• Il prof Barbaro intervistato da Scenario.press - libera espressione - smentisce e ribalta le affermazioni della stampa: lo studio dimostra la correlazione tra vaccinazione e gravi eventi avversi e rende malati i sani.
    Trucchi statistici e di logica per non dover rispondere di reati gravissimi.
    Per le dirette di Scenario.press questa sera intervistiamo il Dott. Giuseppe Barbaro, cardiologo ospedaliero che opera a Roma - Roma - 18 Novembre 2025
    https://rumble.com/v71vnno-per-le-dirette-di-scenario.press-questa-sera-intervistiamo-il-prof.-giusepp.html?mref=2wyiuy&mc=6s5ce
    Con il Dott. Giuseppe Barbaro abbiamo parlato del nuovo studio che è stato pubblicato su The Lancet la scorsa settimana: "Vascular and inflammatory diseases after COVID-19 infection and vaccination in children and young people in England: a retrospective, population-based cohort study using linked electronic health records" questo è il link dello studio: https://www.thelancet.com/journals/lanchi/article/PIIS2352-4642(25)00247-0/fulltext, di vaccini a mRNA autoreplicante, di conflitti di interesse, di Commissione parlamentare di inchiesta e dei gravi danni dei sieri genici sperimentali Covid-19 nei confronti dei milioni di persone vaccinate.
    BUONA VISIONE!

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    Il prof Barbaro intervistato da Scenario.press - libera espressione - smentisce e ribalta le affermazioni della stampa: lo studio dimostra la correlazione tra vaccinazione e gravi eventi avversi e rende malati i sani. Trucchi statistici e di logica per non dover rispondere di reati gravissimi. Per le dirette di Scenario.press questa sera intervistiamo il Dott. Giuseppe Barbaro, cardiologo ospedaliero che opera a Roma - Roma - 18 Novembre 2025 https://rumble.com/v71vnno-per-le-dirette-di-scenario.press-questa-sera-intervistiamo-il-prof.-giusepp.html?mref=2wyiuy&mc=6s5ce Con il Dott. Giuseppe Barbaro abbiamo parlato del nuovo studio che è stato pubblicato su The Lancet la scorsa settimana: "Vascular and inflammatory diseases after COVID-19 infection and vaccination in children and young people in England: a retrospective, population-based cohort study using linked electronic health records" questo è il link dello studio: https://www.thelancet.com/journals/lanchi/article/PIIS2352-4642(25)00247-0/fulltext, di vaccini a mRNA autoreplicante, di conflitti di interesse, di Commissione parlamentare di inchiesta e dei gravi danni dei sieri genici sperimentali Covid-19 nei confronti dei milioni di persone vaccinate. BUONA VISIONE! MASSIMA CONDIVISIONE
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  • IL COLPO DI SCENA CHE NESSUNO SI ASPETTAVA. Tranne tutti noi di media idiozia.

    La notizia che a Kiev, mentre i soldati vengono mandati al macello senza più uno scopo, i fedelissimi di Zelensky rubano tutto il rubabile dai fondi e dalle armi inviati da Nato e Ue senz’alcun controllo, viene accolta in Italia e nel resto d’Europa con un misto di sorpresa e incredulità.

    Ma come: noi paghiamo, gli ucraini crepano e il regime sguazza tra mazzette e water, bidet e rubinetti d’oro massiccio?

    Ma Zelensky non era il “nuovo Churchill” (Nancy Pelosi e Messaggero),

    il “De Gaulle ucraino” (Prospect Magazine),

    il redivivo “Scipione l’Africano” (Minzolini, Giornale)?

    E la sua Ucraina non era “incorruttibile” (Zafesova, Stampa)?

    In realtà bastava leggere l’inchiesta internazionale “Pandora Papers” del 2021 per sapere che Zelensky è una creatura dell’oligarca, prima latitante e ora detenuto, Ihor Kolomoisky, re dei metalli, finanziatore di milizie fascio-nazi (dall’Azov al Dnipro) e titolare della tv 1+1 che lo lanciò; e che il presidente ucraino ha una villa a Forte dei Marmi con 6 camere da letto, 15 stanze, parco e piscina, acquistata nel 2017 per 3,8 milioni, intestata a una società italiana controllata da una cipriota e mai dichiarata prima dell’elezione nel 2019, come pure una delle quattro offshore controllate da lui e dai suoi soci nella casa di produzione Kvartal95 con conti correnti in vari paradisi fiscali (Isole Vergini, Cipro e Belize).

    Uno dei soci, Timur Mindich, che fino all’altrogiorno ospitava Zelensky in casa sua, è l’uomo dal cesso d’oro e dalle credenze piene di pacchi di banconote da 200 euro, esentato dalla naja malgrado l’età da leva e appena fuggito all’estero grazie a una soffiata per scampare all’arresto: sarebbe il regista del sistema tangentizio che grassava il 10-15% di ogni appalto per il sistema elettrico. Che, non bastando i bombardamenti russi, veniva rapinato dal regime, come i fondi per le uniformi e persino i 170 milioni versati dalla Nato per costruire trincee di legno.

    Notizie che non possono che galvanizzare il morale delle truppe superstiti intrappolate nelle sacche russe da Pokrovsk a Kupyansk, in attesa che Zelensky e il generale Syrsky (una sorta di Alì il Chimico o il Comico ucraino) la smettano di millantare successi e resistenze o di incolpare la nebbia e suonino la ritirata finché ci sarà qualcuno vivo da ritirare.
    Dinanzi alla disfatta militare e morale dell’Ucraina con i nostri soldi, i governi europei tacciono imbarazzati. Per promettere altri soldi, vista la fine che fanno, attendono tutti che la gente dimentichi le foto dei cessi d’oro. Tutti tranne uno, il più sveglio della compagnia: Antonio Tajani che, temendo di essere preceduto da qualcun altro, si affretta ad annunciare “un nuovo pacchetto di aiuti a Kiev nelle prossime ore”. Casomai non sapessero più cosa rubare.

    Editoriale di Marco Travaglio
    15 novembre 2025
    Il Fatto Quotidiano
    IL COLPO DI SCENA CHE NESSUNO SI ASPETTAVA. Tranne tutti noi di media idiozia. La notizia che a Kiev, mentre i soldati vengono mandati al macello senza più uno scopo, i fedelissimi di Zelensky rubano tutto il rubabile dai fondi e dalle armi inviati da Nato e Ue senz’alcun controllo, viene accolta in Italia e nel resto d’Europa con un misto di sorpresa e incredulità. Ma come: noi paghiamo, gli ucraini crepano e il regime sguazza tra mazzette e water, bidet e rubinetti d’oro massiccio? Ma Zelensky non era il “nuovo Churchill” (Nancy Pelosi e Messaggero), il “De Gaulle ucraino” (Prospect Magazine), il redivivo “Scipione l’Africano” (Minzolini, Giornale)? E la sua Ucraina non era “incorruttibile” (Zafesova, Stampa)? In realtà bastava leggere l’inchiesta internazionale “Pandora Papers” del 2021 per sapere che Zelensky è una creatura dell’oligarca, prima latitante e ora detenuto, Ihor Kolomoisky, re dei metalli, finanziatore di milizie fascio-nazi (dall’Azov al Dnipro) e titolare della tv 1+1 che lo lanciò; e che il presidente ucraino ha una villa a Forte dei Marmi con 6 camere da letto, 15 stanze, parco e piscina, acquistata nel 2017 per 3,8 milioni, intestata a una società italiana controllata da una cipriota e mai dichiarata prima dell’elezione nel 2019, come pure una delle quattro offshore controllate da lui e dai suoi soci nella casa di produzione Kvartal95 con conti correnti in vari paradisi fiscali (Isole Vergini, Cipro e Belize). Uno dei soci, Timur Mindich, che fino all’altrogiorno ospitava Zelensky in casa sua, è l’uomo dal cesso d’oro e dalle credenze piene di pacchi di banconote da 200 euro, esentato dalla naja malgrado l’età da leva e appena fuggito all’estero grazie a una soffiata per scampare all’arresto: sarebbe il regista del sistema tangentizio che grassava il 10-15% di ogni appalto per il sistema elettrico. Che, non bastando i bombardamenti russi, veniva rapinato dal regime, come i fondi per le uniformi e persino i 170 milioni versati dalla Nato per costruire trincee di legno. Notizie che non possono che galvanizzare il morale delle truppe superstiti intrappolate nelle sacche russe da Pokrovsk a Kupyansk, in attesa che Zelensky e il generale Syrsky (una sorta di Alì il Chimico o il Comico ucraino) la smettano di millantare successi e resistenze o di incolpare la nebbia e suonino la ritirata finché ci sarà qualcuno vivo da ritirare. Dinanzi alla disfatta militare e morale dell’Ucraina con i nostri soldi, i governi europei tacciono imbarazzati. Per promettere altri soldi, vista la fine che fanno, attendono tutti che la gente dimentichi le foto dei cessi d’oro. Tutti tranne uno, il più sveglio della compagnia: Antonio Tajani che, temendo di essere preceduto da qualcun altro, si affretta ad annunciare “un nuovo pacchetto di aiuti a Kiev nelle prossime ore”. Casomai non sapessero più cosa rubare. Editoriale di Marco Travaglio 15 novembre 2025 Il Fatto Quotidiano
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  • Titolo de ‘La Stampa’
    "Ville in Svizzera e milioni all’estero: ecco la Tangentopoli che assedia #Zelensky. Due ministri costretti alle dimissioni, fedelissimi in fuga: il presidente ora teme l’effetto valanga"
    Fino ad una settimana fa era a dir poco blasfemo sognare un titolo del genere su di un giornalone italiano. Certo, ancora sbaglia a chiamare il delinquente di Kiev: ‘presidente’, essendo scaduto da quasi un anno. Ma tutto non si può avere e Roma non fu costruita in una notte. Però il vento è cambiato e come buoni velisti alcuni editori stanno fiutando l’aria. Diamogli il tempo di prendere un po’ di coraggio.
    Il ‘presidente’ ora teme l’effetto valanga, scrivono … Ma davvero in questo Paese c’è ancora qualcuno che pensa che Zelensky non sia il capo assoluto di ogni traffico e maneggio appena scoperto?
    Timur Mindich, suo amico ed ex socio, quello che trasportava da Bruxelles borse piene di contanti; quello che nelle registrazioni della Nabu dice ad un collega: «Non sai quanto pesa un milione e mezzo di euri in contanti» (povera quattrosse di Bruxelles; è stata scoperta); quello che adesso le borse piene di milioni se l’è portate via un’ora prima dell’arresto ... lo chiamavano ‘il portafoglio di Zelensky’ … però il nanetto corrotto non ne sapeva niente, eh?
    Ma quanto la finite di pensare che siamo tutti stupidi? E’ vero, in tanti vi abbiamo votato, quindi così intelligenti non siamo, ma non ci avete mica tirato fuori dal Cottolengo. Crosetto ha ringraziato Zelensky per il coraggio di lottare contro la corruzione!
    Se continuate a foraggiare questo tossico, fate almeno come i ladri di Pesaro (il sorridente Matteo Ricci non c’entra nulla!): di giorno litigateci e di notte andate a rubare insieme! Basta baci, abbracci, slinguazzamenti, limonamenti e ospitate istituzionali. Non ne possiamo più!
    Nessuno lo arresterà questo delinquente impunito? Oggi è in Atene
    a chiedere il gas per l'Ucraina, dopo che ha distrutto il Nord Stream 2 e bombardato il Druzhba. Domani firmerà un accordo 'storico' a Parigi sulla difesa aerea. Poi il pezzente andrà in Spagna con la mano tesa già da ieri.
    Che figura ci fate a passare da utili idioti del Re dei Ladri?
    Sapete, le cose verranno fuori tutte quante. Ci sono dei libri in preparazione ed altri già editi. Nomi, date, luoghi, numeri, conti corrente, ville, case, palazzi, auto, yacht … che in confronti gli asset russi congelati sembrano la paghetta di Zelensky quando era un bambino scemo. Il nano non riuscirà a nascondere neanche un dollaro e forse non se li godrà, se gli americani non vogliono.
    Ma neppure voi fans dell’Impero del Bene riuscirete a nascondere al Popolo il dramma e gli sprechi che avete provocato. Ci vorrà un po’ di tempo, ma toccherà anche a voi.

    - Giuseppe Sardini

    Source: https://x.com/itsmeback_/status/1990076739163222055?t=1t6OCPrVGEqIKQDJPomWOg&s=19
    Titolo de ‘La Stampa’ "Ville in Svizzera e milioni all’estero: ecco la Tangentopoli che assedia #Zelensky. Due ministri costretti alle dimissioni, fedelissimi in fuga: il presidente ora teme l’effetto valanga💩💩💩" Fino ad una settimana fa era a dir poco blasfemo sognare un titolo del genere su di un giornalone italiano. Certo, ancora sbaglia a chiamare il delinquente di Kiev: ‘presidente’, essendo scaduto da quasi un anno. Ma tutto non si può avere e Roma non fu costruita in una notte. Però il vento è cambiato e come buoni velisti alcuni editori stanno fiutando l’aria. Diamogli il tempo di prendere un po’ di coraggio. Il ‘presidente’ ora teme l’effetto valanga, scrivono … Ma davvero in questo Paese c’è ancora qualcuno che pensa che Zelensky non sia il capo assoluto di ogni traffico e maneggio appena scoperto? 🤔 Timur Mindich, suo amico ed ex socio, quello che trasportava da Bruxelles borse piene di contanti; quello che nelle registrazioni della Nabu dice ad un collega: «Non sai quanto pesa un milione e mezzo di euri in contanti» (povera quattrosse di Bruxelles; è stata scoperta); quello che adesso le borse piene di milioni se l’è portate via un’ora prima dell’arresto ... lo chiamavano ‘il portafoglio di Zelensky’ … però il nanetto corrotto non ne sapeva niente, eh? Ma quanto la finite di pensare che siamo tutti stupidi? E’ vero, in tanti vi abbiamo votato, quindi così intelligenti non siamo, ma non ci avete mica tirato fuori dal Cottolengo. Crosetto ha ringraziato Zelensky per il coraggio di lottare contro la corruzione! Se continuate a foraggiare questo tossico, fate almeno come i ladri di Pesaro (il sorridente Matteo Ricci non c’entra nulla!): di giorno litigateci e di notte andate a rubare insieme! Basta baci, abbracci, slinguazzamenti, limonamenti e ospitate istituzionali. Non ne possiamo più! Nessuno lo arresterà questo delinquente impunito? Oggi è in Atene a chiedere il gas per l'Ucraina, dopo che ha distrutto il Nord Stream 2 e bombardato il Druzhba. Domani firmerà un accordo 'storico' a Parigi sulla difesa aerea. Poi il pezzente andrà in Spagna con la mano tesa già da ieri. Che figura ci fate a passare da utili idioti del Re dei Ladri? Sapete, le cose verranno fuori tutte quante. Ci sono dei libri in preparazione ed altri già editi. Nomi, date, luoghi, numeri, conti corrente, ville, case, palazzi, auto, yacht … che in confronti gli asset russi congelati sembrano la paghetta di Zelensky quando era un bambino scemo. Il nano non riuscirà a nascondere neanche un dollaro e forse non se li godrà, se gli americani non vogliono. Ma neppure voi fans dell’Impero del Bene riuscirete a nascondere al Popolo il dramma e gli sprechi che avete provocato. Ci vorrà un po’ di tempo, ma toccherà anche a voi. - Giuseppe Sardini Source: https://x.com/itsmeback_/status/1990076739163222055?t=1t6OCPrVGEqIKQDJPomWOg&s=19
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  • La guerra in Ucraina ha inflitto una dolorosissima umiliazione all’Europa.

    Putin ha messo in ginocchio tutti i leader europei convinti di sconfiggerlo. Giorgia Meloni è stata una delle più spavalde. Nel G20 presieduto dall’India, il 22 novembre 2023,

    Putin esortò i leader europei a dialogare per porre fine alla guerra. Meloni disse a Putin che l’unico modo per porre fine alla guerra era la resa senza condizioni della Russia. Meloni esortò Putin a ritirarsi da tutti i territori occupati, senza chiedere nulla in cambio: “Per ottenere la pace in Ucraina la cosa più facile sarebbe ritirare le truppe russe dall’Ucraina”. (Una vera statista!)

    Davanti al disastro di Pokrovsk e all’incapacità dell’Europa di proteggere l’Ucraina, Meloni e Crosetto cercano di costruirsi una nuova immagine. Fingono di essere sempre stati moderati e ragionevoli. In realtà hanno sempre dichiarato che l’Italia avrebbe dovuto armare l’Ucraina per sconfiggere la Russia sul campo di battaglia, esecrando la diplomazia. Questa era la linea di Biden, e questa è stata la linea di Meloni e Crosetto.

    La leader di Fratelli d’Italia era talmente obbediente alla Casa Bianca da meritarsi un bacio in fronte da parte di Biden. Chi, come il sottoscritto, invitava al dialogo con Putin all’inizio della guerra per salvare l’Ucraina, veniva insultato e diffamato.

    Il 17 luglio 2022, fui invitato al Giffoni Festival, che Crosetto attaccò immediatamente con questo tweet: “Nati come festival del cinema per ragazzi e finiti a luogo di parte. Complimenti per essere riusciti a rovinare una stupenda idea”. Il Giffoni Festival precipitò in un caos mediatico pieno di insulti e maledizioni.

    Oggi che l’Ucraina cade a pezzi, tutti fingono di non ricordarlo. Secondo il “Crosetto 2022”, gli unici titolati a parlare erano i propagandisti della Nato per istupidire gli studenti con le loro analisi grottesche secondo cui l’Ucraina avrebbe distrutto la Russia.

    Secondo il “Crosetto 2025”, l’Europa dovrebbe offrire a Putin una via d’uscita. Il “Crosetto 2025” è soltanto un disperato che cerca di cancellare il “Crosetto 2022” con l’aiuto della stampa compiacente. Meloni ha addirittura diffuso la notizia falsa secondo cui il suo governo ha armato l’Ucraina non per sconfiggere i russi, ma per impedire a Putin di arrivare a Kiev. Nella sua trasmissione, Giovanni Floris si è dilettato a trasmettere le numerose volte in cui Meloni, accanto a Zelensky in conferenza stampa, dichiarava: “Io scommetto sulla vittoria dell’Ucraina”.

    I traumi troppo intensi causano smarrimento. Per ridurre il disorientamento, gli individui ricorrono a una molteplicità di strategie. La prima è l’oblio. Non parlare, non ricordare. Rimuovere. Altre volte, l’uomo non riesce ad accettare la realtà, quindi deve capovolgerla.

    È il caso di chi dice che i russi hanno perso la guerra perché impiegano troppo tempo a conquistare le roccaforti ucraine. Ovviamente non esiste alcun criterio scientifico che stabilisca in quanti mesi un esercito invasore debba occupare le roccaforti nemiche per essere considerato “efficiente”. Tuttavia, gli umiliati d’Europa hanno stabilito che la Russia avrebbe dovuto conquistare il Donbass in tre giorni, cosa che non sarebbe riuscita nemmeno all’esercito americano, peraltro sconfitto dai talebani, privi delle armi che la Nato ha dato agli ucraini. E poi c’è la strategia del nemico interno che spinge Crosetto a parlare continuamente del pericolo della propaganda russa in un Paese in cui l’unica propaganda è quella della Casa Bianca.

    A guardare l’Ucraina c’è soltanto da piangere. A guardare Crosetto, c’è soltanto da ridere.

    Alessandro Orsini
    La guerra in Ucraina ha inflitto una dolorosissima umiliazione all’Europa. Putin ha messo in ginocchio tutti i leader europei convinti di sconfiggerlo. Giorgia Meloni è stata una delle più spavalde. Nel G20 presieduto dall’India, il 22 novembre 2023, Putin esortò i leader europei a dialogare per porre fine alla guerra. Meloni disse a Putin che l’unico modo per porre fine alla guerra era la resa senza condizioni della Russia. Meloni esortò Putin a ritirarsi da tutti i territori occupati, senza chiedere nulla in cambio: “Per ottenere la pace in Ucraina la cosa più facile sarebbe ritirare le truppe russe dall’Ucraina”. (💥Una vera statista!) Davanti al disastro di Pokrovsk e all’incapacità dell’Europa di proteggere l’Ucraina, Meloni e Crosetto cercano di costruirsi una nuova immagine. Fingono di essere sempre stati moderati e ragionevoli. In realtà hanno sempre dichiarato che l’Italia avrebbe dovuto armare l’Ucraina per sconfiggere la Russia sul campo di battaglia, esecrando la diplomazia. Questa era la linea di Biden, e questa è stata la linea di Meloni e Crosetto. La leader di Fratelli d’Italia era talmente obbediente alla Casa Bianca da meritarsi un bacio in fronte da parte di Biden. Chi, come il sottoscritto, invitava al dialogo con Putin all’inizio della guerra per salvare l’Ucraina, veniva insultato e diffamato. Il 17 luglio 2022, fui invitato al Giffoni Festival, che Crosetto attaccò immediatamente con questo tweet: “Nati come festival del cinema per ragazzi e finiti a luogo di parte. Complimenti per essere riusciti a rovinare una stupenda idea”. Il Giffoni Festival precipitò in un caos mediatico pieno di insulti e maledizioni. Oggi che l’Ucraina cade a pezzi, tutti fingono di non ricordarlo. Secondo il “Crosetto 2022”, gli unici titolati a parlare erano i propagandisti della Nato per istupidire gli studenti con le loro analisi grottesche secondo cui l’Ucraina avrebbe distrutto la Russia. Secondo il “Crosetto 2025”, l’Europa dovrebbe offrire a Putin una via d’uscita. Il “Crosetto 2025” è soltanto un disperato che cerca di cancellare il “Crosetto 2022” con l’aiuto della stampa compiacente. Meloni ha addirittura diffuso la notizia falsa secondo cui il suo governo ha armato l’Ucraina non per sconfiggere i russi, ma per impedire a Putin di arrivare a Kiev. Nella sua trasmissione, Giovanni Floris si è dilettato a trasmettere le numerose volte in cui Meloni, accanto a Zelensky in conferenza stampa, dichiarava: “Io scommetto sulla vittoria dell’Ucraina”. I traumi troppo intensi causano smarrimento. Per ridurre il disorientamento, gli individui ricorrono a una molteplicità di strategie. La prima è l’oblio. Non parlare, non ricordare. Rimuovere. Altre volte, l’uomo non riesce ad accettare la realtà, quindi deve capovolgerla. È il caso di chi dice che i russi hanno perso la guerra perché impiegano troppo tempo a conquistare le roccaforti ucraine. Ovviamente non esiste alcun criterio scientifico che stabilisca in quanti mesi un esercito invasore debba occupare le roccaforti nemiche per essere considerato “efficiente”. Tuttavia, gli umiliati d’Europa hanno stabilito che la Russia avrebbe dovuto conquistare il Donbass in tre giorni, cosa che non sarebbe riuscita nemmeno all’esercito americano, peraltro sconfitto dai talebani, privi delle armi che la Nato ha dato agli ucraini. E poi c’è la strategia del nemico interno che spinge Crosetto a parlare continuamente del pericolo della propaganda russa in un Paese in cui l’unica propaganda è quella della Casa Bianca. A guardare l’Ucraina c’è soltanto da piangere. A guardare Crosetto, c’è soltanto da ridere. Alessandro Orsini
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  • La Russia usa le infrastrutture ucraine per guidare i propri droni

    UNITED24 Media è un'agenzia di stampa ucraina con sede a Kiev e, come sapete, in Ucraina il presidente plenipotenziario Zelensky ha abolito ogni forma di comunicazione dell'opposizione, quindi non può certo essere considerata come propaganda russa e, al contrario, è certamente propaganda ucraina.

    Pur tuttavia, l'articolo di ieri comparso sulle loro pagine è davvero curioso, nello spiegare come i russi controllano i propri droni fanno un'ammissione incredibile, ovvero che la Russia sfrutta le reti telefoniche interne ucraine per controllare i propri droni, ovvero utilizza strumenti ucraini per colpire la stessa Ucraina.

    Come queto sia possibile è scritto nel testo dell’articolo, ovvero un drone da carico trasporta altri droni da combattimento fino a 5-10 chilometri dal bersaglio dove vengono rilasciati sotto un’unica condizione: che vi sia una rete telefonica locale con un segnale LTE stabile.

    La furbata consiste nello sfruttare i dati crittografate e ad alta larghezza di banda delle reti internet, più difficili da intercettare o bloccare rispetto alle frequenze radio standard che necessitano di una fonte remota e di ripetitori oltre la portata dei sistemi FPV standard, mentre, utilizzando le infrastrutture vili, i droni russi non sarebbero più suscettibili a questa limitazione perchè la radioemittente di controllo è di fatto il più vicino ripetitore telefonico che mantiene la costante connessione con i droni a spese del nemico.

    Si potrebbe dire la beffa oltre al danno, infatti per evitare gli assalti di questo tipo di droni l’Ucraina dovrebbe spegnere tutti i ripetitori silenziando tutte le comunicazioni interne con conseguenze potenzialmente persino più disastrose che non i “semplici” attacchi mirati ad infrastrutture energetiche.

    Ma ogni altra considerazione pare al momento superflua, in attesa di sapere come davvero stanno le cose leggiamo cosa riporta United 24 (link in calce):

    -------------------------------------

    La Russia ora controlla i droni FPV tramite 4G per eludere i sistemi di disturbo dell'Ucraina

    01 nov 2025 11:40 - Ivan Khomenko

    Le forze armate russe hanno iniziato a schierare droni FPV controllati tramite reti mobili LTE, segnando un cambiamento nelle loro tattiche contro le posizioni difensive ucraine.

    Secondo lo specialista ucraino di guerra elettronica Serhii Beskrestnov, noto anche come "Flash", la Russia sta utilizzando una versione modificata del veicolo aereo senza pilota (UAV) Molniya per trasportare droni FPV in zone operative con copertura 4G stabile.

    Una volta raggiunta un'area idonea, il vettore rilascia i droni a circa 5-10 chilometri dai loro obiettivi, dove gli operatori ne assumono il controllo tramite reti mobili.

    "Stiamo registrando una nuova tattica", ha detto Beskrestnov su Telegram. "Il drone Molniya trasporta due droni FPV, non normali, ma controllati tramite reti mobili. Li trasporta in aree con copertura LTE stabile e li rilascia a 5-10 chilometri dal bersaglio".

    Il passaggio al controllo basato su LTE consente ai droni di evitare i tradizionali sistemi di radiodisturbo che tipicamente interrompono le frequenze di controllo standard. Utilizzando infrastrutture mobili civili, gli operatori russi possono mantenere il contatto con i loro droni anche oltre la portata dei sistemi FPV convenzionali.

    Beskrestnov ha osservato che la piattaforma Molniya non è dotata di un ripetitore di segnale. Funge invece da semplice sistema di consegna, trasportando le unità FPV abbastanza vicino alle zone in cui le reti mobili ucraine rimangono operative.

    A differenza dei droni FPV radiocomandati, i droni basati su LTE si basano su connessioni dati crittografate e ad alta larghezza di banda, più difficili da intercettare o bloccare.

    Il drone Molniya, sviluppato dal gruppo russo ZALA Aero sotto la direzione del consorzio Kalashnikov, è stato precedentemente utilizzato per trasportare munizioni vaganti e carichi utili da ricognizione. Il suo recente adattamento per l'impiego con droni FPV sottolinea la crescente attenzione russa ai sistemi senza pilota modulari e integrati in rete.

    In precedenza, Defense Express aveva riferito che la Russia sta aggiungendo la visione artificiale ai droni Molniya, consentendo loro di colpire obiettivi anche senza contatto radio.

    https://united24media.com/latest-news/russia-now-controls-fpv-drones-via-4g-to-evade-ukraines-jamming-systems-13022
    La Russia usa le infrastrutture ucraine per guidare i propri droni UNITED24 Media è un'agenzia di stampa ucraina con sede a Kiev e, come sapete, in Ucraina il presidente plenipotenziario Zelensky ha abolito ogni forma di comunicazione dell'opposizione, quindi non può certo essere considerata come propaganda russa e, al contrario, è certamente propaganda ucraina. Pur tuttavia, l'articolo di ieri comparso sulle loro pagine è davvero curioso, nello spiegare come i russi controllano i propri droni fanno un'ammissione incredibile, ovvero che la Russia sfrutta le reti telefoniche interne ucraine per controllare i propri droni, ovvero utilizza strumenti ucraini per colpire la stessa Ucraina. Come queto sia possibile è scritto nel testo dell’articolo, ovvero un drone da carico trasporta altri droni da combattimento fino a 5-10 chilometri dal bersaglio dove vengono rilasciati sotto un’unica condizione: che vi sia una rete telefonica locale con un segnale LTE stabile. La furbata consiste nello sfruttare i dati crittografate e ad alta larghezza di banda delle reti internet, più difficili da intercettare o bloccare rispetto alle frequenze radio standard che necessitano di una fonte remota e di ripetitori oltre la portata dei sistemi FPV standard, mentre, utilizzando le infrastrutture vili, i droni russi non sarebbero più suscettibili a questa limitazione perchè la radioemittente di controllo è di fatto il più vicino ripetitore telefonico che mantiene la costante connessione con i droni a spese del nemico. Si potrebbe dire la beffa oltre al danno, infatti per evitare gli assalti di questo tipo di droni l’Ucraina dovrebbe spegnere tutti i ripetitori silenziando tutte le comunicazioni interne con conseguenze potenzialmente persino più disastrose che non i “semplici” attacchi mirati ad infrastrutture energetiche. Ma ogni altra considerazione pare al momento superflua, in attesa di sapere come davvero stanno le cose leggiamo cosa riporta United 24 (link in calce): ------------------------------------- La Russia ora controlla i droni FPV tramite 4G per eludere i sistemi di disturbo dell'Ucraina 01 nov 2025 11:40 - Ivan Khomenko Le forze armate russe hanno iniziato a schierare droni FPV controllati tramite reti mobili LTE, segnando un cambiamento nelle loro tattiche contro le posizioni difensive ucraine. Secondo lo specialista ucraino di guerra elettronica Serhii Beskrestnov, noto anche come "Flash", la Russia sta utilizzando una versione modificata del veicolo aereo senza pilota (UAV) Molniya per trasportare droni FPV in zone operative con copertura 4G stabile. Una volta raggiunta un'area idonea, il vettore rilascia i droni a circa 5-10 chilometri dai loro obiettivi, dove gli operatori ne assumono il controllo tramite reti mobili. "Stiamo registrando una nuova tattica", ha detto Beskrestnov su Telegram. "Il drone Molniya trasporta due droni FPV, non normali, ma controllati tramite reti mobili. Li trasporta in aree con copertura LTE stabile e li rilascia a 5-10 chilometri dal bersaglio". Il passaggio al controllo basato su LTE consente ai droni di evitare i tradizionali sistemi di radiodisturbo che tipicamente interrompono le frequenze di controllo standard. Utilizzando infrastrutture mobili civili, gli operatori russi possono mantenere il contatto con i loro droni anche oltre la portata dei sistemi FPV convenzionali. Beskrestnov ha osservato che la piattaforma Molniya non è dotata di un ripetitore di segnale. Funge invece da semplice sistema di consegna, trasportando le unità FPV abbastanza vicino alle zone in cui le reti mobili ucraine rimangono operative. A differenza dei droni FPV radiocomandati, i droni basati su LTE si basano su connessioni dati crittografate e ad alta larghezza di banda, più difficili da intercettare o bloccare. Il drone Molniya, sviluppato dal gruppo russo ZALA Aero sotto la direzione del consorzio Kalashnikov, è stato precedentemente utilizzato per trasportare munizioni vaganti e carichi utili da ricognizione. Il suo recente adattamento per l'impiego con droni FPV sottolinea la crescente attenzione russa ai sistemi senza pilota modulari e integrati in rete. In precedenza, Defense Express aveva riferito che la Russia sta aggiungendo la visione artificiale ai droni Molniya, consentendo loro di colpire obiettivi anche senza contatto radio. https://united24media.com/latest-news/russia-now-controls-fpv-drones-via-4g-to-evade-ukraines-jamming-systems-13022
    UNITED24MEDIA.COM
    Russia Now Controls FPV Drones via 4G to Evade Ukraine’s Jamming Systems
    The use of modified Molniya UAVs to deploy FPV drones via LTE is reshaping Russian military tactics in Ukraine, offering enhanced operational capabilities.
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  • La sfida dei missili: Mosca risponde alla minaccia dei Tomahawk con i Burevestnik (prima che scada il trattato New Start con gli Usa)
    Già il nome dice tutto. O, quantomeno, ci prova. In russo Burevestnik significa «uccello delle tempeste» o «procellaria», uccello marino che annuncia l’arrivo delle tempeste nonché protagonista di una celebre poesia rivoluzionaria di Maksim Gorkij. Mentre tramonta l’ipotesi di un nuovo faccia a faccia tra Trump e Putin a Budapest, il presidente russo annuncia il successo del test del Burevestnik 9M730.

    Il missile da crociera superficie-superficie a propulsione nucleare — ribattezzato dalla Nato SSC-X-9 Skyfall — secondo il Cremlino possiede una gittata praticamente illimitata e una traiettoria di volo imprevedibile, caratteristiche che lo renderebbero «invincibile» rispetto agli attuali e futuri scudi antimissile, oltre che nella definizione di Putin «un’arma che nessun altro Paese al mondo possiede».

    Propulsione e manovra
    Secondo la stampa russa, al momento del lancio il Burevestnik misura circa 12 metri, per poi ridursi a 9 in volo. La propulsione è affidata a un motore termico nucleare che entra in funzione soltanto dopo il decollo. Svelato nel 2018, insieme al supersiluro Poseidon, al nuovo missile balistico intercontinentale RS-28 Sarmat, alla testata ipersonica planante (Hgv) Avangard e al missile ipersonico Kinzhal, è il «gioiello» dell’arsenale strategico russo. Secondo il generale Valery Gerasimov capo di stato maggiore delle forze armate russe, durante il test effettuato il 21 ottobre, il Burevestnik ha percorso 14 mila chilometri rimanendo in volo per circa 15 ore sempre grazie alla propulsione nucleare.

    La sfida dei missili
    Il test si inserisce in una più ampia serie di esercitazioni strategiche condotte la scorsa settimana, durante le quali Putin ha supervisionato manovre nucleari su terra, mare e aria. Ma non solo. Arriva anche in un momento particolarmente teso delle relazioni di Mosca con Washington che ha minacciato di fornire a Kiev missili Tomahawk, in grado di colpire obiettivi in profondità nel territorio russo.

    Ma soprattutto, se la Russia possiede 5.459 testate nucleari mentre gli Stati Uniti ne hanno 5.177 (insieme, i due Paesi detengono circa l’87% dell’arsenale nucleare mondiale, una potenza distruttiva sufficiente a cancellare il nostro pianeta più volte), da considerare anche che il trattato New Start (Strategic Arms Reduction Treaty), firmato da Russia e Stati Uniti nel 2010, scade tra pochi mesi, nel febbraio 2026.


    Ed ad oggi i negoziati per una nuova ratifica dell’accordo sembrano inesistenti. Da non dimenticare poi che a fine 2024 le autorità russe hanno approvato alcuni cambiamenti formali alla dottrina nucleare, consentendo l’utilizzo di tali armamenti qualora venga minacciata la «sovranità e l’integrità territoriale» della Russia e della Bielorussia, anche attraverso attacchi con «armi convenzionali», cioè non nucleari.

    Tradotto: l’artificio retorico dell’impiego di armi atomiche come minaccia o extrema ratio non è più un tabù, anzi. Dall’altra parte, il dialogo in materia non sembra tra le priorità della Casa Bianca almeno per ora. Sia perché eventuali negoziazioni fornirebbero ulteriore potere contrattuale alla Russia nella trattativa per la fine della guerra in Ucraina, sia perché Washington vuole un trattato più ampio, che tenga conto del crescente ruolo della Cina come potenza nucleare.

    Dottrina e trattati
    Secondo la Nuclear Threat Initiative, la Russia ha condotto almeno 13 lanci di prova del Burevestnik, di cui solo due sono stati considerati parzialmente riusciti. Lo sviluppo stesso del super missile non è stato privo di passi falsi e, per alcuni, restano dubbi sulla possibilità di ridurre a sufficienza le dimensioni di un propulsore nucleare. Nel 2019 cinque persone morirono nel tentativo di recuperarne uno dal fondale marino, perso durante un test fallito. Infine, secondo gli esperti, il Burevestnik rappresenta un’opzione valida per un secondo attacco nucleare.

    Può raggiungere obiettivi di controvalore negli Stati Uniti o in Europa, penetrare le difese missilistiche e causare danni aggiuntivi al territorio e ai centri abitati lungo la sua traiettoria di volo, ma dal momento che presenta rischi di radiazioni durante il volo a partire dal decollo è una scelta poco adatta per il primo strike. In sintesi, l’uccello delle tempeste può volare, sì. Ma non più in alto di tutti.

    https://www.corriere.it/esteri/25_ottobre_27/missili-mosca-russia-new-start-usa-23b0548c-dd2a-4356-996e-0f9106604xlk.shtml
    La sfida dei missili: Mosca risponde alla minaccia dei Tomahawk con i Burevestnik (prima che scada il trattato New Start con gli Usa) Già il nome dice tutto. O, quantomeno, ci prova. In russo Burevestnik significa «uccello delle tempeste» o «procellaria», uccello marino che annuncia l’arrivo delle tempeste nonché protagonista di una celebre poesia rivoluzionaria di Maksim Gorkij. Mentre tramonta l’ipotesi di un nuovo faccia a faccia tra Trump e Putin a Budapest, il presidente russo annuncia il successo del test del Burevestnik 9M730. Il missile da crociera superficie-superficie a propulsione nucleare — ribattezzato dalla Nato SSC-X-9 Skyfall — secondo il Cremlino possiede una gittata praticamente illimitata e una traiettoria di volo imprevedibile, caratteristiche che lo renderebbero «invincibile» rispetto agli attuali e futuri scudi antimissile, oltre che nella definizione di Putin «un’arma che nessun altro Paese al mondo possiede». Propulsione e manovra Secondo la stampa russa, al momento del lancio il Burevestnik misura circa 12 metri, per poi ridursi a 9 in volo. La propulsione è affidata a un motore termico nucleare che entra in funzione soltanto dopo il decollo. Svelato nel 2018, insieme al supersiluro Poseidon, al nuovo missile balistico intercontinentale RS-28 Sarmat, alla testata ipersonica planante (Hgv) Avangard e al missile ipersonico Kinzhal, è il «gioiello» dell’arsenale strategico russo. Secondo il generale Valery Gerasimov capo di stato maggiore delle forze armate russe, durante il test effettuato il 21 ottobre, il Burevestnik ha percorso 14 mila chilometri rimanendo in volo per circa 15 ore sempre grazie alla propulsione nucleare. La sfida dei missili Il test si inserisce in una più ampia serie di esercitazioni strategiche condotte la scorsa settimana, durante le quali Putin ha supervisionato manovre nucleari su terra, mare e aria. Ma non solo. Arriva anche in un momento particolarmente teso delle relazioni di Mosca con Washington che ha minacciato di fornire a Kiev missili Tomahawk, in grado di colpire obiettivi in profondità nel territorio russo. Ma soprattutto, se la Russia possiede 5.459 testate nucleari mentre gli Stati Uniti ne hanno 5.177 (insieme, i due Paesi detengono circa l’87% dell’arsenale nucleare mondiale, una potenza distruttiva sufficiente a cancellare il nostro pianeta più volte), da considerare anche che il trattato New Start (Strategic Arms Reduction Treaty), firmato da Russia e Stati Uniti nel 2010, scade tra pochi mesi, nel febbraio 2026. Ed ad oggi i negoziati per una nuova ratifica dell’accordo sembrano inesistenti. Da non dimenticare poi che a fine 2024 le autorità russe hanno approvato alcuni cambiamenti formali alla dottrina nucleare, consentendo l’utilizzo di tali armamenti qualora venga minacciata la «sovranità e l’integrità territoriale» della Russia e della Bielorussia, anche attraverso attacchi con «armi convenzionali», cioè non nucleari. Tradotto: l’artificio retorico dell’impiego di armi atomiche come minaccia o extrema ratio non è più un tabù, anzi. Dall’altra parte, il dialogo in materia non sembra tra le priorità della Casa Bianca almeno per ora. Sia perché eventuali negoziazioni fornirebbero ulteriore potere contrattuale alla Russia nella trattativa per la fine della guerra in Ucraina, sia perché Washington vuole un trattato più ampio, che tenga conto del crescente ruolo della Cina come potenza nucleare. Dottrina e trattati Secondo la Nuclear Threat Initiative, la Russia ha condotto almeno 13 lanci di prova del Burevestnik, di cui solo due sono stati considerati parzialmente riusciti. Lo sviluppo stesso del super missile non è stato privo di passi falsi e, per alcuni, restano dubbi sulla possibilità di ridurre a sufficienza le dimensioni di un propulsore nucleare. Nel 2019 cinque persone morirono nel tentativo di recuperarne uno dal fondale marino, perso durante un test fallito. Infine, secondo gli esperti, il Burevestnik rappresenta un’opzione valida per un secondo attacco nucleare. Può raggiungere obiettivi di controvalore negli Stati Uniti o in Europa, penetrare le difese missilistiche e causare danni aggiuntivi al territorio e ai centri abitati lungo la sua traiettoria di volo, ma dal momento che presenta rischi di radiazioni durante il volo a partire dal decollo è una scelta poco adatta per il primo strike. In sintesi, l’uccello delle tempeste può volare, sì. Ma non più in alto di tutti. https://www.corriere.it/esteri/25_ottobre_27/missili-mosca-russia-new-start-usa-23b0548c-dd2a-4356-996e-0f9106604xlk.shtml
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  • XXII Giornata per ricordare i danneggiati da vaccino - Lunedì 27 Ottobre 2025 - Roma
    Ciao a tutti,
    come indicato nel comunicato stampa di Assisi, si terrà la XXII Giornata per ricordare le persone decedute o rese disabili dai vaccini.
    L'evento, organizzato dal CONDAV ETS (Coordinamento Nazionale Danneggiati da Vaccino) in memoria di Fabio Giamberduca, Antonia Spada, David Gomiero e di tutti coloro che hanno subito gravi conseguenze o perso la vita a seguito di reazioni avverse vaccinali, si svolgerà:
    Quando: Domani, Lunedì 27 ottobre 2025, alle ore 15.00
    Dove: Presso la prestigiosa Sala Capitolare del Chiostro di Santa Maria Sopra la Minerva a Roma.
    Grazie alla richiesta dell'Associazione Assisi, il Comitato di scopo per Tuttela della Salute Pubblica ( 2CS) sarà presente e rappresentato dalla Dott.ssa Laura Teodori.
    Programma: Trovate il programma dettagliato dell'evento al seguente link: http://www.condav.it/document/Homepage/XXII%C2%B0%20GNDV%2027.10.25%202.pdf
    Accredito e Partecipazione: I giornalisti e gli ospiti che desiderano partecipare in presenza sono pregati di accreditarsi scrivendo a: segreteriacondav@libero.it
    Diretta Streaming: Per chi non potrà essere presente, l'evento verrà trasmesso in diretta sulla web TV del Senato: https://webtv.senato.it/webtv_live
    NON perdetevi questo evento.
    ❗❗❗XXII Giornata per ricordare i danneggiati da vaccino - Lunedì 27 Ottobre 2025 - Roma Ciao a tutti, come indicato nel comunicato stampa di Assisi, si terrà la XXII Giornata per ricordare le persone decedute o rese disabili dai vaccini. L'evento, organizzato dal CONDAV ETS (Coordinamento Nazionale Danneggiati da Vaccino) in memoria di Fabio Giamberduca, Antonia Spada, David Gomiero e di tutti coloro che hanno subito gravi conseguenze o perso la vita a seguito di reazioni avverse vaccinali, si svolgerà: Quando: Domani, Lunedì 27 ottobre 2025, alle ore 15.00 Dove: Presso la prestigiosa Sala Capitolare del Chiostro di Santa Maria Sopra la Minerva a Roma. Grazie alla richiesta dell'Associazione Assisi, il Comitato di scopo per Tuttela della Salute Pubblica ( 2CS) sarà presente e rappresentato dalla Dott.ssa Laura Teodori. Programma: Trovate il programma dettagliato dell'evento al seguente link: http://www.condav.it/document/Homepage/XXII%C2%B0%20GNDV%2027.10.25%202.pdf Accredito e Partecipazione: I giornalisti e gli ospiti che desiderano partecipare in presenza sono pregati di accreditarsi scrivendo a: segreteriacondav@libero.it Diretta Streaming: Per chi non potrà essere presente, l'evento verrà trasmesso in diretta sulla web TV del Senato: https://webtv.senato.it/webtv_live NON perdetevi questo evento.
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  • PER NON DIMENTICARE e FARE UN PO' di CHIAREZZA!
    L’ENIGMA RANUCCI: IL GIORNALISTA SCOMODO CHE NON DISTURBA IL POTERE!
    Sempre solidale con chiunque subisca ogni tipo di intimidazione, compreso il soggetto in questione, vi propongo questi interessanti e condivisibili post sulla figura di Sigfrido Ranucci, il giornalista che durante la pandemia pubblicizzava senza farsi alcuna domanda i sieri sperimentali che continuano tutt’oggi a mietere vittime anche fra i suoi colleghi e proponeva imperdibili inchieste della durata di un’ora sull’evoluzione della pizza in Italia, con un inedito focus sulla mangiata dell’ex presidente Bill Clinton in una pizzeria di Napoli…tutto questo nel periodo in cui tutti i diritti fondamentali dell’uomo venivano calpestati da un banchiere criminale nel silenzio di (quasi) tutte le trasmissioni televisive, fra cui la sua.
    Buona lettura.
    Post 1
    Sigfrido Ranucci viene presentato da anni come simbolo del giornalismo d’inchiesta italiano, “voce scomoda” contro i poteri forti. Eppure, se si osserva con attenzione la linea editoriale di Report, emerge un quadro molto diverso da quello percepito dal grande pubblico.
    I servizi del programma non toccano mai le questioni centrali del potere reale: il ruolo dell’Unione Europea e della BCE nell’impoverimento economico del Paese, le responsabilità politiche nella gestione pandemica, i rapporti fra magistratura e intelligence, l’impatto delle politiche migratorie sulla sicurezza e sull’identità sociale.
    Temi di questa portata vengono costantemente evitati. Si preferisce orientare l’attenzione verso fenomeni di corruzione secondaria, conflitti di interesse marginali o presunti scandali a basso rischio politico.
    In questo senso, Report svolge una funzione precisa: incanalare l’indignazione pubblica verso bersagli innocui.
    Il risultato è duplice: da un lato si alimenta l’immagine del giornalismo “libero”, dall’altro si impedisce che l’opinione pubblica concentri la propria attenzione sui veri centri di potere.
    Non è un caso che Ranucci, pur dichiarandosi “in pericolo”, goda di massima copertura istituzionale, sia da parte del Quirinale che dell’Unione Europea, che ne difendono costantemente l’operato in nome della “libertà di stampa”.
    È difficile considerare realmente scomodo chi opera all’interno del servizio pubblico e gode di protezione politica trasversale.
    In un Paese dove giornalisti indipendenti vengono querelati, censurati o isolati, l’immagine del “cronista coraggioso sotto scorta” funziona come una narrazione utile al sistema: serve a dare credibilità a un’informazione che, in realtà, si muove entro confini molto ben definiti.
    Post 2 – L’ATTENTATO IMPOSSIBILE: UNA NARRAZIONE COSTRUITA?
    Dal 2021 Sigfrido Ranucci vive sotto scorta. Ciò significa che la sua abitazione, i suoi spostamenti e la sua vettura rientrano in protocolli di sicurezza estremamente rigidi.
    Ogni ingresso, parcheggio e itinerario è monitorato. Per questo motivo, la notizia secondo cui qualcuno sarebbe riuscito a collocare un ordigno esplosivo nella sua auto appare tecnicamente poco plausibile, se non impossibile, a meno di gravi complicità interne.
    L’attentato, così come raccontato, presenta quindi una doppia anomalia: o i protocolli di protezione sono falliti in modo clamoroso — cosa che dovrebbe comportare immediate dimissioni di funzionari e scorte — oppure la vicenda ha una forte componente scenica e comunicativa.
    Il tempismo mediatico lo conferma: subito dopo la notizia, esponenti politici di tutti i partiti hanno espresso solidarietà, il Quirinale ha ribadito il valore del “giornalismo libero”, e i media hanno rilanciato la narrazione dell’Italia come “paese pericoloso per chi fa informazione”.
    Ma di quale informazione si parla?
    Ranucci non ha mai prodotto inchieste che mettessero realmente in crisi i vertici del potere politico o finanziario. Non ha mai toccato temi come l’adesione incondizionata dell’Italia alla NATO, la gestione opaca dei fondi del PNRR, o le pressioni sovranazionali in materia sanitaria ed energetica.
    Eppure viene presentato come simbolo della libertà di parola.
    L’ipotesi più coerente è che l’“attentato” serva a consolidare una narrativa utile al mainstream: quella del giornalista eroico minacciato da forze oscure, che deve essere difeso dal potere politico stesso.
    Un paradosso perfetto: chi dovrebbe essere il bersaglio diventa, in realtà, l’attore principale di una messa in scena che rafforza il sistema che finge di combattere.
    Post 3 – IL RUOLO DI SISTEMA DEL GIORNALISTA “SOTTO ATTACCO”
    In ogni momento di crisi di fiducia verso i media, il sistema reagisce in modo prevedibile: rilancia figure come Ranucci per ridare legittimità morale alla stampa istituzionale.
    Quando il pubblico inizia a percepire la manipolazione dell’informazione, serve un simbolo di “verità perseguitata”.
    Ranucci diventa così il protagonista perfetto di una sceneggiatura politica: un giornalista “coraggioso” che affronta “minacce anonime”, protetto dalle istituzioni e celebrato dalle stesse forze di potere che dice di denunciare.
    È un meccanismo studiato.
    Il potere sa che per sopravvivere deve simulare al proprio interno una quota di conflitto controllato: apparire diviso per essere più credibile.
    In realtà, la funzione del dissenso istituzionalizzato è proprio neutralizzare il vero dissenso.
    Mentre l’attenzione del pubblico viene dirottata su un presunto attacco a Report, restano fuori dall’agenda mediatica i dossier realmente scomodi: i rapporti fra politica e finanza, l’influenza delle multinazionali sui media, il ruolo delle intelligence nei processi giudiziari, e la progressiva erosione della sovranità nazionale.
    Il risultato è che il “giornalista minacciato” diventa uno scudo narrativo per l’establishment.
    L’intera vicenda rafforza l’idea che chi critica i media ufficiali sia un potenziale pericolo per la democrazia.
    E così, mentre il potere si autoassolve celebrando la propria “libertà di stampa”, il vero giornalismo d’inchiesta — quello che indaga davvero su chi comanda — resta invisibile, marginalizzato, e privo di voce.

    Source: https://www.facebook.com/story.php?story_fbid=10229586144179377&id=1276122023&post_id=1276122023_10229586144179377&rdid=By0LdSJgnVcqb30V
    PER NON DIMENTICARE e FARE UN PO' di CHIAREZZA! L’ENIGMA RANUCCI: IL GIORNALISTA SCOMODO CHE NON DISTURBA IL POTERE! Sempre solidale con chiunque subisca ogni tipo di intimidazione, compreso il soggetto in questione, vi propongo questi interessanti e condivisibili post sulla figura di Sigfrido Ranucci, il giornalista che durante la pandemia pubblicizzava senza farsi alcuna domanda i sieri sperimentali che continuano tutt’oggi a mietere vittime anche fra i suoi colleghi e proponeva imperdibili inchieste della durata di un’ora sull’evoluzione della pizza in Italia, con un inedito focus sulla mangiata dell’ex presidente Bill Clinton in una pizzeria di Napoli…tutto questo nel periodo in cui tutti i diritti fondamentali dell’uomo venivano calpestati da un banchiere criminale nel silenzio di (quasi) tutte le trasmissioni televisive, fra cui la sua. Buona lettura. Post 1 Sigfrido Ranucci viene presentato da anni come simbolo del giornalismo d’inchiesta italiano, “voce scomoda” contro i poteri forti. Eppure, se si osserva con attenzione la linea editoriale di Report, emerge un quadro molto diverso da quello percepito dal grande pubblico. I servizi del programma non toccano mai le questioni centrali del potere reale: il ruolo dell’Unione Europea e della BCE nell’impoverimento economico del Paese, le responsabilità politiche nella gestione pandemica, i rapporti fra magistratura e intelligence, l’impatto delle politiche migratorie sulla sicurezza e sull’identità sociale. Temi di questa portata vengono costantemente evitati. Si preferisce orientare l’attenzione verso fenomeni di corruzione secondaria, conflitti di interesse marginali o presunti scandali a basso rischio politico. In questo senso, Report svolge una funzione precisa: incanalare l’indignazione pubblica verso bersagli innocui. Il risultato è duplice: da un lato si alimenta l’immagine del giornalismo “libero”, dall’altro si impedisce che l’opinione pubblica concentri la propria attenzione sui veri centri di potere. Non è un caso che Ranucci, pur dichiarandosi “in pericolo”, goda di massima copertura istituzionale, sia da parte del Quirinale che dell’Unione Europea, che ne difendono costantemente l’operato in nome della “libertà di stampa”. È difficile considerare realmente scomodo chi opera all’interno del servizio pubblico e gode di protezione politica trasversale. In un Paese dove giornalisti indipendenti vengono querelati, censurati o isolati, l’immagine del “cronista coraggioso sotto scorta” funziona come una narrazione utile al sistema: serve a dare credibilità a un’informazione che, in realtà, si muove entro confini molto ben definiti. Post 2 – L’ATTENTATO IMPOSSIBILE: UNA NARRAZIONE COSTRUITA? Dal 2021 Sigfrido Ranucci vive sotto scorta. Ciò significa che la sua abitazione, i suoi spostamenti e la sua vettura rientrano in protocolli di sicurezza estremamente rigidi. Ogni ingresso, parcheggio e itinerario è monitorato. Per questo motivo, la notizia secondo cui qualcuno sarebbe riuscito a collocare un ordigno esplosivo nella sua auto appare tecnicamente poco plausibile, se non impossibile, a meno di gravi complicità interne. L’attentato, così come raccontato, presenta quindi una doppia anomalia: o i protocolli di protezione sono falliti in modo clamoroso — cosa che dovrebbe comportare immediate dimissioni di funzionari e scorte — oppure la vicenda ha una forte componente scenica e comunicativa. Il tempismo mediatico lo conferma: subito dopo la notizia, esponenti politici di tutti i partiti hanno espresso solidarietà, il Quirinale ha ribadito il valore del “giornalismo libero”, e i media hanno rilanciato la narrazione dell’Italia come “paese pericoloso per chi fa informazione”. Ma di quale informazione si parla? Ranucci non ha mai prodotto inchieste che mettessero realmente in crisi i vertici del potere politico o finanziario. Non ha mai toccato temi come l’adesione incondizionata dell’Italia alla NATO, la gestione opaca dei fondi del PNRR, o le pressioni sovranazionali in materia sanitaria ed energetica. Eppure viene presentato come simbolo della libertà di parola. L’ipotesi più coerente è che l’“attentato” serva a consolidare una narrativa utile al mainstream: quella del giornalista eroico minacciato da forze oscure, che deve essere difeso dal potere politico stesso. Un paradosso perfetto: chi dovrebbe essere il bersaglio diventa, in realtà, l’attore principale di una messa in scena che rafforza il sistema che finge di combattere. Post 3 – IL RUOLO DI SISTEMA DEL GIORNALISTA “SOTTO ATTACCO” In ogni momento di crisi di fiducia verso i media, il sistema reagisce in modo prevedibile: rilancia figure come Ranucci per ridare legittimità morale alla stampa istituzionale. Quando il pubblico inizia a percepire la manipolazione dell’informazione, serve un simbolo di “verità perseguitata”. Ranucci diventa così il protagonista perfetto di una sceneggiatura politica: un giornalista “coraggioso” che affronta “minacce anonime”, protetto dalle istituzioni e celebrato dalle stesse forze di potere che dice di denunciare. È un meccanismo studiato. Il potere sa che per sopravvivere deve simulare al proprio interno una quota di conflitto controllato: apparire diviso per essere più credibile. In realtà, la funzione del dissenso istituzionalizzato è proprio neutralizzare il vero dissenso. Mentre l’attenzione del pubblico viene dirottata su un presunto attacco a Report, restano fuori dall’agenda mediatica i dossier realmente scomodi: i rapporti fra politica e finanza, l’influenza delle multinazionali sui media, il ruolo delle intelligence nei processi giudiziari, e la progressiva erosione della sovranità nazionale. Il risultato è che il “giornalista minacciato” diventa uno scudo narrativo per l’establishment. L’intera vicenda rafforza l’idea che chi critica i media ufficiali sia un potenziale pericolo per la democrazia. E così, mentre il potere si autoassolve celebrando la propria “libertà di stampa”, il vero giornalismo d’inchiesta — quello che indaga davvero su chi comanda — resta invisibile, marginalizzato, e privo di voce. Source: https://www.facebook.com/story.php?story_fbid=10229586144179377&id=1276122023&post_id=1276122023_10229586144179377&rdid=By0LdSJgnVcqb30V
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  • MANOVRA 2025 – Primo assaggio. Né sorprese, né imprese

    L’economia non è un concetto astratto: è fatta di persone.
    E la politica non è un evento celeste, ma un insieme di scelte — prese da individui ben precisi a cui, per volontà o per inerzia, concediamo carta bianca.

    Eppure, davanti all’ennesima legge di bilancio, sembriamo reagire come sempre: con una scrollata di spalle.
    Mentre ci distraiamo su discussioni marginali — tipo l’uso “improprio” del termine cortigiano/a — il governo ci serve il vero piatto forte di fine anno: la manovra 2025, che di “improprio” non ha nulla, ma riflette perfettamente la sua impronta ideologica.
    Nulla di sorprendente, appunto.

    Siamo ancora alla fase preliminare, con conferenze stampa, bozze e iter parlamentari da smaltire tra una commissione e l’altra, ma il copione è già chiaro: nessuna rivoluzione, nessuna impresa.
    Solo un altro giro di giostra finanziato a debito, condito da qualche contentino ben calibrato.

    La manovra vale circa 18,7 miliardi di euro.
    Meloni la definisce “molto seria ed equilibrata”, e in effetti è più leggera delle precedenti — almeno sulla carta.
    Tra le voci principali:

    ⚫️ Sostegno alla famiglia: circa 1,6 miliardi di euro in più, con esenzioni della prima casa dal calcolo ISEE fino a un certo valore catastale, per favorire l’accesso a misure come assegno unico, bonus nido e assegno di inclusione.

    ⚫️Fisco e lavoro: semplificazione delle aliquote IRPEF e taglio del cuneo fiscale per i redditi medio-bassi, con ampliamento della platea dei beneficiari della flat tax.

    ⚫️Politiche sociali: rifinanziamento della carta “Dedicata a te”, per un totale di 500 milioni di euro.


    In sintesi, una manovra che conferma l’approccio tradizionalista e conservatore del centrodestra: pochi obiettivi, chiari ma limitati.
    Tanto sostegno alle famiglie, qualche ritocco fiscale e un’apparente sobrietà che nasconde una precisa filosofia politica: spendere dove si vuole, tagliare dove non serve (a loro).


    È presto per bilanci definitivi, ma sappiamo già cosa aspettarci.
    E sappiamo anche quali voci di spesa gridano vendetta.

    Da un lato, quella da togliere: la spesa militare.
    Dall’altro, quella da proteggere e potenziare: l’informazione, la cultura, la comunicazione libera e indipendente.

    Ma la partita, lo sappiamo, è già persa.

    Il Documento programmatico pluriennale per la Difesa prevede investimenti da 130 a 140 miliardi di euro nei prossimi 15 anni per sistemi d’arma, infrastrutture e mezzi militari — con ulteriori 12 miliardi già previsti nella manovra per il 2026.
    Tutto in linea con i target NATO, ovviamente.
    Perché la pace, a quanto pare, passa ancora per le armi.

    Nel frattempo, zero investimenti per il giornalismo, per la cultura, per chi tiene accesa la luce dell’informazione.
    Ci indigniamo per gli attacchi a figure come Sigfrido Ranucci, ma non muoviamo un dito per costruire un sistema che tuteli chi racconta il Paese, anche quando il racconto non piace.

    Non che mi aspettassi qualcosa di diverso ma si prosegue con la linea di pensiero fatta di tagli e scarsità di risorse per la cultura e per la salvaguardia dell'informazione italiana, con assenza di investimenti significativi in questi settori, che dunque ne escono penalizzati rispetto alla spesa per la difesa. Ma poi per difenderci da cosa?

    Forse dobbiamo iniziare a difenderci da noi stessi e questa routine politica imbarazzante che giustamente è stata ancora una volta premiata da un meritato e sacrosanto astensionismo che non fa più rima con menefreghismo ma con una sana presa di posizione e coscienza.


    #Manovra2025 #PoliticaItaliana #EconomiaReale #FinanzaPubblica #BilancioStato #CulturaEDemocrazia #SpesaMilitare #InformazioneLibera
    MANOVRA 2025 🔥 – Primo assaggio. Né sorprese, né imprese L’economia non è un concetto astratto: è fatta di persone. E la politica non è un evento celeste, ma un insieme di scelte — prese da individui ben precisi a cui, per volontà o per inerzia, concediamo carta bianca. Eppure, davanti all’ennesima legge di bilancio, sembriamo reagire come sempre: con una scrollata di spalle. Mentre ci distraiamo su discussioni marginali — tipo l’uso “improprio” del termine cortigiano/a — il governo ci serve il vero piatto forte di fine anno: la manovra 2025, che di “improprio” non ha nulla, ma riflette perfettamente la sua impronta ideologica. Nulla di sorprendente, appunto. Siamo ancora alla fase preliminare, con conferenze stampa, bozze e iter parlamentari da smaltire tra una commissione e l’altra, ma il copione è già chiaro: nessuna rivoluzione, nessuna impresa. Solo un altro giro di giostra finanziato a debito, condito da qualche contentino ben calibrato. La manovra vale circa 18,7 miliardi di euro. Meloni la definisce “molto seria ed equilibrata”, e in effetti è più leggera delle precedenti — almeno sulla carta. Tra le voci principali: ⚫️ Sostegno alla famiglia: circa 1,6 miliardi di euro in più, con esenzioni della prima casa dal calcolo ISEE fino a un certo valore catastale, per favorire l’accesso a misure come assegno unico, bonus nido e assegno di inclusione. ⚫️Fisco e lavoro: semplificazione delle aliquote IRPEF e taglio del cuneo fiscale per i redditi medio-bassi, con ampliamento della platea dei beneficiari della flat tax. ⚫️Politiche sociali: rifinanziamento della carta “Dedicata a te”, per un totale di 500 milioni di euro. In sintesi, una manovra che conferma l’approccio tradizionalista e conservatore del centrodestra: pochi obiettivi, chiari ma limitati. Tanto sostegno alle famiglie, qualche ritocco fiscale e un’apparente sobrietà che nasconde una precisa filosofia politica: spendere dove si vuole, tagliare dove non serve (a loro). È presto per bilanci definitivi, ma sappiamo già cosa aspettarci. E sappiamo anche quali voci di spesa gridano vendetta. 👉 Da un lato, quella da togliere: la spesa militare. Dall’altro, quella da proteggere e potenziare: l’informazione, la cultura, la comunicazione libera e indipendente. Ma la partita, lo sappiamo, è già persa. Il Documento programmatico pluriennale per la Difesa prevede investimenti da 130 a 140 miliardi di euro nei prossimi 15 anni per sistemi d’arma, infrastrutture e mezzi militari — con ulteriori 12 miliardi già previsti nella manovra per il 2026. Tutto in linea con i target NATO, ovviamente. Perché la pace, a quanto pare, passa ancora per le armi. 👉 Nel frattempo, zero investimenti per il giornalismo, per la cultura, per chi tiene accesa la luce dell’informazione. Ci indigniamo per gli attacchi a figure come Sigfrido Ranucci, ma non muoviamo un dito per costruire un sistema che tuteli chi racconta il Paese, anche quando il racconto non piace. Non che mi aspettassi qualcosa di diverso ma si prosegue con la linea di pensiero fatta di tagli e scarsità di risorse per la cultura e per la salvaguardia dell'informazione italiana, con assenza di investimenti significativi in questi settori, che dunque ne escono penalizzati rispetto alla spesa per la difesa. Ma poi per difenderci da cosa? Forse dobbiamo iniziare a difenderci da noi stessi e questa routine politica imbarazzante che giustamente è stata ancora una volta premiata da un meritato e sacrosanto astensionismo che non fa più rima con menefreghismo ma con una sana presa di posizione e coscienza. #Manovra2025 #PoliticaItaliana #EconomiaReale #FinanzaPubblica #BilancioStato #CulturaEDemocrazia #SpesaMilitare #InformazioneLibera
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  • ASSOLUTAMENTE VERGOGNOSO!
    ASCOLTATE cosa HANNO DETTO NEL CONVEGNO organizzato dal CNEL di BRUNETTA! ECCO COME VENGONO SPESI i SOLDI PUBBLICI!
    "A Gaza funerali con le bambole", "C'è differenza di civiltà tra sganciare bombe e sgozzare": l'incredibile galleria degli orrori del convegno al Cnel
    Albanese "professionista dell’antisemitismo". Lucia Goracci "da richiamare"; Il Fatto e il Manifesto negazionisti. Il canale Nove "aggressore di Israele". Ecco alcuni degli interventi sentiti al Cnel che hanno fatto indignare il direttore della Stampa Malaguti: "Raccontare il dolore di un bambino palestinese mutilato significa essere antisemiti?"
    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/10/18/7-ottobre-insulti-comunita-ebraica-albanese-montanari-parenzo-cnel-antisemitismo-israele-gaza/8162784/
    ASSOLUTAMENTE VERGOGNOSO! ASCOLTATE cosa HANNO DETTO NEL CONVEGNO organizzato dal CNEL di BRUNETTA! ECCO COME VENGONO SPESI i SOLDI PUBBLICI! "A Gaza funerali con le bambole", "C'è differenza di civiltà tra sganciare bombe e sgozzare": l'incredibile galleria degli orrori del convegno al Cnel Albanese "professionista dell’antisemitismo". Lucia Goracci "da richiamare"; Il Fatto e il Manifesto negazionisti. Il canale Nove "aggressore di Israele". Ecco alcuni degli interventi sentiti al Cnel che hanno fatto indignare il direttore della Stampa Malaguti: "Raccontare il dolore di un bambino palestinese mutilato significa essere antisemiti?" https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/10/18/7-ottobre-insulti-comunita-ebraica-albanese-montanari-parenzo-cnel-antisemitismo-israele-gaza/8162784/
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    "A Gaza funerali con le bambole", "C'è differenza di civiltà tra sganciare bombe e sgozzare": l'incredibile galleria degli orrori del convegno al Cnel
    Albanese "professionista dell’antisemitismo". Lucia Goracci "da richiamare"; Il Fatto e il Manifesto negazionisti. Il canale Nove "aggressore di Israele". Ecco alcuni degli interventi sentiti al Cnel che hanno fatto indignare il direttore della Stampa Malaguti: "Raccontare il dolore di un bambino palestinese mutilato significa essere antisemiti?"
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