghi, tra cui: uffici commerciali, aeroporti, hotel, caffetterie, biblioteche e altri spazi pubblici. / Tutto bello, tutto carino, tutto facile. Qual è il rovescio della medaglia? – Il WiFi funziona mediante radiofrequenze su bande diverse, quindi, forniscono dati a velocità variabili. Le Bande di Frequenza normalmente utilizzate sono le seguenti: 2,4GHz; 5GHz e 6GHz. Tanto per capire, la banda di frequenza più alta è la più veloce nel trasferimento dei dati ma, allo stesso tempo, è quella che copre una minor distanza. In ogni caso il vostro organismo sarà permeato anche da queste radiofrequenze. Se vi va bene, solo da una di esse ma sarà più facile che vi troviate immersi di almeno due di esse se non addirittura in tutte e tre contemporaneamente. La priorità del servizio (business) è più importante della vostra salute. Mi sembra chiaro. Spero lo sia anche per Voi. Alla fine siamo giunti all’ultima icona. Quest’ultima ci indica la percentuale di carica della “Batteria agli Ioni di Litio”, quella che sta facendo funzionare il dispositivo. / Finalmente qualcosa di positivo, penserete. Niente di più sbagliato. Le radiazioni elettromagnetiche emesse dal vostro accumulatore, altera fortemente le funzioni biologiche delle vostre cellule. Un’analisi del vostro sangue mediante un microscopio elettronico a campo oscuro, metterebbe in evidenza come il nostro sangue tenda ad aumentare la sua viscosità. Ciò sta indicare che c’è un minore apporto d’Ossigeno nell’organismo. Ne consegue anche un minore scambio ossigeno/anidride carbonica. Non sto qui ora ad elencare l’effetto domino che ne scaturisce. In poche parole, niente di buono. Avevate mai pensato a tutto questo? – Ve lo avevano mai detto? // Tutto questo accade ad ogni organismo vivente se esposto ai Campi Elettromagnetici artificiali. // Spero di essermi espresso in modo chiaro e che tutto ciò Vi sia utile. Per sicurezza aggiungo ancora questa osservazione. Chiunque stia utilizzando il proprio smartphone (tablet o altro) si trova a subire tutto questo. Per conferma, osservate ciò che appare in altro sul vostro schermo. Il Danno Biologico che il vostro organismo sta subendo è dovuto al fatto che siete in prossimità di quel dispositivo. Le icone vi indicheranno le fonti che lo generano il danno biologico e l’intensità dello stesso. Attenzione! Non vorrei vi fosse sfuggita una cosa importante. Il vostro dispositivo funziona perché attorno ad esso ci sono tutte queste fonti inquinanti (Elettrosmog e Radiofrequenza). Questo significa che per caso decideste di spegnere il dispositivo, il vostro organismo subirebbe comunque il danno biologico perché le fonti che facevano funzionare il vostro dispositivo, sono comunque attive e Voi, irradiati da quei campi elettromagnetici artificiali che di naturale non hanno nulla. Ora vi è chiaro perché ancora oggi dichiarano che l’Inquinamento Elettromagnetico è l’unico modello di inquinamento che non nuoce? / In conclusione, chi sarebbe disposto a perdere tutti questi business?! Giorgio Rossi Ecoitaliasolidale Nord Italia_ ENG What is happening? – When you have your smartphone (or tablet) in your hand and these icons and related information appear on the screen of your device – Have you ever wondered what your body is forced to endure? / I really don’t think so. Otherwise you would be aware of the extent of the risk to your health. / It’s called “Biological Damage from Exposure to Artificial Electromagnetic Fields”. Now, let’s see together what information appears before your eyes but that until now you have never given the attention it deserves. It is “16:46” – the exact time that comes to you directly from a “cloud” sent by a satellite. This means that your device is geolocalized, so it can receive the signal and is interconnected with the network. The second icon indicates that your “bluetooth” is working. This indicates that your body is immersed in electromagnetic radiation of the 2.4 GHz Band. The Bluetooth System is the technology that allows the transfer of digital data without the aid of physical connections (e.g. wiring using copper wire). It is used to connect wireless devices (without wires). The third icon indicates that your SIM 1 is in operation and your reception/transmission signal is at maximum. The SIM is a small card that is inserted into a smartphone, a portable modem or a compatible device, in order to allow the provision of various services. The SIM (Subscriber Identity Module) is used to recognize the identity of a mobile phone user, associating it with a telephone number. In this case the SIM provides services with LTE-4G digital signals. If the signal were in 5G, the indication “5G” would appear. In any case, the data transmitted in 4G are of the “triband” type. This means that to have stability of data transfer, 3 Frequency Bands are used simultaneously. Your body is permeated by electromagnetic radiation of the following Frequency Bands: 800MHz, 1800MHz, 2600 MHz. Artificial electromagnetic fields that, through pulsed signal packets, receive and send information, constantly. The fourth icon has the same characteristics as the previous one but being assigned to another SIM (user number) it operates independently, therefore it receives and transmits on the same Frequency Band as the other but in parallel. It's like having a second device that's always on. Electromagnetic radiation adds up. Therefore, biological damage from exposure to RF increases. Here we come to the next icon, the one that indicates that your device is connected to a local Internet network. This is a different service from the one provided by the two SIM cards. Let's explain better what it is. The term Wi-Fi is an acronym for "Wireless Fidelity". It indicates a wireless network technology that allows approved devices to connect to a network via radio frequency (other electromagnetic radiation). The network is called "Wireless Local Area Network" (or "WLAN" for short) and allows devices such as smartphones, tablets, laptops and computers to connect to the Internet and communicate with each other without the need for physical cables, as in the case of Ethernet ports (wired). Most wireless networks are typically configured using a router, which acts as a hub for transmitting the wireless signal or WiFi frequency. Given the simplicity and ease of access, WiFi networks have become commonplace in various places, including: business offices, airports, hotels, cafes, libraries and other public spaces. / All nice, all cute, all easy. What is the other side of the coin? – WiFi works through radio frequencies on different bands, therefore, they provide data at variable speeds. The Frequency Bands normally used are the following: 2.4GHz; 5GHz and 6GHz. Just to understand, the highest frequency band is the fastest in transferring data but, at the same time, it is the one that covers a shorter distance. In any case, your body will also be permeated by these radio frequencies. If you are lucky, only by one of them but it will be easier to find yourself immersed in at least two of them if not even in all three at the same time. The priority of the service (business) is more important than your health. It seems clear to me. I hope it is for you too. Finally we have come to the last icon. The latter indicates the percentage of charge of the “Lithium Ion Battery”, the one that is making the device work. / Finally something positive, you will think. Nothing could be more wrong. The electromagnetic radiation emitted by your battery strongly alters the biological functions of your cells. An analysis of your blood using a dark field electron microscope would highlight how our blood tends to increase its viscosity. This indicates that there is a lower supply of Oxygen in the body. This also results in a lower oxygen/carbon dioxide exchange. I am not going to list the domino effect that comes from this. In short, nothing good. Have you ever thought about all this? – Have you ever been told? // All this happens to every living organism if exposed to artificial electromagnetic fields. // I hope I have expressed myself clearly and that all this is useful to you. For safety I will add this observation. Anyone who is using their smartphone (tablet or other) finds themselves subjected to all this. For confirmation, look at what appears on your screen. The Biological Damage that your body is suffering is due to the fact that you are in proximity to that device. The icons will show you the sources that generate the biological damage and the intensity of the same. Attention! I would not want you to have missed an important thing. Your device works because around it there are all these polluting sources (Electrosmog and Radiofrequency). This means that if by chance you decided to turn off the device, your body would still suffer the biological damage because the sources that made your device work, are still active and you, irradiated by those artificial electromagnetic fields that have nothing natural. Now is it clear to you why they still declare that Electromagnetic Pollution is the only model of pollution that does not harm? / In conclusion, who would be willing to lose all these businesses?! Giorgio Rossi Ecoitaliasolidale Nord Italia_
    Angry
    3
    0 التعليقات 0 المشاركات 1كيلو بايت مشاهدة
  • L'invasione degli ultrabot - Link
    Sono ovunque. Ci mettono like sui social, copiano le nostre identità digitali, scrivono articoli e consigliano prodotti. I bot si stanno prendendo internet, ma a noi resta ancora la scelta: reagire o essere sostituiti.

    Qualche settimana fa, un mio contatto su Facebook ha pubblicato un post in cui spiegava di aver da poco ripreso possesso del suo profilo dopo aver subito un qualche tipo di attacco informatico. Ad attirare la mia attenzione non era stato il post in sé, ma i commenti che uno dopo l’altro si susseguivano. E che, con qualche variazione, ripetevano tutti le stesse parole: “Mi spiace che tu abbia subito un attacco, contattami per sapere come difenderti ed evitare che ti capiti di nuovo in futuro”

    Nonostante fossero dotati di nomi e cognomi verosimili e di un’immagine dalle sembianze umane, tutti i profili che avevano commentato per rammaricarsi e offrire assistenza non erano veri utenti di Facebook, ma dei bot: account automatizzati, controllati da software, progettati per simulare il comportamento umano e interagire sui social media. Gli obiettivi, come vedremo meglio più avanti, possono variare, ma in questo caso era evidentemente quello di offrire qualche servizio a pagamento – nella maggior parte dei casi delle truffe – o di raccogliere i dati personali degli utenti, per perpetrare ulteriori attacchi informatici ai loro danni.

    https://www.linkideeperlatv.it/linvasione-degli-ultrabot/?utm_source=firefox-newtab-it-it
    L'invasione degli ultrabot - Link Sono ovunque. Ci mettono like sui social, copiano le nostre identità digitali, scrivono articoli e consigliano prodotti. I bot si stanno prendendo internet, ma a noi resta ancora la scelta: reagire o essere sostituiti. Qualche settimana fa, un mio contatto su Facebook ha pubblicato un post in cui spiegava di aver da poco ripreso possesso del suo profilo dopo aver subito un qualche tipo di attacco informatico. Ad attirare la mia attenzione non era stato il post in sé, ma i commenti che uno dopo l’altro si susseguivano. E che, con qualche variazione, ripetevano tutti le stesse parole: “Mi spiace che tu abbia subito un attacco, contattami per sapere come difenderti ed evitare che ti capiti di nuovo in futuro” Nonostante fossero dotati di nomi e cognomi verosimili e di un’immagine dalle sembianze umane, tutti i profili che avevano commentato per rammaricarsi e offrire assistenza non erano veri utenti di Facebook, ma dei bot: account automatizzati, controllati da software, progettati per simulare il comportamento umano e interagire sui social media. Gli obiettivi, come vedremo meglio più avanti, possono variare, ma in questo caso era evidentemente quello di offrire qualche servizio a pagamento – nella maggior parte dei casi delle truffe – o di raccogliere i dati personali degli utenti, per perpetrare ulteriori attacchi informatici ai loro danni. https://www.linkideeperlatv.it/linvasione-degli-ultrabot/?utm_source=firefox-newtab-it-it
    WWW.LINKIDEEPERLATV.IT
    L'invasione degli ultrabot - Link
    Sono ovunque. Ci mettono like sui social, copiano le nostre identità digitali, scrivono articoli e consigliano prodotti. I bot si stanno prendendo internet, ma a noi resta ancora la scelta: reagire o essere sostituiti.
    Angry
    3
    0 التعليقات 0 المشاركات 440 مشاهدة
  • CRTZ sta guadagnando sempre più visibilità, specialmente tra i giovani nelle grandi città come Milano, Roma e Napoli. La sua estetica decisa e il senso di comunità che trasmette lo rendono un marchio particolarmente attraente per una generazione che cerca significato e identità attraverso la moda.
    https://crtz.it/
    CRTZ sta guadagnando sempre più visibilità, specialmente tra i giovani nelle grandi città come Milano, Roma e Napoli. La sua estetica decisa e il senso di comunità che trasmette lo rendono un marchio particolarmente attraente per una generazione che cerca significato e identità attraverso la moda. https://crtz.it/
    CRTZ.IT
    Corteiz® Clothing || Fino al 30% di sconto
    Acquista la collezione di abbigliamento Corteiz per uomo e donna nel negozio ufficiale Corteiz. Ottieni fino al 35% di sconto.
    0 التعليقات 0 المشاركات 399 مشاهدة
  • Stadio pieno, urne vuote ⚽️

    Ieri a Milano il popolo si è svegliato. Ma non per una causa politica, né per i diritti sociali, né per difendere l’ambiente o la scuola pubblica. No. Si è svegliato per il Milan.
    Una folla compatta, cori, striscioni, rabbia – tutto legittimo, per carità – ma anche tremendamente rivelatore di dove stia andando (o meglio, deragliando) la nostra partecipazione civile.
    Certo, ognuno sceglie le proprie battaglie.
    Ma siamo sicuri che la partecipazione sia davvero scomparsa? O è semplicemente deviata, incanalata in passioni che ci fanno sentire vivi... ma solo per novanta minuti?

    LA CONTESTAZIONE ROSSONERA CHE HA SBANCATO IL WEB

    Alle 17:00 scatta il sit-in sotto la sede del Milan.
    Oltre 3.000 tifosi – Curva Sud in prima linea – contestano la società: Cardinale, Furlani, Scaroni, Ibra e Moncada.
    Striscioni infuocati:
    “Singer, Cardinale, Furlani, Scaroni, Ibra, Moncada: andate tutti via, liberate il Milan da questa agonia”
    e
    “Che sia prima squadra o Milan Futuro, con voi al comando è fallimento sicuro”.
    Una mobilitazione feroce. Social impazziti. Hashtag in tendenza. E intanto?
    Nessuno si è accorto della manifestazione per la Palestina due giorni prima.
    Nessuno si indigna se mancano insegnanti, se i bus non passano o se paradossalmente si dovesse asfaltare anche il "Parco dei Capitani"

    Ma provate a vendere Theo Hernandez e vedrete scatenarsi l’inferno.

    E allora mi chiedo: ma siamo ancora capaci di canalizzare tutta questa energia, questo senso di appartenenza, questo bisogno di identità, verso battaglie che ci riguardano davvero tutti
    O abbiamo deciso che la passione può esistere solo se ha una maglia, uno stemma, una campagna acquisti da commentare sotto il post dell'insider di turno?
    Viviamo in una distopia dove la contestazione è diventata merchandising, e la partecipazione uno slogan vuoto sotto la foto del nuovo acquisto.

    Forse è il momento di riscrivere il nostro dizionario civile.
    Rimettere in ordine le priorità.
    E usare gli stessi strumenti del tifo – voce, presenza, passione – anche per le battaglie che non finiscono ai rigori.

    Perché il Milan è di tutti, sì.
    Ma anche la sanità pubblica, i diritti civili, la scuola, il verde, la dignità del lavoro.

    E allora: o torniamo davvero partecipativi, o la nostra sarà solo una bellissima, struggente, falsa contestazione.

    #ContestazioneDeviata #PartecipazioneFasulla #AttivismoSelective #CurvaSudVsUrneVuote #MilanoSiSmuoveSoloPerIlCalcio #PanemEtCircenses2025 #PoliticaZeroPassione100
    Stadio pieno, urne vuote ⚽️✖️✉️ Ieri a Milano il popolo si è svegliato. Ma non per una causa politica, né per i diritti sociali, né per difendere l’ambiente o la scuola pubblica. No. Si è svegliato per il Milan. Una folla compatta, cori, striscioni, rabbia – tutto legittimo, per carità – ma anche tremendamente rivelatore di dove stia andando (o meglio, deragliando) la nostra partecipazione civile. Certo, ognuno sceglie le proprie battaglie. Ma siamo sicuri che la partecipazione sia davvero scomparsa? O è semplicemente deviata, incanalata in passioni che ci fanno sentire vivi... ma solo per novanta minuti? 🔴 LA CONTESTAZIONE ROSSONERA CHE HA SBANCATO IL WEB Alle 17:00 scatta il sit-in sotto la sede del Milan. Oltre 3.000 tifosi – Curva Sud in prima linea – contestano la società: Cardinale, Furlani, Scaroni, Ibra e Moncada. Striscioni infuocati: “Singer, Cardinale, Furlani, Scaroni, Ibra, Moncada: andate tutti via, liberate il Milan da questa agonia” e “Che sia prima squadra o Milan Futuro, con voi al comando è fallimento sicuro”. Una mobilitazione feroce. Social impazziti. Hashtag in tendenza. E intanto? Nessuno si è accorto della manifestazione per la Palestina due giorni prima. Nessuno si indigna se mancano insegnanti, se i bus non passano o se paradossalmente si dovesse asfaltare anche il "Parco dei Capitani" Ma provate a vendere Theo Hernandez e vedrete scatenarsi l’inferno. ⁉️E allora mi chiedo: ma siamo ancora capaci di canalizzare tutta questa energia, questo senso di appartenenza, questo bisogno di identità, verso battaglie che ci riguardano davvero tutti⁉️ O abbiamo deciso che la passione può esistere solo se ha una maglia, uno stemma, una campagna acquisti da commentare sotto il post dell'insider di turno? Viviamo in una distopia dove la contestazione è diventata merchandising, e la partecipazione uno slogan vuoto sotto la foto del nuovo acquisto. Forse è il momento di riscrivere il nostro dizionario civile. Rimettere in ordine le priorità. E usare gli stessi strumenti del tifo – voce, presenza, passione – anche per le battaglie che non finiscono ai rigori. Perché il Milan è di tutti, sì. Ma anche la sanità pubblica, i diritti civili, la scuola, il verde, la dignità del lavoro. E allora: o torniamo davvero partecipativi, o la nostra sarà solo una bellissima, struggente, falsa contestazione. #ContestazioneDeviata #PartecipazioneFasulla #AttivismoSelective #CurvaSudVsUrneVuote #MilanoSiSmuoveSoloPerIlCalcio #PanemEtCircenses2025 #PoliticaZeroPassione100
    Like
    1
    0 التعليقات 0 المشاركات 8كيلو بايت مشاهدة
  • NESSUNO VI PUÒ OBBLIGARE!!!
    Io ti posso dire solo come ha fatto un mio amico con entrambi i suoi figli da quando sono nati in poi (considera che adesso il più grande ha 21 anni). Lui quando gli arrivava la richiesta di presentazione x effettuare i vaccini rispondeva con lettera raccomandata (oggi se hai la PEC fai prima - non dimenticarti di allegare comunque copia dei documenti di identità e tessera sanitaria), dicendo di essere disponibile a portare i figli a vaccinare purché: 1) il vaccino fosse singolo (non trivalente/esavalente; 2) ai figli venisse prima fatta la prova anticorpale per verificarne la necessità; 3) pretendeva una assunzione di responsabilità da parte del medico vaccinatore su eventuali danni collaterali che avrebbero potuto verificarsi dopo la somministrazione,di qualsiasi entità fossero. Ti assicuro che non gli hanno mai risposto, non gli hanno mai dato multe e non l'hanno mai obbligato a portare i figli a farli o impedito loro di andare a scuola.
    NESSUNO VI PUÒ OBBLIGARE!!! Io ti posso dire solo come ha fatto un mio amico con entrambi i suoi figli da quando sono nati in poi (considera che adesso il più grande ha 21 anni). Lui quando gli arrivava la richiesta di presentazione x effettuare i vaccini rispondeva con lettera raccomandata (oggi se hai la PEC fai prima - non dimenticarti di allegare comunque copia dei documenti di identità e tessera sanitaria), dicendo di essere disponibile a portare i figli a vaccinare purché: 1) il vaccino fosse singolo (non trivalente/esavalente; 2) ai figli venisse prima fatta la prova anticorpale per verificarne la necessità; 3) pretendeva una assunzione di responsabilità da parte del medico vaccinatore su eventuali danni collaterali che avrebbero potuto verificarsi dopo la somministrazione,di qualsiasi entità fossero. Ti assicuro che non gli hanno mai risposto, non gli hanno mai dato multe e non l'hanno mai obbligato a portare i figli a farli o impedito loro di andare a scuola.
    Like
    3
    0 التعليقات 0 المشاركات 1كيلو بايت مشاهدة
  • CANNES POLITIK
    (Qualcosa brucia ancora…)


    I festival sono spesso vissuti come passerelle di glamour, selfie e tappeti rossi. Cannes, come Berlino e Venezia, non fa eccezione. Ma da qualche anno, la Croisette sta mutando pelle. Non più solo vetrina patinata, ma fronte culturale e politico dove il cinema torna a essere arma, testimonianza, urlo necessario.
    In un’Italia assuefatta all’indifferenza, Cannes 2025 si erge come un fronte di resistenza, in cui l’arte si ribella, i corpi ritornano scena e le parole graffiano. Per chi — come il sottoscritto — sogna ancora una Nouvelle Vague che parta dalle strade di Milano e arrivi al cuore dell’Europa, è ossigeno puro.
    Quest’anno, sulla Croisette, qualcosa brucia ancora. E noi dobbiamo raccogliere quelle fiamme.

    3⃣ momenti CULT per riscrivere la storia

    1. JULIAN ASSANGE: un corpo politico sulla terrazza del Palais
    Non ha mai abbassato lo sguardo, e anche stavolta lo fa con stile e sostanza. Julian Assange irrompe a Cannes con una camicia kaki e una t-shirt che urla giustizia: stampati, i nomi di quasi 5.000 bambini uccisi a Gaza. Sulla schiena, una sola scritta: STOP ISRAEL.
    Al suo fianco, Stella Morris, moglie e avvocata, e il regista Eugene Jarecki che presenta The Six Billion Dollar Man. Il film-documento su Assange — già vincitore del primo Golden Globe dedicato al documentario — è fuori concorso, ma dentro ogni battito politico del festival.
    “Fare il giornalista è diventato il mestiere più pericoloso al mondo” — dichiara Jarecki. E a Gaza, questo, lo abbiamo visto fin troppo bene.
    Assange non è solo simbolo. È lotta incarnata.

    2. JAFAR PANAHI: la libertà (ri)trovata
    Un altro volto, un’altra prigione, un’altra resistenza.
    Jafar Panahi torna a Cannes dopo anni di silenzi forzati, prigionia e censura. Dal 1995 — anno in cui vinse la Camera d’Or — la sua sedia era rimasta vuota. Oggi la occupa di nuovo. E lo fa con A Simple Accident, film girato senza autorizzazione iraniana.
    Accanto a lui, la figlia Solmaz e la moglie. Un ritorno che è una ferita che si rimargina, ma che sanguina ancora: quattro membri della troupe sono stati recentemente interrogati in Iran.
    Panahi non è solo regista. È memoria vivente della libertà negata.
    E la Croisette applaude.


    3. IL MANIFESTO EUROPEO: cinema contro l’impero delle merci
    A sigillare quest’edizione infuocata, ecco il Manifesto dei Cineasti Europei.
    Lo firmano Sorrentino, Tornatore, i fratelli Dardenne, Rohrwacher, Amelio, Costa-Gavras e decine di altri.
    Lettura pubblica sulla Plage de la Quinzaine. Parole chiare contro i dazi di Trump e contro la Commissione Europea che, a forza di rincorrere il mercato, rischia di svendere l’identità culturale del cinema.
    “Il cinema è arte. E in quanto arte ha una responsabilità: proporre pensiero, punto di vista e spettacolo. Non possiamo essere ridotti a semplici merci.”
    Un appello alla difesa della diversità culturale, della libertà d’espressione, della dignità artistica.
    Il cinema europeo resiste. E rilancia.


    In un mondo che anestetizza, il cinema che brucia è rivoluzione.
    Assange, Panahi, il Manifesto: tre atti di un’unica ribellione che ci chiama a raccolta.
    È in questi momenti che la cultura torna ad essere strumento di giustizia e rito collettivo di riconciliazione. Una dialettica perfetta tra arte, politica e visione.
    Cannes 2025 ci ricorda che qualcosa, ancora, brucia.
    E non possiamo permetterci di lasciarlo spegnere.
    Anzi. Soffiamoci sopra.

    #Cannes2025 #CinemaPolitico #Assange #JafarPanahi #ManifestoCineastiEuropei #NouvelleVague #CinemaComeResistenza #ArtIsNotACommodity #CannesPolitik #CulturaÈLotta #StopIsrael #FreePress #Iran #ResistenzaCreativa
    CANNES POLITIK (Qualcosa brucia ancora…) 🔥✊ I festival sono spesso vissuti come passerelle di glamour, selfie e tappeti rossi. Cannes, come Berlino e Venezia, non fa eccezione. Ma da qualche anno, la Croisette sta mutando pelle. Non più solo vetrina patinata, ma fronte culturale e politico dove il cinema torna a essere arma, testimonianza, urlo necessario. In un’Italia assuefatta all’indifferenza, Cannes 2025 si erge come un fronte di resistenza, in cui l’arte si ribella, i corpi ritornano scena e le parole graffiano. Per chi — come il sottoscritto — sogna ancora una Nouvelle Vague che parta dalle strade di Milano e arrivi al cuore dell’Europa, è ossigeno puro. Quest’anno, sulla Croisette, qualcosa brucia ancora. E noi dobbiamo raccogliere quelle fiamme. 3⃣ momenti CULT per riscrivere la storia 1. JULIAN ASSANGE: un corpo politico sulla terrazza del Palais Non ha mai abbassato lo sguardo, e anche stavolta lo fa con stile e sostanza. Julian Assange irrompe a Cannes con una camicia kaki e una t-shirt che urla giustizia: stampati, i nomi di quasi 5.000 bambini uccisi a Gaza. Sulla schiena, una sola scritta: STOP ISRAEL. Al suo fianco, Stella Morris, moglie e avvocata, e il regista Eugene Jarecki che presenta The Six Billion Dollar Man. Il film-documento su Assange — già vincitore del primo Golden Globe dedicato al documentario — è fuori concorso, ma dentro ogni battito politico del festival. “Fare il giornalista è diventato il mestiere più pericoloso al mondo” — dichiara Jarecki. E a Gaza, questo, lo abbiamo visto fin troppo bene. Assange non è solo simbolo. È lotta incarnata. 2. JAFAR PANAHI: la libertà (ri)trovata Un altro volto, un’altra prigione, un’altra resistenza. Jafar Panahi torna a Cannes dopo anni di silenzi forzati, prigionia e censura. Dal 1995 — anno in cui vinse la Camera d’Or — la sua sedia era rimasta vuota. Oggi la occupa di nuovo. E lo fa con A Simple Accident, film girato senza autorizzazione iraniana. Accanto a lui, la figlia Solmaz e la moglie. Un ritorno che è una ferita che si rimargina, ma che sanguina ancora: quattro membri della troupe sono stati recentemente interrogati in Iran. Panahi non è solo regista. È memoria vivente della libertà negata. E la Croisette applaude. 🎬✊ 3. IL MANIFESTO EUROPEO: cinema contro l’impero delle merci A sigillare quest’edizione infuocata, ecco il Manifesto dei Cineasti Europei. Lo firmano Sorrentino, Tornatore, i fratelli Dardenne, Rohrwacher, Amelio, Costa-Gavras e decine di altri. Lettura pubblica sulla Plage de la Quinzaine. Parole chiare contro i dazi di Trump e contro la Commissione Europea che, a forza di rincorrere il mercato, rischia di svendere l’identità culturale del cinema. “Il cinema è arte. E in quanto arte ha una responsabilità: proporre pensiero, punto di vista e spettacolo. Non possiamo essere ridotti a semplici merci.” Un appello alla difesa della diversità culturale, della libertà d’espressione, della dignità artistica. Il cinema europeo resiste. E rilancia. 🎥 In un mondo che anestetizza, il cinema che brucia è rivoluzione. Assange, Panahi, il Manifesto: tre atti di un’unica ribellione che ci chiama a raccolta. È in questi momenti che la cultura torna ad essere strumento di giustizia e rito collettivo di riconciliazione. Una dialettica perfetta tra arte, politica e visione. Cannes 2025 ci ricorda che qualcosa, ancora, brucia. E non possiamo permetterci di lasciarlo spegnere. Anzi. Soffiamoci sopra. #Cannes2025 #CinemaPolitico #Assange #JafarPanahi #ManifestoCineastiEuropei #NouvelleVague #CinemaComeResistenza #ArtIsNotACommodity #CannesPolitik #CulturaÈLotta #StopIsrael #FreePress #Iran #ResistenzaCreativa
    Like
    1
    0 التعليقات 0 المشاركات 5كيلو بايت مشاهدة
  • IL CERCHIO si CHIUDE. L'avevo sempre detto che Stasi era innocente!
    Delitto di Garlasco, perquisizione a casa di Andrea Sempio. Si cerca l'arma del delitto in un canale, ne ha parlato un testimone - Il Fatto Quotidiano
    Una nuova accelerazione dell'indagine sul delitto di Garlasco...

    Arriva un’accelerazione nella nuova inchiesta sul delitto di Garlasco. All’alba i carabinieri sono entrati in casa dell’indagato Andrea Sempio, a Voghera, dei suoi genitori, a Garlasco, e anche di due suoi amici. Le perquisizioni fanno parte della nuova inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi, trucidata il 13 agosto del 2007 nella villetta dei genitori, per Sempio risulta iscritto nel registro degli indagati dopo essere stato già archiviato in passato.

    I rilievi degli investigatori dell’Arma si sono estesi anche a Tromello, piccolo comune della Lomellina, sempre in provincia di Pavia. Secondo indiscrezioni, alla ricerca di una possibile arma del delitto che secondo un testimone sarebbe stata gettata in un canale. Si tratterebbe di un attizzatoio di casa Poggi che, secondo una testimonianza, sarebbe stato gettato in un canale. L’arma con cui è stata uccisa la 26enne non è mai stata trovata; si era ipotizzato un martello, ma qualcosa portato da fuori perché da casa Poggi non mancava nulla. “Tutti gli attrezzi del camino ci sono ancora”. L’attizzatoio “che avevamo allora c’è ancora adesso” ha ribadito anche oggi Rita Poggi.

    Perquisizioni a tappeto – Le perquisizioni nelle case sono state ordinate, tra le altre cose, per acquisire tutti supporti informatici. Da indiscrezioni infatti, sarebbero stati sequestrati telefonini e pc. Oltre alle abitazioni di Sempio e dei suoi genitori, le perquisizioni hanno riguardato anche le case di Roberto Freddi e Mattia Capra, amici di Sempio. Entrambi non sono indagati, ma la Procura li ha indicati nella memoria depositata al maxi incidente probatorio sul Dna come due degli altri soggetti a cui è stato prelevato “materiale biologico” da incrociare con le tracce presenti sulle unghie della vittima.

    Gli amici – In quella relazione oltre al nome dell’indagato, “i carabinieri rendevano nota l’identità anche degli altri individui frequentanti la casa della vittima nei cui confronti era stato possibile compiere acquisizioni di materiale biologico, ossia Mattia Capra, Marco Poggi e Roberto Freddi”. I nomi dei due amici emergono anche per alcuni contatti telefonici che ci sarebbero stati con Sempio la mattina del 13 agosto 2007. Lo scorso 14 marzo la giudice per le indagini preliminari, Daniela Garlaschelli, aveva ordinato la comparazione del Dna con le “ulteriori tracce biologiche” sulla scena del crimine.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/05/14/delitto-garlasco-chiara-poggi-perquisizione-andrea-sempio-news-oggi/7987033/
    IL CERCHIO si CHIUDE. L'avevo sempre detto che Stasi era innocente! Delitto di Garlasco, perquisizione a casa di Andrea Sempio. Si cerca l'arma del delitto in un canale, ne ha parlato un testimone - Il Fatto Quotidiano Una nuova accelerazione dell'indagine sul delitto di Garlasco... Arriva un’accelerazione nella nuova inchiesta sul delitto di Garlasco. All’alba i carabinieri sono entrati in casa dell’indagato Andrea Sempio, a Voghera, dei suoi genitori, a Garlasco, e anche di due suoi amici. Le perquisizioni fanno parte della nuova inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi, trucidata il 13 agosto del 2007 nella villetta dei genitori, per Sempio risulta iscritto nel registro degli indagati dopo essere stato già archiviato in passato. I rilievi degli investigatori dell’Arma si sono estesi anche a Tromello, piccolo comune della Lomellina, sempre in provincia di Pavia. Secondo indiscrezioni, alla ricerca di una possibile arma del delitto che secondo un testimone sarebbe stata gettata in un canale. Si tratterebbe di un attizzatoio di casa Poggi che, secondo una testimonianza, sarebbe stato gettato in un canale. L’arma con cui è stata uccisa la 26enne non è mai stata trovata; si era ipotizzato un martello, ma qualcosa portato da fuori perché da casa Poggi non mancava nulla. “Tutti gli attrezzi del camino ci sono ancora”. L’attizzatoio “che avevamo allora c’è ancora adesso” ha ribadito anche oggi Rita Poggi. Perquisizioni a tappeto – Le perquisizioni nelle case sono state ordinate, tra le altre cose, per acquisire tutti supporti informatici. Da indiscrezioni infatti, sarebbero stati sequestrati telefonini e pc. Oltre alle abitazioni di Sempio e dei suoi genitori, le perquisizioni hanno riguardato anche le case di Roberto Freddi e Mattia Capra, amici di Sempio. Entrambi non sono indagati, ma la Procura li ha indicati nella memoria depositata al maxi incidente probatorio sul Dna come due degli altri soggetti a cui è stato prelevato “materiale biologico” da incrociare con le tracce presenti sulle unghie della vittima. Gli amici – In quella relazione oltre al nome dell’indagato, “i carabinieri rendevano nota l’identità anche degli altri individui frequentanti la casa della vittima nei cui confronti era stato possibile compiere acquisizioni di materiale biologico, ossia Mattia Capra, Marco Poggi e Roberto Freddi”. I nomi dei due amici emergono anche per alcuni contatti telefonici che ci sarebbero stati con Sempio la mattina del 13 agosto 2007. Lo scorso 14 marzo la giudice per le indagini preliminari, Daniela Garlaschelli, aveva ordinato la comparazione del Dna con le “ulteriori tracce biologiche” sulla scena del crimine. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/05/14/delitto-garlasco-chiara-poggi-perquisizione-andrea-sempio-news-oggi/7987033/
    Like
    2
    0 التعليقات 0 المشاركات 2كيلو بايت مشاهدة
  • GATES SVELA LE CARTE: L'ID DIGITALE COME ARMA FINALE CONTRO IL LIBERO PENSIERO
    Eccolo di nuovo. L'architetto della sorveglianza globale, il profeta autoproclamato delle emergenze sanitarie, il miliardario che sussurra all'orecchio dei governi avanza l'ennesimo tassello del suo progetto tecnocratico. Bill Gates – che non si nasconde più dietro veli di filantropia – articola con disarmante chiarezza la prossima fase: un sistema di identificazione digitale per soffocare quella che lui chiama "disinformazione".

    "Gli Stati Uniti rappresentano un caso complesso a causa del Primo Emendamento. Quali eccezioni possiamo contemplare?" Non è una domanda, è una strategia. Il Primo Emendamento – questo fastidioso ostacolo alla censura totale – viene trattato come un bug da correggere nel sistema operativo della società che immagina.

    La sua rivelazione prosegue senza filtri: "Credo che col tempo... vorremmo operare in un ambiente dove le persone siano veramente identificate... Dovremo sviluppare sistemi e comportamenti che ci permettano di essere più consapevoli riguardo a chi dice cosa, chi ha creato questo contenuto."

    Traduzione: nessuna voce anonima, nessun rifugio digitale, nessuna opinione senza un collare elettronico che ne tracci la provenienza. L'uomo che ha costruito un impero sul controllo dei sistemi operativi ora ambisce al controllo dell'ecosistema informativo globale.

    Non è un'evoluzione inaspettata per chi segue la traiettoria di Gates. Dal dominio dei computer personali alla manipolazione dei sistemi alimentari globali, dall'influenza sulla sanità mondiale all'ingegneria climatica – il pattern è sempre lo stesso: centralizzazione, controllo, abolizione delle alternative.
    L'ID digitale rappresenta semplicemente l'anello mancante – il dispositivo che salda definitivamente persona fisica e identità digitale, trasformando ogni espressione umana in dato tracciabile, classificabile, eventualmente censurabile.

    La tecnocrazia di cui Gates è portavoce non ha bisogno di campi di concentramento o plotoni d'esecuzione. Le bastano database, algoritmi e l'eliminazione sistematica dell'anonimato. Il dissenso non viene fucilato – viene semplicemente reso invisibile, relegato negli angoli più oscuri e inaccessibili della rete, privato di ossigeno mediatico.

    Chi ha seguito l'ascesa di questa élite tecnocratica riconosce i segnali. Gates non sta improvvisando – sta eseguendo il copione previsto, rivelando pubblicamente ciò che è stato pianificato nelle stanze dei bottoni della governance globale.
    L'ID digitale non è uno strumento isolato – è il fulcro di un ecosistema di controllo che include moneta digitale, credito sociale e biosorveglianza permanente. La "lotta alla disinformazione" è solo il pretesto nobile dietro cui nascondere l'obiettivo reale: la fine definitiva della privacy e dell'autonomia individuale.

    La domanda non è più "se" ma "quando" questo sistema verrà implementato. E soprattutto: quale resistenza siamo disposti a opporre?

    GATES SHOWS HIS CARDS: DIGITAL ID AS THE ULTIMATE WEAPON AGAINST FREE THOUGHT
    Here he goes again. The architect of global surveillance, the self-proclaimed prophet of health emergencies, the billionaire who whispers in the ear of governments, advances yet another piece of his technocratic project. Bill Gates – no longer hiding behind veils of philanthropy – articulates with disarming clarity the next phase: a digital identification system to stifle what he calls “misinformation.”

    “The United States is a complex case because of the First Amendment. What exceptions can we contemplate?” It’s not a question, it’s a strategy. The First Amendment – ​​that pesky obstacle to total censorship – is treated as a bug to be fixed in the operating system of the society he imagines.

    His revelation continues without filters: "I think that over time... we would like to operate in an environment where people are truly identified... We will have to develop systems and behaviors that allow us to be more aware of who says what, who created this content."

    Translation: no anonymous voice, no digital refuge, no opinion without an electronic collar that traces its origin. The man who built an empire on the control of operating systems now aspires to control the global information ecosystem.

    This is not an unexpected evolution for those who follow Gates' trajectory. From the domination of personal computers to the manipulation of global food systems, from influencing global health to climate engineering – the pattern is always the same: centralization, control, abolition of alternatives.

    The digital ID is simply the missing link – the device that definitively welds the physical person and digital identity, transforming every human expression into traceable, classifiable, possibly censorable data.

    The technocracy that Gates champions does not need concentration camps or firing squads. Databases, algorithms, and the systematic elimination of anonymity are enough. Dissent is not shot – it is simply made invisible, relegated to the darkest and most inaccessible corners of the internet, deprived of media oxygen.

    Anyone who has followed the rise of this technocratic elite recognizes the signs. Gates is not improvising – he is following the expected script, publicly revealing what has been planned in the control rooms of global governance.
    The digital ID is not an isolated tool – it is the centerpiece of an ecosystem of control that includes digital currency, social credit, and permanent biosurveillance. The "fight against disinformation" is just the noble pretext behind which to hide the real goal: the definitive end of privacy and individual autonomy.

    The question is no longer "if" but "when" this system will be implemented. And above all: what resistance are we willing to put up?

    t.me/lacivettabianca
    GATES SVELA LE CARTE: L'ID DIGITALE COME ARMA FINALE CONTRO IL LIBERO PENSIERO Eccolo di nuovo. L'architetto della sorveglianza globale, il profeta autoproclamato delle emergenze sanitarie, il miliardario che sussurra all'orecchio dei governi avanza l'ennesimo tassello del suo progetto tecnocratico. Bill Gates – che non si nasconde più dietro veli di filantropia – articola con disarmante chiarezza la prossima fase: un sistema di identificazione digitale per soffocare quella che lui chiama "disinformazione". "Gli Stati Uniti rappresentano un caso complesso a causa del Primo Emendamento. Quali eccezioni possiamo contemplare?" Non è una domanda, è una strategia. Il Primo Emendamento – questo fastidioso ostacolo alla censura totale – viene trattato come un bug da correggere nel sistema operativo della società che immagina. La sua rivelazione prosegue senza filtri: "Credo che col tempo... vorremmo operare in un ambiente dove le persone siano veramente identificate... Dovremo sviluppare sistemi e comportamenti che ci permettano di essere più consapevoli riguardo a chi dice cosa, chi ha creato questo contenuto." Traduzione: nessuna voce anonima, nessun rifugio digitale, nessuna opinione senza un collare elettronico che ne tracci la provenienza. L'uomo che ha costruito un impero sul controllo dei sistemi operativi ora ambisce al controllo dell'ecosistema informativo globale. Non è un'evoluzione inaspettata per chi segue la traiettoria di Gates. Dal dominio dei computer personali alla manipolazione dei sistemi alimentari globali, dall'influenza sulla sanità mondiale all'ingegneria climatica – il pattern è sempre lo stesso: centralizzazione, controllo, abolizione delle alternative. L'ID digitale rappresenta semplicemente l'anello mancante – il dispositivo che salda definitivamente persona fisica e identità digitale, trasformando ogni espressione umana in dato tracciabile, classificabile, eventualmente censurabile. La tecnocrazia di cui Gates è portavoce non ha bisogno di campi di concentramento o plotoni d'esecuzione. Le bastano database, algoritmi e l'eliminazione sistematica dell'anonimato. Il dissenso non viene fucilato – viene semplicemente reso invisibile, relegato negli angoli più oscuri e inaccessibili della rete, privato di ossigeno mediatico. Chi ha seguito l'ascesa di questa élite tecnocratica riconosce i segnali. Gates non sta improvvisando – sta eseguendo il copione previsto, rivelando pubblicamente ciò che è stato pianificato nelle stanze dei bottoni della governance globale. L'ID digitale non è uno strumento isolato – è il fulcro di un ecosistema di controllo che include moneta digitale, credito sociale e biosorveglianza permanente. La "lotta alla disinformazione" è solo il pretesto nobile dietro cui nascondere l'obiettivo reale: la fine definitiva della privacy e dell'autonomia individuale. La domanda non è più "se" ma "quando" questo sistema verrà implementato. E soprattutto: quale resistenza siamo disposti a opporre? GATES SHOWS HIS CARDS: DIGITAL ID AS THE ULTIMATE WEAPON AGAINST FREE THOUGHT Here he goes again. The architect of global surveillance, the self-proclaimed prophet of health emergencies, the billionaire who whispers in the ear of governments, advances yet another piece of his technocratic project. Bill Gates – no longer hiding behind veils of philanthropy – articulates with disarming clarity the next phase: a digital identification system to stifle what he calls “misinformation.” “The United States is a complex case because of the First Amendment. What exceptions can we contemplate?” It’s not a question, it’s a strategy. The First Amendment – ​​that pesky obstacle to total censorship – is treated as a bug to be fixed in the operating system of the society he imagines. His revelation continues without filters: "I think that over time... we would like to operate in an environment where people are truly identified... We will have to develop systems and behaviors that allow us to be more aware of who says what, who created this content." Translation: no anonymous voice, no digital refuge, no opinion without an electronic collar that traces its origin. The man who built an empire on the control of operating systems now aspires to control the global information ecosystem. This is not an unexpected evolution for those who follow Gates' trajectory. From the domination of personal computers to the manipulation of global food systems, from influencing global health to climate engineering – the pattern is always the same: centralization, control, abolition of alternatives. The digital ID is simply the missing link – the device that definitively welds the physical person and digital identity, transforming every human expression into traceable, classifiable, possibly censorable data. The technocracy that Gates champions does not need concentration camps or firing squads. Databases, algorithms, and the systematic elimination of anonymity are enough. Dissent is not shot – it is simply made invisible, relegated to the darkest and most inaccessible corners of the internet, deprived of media oxygen. Anyone who has followed the rise of this technocratic elite recognizes the signs. Gates is not improvising – he is following the expected script, publicly revealing what has been planned in the control rooms of global governance. The digital ID is not an isolated tool – it is the centerpiece of an ecosystem of control that includes digital currency, social credit, and permanent biosurveillance. The "fight against disinformation" is just the noble pretext behind which to hide the real goal: the definitive end of privacy and individual autonomy. The question is no longer "if" but "when" this system will be implemented. And above all: what resistance are we willing to put up? t.me/lacivettabianca
    Angry
    1
    0 التعليقات 0 المشاركات 9كيلو بايت مشاهدة 3
  • MATCH POINT Voto Fuorisede per il Referendum di Giugno 2025
    Un'occasione storica per partecipare e cambiare.

    In molti ci lamentiamo della politica che non cambia mai. Ma se vogliamo davvero trasformare la realtà, dobbiamo sfruttare ogni occasione che ci viene concessa.
    L’8 e 9 giugno 2025 abbiamo un match point: 5 quesiti referendari fondamentali per il futuro della nostra democrazia partecipata.
    E per la prima volta, oltre 4,8 milioni di elettori potranno votare fuori sede.
    Un’opportunità straordinaria che dobbiamo diffondere a chiunque possa essere interessato: studenti, lavoratori, chi è in cura lontano da casa.

    COME FARE per VOTARE FUORI SEDE
    Chi può votare fuori sede:
    Studenti
    Lavoratori
    Persone in cura medica

    Condizioni:
    Essere domiciliati, per almeno 3 mesi, in un Comune di una provincia diversa da quella di iscrizione elettorale.

    Passaggi per registrarsi:
    Scaricare il modulo di richiesta da http://referendum2025.it

    Compilare la domanda, indicando:
    Indirizzo di residenza e domicilio
    Recapito e-mail (se possibile)
    Disponibilità a fare il presidente o componente di seggio (opzionale)

    Allegare i documenti richiesti:
    Documento d’identità valido 🪪
    Tessera elettorale personale
    Certificazione o autocertificazione di motivi di studio, lavoro o cure mediche

    Modalità di invio:
    Consegnare personalmente
    Inviare via PEC o altri strumenti telematici
    Tramite persona delegata

    Scadenze importanti:
    Domanda entro il 4 maggio 2025
    Revoca possibile entro il 14 maggio 2025

    Dopo la richiesta:
    Entro il 3 giugno 2025, riceverai dal Comune di domicilio l’attestazione per votare (anche via telematica).
    Portala con te al seggio insieme a documento d’identità e tessera elettorale!

    Diffondiamo queste informazioni!
    Chi rientra nei casi previsti ha il dovere morale di compiere questo passo e non sprecare l’opportunità di partecipare.
    In un Paese dove spesso le occasioni democratiche sono rare come un rigore decisivo o un punto a rete, giocare questa partita è un atto di responsabilità verso noi stessi e il nostro futuro.
    Non delegare il cambiamento: partecipa, vota, fai la differenza!

    #️⃣ #Referendum2025 #VotoFuoriSede #DemocraziaPartecipata #PartecipaAlCambiamento #VotaResponsabilmente #MatchPointDemocrazia
    MATCH POINT ⚡ Voto Fuorisede per il Referendum di Giugno 2025 Un'occasione storica per partecipare e cambiare. In molti ci lamentiamo della politica che non cambia mai. Ma se vogliamo davvero trasformare la realtà, dobbiamo sfruttare ogni occasione che ci viene concessa. L’8 e 9 giugno 2025 abbiamo un match point: 5 quesiti referendari fondamentali per il futuro della nostra democrazia partecipata. E per la prima volta, oltre 4,8 milioni di elettori potranno votare fuori sede. Un’opportunità straordinaria che dobbiamo diffondere a chiunque possa essere interessato: studenti, lavoratori, chi è in cura lontano da casa. COME FARE per VOTARE FUORI SEDE ✅ Chi può votare fuori sede: Studenti 📚 Lavoratori 👷‍♂️ Persone in cura medica ⚕️ Condizioni: Essere domiciliati, per almeno 3 mesi, in un Comune di una provincia diversa da quella di iscrizione elettorale. Passaggi per registrarsi: Scaricare il modulo di richiesta da ➡️ http://referendum2025.it Compilare la domanda, indicando: Indirizzo di residenza e domicilio Recapito e-mail (se possibile) Disponibilità a fare il presidente o componente di seggio (opzionale) Allegare i documenti richiesti: Documento d’identità valido 🪪 Tessera elettorale personale 🗳️ Certificazione o autocertificazione di motivi di studio, lavoro o cure mediche 📄 Modalità di invio: Consegnare personalmente Inviare via PEC o altri strumenti telematici Tramite persona delegata Scadenze importanti: Domanda entro il 4 maggio 2025 ⏳ Revoca possibile entro il 14 maggio 2025 Dopo la richiesta: Entro il 3 giugno 2025, riceverai dal Comune di domicilio l’attestazione per votare (anche via telematica). Portala con te al seggio insieme a documento d’identità e tessera elettorale! Diffondiamo queste informazioni! Chi rientra nei casi previsti ha il dovere morale di compiere questo passo e non sprecare l’opportunità di partecipare. In un Paese dove spesso le occasioni democratiche sono rare come un rigore decisivo o un punto a rete, giocare questa partita è un atto di responsabilità verso noi stessi e il nostro futuro. Non delegare il cambiamento: partecipa, vota, fai la differenza! #️⃣ #Referendum2025 #VotoFuoriSede #DemocraziaPartecipata #PartecipaAlCambiamento #VotaResponsabilmente #MatchPointDemocrazia
    Like
    1
    0 التعليقات 0 المشاركات 4كيلو بايت مشاهدة
  • Storie della Resistenza che ci piacciono.

    La rivolta pacifica delle donne che salvò 63 uomini in Emilia: "Per 11 giorni in corteo fino alla prigione dopo il rastrellamento dei nazisti" - Il Fatto Quotidiano
    Solo la determinazione delle donne ha permesso di salvare oltre 60 uomini: ecco cosa è successo

    Il 12 marzo 1945 i tedeschi fanno un rastrellamento tra Reggio e Modena. Le donne decidono di andare ogni giorno a piedi (circa due ore solo andata) per chiedere il rilascio di mariti e padri. Barbieri, che all'epoca aveva 13 anni: "Ricordo la paura". Ferrari (Anpi): "Qui la partecipazione popolare ha permesso la lotta partigiana"

    La rivolta pacifica delle donne che salvò 63 uomini in Emilia: “Per 11 giorni in corteo fino alla prigione dopo il rastrellamento dei nazisti”
    di Martina Castigliani
    Il 12 marzo 1945 i tedeschi fanno un rastrellamento tra Reggio e Modena. Le donne decidono di andare ogni giorno a piedi (circa due ore solo andata) per chiedere il rilascio di mariti e padri. Barbieri, che all'epoca aveva 13 anni: "Ricordo la paura". Ferrari (Anpi): "Qui la partecipazione popolare ha permesso la lotta partigiana"

    La nebbia, quel giorno, è fittissima. “Di quelle pesanti e piovose che penetrano nelle ossa”, racconta chi c’era. In Pianura Padana, nel lembo di terra che separa Correggio e Carpi, tra Reggio Emilia e Modena, vuol dire non riuscire a vedere oltre i propri piedi. Che il 12 marzo 1945 c’è un rastrellamento in corso, gli abitanti della frazione di Budrione lo capiscono dalle voci serrate dei comandi: ogni 10 metri c’è una testa e gli ordini si passano da uomo a uomo “come in una battuta di caccia”. Quello che avviene a un mese dalla Liberazione dal Nazifascismo è uno dei tanti episodi quasi sconosciuti di una guerra che ha travolto le campagne dove si nascondevano i partigiani. Questa volta però, l’epilogo è unico: a risolvere e impedire l’ennesimo eccidio sarà la resistenza civile e pacifica delle donne. Un atto raccontato in un libro preziosissimo del 2005, voluto dall’Anpi di Carpi (circolo E. Goldoni) e curato da Annamaria Loschi. Si intitola “Il coraggio delle donne” ed è un documento storico: contiene decine di testimonianze, molte delle quali di persone che ora non ci sono più, e che ricostruiscono un fatto mai arrivato sulle cronache nazionali. Ma che nelle campagne della bassa emiliana nessuno, finora, ha mai scordato. A raccontarlo sono i figli di chi quel giorno nero venne catturato: “Io avevo 13 anni e presero mio padre”, dice a ilfattoquotidiano.it Augusto Barbieri che ora di anni ne ha 93. “Anzi, di casa mia presero quattro uomini. Ricordo la paura. Tantissima paura”. Il rastrellamento lo fanno i tedeschi per vendicare l’agguato a un auto dei loro, avvenuto una settimana prima. A bordo c’erano un ufficiale e un sottoufficiale della Wehrmacht e un soldato mongolo: i primi due sapevano troppo e sono stati eliminati, il terzo ha chiesto e ottenuto di unirsi ai partigiani. I tedeschi non lo sanno e organizzano una controffensiva per liberarli che inizia alle 6 del mattino: catturano più di sessanta uomini (se ne contano almeno 63) e poi, in colonna, li portano in carcere a Correggio. Ma a quel punto succede qualcosa che nessun soldato nemico avrebbe potuto prevedere: i prigionieri vengono seguiti dalle donne in corteo che, sfidando armi e bombardamenti, ne chiedono il rilascio. Sono quasi due ore di cammino, quattro andata e ritorno, che ripeteranno ogni giorno per undici giorni. Fino alla liberazione.

    Il rastrellamento – Siamo a pochi km da Fossoli, dove sorgeva il campo di concentramento e transito verso i lager nazisti. In questa piana infinita, dove a sprazzi sorgono casolari e stalle, si nascondono i partigiani. Qui trovano accoglienza, mentre la vita quotidiana fatta di albe e lavoro va avanti. Il rastrellamento arriva all’improvviso e stravolge le comunità di Budrione, Fossoli e Migliarina. Se oggi sappiamo cosa è avvenuto, è grazie alle voci dei testimoni raccolte da Loschi in collaborazione con Augusto Barbieri, Pierino Bassoli e Lauro Cestelli. “Abbiamo cercato di parlare con più persone possibile”, ricorda Barbieri. Qui riportiamo alcune delle testimonianze contenute nel libro, ancora disponibile presso l’Anpi di Carpi. “Avevo 22 anni, quella mattina eravamo già tutti al lavoro”, dice Isden Morelli. “I tedeschi sono arrivati a casa nostra e hanno portato via con sé mio padre Bortolomeo e mio fratello Brenno”. Dante Bonatti parla del papà Dario che era “falegname e fabbro” ed era “anche addetto alle riparazioni delle armi dei partigiani. Eravamo tutti svegli”, “il rastrellamento è iniziato alle 5.30 del mattino”. Insieme ai tedeschi ci sono anche dei componenti della Brigata Nera di Carpi, che “in tuta grigioverde, avanzava nella nebbia fittissima. Questi ultimi erano ragazzi di 15-16 anni che noi conoscevamo, perché venivano a prendere i cocomeri durante la stagione. Per dissimulare la loro identità, però, tentavano di esprimersi in tedesco”. Luciano Bonatti ricorda che lo zio Dorno “venne preso dall’ultimo tedesco della fila mentre andava di corsa ad avvisare gli altri abitanti”. Bruno Dodi dice di essere rimasto in casa “sperando nella protezione della nebbia”. Ma è arrivato un tedesco che conosceva – “perché gli davamo qualcosa” – e al quale ha ubbidito, fidandosi che l’avrebbe liberato poi. “Invece la realtà è che io ero un ragazzo, ma i tedeschi erano uomini fatti, soldati abituati alla guerra”, dice.

    La maggior parte sono semplici contadini. Ma tra loro vengono catturati anche partigiani. Ad esempio, Bruno Cavazzoli che faceva la ronda e non riesce a prevenire il rastrellamento. Per “la nebbia tremenda”, “non abbiamo visto né sentito i tedeschi arrivare”. Cerca di scappare, ma viene fermato da due uomini a fucili spianati: “La mia prima reazione è stata molto umana”, confessa. “Ho sentito un rivolo caldo scendere lungo la gamba. È stato il massimo dell’angoscia che ho mai provato in vita mia”. Prima di essere catturato, prova a togliere la cravatta rossa per non provocarli: viene visto e schiaffeggiato.

    La rivolta delle donne – Il corteo dei 64 prigionieri parte da Budrione e va verso il carcere di Correggio: circa un’ora e mezza di cammino a piedi. “Disposti in fila per due o per quattro, i rastrellati si sono avviati senza nessun mezzo di trasporto”, raccontano. Erano tutti uomini, tranne una: fra di loro c’era Ardilia o Arsilia Goldoni, catturata mentre andava a lavorare al servizio della famiglia Pisa perché scambiata per una staffetta. Ma piano piano succede l’impensabile: lungo la strada il corteo comincia a ingrossarsi. “Il corteo, formato da tedeschi, fascisti e prigionieri non camminava solo: nonostante il grande pericolo, le donne hanno iniziato a seguirlo, chiamandosi l’una con l’altra”, racconta Vinicio Magnanini. Che ricorda come quel gesto, così forte e d’autonomia, avesse radici lontane. “Non si trattava tuttavia di una manifestazione semplice e spontanea: dietro c’era un’organizzazione politica e culturale, messa in atto da molti mesi, che poteva in questo frangente dare il coraggio alle donne, da sempre abituate a lavorare stando in secondo piano, (…) di affrontare e sfidare per chilometri soldati di un esercito feroce, ormai incalzato dagli eventi e per questo tanto più pericoloso”.

    Secondo i testimoni, il corteo a Correggio raduna più di 500 donne. Maria Allegretti racconta: “Un giorno il comandante partigiano, mi disse: devi organizzare le donne e dovete andare a Correggio a manifestare per gli uomini di Budrione! lo avevo mobilitato tutte le donne della zona e loro venivano volentieri, perché avevano tutte il marito, o un figlio, o un parente in prigione”. Prima di arrivare a Correggio, Allegretti avverte: state attente, perché potrebbero sparare dai tetti. “Loro però erano tutte con me perché volevano tentare di liberare i propri cari. La nostra manifestazione era pacifica: non avevamo armi, ma eravamo molto determinate. E cosi è stato fatto: noi, staffette e simpatizzanti, siamo andate a casa dei contadini a chiedere il cavallo, il biroccio, ma la maggioranza quel giorno è andata a piedi”.

    Ad un certo punto, i tedeschi sparano qualche colpo sulle manifestanti per disperderle: la tensione si alza. “Li seguimmo per circa 3 o 4 Km”, continua Zoe Busi. “Poi, in un momento di disperazione, incominciammo tutte a parlare: chiedevamo ai tedeschi di rilasciare i prigionieri”. È un gesto di sfida che richiede un enorme coraggio e non ci pensano due volte. “Zelmira Marchi si avvicinò loro e rimproverò il comportamento crudele. Un tedesco le lanciò una bomba a mano”. Anche Bruna Malavasi rimane ferita: “Io avevo 17 anni, ma in campagna allora si cresceva in fretta… Non mi ricordo neanche da dove sono partita io o chi mi avesse informata: so solo che con tutto un passaggio di voci ci siamo radunate in tante donne. Proprio in quella località ci hanno sparato: a me è arrivata una scheggia nell’avambraccio sinistro; ho sentito gli spari e mi sono trovata sanguinante. Mi è rimasto il segno, ancora oggi, dopo tanti anni”.

    Il corteo tuttavia riesce da arrivare fino a Correggio e qui le 500 donne che ormai si sono raggruppate inscenano una grande manifestazione davanti alla casa del fascio adibita a prigione. Lì, iniziano a sparare e arrestano Allegretti: “Le donne si sono
    spaventate moltissimo e si sono tutte sparpagliate, mentre io ed altre staffette siamo rimaste al centro della strada. Mi si sono avvicinati due fascisti che ci hanno accusate di fare una manifestazione senza l’autorizzazione, ma noi siamo ugualmente entrate nel cortile della prigione per fare sentire le nostre proteste”. Allora, vanno a cercare il comandante della Brigata Nera di Correggio, Alberto Giorgi: “Le donne sono entrate nel cortile”, dice Vanda Veroni, “e hanno tirato giù dal letto il comandante, anche se era indisposto, in modo che si interessasse della cosa. Lui fu costretto a occuparsi del fatto”.

    La resistenza civile e pacifica delle donne va avanti per undici giorni. Sono undici giorni di cortei che partivano al mattino e rientravano a metà giornata. Sempre e solo animati dalle donne. Di tutte le età. “Per tutto il tempo che rimasero chiusi, noi, con qualsiasi mezzo, carri, biciclette poche o a piedi, eravamo là davanti alla prigione“. Racconta ancora Vanda che a pranzo, spesso, si fermavano dal salumificio Veroni che dava loro “una minestra” e la signora cercava di tranquillizzarle. Si erano schierati con loro. Per le donne il lavoro era doppio: quando tornavano a casa, dovevano fare anche tutto quello che di solito spettava agli uomini nelle stalle. “Fu un periodo durissimo”. Maria viene liberata dopo tre giorni e solo perché nega di conoscere le altre: quando viene scortata dai soldati mongoli e tutte le vengono incontro, riesce a salvarsi perché parla in dialetto e loro non la capiscono.

    Barbieri ricorda molto bene quei giorni: “Come adesso”, dice a ilfattoquotidiano.it. “Sarò anche in difficoltà a muovere la lingua, ma ricordo tutto. Anche perché di casa mia avevo quattro prigionieri. E io, a 13 anni, all’improvviso ero rimasto l’uomo più grande della casa. E allora restavo a casa a tenere dietro alle mucche. Mia mamma e le mie zie andavano tutte le mattine”. E aggiunge: “All’inizio era molto difficile perché le donne si erano divise in commissioni e andavano a parlare con le varie autorità. Ma loro facevano degli ultimatum e dicevano che se non liberavamo i tre soldati, loro avrebbero fucilato tutti i prigionieri”. E poi, dice, “erano semi-analfabete e andare a parlare per una cosa così importante non era facile”. Un giorno, anche il piccolo Barbieri si unisce al corteo e riesce a vedere il padre: “Papà quando vi liberano?”, gli chiede. “E sapete cosa mi ha risposto? Quando tirano via il catenaccio”, ride. “Aveva fatto una battuta per non spaventarmi. Anche perché erano giorni di grande paura”. Si temeva che gli uomini non sarebbero usciti vivi, che ci sarebbe stata una strage. “Ma anche le colonne di donne nelle campagne ogni mattina erano un pericolo perché giravano gli apparecchi e potevano bombardarle. Il loro impegno è stato molto importante”, chiude.

    Dopo i primi giorni, vengono individuati e fucilati cinque partigiani: Mauro Bompani, Enzo Cremonini, Ettore Giovanardi. Ferruccio Tusberti, Augusto Armani. Poi iniziano lunghe ed estenuanti trattative: i tedeschi vogliono indietro i tre, ma non sanno che è impossibile. Alla fine avviene la liberazione dei sessanta, grazie all’intervento del commissario prefettizio di Carpi Enzo Scaltriti, che si dimostra aperto ai partigiani, e alla mediazione di monsignor Giuseppe Bonacini. Ma soprattutto grazie alla pressione esercitata dalla comunità femminile che non ha mai ceduto.

    Bruno racconta gli attimi successivi alla liberazione: “Siamo andati di corsa dalle donne che ci aspettavano fuori. Tutto il rientro è stata una gioia immensa: per la strada ci portavano dei pezzi di gnocco fritto e, quando siamo arrivati a Budrione, c’era una festa inimmaginabile. Le campane suonavano a distesa”. Dice Vanda: “Eravamo tutte contente. Durante il cammino, mi ricordo che un tale è salito sul rimorchio, anche se io ero davanti sul biroccio e poi voleva prendere la guida. Io allora mi sono detta: per undici giorni sono venuta qua, quindi adesso sto davanti io”. Parole importantissime, di un cambiamento che era avvenuto anche fuori dalla prigione. E ancora: “Io ed alcune signore, con le gambe penzoloni dal carretto, facevamo quasi ridere. Tutta la gente, lungo le strade, batteva le mani, con le lacrime agli occhi perché tutti erano soddisfatti di vedere che era stata una bella cosa che l’avventura era finita bene”.

    La partecipazione popolare oltre i partigiani – I racconti di chi c’era sono come fotografie che rimangono nel tempo. Scatti di un avvenimento che ha fatto la storia locale, ma non ha trovato abbastanza spazio nei libri di scuola o sui giornali. Il lavoro di memoria è stato possibile, “grazie ad Annamaria Loschi, insegnante animatrice dell’Associazione Memoria Storica di Budrione”, morta nel 2024, ricorda Lucio Ferrari, presidente dell’Anpi di Carpi. “Lei era appassionatissima”, dice. “Budrione è stato un centro di Resistenza molto forte qui nel Carpigiano e nella zona partigiana della provincia di Modena che è quella più vivace. Qui ci sono stati molti caduti: abbiamo 57 tra cippi e lapidi. In occasione dell’80esimo anniversario della Liberazione, siamo andati a rendere omaggio a tutti. E il 23 marzo scorso, abbiamo ricordato il rastrellamento”.Questo episodio, racconta, “è stata un’esperienza così forte che è rimasta” nel ricordo della comunità. “Da parte delle donne c’è voluto un grande coraggio perché lì c’erano tedeschi e fascisti che si sentivano un po’ accerchiati ed erano particolarmente aggressivi e violenti. Soprattutto nei confronti delle donne”. E la loro rivolta “è stata fondamentale per fare pressione e per liberare i prigionieri. È stata decisiva”. Ma in tutti gli anni della Resistenza, le donne hanno avuto un ruolo importante. Anche e non solo tra i partigiani: “Ricordiamo lo sciopero delle operaie della Manifattura tabacchi, quello delle mondine o quello per il pane”. E pure la battaglia della trebbiatura, “quando uomini e donne tolsero le cinghie alle trebbie per evitare che i tedeschi prendessero il grano da portare in Germania”. E “parteciparono anche le donne”. La resistenza “è diventato un momento di grande emancipazione perché la donna nella famiglia qui non aveva un posto. Il nonno e la nonna erano i cosiddetti comandanti della famiglia. E nella gerarchia c’era un posto solo per la moglie del nonno, che si chiamava la resdora. Quando è iniziata la lotta di Liberazione anche le donne hanno cominciato a cercare di conquistare uno spazio dentro e fuori la famiglia. Prima non era così”.

    Quello che i fatti di Budrione, Migliarina e Fossoli dimostrano è che non c’erano solo i partigiani e le partigiane. Ma anche una società civile attiva e comunità mobilitate per la Resistenza. “Il 22 aprile”, continua Ferrari, “giorno della Liberazione di Carpi, abbiamo inaugurato la mostra ‘Noi stavamo con i partigiani’ che racconta proprio tutta la partecipazione popolare. Nella nostra zona più di 100 case sono diventate rifugio, nascondendo le persone nelle stalle o nei fienili. Ci fu una grande copertura della popolazione. Certo ci furono anche le spie, ma in generale ci fu una grande partecipazione. Anche di altre formazioni: cattolici, socialisti e naturalmente comunisti”. Proprio “la partecipazione popolare pacifica”, chiude Ferrari, “ha reso possibile la lotta partigiana”. E senza la resistenza de “la” Maria, “la” Vanda, “la” Isden e di tutte le altre, probabilmente il lembo di terra tra Correggio e Carpi avrebbe pianto altri sessanta uomini.

    *Foto da “Il coraggio delle donne. 12-23 marzo 1945” (a cura di Annamaria Loschi e di Anpi Carpi – Circolo E.Goldoni Budrione)

    Source: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/04/25/la-rivolta-pacifica-delle-donne-che-salvo-63-uomini-in-emilia-per-11-giorni-in-corteo-fino-alla-prigione-dopo-il-rastrellamento-dei-nazisti/7961324/
    Storie della Resistenza che ci piacciono. La rivolta pacifica delle donne che salvò 63 uomini in Emilia: "Per 11 giorni in corteo fino alla prigione dopo il rastrellamento dei nazisti" - Il Fatto Quotidiano Solo la determinazione delle donne ha permesso di salvare oltre 60 uomini: ecco cosa è successo Il 12 marzo 1945 i tedeschi fanno un rastrellamento tra Reggio e Modena. Le donne decidono di andare ogni giorno a piedi (circa due ore solo andata) per chiedere il rilascio di mariti e padri. Barbieri, che all'epoca aveva 13 anni: "Ricordo la paura". Ferrari (Anpi): "Qui la partecipazione popolare ha permesso la lotta partigiana" La rivolta pacifica delle donne che salvò 63 uomini in Emilia: “Per 11 giorni in corteo fino alla prigione dopo il rastrellamento dei nazisti” di Martina Castigliani Il 12 marzo 1945 i tedeschi fanno un rastrellamento tra Reggio e Modena. Le donne decidono di andare ogni giorno a piedi (circa due ore solo andata) per chiedere il rilascio di mariti e padri. Barbieri, che all'epoca aveva 13 anni: "Ricordo la paura". Ferrari (Anpi): "Qui la partecipazione popolare ha permesso la lotta partigiana" La nebbia, quel giorno, è fittissima. “Di quelle pesanti e piovose che penetrano nelle ossa”, racconta chi c’era. In Pianura Padana, nel lembo di terra che separa Correggio e Carpi, tra Reggio Emilia e Modena, vuol dire non riuscire a vedere oltre i propri piedi. Che il 12 marzo 1945 c’è un rastrellamento in corso, gli abitanti della frazione di Budrione lo capiscono dalle voci serrate dei comandi: ogni 10 metri c’è una testa e gli ordini si passano da uomo a uomo “come in una battuta di caccia”. Quello che avviene a un mese dalla Liberazione dal Nazifascismo è uno dei tanti episodi quasi sconosciuti di una guerra che ha travolto le campagne dove si nascondevano i partigiani. Questa volta però, l’epilogo è unico: a risolvere e impedire l’ennesimo eccidio sarà la resistenza civile e pacifica delle donne. Un atto raccontato in un libro preziosissimo del 2005, voluto dall’Anpi di Carpi (circolo E. Goldoni) e curato da Annamaria Loschi. Si intitola “Il coraggio delle donne” ed è un documento storico: contiene decine di testimonianze, molte delle quali di persone che ora non ci sono più, e che ricostruiscono un fatto mai arrivato sulle cronache nazionali. Ma che nelle campagne della bassa emiliana nessuno, finora, ha mai scordato. A raccontarlo sono i figli di chi quel giorno nero venne catturato: “Io avevo 13 anni e presero mio padre”, dice a ilfattoquotidiano.it Augusto Barbieri che ora di anni ne ha 93. “Anzi, di casa mia presero quattro uomini. Ricordo la paura. Tantissima paura”. Il rastrellamento lo fanno i tedeschi per vendicare l’agguato a un auto dei loro, avvenuto una settimana prima. A bordo c’erano un ufficiale e un sottoufficiale della Wehrmacht e un soldato mongolo: i primi due sapevano troppo e sono stati eliminati, il terzo ha chiesto e ottenuto di unirsi ai partigiani. I tedeschi non lo sanno e organizzano una controffensiva per liberarli che inizia alle 6 del mattino: catturano più di sessanta uomini (se ne contano almeno 63) e poi, in colonna, li portano in carcere a Correggio. Ma a quel punto succede qualcosa che nessun soldato nemico avrebbe potuto prevedere: i prigionieri vengono seguiti dalle donne in corteo che, sfidando armi e bombardamenti, ne chiedono il rilascio. Sono quasi due ore di cammino, quattro andata e ritorno, che ripeteranno ogni giorno per undici giorni. Fino alla liberazione. Il rastrellamento – Siamo a pochi km da Fossoli, dove sorgeva il campo di concentramento e transito verso i lager nazisti. In questa piana infinita, dove a sprazzi sorgono casolari e stalle, si nascondono i partigiani. Qui trovano accoglienza, mentre la vita quotidiana fatta di albe e lavoro va avanti. Il rastrellamento arriva all’improvviso e stravolge le comunità di Budrione, Fossoli e Migliarina. Se oggi sappiamo cosa è avvenuto, è grazie alle voci dei testimoni raccolte da Loschi in collaborazione con Augusto Barbieri, Pierino Bassoli e Lauro Cestelli. “Abbiamo cercato di parlare con più persone possibile”, ricorda Barbieri. Qui riportiamo alcune delle testimonianze contenute nel libro, ancora disponibile presso l’Anpi di Carpi. “Avevo 22 anni, quella mattina eravamo già tutti al lavoro”, dice Isden Morelli. “I tedeschi sono arrivati a casa nostra e hanno portato via con sé mio padre Bortolomeo e mio fratello Brenno”. Dante Bonatti parla del papà Dario che era “falegname e fabbro” ed era “anche addetto alle riparazioni delle armi dei partigiani. Eravamo tutti svegli”, “il rastrellamento è iniziato alle 5.30 del mattino”. Insieme ai tedeschi ci sono anche dei componenti della Brigata Nera di Carpi, che “in tuta grigioverde, avanzava nella nebbia fittissima. Questi ultimi erano ragazzi di 15-16 anni che noi conoscevamo, perché venivano a prendere i cocomeri durante la stagione. Per dissimulare la loro identità, però, tentavano di esprimersi in tedesco”. Luciano Bonatti ricorda che lo zio Dorno “venne preso dall’ultimo tedesco della fila mentre andava di corsa ad avvisare gli altri abitanti”. Bruno Dodi dice di essere rimasto in casa “sperando nella protezione della nebbia”. Ma è arrivato un tedesco che conosceva – “perché gli davamo qualcosa” – e al quale ha ubbidito, fidandosi che l’avrebbe liberato poi. “Invece la realtà è che io ero un ragazzo, ma i tedeschi erano uomini fatti, soldati abituati alla guerra”, dice. La maggior parte sono semplici contadini. Ma tra loro vengono catturati anche partigiani. Ad esempio, Bruno Cavazzoli che faceva la ronda e non riesce a prevenire il rastrellamento. Per “la nebbia tremenda”, “non abbiamo visto né sentito i tedeschi arrivare”. Cerca di scappare, ma viene fermato da due uomini a fucili spianati: “La mia prima reazione è stata molto umana”, confessa. “Ho sentito un rivolo caldo scendere lungo la gamba. È stato il massimo dell’angoscia che ho mai provato in vita mia”. Prima di essere catturato, prova a togliere la cravatta rossa per non provocarli: viene visto e schiaffeggiato. La rivolta delle donne – Il corteo dei 64 prigionieri parte da Budrione e va verso il carcere di Correggio: circa un’ora e mezza di cammino a piedi. “Disposti in fila per due o per quattro, i rastrellati si sono avviati senza nessun mezzo di trasporto”, raccontano. Erano tutti uomini, tranne una: fra di loro c’era Ardilia o Arsilia Goldoni, catturata mentre andava a lavorare al servizio della famiglia Pisa perché scambiata per una staffetta. Ma piano piano succede l’impensabile: lungo la strada il corteo comincia a ingrossarsi. “Il corteo, formato da tedeschi, fascisti e prigionieri non camminava solo: nonostante il grande pericolo, le donne hanno iniziato a seguirlo, chiamandosi l’una con l’altra”, racconta Vinicio Magnanini. Che ricorda come quel gesto, così forte e d’autonomia, avesse radici lontane. “Non si trattava tuttavia di una manifestazione semplice e spontanea: dietro c’era un’organizzazione politica e culturale, messa in atto da molti mesi, che poteva in questo frangente dare il coraggio alle donne, da sempre abituate a lavorare stando in secondo piano, (…) di affrontare e sfidare per chilometri soldati di un esercito feroce, ormai incalzato dagli eventi e per questo tanto più pericoloso”. Secondo i testimoni, il corteo a Correggio raduna più di 500 donne. Maria Allegretti racconta: “Un giorno il comandante partigiano, mi disse: devi organizzare le donne e dovete andare a Correggio a manifestare per gli uomini di Budrione! lo avevo mobilitato tutte le donne della zona e loro venivano volentieri, perché avevano tutte il marito, o un figlio, o un parente in prigione”. Prima di arrivare a Correggio, Allegretti avverte: state attente, perché potrebbero sparare dai tetti. “Loro però erano tutte con me perché volevano tentare di liberare i propri cari. La nostra manifestazione era pacifica: non avevamo armi, ma eravamo molto determinate. E cosi è stato fatto: noi, staffette e simpatizzanti, siamo andate a casa dei contadini a chiedere il cavallo, il biroccio, ma la maggioranza quel giorno è andata a piedi”. Ad un certo punto, i tedeschi sparano qualche colpo sulle manifestanti per disperderle: la tensione si alza. “Li seguimmo per circa 3 o 4 Km”, continua Zoe Busi. “Poi, in un momento di disperazione, incominciammo tutte a parlare: chiedevamo ai tedeschi di rilasciare i prigionieri”. È un gesto di sfida che richiede un enorme coraggio e non ci pensano due volte. “Zelmira Marchi si avvicinò loro e rimproverò il comportamento crudele. Un tedesco le lanciò una bomba a mano”. Anche Bruna Malavasi rimane ferita: “Io avevo 17 anni, ma in campagna allora si cresceva in fretta… Non mi ricordo neanche da dove sono partita io o chi mi avesse informata: so solo che con tutto un passaggio di voci ci siamo radunate in tante donne. Proprio in quella località ci hanno sparato: a me è arrivata una scheggia nell’avambraccio sinistro; ho sentito gli spari e mi sono trovata sanguinante. Mi è rimasto il segno, ancora oggi, dopo tanti anni”. Il corteo tuttavia riesce da arrivare fino a Correggio e qui le 500 donne che ormai si sono raggruppate inscenano una grande manifestazione davanti alla casa del fascio adibita a prigione. Lì, iniziano a sparare e arrestano Allegretti: “Le donne si sono spaventate moltissimo e si sono tutte sparpagliate, mentre io ed altre staffette siamo rimaste al centro della strada. Mi si sono avvicinati due fascisti che ci hanno accusate di fare una manifestazione senza l’autorizzazione, ma noi siamo ugualmente entrate nel cortile della prigione per fare sentire le nostre proteste”. Allora, vanno a cercare il comandante della Brigata Nera di Correggio, Alberto Giorgi: “Le donne sono entrate nel cortile”, dice Vanda Veroni, “e hanno tirato giù dal letto il comandante, anche se era indisposto, in modo che si interessasse della cosa. Lui fu costretto a occuparsi del fatto”. La resistenza civile e pacifica delle donne va avanti per undici giorni. Sono undici giorni di cortei che partivano al mattino e rientravano a metà giornata. Sempre e solo animati dalle donne. Di tutte le età. “Per tutto il tempo che rimasero chiusi, noi, con qualsiasi mezzo, carri, biciclette poche o a piedi, eravamo là davanti alla prigione“. Racconta ancora Vanda che a pranzo, spesso, si fermavano dal salumificio Veroni che dava loro “una minestra” e la signora cercava di tranquillizzarle. Si erano schierati con loro. Per le donne il lavoro era doppio: quando tornavano a casa, dovevano fare anche tutto quello che di solito spettava agli uomini nelle stalle. “Fu un periodo durissimo”. Maria viene liberata dopo tre giorni e solo perché nega di conoscere le altre: quando viene scortata dai soldati mongoli e tutte le vengono incontro, riesce a salvarsi perché parla in dialetto e loro non la capiscono. Barbieri ricorda molto bene quei giorni: “Come adesso”, dice a ilfattoquotidiano.it. “Sarò anche in difficoltà a muovere la lingua, ma ricordo tutto. Anche perché di casa mia avevo quattro prigionieri. E io, a 13 anni, all’improvviso ero rimasto l’uomo più grande della casa. E allora restavo a casa a tenere dietro alle mucche. Mia mamma e le mie zie andavano tutte le mattine”. E aggiunge: “All’inizio era molto difficile perché le donne si erano divise in commissioni e andavano a parlare con le varie autorità. Ma loro facevano degli ultimatum e dicevano che se non liberavamo i tre soldati, loro avrebbero fucilato tutti i prigionieri”. E poi, dice, “erano semi-analfabete e andare a parlare per una cosa così importante non era facile”. Un giorno, anche il piccolo Barbieri si unisce al corteo e riesce a vedere il padre: “Papà quando vi liberano?”, gli chiede. “E sapete cosa mi ha risposto? Quando tirano via il catenaccio”, ride. “Aveva fatto una battuta per non spaventarmi. Anche perché erano giorni di grande paura”. Si temeva che gli uomini non sarebbero usciti vivi, che ci sarebbe stata una strage. “Ma anche le colonne di donne nelle campagne ogni mattina erano un pericolo perché giravano gli apparecchi e potevano bombardarle. Il loro impegno è stato molto importante”, chiude. Dopo i primi giorni, vengono individuati e fucilati cinque partigiani: Mauro Bompani, Enzo Cremonini, Ettore Giovanardi. Ferruccio Tusberti, Augusto Armani. Poi iniziano lunghe ed estenuanti trattative: i tedeschi vogliono indietro i tre, ma non sanno che è impossibile. Alla fine avviene la liberazione dei sessanta, grazie all’intervento del commissario prefettizio di Carpi Enzo Scaltriti, che si dimostra aperto ai partigiani, e alla mediazione di monsignor Giuseppe Bonacini. Ma soprattutto grazie alla pressione esercitata dalla comunità femminile che non ha mai ceduto. Bruno racconta gli attimi successivi alla liberazione: “Siamo andati di corsa dalle donne che ci aspettavano fuori. Tutto il rientro è stata una gioia immensa: per la strada ci portavano dei pezzi di gnocco fritto e, quando siamo arrivati a Budrione, c’era una festa inimmaginabile. Le campane suonavano a distesa”. Dice Vanda: “Eravamo tutte contente. Durante il cammino, mi ricordo che un tale è salito sul rimorchio, anche se io ero davanti sul biroccio e poi voleva prendere la guida. Io allora mi sono detta: per undici giorni sono venuta qua, quindi adesso sto davanti io”. Parole importantissime, di un cambiamento che era avvenuto anche fuori dalla prigione. E ancora: “Io ed alcune signore, con le gambe penzoloni dal carretto, facevamo quasi ridere. Tutta la gente, lungo le strade, batteva le mani, con le lacrime agli occhi perché tutti erano soddisfatti di vedere che era stata una bella cosa che l’avventura era finita bene”. La partecipazione popolare oltre i partigiani – I racconti di chi c’era sono come fotografie che rimangono nel tempo. Scatti di un avvenimento che ha fatto la storia locale, ma non ha trovato abbastanza spazio nei libri di scuola o sui giornali. Il lavoro di memoria è stato possibile, “grazie ad Annamaria Loschi, insegnante animatrice dell’Associazione Memoria Storica di Budrione”, morta nel 2024, ricorda Lucio Ferrari, presidente dell’Anpi di Carpi. “Lei era appassionatissima”, dice. “Budrione è stato un centro di Resistenza molto forte qui nel Carpigiano e nella zona partigiana della provincia di Modena che è quella più vivace. Qui ci sono stati molti caduti: abbiamo 57 tra cippi e lapidi. In occasione dell’80esimo anniversario della Liberazione, siamo andati a rendere omaggio a tutti. E il 23 marzo scorso, abbiamo ricordato il rastrellamento”.Questo episodio, racconta, “è stata un’esperienza così forte che è rimasta” nel ricordo della comunità. “Da parte delle donne c’è voluto un grande coraggio perché lì c’erano tedeschi e fascisti che si sentivano un po’ accerchiati ed erano particolarmente aggressivi e violenti. Soprattutto nei confronti delle donne”. E la loro rivolta “è stata fondamentale per fare pressione e per liberare i prigionieri. È stata decisiva”. Ma in tutti gli anni della Resistenza, le donne hanno avuto un ruolo importante. Anche e non solo tra i partigiani: “Ricordiamo lo sciopero delle operaie della Manifattura tabacchi, quello delle mondine o quello per il pane”. E pure la battaglia della trebbiatura, “quando uomini e donne tolsero le cinghie alle trebbie per evitare che i tedeschi prendessero il grano da portare in Germania”. E “parteciparono anche le donne”. La resistenza “è diventato un momento di grande emancipazione perché la donna nella famiglia qui non aveva un posto. Il nonno e la nonna erano i cosiddetti comandanti della famiglia. E nella gerarchia c’era un posto solo per la moglie del nonno, che si chiamava la resdora. Quando è iniziata la lotta di Liberazione anche le donne hanno cominciato a cercare di conquistare uno spazio dentro e fuori la famiglia. Prima non era così”. Quello che i fatti di Budrione, Migliarina e Fossoli dimostrano è che non c’erano solo i partigiani e le partigiane. Ma anche una società civile attiva e comunità mobilitate per la Resistenza. “Il 22 aprile”, continua Ferrari, “giorno della Liberazione di Carpi, abbiamo inaugurato la mostra ‘Noi stavamo con i partigiani’ che racconta proprio tutta la partecipazione popolare. Nella nostra zona più di 100 case sono diventate rifugio, nascondendo le persone nelle stalle o nei fienili. Ci fu una grande copertura della popolazione. Certo ci furono anche le spie, ma in generale ci fu una grande partecipazione. Anche di altre formazioni: cattolici, socialisti e naturalmente comunisti”. Proprio “la partecipazione popolare pacifica”, chiude Ferrari, “ha reso possibile la lotta partigiana”. E senza la resistenza de “la” Maria, “la” Vanda, “la” Isden e di tutte le altre, probabilmente il lembo di terra tra Correggio e Carpi avrebbe pianto altri sessanta uomini. *Foto da “Il coraggio delle donne. 12-23 marzo 1945” (a cura di Annamaria Loschi e di Anpi Carpi – Circolo E.Goldoni Budrione) Source: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/04/25/la-rivolta-pacifica-delle-donne-che-salvo-63-uomini-in-emilia-per-11-giorni-in-corteo-fino-alla-prigione-dopo-il-rastrellamento-dei-nazisti/7961324/
    Like
    3
    0 التعليقات 0 المشاركات 9كيلو بايت مشاهدة
الصفحات المعززة