• Moni Ovadia: voce per la Pace e la Partecipazione
    Chiusura della Tre Giorni per la Pace 2025

    Domenica 21 settembre si è chiusa la Tre Giorni per la Pace 2025: un evento intenso, faticoso ma ricco di contenuti e di incontri che hanno lasciato il segno.

    La chiusura con Moni Ovadia è stata un momento di straordinaria lucidità e forza: un appello alla solidarietà con i popoli che soffrono e, allo stesso tempo, un richiamo forte e chiaro alla responsabilità politica in Italia.

    Non solo empatia e memoria , ma l’urgenza di costruire una rivoluzione non violenta, determinata e partecipata, che rimetta al centro la pace, la giustizia sociale e la dignità umana.
    Un intervento che ha riacceso gli animi e che merita di essere ascoltato e condiviso.

    Guarda qui il video integrale:

    https://www.youtube.com/live/Se5KWcabfiE?si=pkIDjFqxTRhLp9_r

    #MoniOvadia #TreGiorniPerLaPace #Pace2025 #Attivismo #NonViolenza #Partecipazione #GiustiziaSociale #Solidarietà #DirittiUmani #PaceInItalia #VocePerLaPace #rivoluzionenonviolenta
    ✨ Moni Ovadia: voce per la Pace e la Partecipazione ✨ ✊ Chiusura della Tre Giorni per la Pace 2025 Domenica 21 settembre si è chiusa la Tre Giorni per la Pace 2025: un evento intenso, faticoso ma ricco di contenuti e di incontri che hanno lasciato il segno. La chiusura con Moni Ovadia 🎤 è stata un momento di straordinaria lucidità e forza: un appello alla solidarietà con i popoli che soffrono e, allo stesso tempo, un richiamo forte e chiaro alla responsabilità politica in Italia. Non solo empatia e memoria 💡, ma l’urgenza di costruire una rivoluzione non violenta, determinata e partecipata, che rimetta al centro la pace, la giustizia sociale e la dignità umana. Un intervento che ha riacceso gli animi e che merita di essere ascoltato e condiviso. 🎥 Guarda qui il video integrale: https://www.youtube.com/live/Se5KWcabfiE?si=pkIDjFqxTRhLp9_r #MoniOvadia #TreGiorniPerLaPace #Pace2025 #Attivismo #NonViolenza #Partecipazione #GiustiziaSociale #Solidarietà #DirittiUmani #PaceInItalia #VocePerLaPace #rivoluzionenonviolenta
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  • Caro ministro Tajani, crede davvero che finora l’Italia su Gaza sia stata dalla parte giusta della storia?

    In questi giorni gira in rete un video del Ministro Antonio Tajani, che durante un comizio elettorale nelle Marche precisa “(…) noi sul genocidio (pausa), su tutto ciò che accade a Gaza non abbiamo nessuna responsabilità. Stiamo difendendo il diritto del popolo palestinese a rimanere dov’è (…) ad avere uno stato. Non siamo complici di nessun… omicidio, di nessun genocidio, di nessun crimine”.

    Chissà cosa avrà pensato il Ministro in quella breve pausa dopo aver pronunciato la parola genocidio, purtroppo la regia non ci fa neanche vedere il suo volto. Ma ormai la frittata era fatta. Con questo discorso è caduta infatti tutta la narrazione italiana alimentata in questi due anni guerra dai due vicepremier Tajani e Salvini, così come dalla Presidente, Giorgia Meloni. Un racconto pubblico in cui prima si è supportata l’azione militare israeliana, poi la si è giustificata rimanendo silenti sulle atrocità e si è negato i crimini commessi a Gaza, arrivando solo negli ultimi mesi ad avanzare qualche critica di fronte all’evidenza delle immagini, delle testimonianze e alle proteste sempre crescenti dell’opinione pubblica.

    Finalmente è quindi caduta la maschera. Ministro Tajani, Lei pronunciando quella parola ha automaticamente riconosciuto tutta una serie di obblighi che il nostro Paese almeno dal 26 gennaio 2024 non sta rispettando. È utile ricordarli perché, nel rispetto del diritto internazionale, l’Italia era tenuta a:

    – interrompere qualunque fornitura di armi, componenti d’arma, tecnologie e servizi militari a Israele;
    – rivedere le proprie relazioni economiche, politiche, accademiche, sociali e culturali con Israele, interrompendo immediatamente qualunque rapporto che potesse rafforzare o giustificare la commissione di gravi violazioni del diritto internazionale o ostacolare l’esercizio del diritto di autodeterminazione del popolo palestinese;
    – astenersi dall’intrattenere con Israele qualunque relazione economica o commerciale che riguardasse il Territorio palestinese occupato, che potesse in qualunque modo supportare la presenza illegale di Israele;
    – adottare provvedimenti adeguati per impedire che cittadini italiani e imprese presenti in Italia intrattenessero relazioni commerciali o di investimento, che potessero contribuire a consolidare l’occupazione illegale di Israele dei territori palestinesi;
    – attivarsi per chiedere e ottenere la sospensione dell’Accordo di associazione tra Ue e Israele, che dovrebbe essere basato sul rispetto dei diritti umani e dei valori democratici;
    – sostenere a livello internazionale qualunque iniziativa politica volta a fare pressione su Israele, con l’obiettivo di indurlo a desistere dalla commissione dei gravi crimini di cui si è reso responsabile;
    – collaborare in modo proattivo e tempestivo con altri Stati e organismi internazionali, come la Corte Penale internazionale, che hanno intrapreso indagini e azioni penali su presunti crimini di diritto internazionale commessi a Gaza o in Israele.
    – valutare, anche in sede europea, l’adozione di misure restrittive contro la leadership militare e politica israeliana (come il congelamento dei beni e il travel ban) analoghe a quelle che sono state adottate contro la Russia e l’establishment russo, a seguito dell’illecita invasione dell’Ucraina.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/09/19/genocidio-gaza-tajani-responsabilita-italia-notizie/8132596/
    Caro ministro Tajani, crede davvero che finora l’Italia su Gaza sia stata dalla parte giusta della storia? In questi giorni gira in rete un video del Ministro Antonio Tajani, che durante un comizio elettorale nelle Marche precisa “(…) noi sul genocidio (pausa), su tutto ciò che accade a Gaza non abbiamo nessuna responsabilità. Stiamo difendendo il diritto del popolo palestinese a rimanere dov’è (…) ad avere uno stato. Non siamo complici di nessun… omicidio, di nessun genocidio, di nessun crimine”. Chissà cosa avrà pensato il Ministro in quella breve pausa dopo aver pronunciato la parola genocidio, purtroppo la regia non ci fa neanche vedere il suo volto. Ma ormai la frittata era fatta. Con questo discorso è caduta infatti tutta la narrazione italiana alimentata in questi due anni guerra dai due vicepremier Tajani e Salvini, così come dalla Presidente, Giorgia Meloni. Un racconto pubblico in cui prima si è supportata l’azione militare israeliana, poi la si è giustificata rimanendo silenti sulle atrocità e si è negato i crimini commessi a Gaza, arrivando solo negli ultimi mesi ad avanzare qualche critica di fronte all’evidenza delle immagini, delle testimonianze e alle proteste sempre crescenti dell’opinione pubblica. Finalmente è quindi caduta la maschera. Ministro Tajani, Lei pronunciando quella parola ha automaticamente riconosciuto tutta una serie di obblighi che il nostro Paese almeno dal 26 gennaio 2024 non sta rispettando. È utile ricordarli perché, nel rispetto del diritto internazionale, l’Italia era tenuta a: – interrompere qualunque fornitura di armi, componenti d’arma, tecnologie e servizi militari a Israele; – rivedere le proprie relazioni economiche, politiche, accademiche, sociali e culturali con Israele, interrompendo immediatamente qualunque rapporto che potesse rafforzare o giustificare la commissione di gravi violazioni del diritto internazionale o ostacolare l’esercizio del diritto di autodeterminazione del popolo palestinese; – astenersi dall’intrattenere con Israele qualunque relazione economica o commerciale che riguardasse il Territorio palestinese occupato, che potesse in qualunque modo supportare la presenza illegale di Israele; – adottare provvedimenti adeguati per impedire che cittadini italiani e imprese presenti in Italia intrattenessero relazioni commerciali o di investimento, che potessero contribuire a consolidare l’occupazione illegale di Israele dei territori palestinesi; – attivarsi per chiedere e ottenere la sospensione dell’Accordo di associazione tra Ue e Israele, che dovrebbe essere basato sul rispetto dei diritti umani e dei valori democratici; – sostenere a livello internazionale qualunque iniziativa politica volta a fare pressione su Israele, con l’obiettivo di indurlo a desistere dalla commissione dei gravi crimini di cui si è reso responsabile; – collaborare in modo proattivo e tempestivo con altri Stati e organismi internazionali, come la Corte Penale internazionale, che hanno intrapreso indagini e azioni penali su presunti crimini di diritto internazionale commessi a Gaza o in Israele. – valutare, anche in sede europea, l’adozione di misure restrittive contro la leadership militare e politica israeliana (come il congelamento dei beni e il travel ban) analoghe a quelle che sono state adottate contro la Russia e l’establishment russo, a seguito dell’illecita invasione dell’Ucraina. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/09/19/genocidio-gaza-tajani-responsabilita-italia-notizie/8132596/
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    Blog | Tajani ammette il genocidio a Gaza: cosa rischia ora l'Italia?
    Le parole del ministro sul genocidio a Gaza svelano le responsabilità dell'Italia. Ecco cosa dovrebbe fare il governo secondo il diritto internazionale.
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  • La Commissione UE costretta ad ammettere che i ‘vaccini’ COVID sono stati somministrati alla popolazione senza ‘dati completi sulla sicurezza’! L'eurodeputato Hauser in un’Interrogazione inchioda la von der Leyen alle sue responsabilità: "Ciò ha ridotto tutte le persone a CAVIE"!

    The EU Commission has been forced to admit that COVID vaccines were administered to the population without "complete safety data"! MEP Hauser, in a question, holds von der Leyen accountable: "This has turned everyone into guinea pigs!"
    La Commissione UE costretta ad ammettere che i ‘vaccini’ COVID sono stati somministrati alla popolazione senza ‘dati completi sulla sicurezza’! L'eurodeputato Hauser in un’Interrogazione inchioda la von der Leyen alle sue responsabilità: "Ciò ha ridotto tutte le persone a CAVIE"! The EU Commission has been forced to admit that COVID vaccines were administered to the population without "complete safety data"! MEP Hauser, in a question, holds von der Leyen accountable: "This has turned everyone into guinea pigs!"
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  • QUESTO MI SEMBRA VERAMENTE SCANDALOSO!!!
    Solo tre patteggiamenti: così si chiude il processo per la strage del Mottarone. La madre di una vittima: “Questo è il valore che danno alla vita delle persone”
    di F. Q.
    Il gup di Verbania ha accolto le istanze a 3 anni e 10 mesi avanzata da Luigi Nerini, il titolare della Ferrovia del Mottarone, e a 4 anni e 11 mesi e 4 anni e 5 mesi proposte da Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, rispettivamente direttore d’esercizio e capo servizio dell’impianto. Nessuno dei tre va in carcere.

    Si è chiuso il capitolo giudiziario nell’ambito del procedimento sulla strage della funivia Stresa-Mottarone. Il giudice per l’udienza preliminare ha accolto tre patteggiamenti e pronunciato sentenza di non luogo a procedere per altri due imputati che sono stati prosciolti. Il gup di Verbania, Gianni Macchioni, ha accolto le istanze a patteggiare a 3 anni e 10 mesi avanzata da Luigi Nerini, il titolare della Ferrovia del Mottarone, e a 4 anni e 11 mesi e 4 anni e 5 mesi proposte da Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, rispettivamente direttore d’esercizio e capo servizio dell’impianto. Con tale pena nessuno dei tre va in carcere. Gli indagati all’epoca erano stati fermati e poi scarcerati dal gip tra le polemiche, salvo poi essere rimessi ai domiciliari dal Riesame. La Cassazione infine aveva annullato gli arresti. La Procura aveva chiesto il proscioglimento di Martin Leitner, consigliere delegato della omonima società, e di Peter Rabanser, responsabile del Customer Service. La Regione Piemonte, ha revocato la costituzione di parte civile dopo un risarcimento di circa 100mila euro.

    “Questo è il valore che danno alla vita delle persone” ha detto Vincenza Minutella, la mamma di Silvia Malnati. “Dal signor Nerini non c’è mai stata una lettera di scusa ai famigliari delle vittime, questo ci lascia con un po’ di amaro in bocca. Siamo comunque soddisfatti dell’esito del processo perché c’è stata una condanna severa per le persone contro cui ci eravamo costituiti parte civile, cioè Nerini e Tadini” ha detto Lo ha detto l’avvocato Emanuele Zanalda, legale di alcuni parenti del ramo paterno di Eitan, il bimbo israeliano unico sopravvissuto alla tragedia.

    La strage
    Il 23 maggio del 2021 morirono 14 passeggeri a bordo della cabina precipitata per la rottura della fune traente dell’impianto e del concomitante inserimento dei ‘forchettoni’ che impedirono l’attivazione dei freni di emergenza. A tre mesi dall’ultima udienza, nella quale i pm di Verbania avevano riformulato le accuse eliminando quella di attentato alla sicurezza dei trasporti aggravato dal disastro. Secondo i periti incaricati la funivia del Mottarone era precipitata “a causa del degrado della fune” traente. Di conseguenza, “una corretta attuazione dei controlli” avrebbe evitato la morte delle persone a bordo.

    I pm
    “Nessuna pena, nessun risarcimento potrà mai lenire il dolore per quanto accaduto. Chiudere ora, in una maniera complessivamente adeguata, è un modo per tutti di cominciare a ricucire quello strappo” aveva detto il rappresentante dell’accusa in udienza aggiungendo che si tratta di una “decisione non facile. Spero che le parti offese possano non dico accettare, ma comprendere questo esito”. I pm in aula hanno illustrato i motivi della richiesta di proscioglimento per i due dirigenti della Leitner. Peter Rabanser, che dell’azienda altoatesina è il responsabile del customer service, non può essere ritenuto responsabile di quanto inizialmente contestato – hanno spiegato – perché non spettava a lui il controllo sull’operato del direttore d’esercizio dell’impianto Enrico Perocchio, pubblico ufficiale sul cui operato i controlli spettavano all’Ustif, l’acronimo che indica l’Ufficio speciale trasporti a impianti fissi.

    Le reazioni
    “Non sono sorpresa, era già previsto dalla scorsa udienza. Ma sono molto amareggiata: loro (i pm, ndr) forse non sono stati sette ore su in mezzo ai morti come me. Rispetto la decisione, però l’intervento della Procura mi è sembrato piuttosto da brivido. Giustificano il fatto che non vai a processo perché in questo modo si rinnova il dolore?” aveva detto la sindaca di Stresa, Marcella Severino, prima della decisione. La prima cittadina ha poi ribadito il concetto: “Il solco era già stato tracciato l’udienza precedente, dove si era capito benissimo, quando sono stati rivisti i capi d’imputazione dove si voleva andare. Sono molto, molto amareggiata. Forse, avendo vissuto la tragedia in prima persona, l’ho un pò cucita sulla pelle, speravo veramente ci fosse giustizia. In questo momento devo riflettere ma sono molto perplessa”.

    “La società Leitner non può che esprimere il proprio apprezzamento per la sentenza di non luogo a procedere – si legge in una nota – in relazione alla posizione del proprio vicepresidente Martin Leitner e del dirigente Peter Rabanser. Una decisione che si pone in linea di totale continuità con le già avvenute archiviazioni della posizione del proprio presidente Anton Seeber e della stessa Società per gli addebiti 231/01. Sin dall’inizio del procedimento la società Leitner ha costantemente ribadito la propria condotta improntata a diligenza, coscienza e responsabilità, nell’esecuzione del contratto di manutenzione vigente con la società Ferrovie del Mottarone”.

    Il procuratore e il rischio prescrizione
    “Questo risultato non è il migliore, ma è una soluzione complessivamente adeguata. Siamo consapevoli della profondità del dolore dei familiari delle vittime, ma il processo penale non può mirare a restituire nulla e neppure ad attenuare il dolore. Non devono pensare all’entità della pena, ma che questo patteggiamento rappresenta un accertamento dei fatti e delle responsabilità. Questo anche la persona offesa può prenderlo in considerazione per provare a girare pagina nel limite di quanto umanamente possibile” ha detto ai giornalisti il procuratore di Verbania, Alessandro Pepè.

    “Questa non è la soluzione migliore, non è quella a cui il procuratore pensava nel corso delle indagini, ma è la soluzione che si basa su un dato di fatto: i tempi di indagini e dell’udienza preliminari sono stati particolarmente lunghi, ci siamo trovati a iniziare la seconda udienza preliminare dopo oltre quattro anni dai fatti e dobbiamo prendere atto di questa situazione. Riteniamo – ha concluso – che questo tipo di atteggiamento, che certamente non applica pene particolarmente severe, possa essere preferibile rispetto all’inizio di un percorso dibattimentale che sarebbe stato molto lungo e anche dall’esito incerto visto il tempo già decorso e considerato che si trattava solo più di reati colposi. I tempi della prescrizione li conosciamo e non sono particolarmente lunghi”.

    Le difese
    “Tadini è sempre stato trasparente e presente, ha scritto una lettera breve e toccante. Secondo me abbiamo chiuso nella maniera tecnicamente giusta. Chiaramente qualcuno sarà insoddisfatto, ma io credo che sia la scelta corretta e definitiva. Alla luce di tutto quello che è accaduto, per quanto mi riguarda sono molto soddisfatto, credo di aver fatto un buon lavoro” dice l’avvocato Marcello Perillo. “Il mio cliente subisce una condanna severa ma che gli consente di pensare di non dover tornare in un carcere: questo era il nostro obiettivo primario rispetto a un disastro che avrebbe potuto avere delle conseguenze gravissime anche su di lui” commenta l’avvocato Andrea Da Prato, difensore di Perocchio. “Sentenza giusta? La verità storica è un’altra cosa, ci vorrebbe un dibattimento ma non era il caso di affrontarlo“, ha concluso.

    La lettera dell’imputato
    “Sono profondamente addolorato per tutto il dolore, per le tante, troppe sofferenze causate dal mio comportamento, le cui conseguenze sono andate ben al di là di quanto potessi immaginare nei giorni che hanno preceduto la tragedia. Da quando è accaduto il fatto, non so darmi pace” si legge nella lettera che Tadini ha scritto per accompagnare la richiesta di patteggiamento. “So bene – afferma – che per quanto io possa essere pentito, il mio dolore, la contrizione del mio cuore non potrà alleviare la sofferenza dei famigliari delle vittime. Più che la condanna, temo il loro mancato perdono. Possa Dio darmi l’occasione di espirare il male compiuto dando loro al contempo tutto ciò che la loro vita necessita per tornare a fiorire”.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/09/18/strage-mottarone-patteggiamento-imputati-notizie/8130804/
    QUESTO MI SEMBRA VERAMENTE SCANDALOSO!!! Solo tre patteggiamenti: così si chiude il processo per la strage del Mottarone. La madre di una vittima: “Questo è il valore che danno alla vita delle persone” di F. Q. Il gup di Verbania ha accolto le istanze a 3 anni e 10 mesi avanzata da Luigi Nerini, il titolare della Ferrovia del Mottarone, e a 4 anni e 11 mesi e 4 anni e 5 mesi proposte da Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, rispettivamente direttore d’esercizio e capo servizio dell’impianto. Nessuno dei tre va in carcere. Si è chiuso il capitolo giudiziario nell’ambito del procedimento sulla strage della funivia Stresa-Mottarone. Il giudice per l’udienza preliminare ha accolto tre patteggiamenti e pronunciato sentenza di non luogo a procedere per altri due imputati che sono stati prosciolti. Il gup di Verbania, Gianni Macchioni, ha accolto le istanze a patteggiare a 3 anni e 10 mesi avanzata da Luigi Nerini, il titolare della Ferrovia del Mottarone, e a 4 anni e 11 mesi e 4 anni e 5 mesi proposte da Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, rispettivamente direttore d’esercizio e capo servizio dell’impianto. Con tale pena nessuno dei tre va in carcere. Gli indagati all’epoca erano stati fermati e poi scarcerati dal gip tra le polemiche, salvo poi essere rimessi ai domiciliari dal Riesame. La Cassazione infine aveva annullato gli arresti. La Procura aveva chiesto il proscioglimento di Martin Leitner, consigliere delegato della omonima società, e di Peter Rabanser, responsabile del Customer Service. La Regione Piemonte, ha revocato la costituzione di parte civile dopo un risarcimento di circa 100mila euro. “Questo è il valore che danno alla vita delle persone” ha detto Vincenza Minutella, la mamma di Silvia Malnati. “Dal signor Nerini non c’è mai stata una lettera di scusa ai famigliari delle vittime, questo ci lascia con un po’ di amaro in bocca. Siamo comunque soddisfatti dell’esito del processo perché c’è stata una condanna severa per le persone contro cui ci eravamo costituiti parte civile, cioè Nerini e Tadini” ha detto Lo ha detto l’avvocato Emanuele Zanalda, legale di alcuni parenti del ramo paterno di Eitan, il bimbo israeliano unico sopravvissuto alla tragedia. La strage Il 23 maggio del 2021 morirono 14 passeggeri a bordo della cabina precipitata per la rottura della fune traente dell’impianto e del concomitante inserimento dei ‘forchettoni’ che impedirono l’attivazione dei freni di emergenza. A tre mesi dall’ultima udienza, nella quale i pm di Verbania avevano riformulato le accuse eliminando quella di attentato alla sicurezza dei trasporti aggravato dal disastro. Secondo i periti incaricati la funivia del Mottarone era precipitata “a causa del degrado della fune” traente. Di conseguenza, “una corretta attuazione dei controlli” avrebbe evitato la morte delle persone a bordo. I pm “Nessuna pena, nessun risarcimento potrà mai lenire il dolore per quanto accaduto. Chiudere ora, in una maniera complessivamente adeguata, è un modo per tutti di cominciare a ricucire quello strappo” aveva detto il rappresentante dell’accusa in udienza aggiungendo che si tratta di una “decisione non facile. Spero che le parti offese possano non dico accettare, ma comprendere questo esito”. I pm in aula hanno illustrato i motivi della richiesta di proscioglimento per i due dirigenti della Leitner. Peter Rabanser, che dell’azienda altoatesina è il responsabile del customer service, non può essere ritenuto responsabile di quanto inizialmente contestato – hanno spiegato – perché non spettava a lui il controllo sull’operato del direttore d’esercizio dell’impianto Enrico Perocchio, pubblico ufficiale sul cui operato i controlli spettavano all’Ustif, l’acronimo che indica l’Ufficio speciale trasporti a impianti fissi. Le reazioni “Non sono sorpresa, era già previsto dalla scorsa udienza. Ma sono molto amareggiata: loro (i pm, ndr) forse non sono stati sette ore su in mezzo ai morti come me. Rispetto la decisione, però l’intervento della Procura mi è sembrato piuttosto da brivido. Giustificano il fatto che non vai a processo perché in questo modo si rinnova il dolore?” aveva detto la sindaca di Stresa, Marcella Severino, prima della decisione. La prima cittadina ha poi ribadito il concetto: “Il solco era già stato tracciato l’udienza precedente, dove si era capito benissimo, quando sono stati rivisti i capi d’imputazione dove si voleva andare. Sono molto, molto amareggiata. Forse, avendo vissuto la tragedia in prima persona, l’ho un pò cucita sulla pelle, speravo veramente ci fosse giustizia. In questo momento devo riflettere ma sono molto perplessa”. “La società Leitner non può che esprimere il proprio apprezzamento per la sentenza di non luogo a procedere – si legge in una nota – in relazione alla posizione del proprio vicepresidente Martin Leitner e del dirigente Peter Rabanser. Una decisione che si pone in linea di totale continuità con le già avvenute archiviazioni della posizione del proprio presidente Anton Seeber e della stessa Società per gli addebiti 231/01. Sin dall’inizio del procedimento la società Leitner ha costantemente ribadito la propria condotta improntata a diligenza, coscienza e responsabilità, nell’esecuzione del contratto di manutenzione vigente con la società Ferrovie del Mottarone”. Il procuratore e il rischio prescrizione “Questo risultato non è il migliore, ma è una soluzione complessivamente adeguata. Siamo consapevoli della profondità del dolore dei familiari delle vittime, ma il processo penale non può mirare a restituire nulla e neppure ad attenuare il dolore. Non devono pensare all’entità della pena, ma che questo patteggiamento rappresenta un accertamento dei fatti e delle responsabilità. Questo anche la persona offesa può prenderlo in considerazione per provare a girare pagina nel limite di quanto umanamente possibile” ha detto ai giornalisti il procuratore di Verbania, Alessandro Pepè. “Questa non è la soluzione migliore, non è quella a cui il procuratore pensava nel corso delle indagini, ma è la soluzione che si basa su un dato di fatto: i tempi di indagini e dell’udienza preliminari sono stati particolarmente lunghi, ci siamo trovati a iniziare la seconda udienza preliminare dopo oltre quattro anni dai fatti e dobbiamo prendere atto di questa situazione. Riteniamo – ha concluso – che questo tipo di atteggiamento, che certamente non applica pene particolarmente severe, possa essere preferibile rispetto all’inizio di un percorso dibattimentale che sarebbe stato molto lungo e anche dall’esito incerto visto il tempo già decorso e considerato che si trattava solo più di reati colposi. I tempi della prescrizione li conosciamo e non sono particolarmente lunghi”. Le difese “Tadini è sempre stato trasparente e presente, ha scritto una lettera breve e toccante. Secondo me abbiamo chiuso nella maniera tecnicamente giusta. Chiaramente qualcuno sarà insoddisfatto, ma io credo che sia la scelta corretta e definitiva. Alla luce di tutto quello che è accaduto, per quanto mi riguarda sono molto soddisfatto, credo di aver fatto un buon lavoro” dice l’avvocato Marcello Perillo. “Il mio cliente subisce una condanna severa ma che gli consente di pensare di non dover tornare in un carcere: questo era il nostro obiettivo primario rispetto a un disastro che avrebbe potuto avere delle conseguenze gravissime anche su di lui” commenta l’avvocato Andrea Da Prato, difensore di Perocchio. “Sentenza giusta? La verità storica è un’altra cosa, ci vorrebbe un dibattimento ma non era il caso di affrontarlo“, ha concluso. La lettera dell’imputato “Sono profondamente addolorato per tutto il dolore, per le tante, troppe sofferenze causate dal mio comportamento, le cui conseguenze sono andate ben al di là di quanto potessi immaginare nei giorni che hanno preceduto la tragedia. Da quando è accaduto il fatto, non so darmi pace” si legge nella lettera che Tadini ha scritto per accompagnare la richiesta di patteggiamento. “So bene – afferma – che per quanto io possa essere pentito, il mio dolore, la contrizione del mio cuore non potrà alleviare la sofferenza dei famigliari delle vittime. Più che la condanna, temo il loro mancato perdono. Possa Dio darmi l’occasione di espirare il male compiuto dando loro al contempo tutto ciò che la loro vita necessita per tornare a fiorire”. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/09/18/strage-mottarone-patteggiamento-imputati-notizie/8130804/
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    Strage del Mottarone, tre imputati chiedono di patteggiare
    Per la strage della funivia Stresa-Mottarone del 23 maggio 2021 tre imputati hanno chiesto di patteggiare con pene fino a 4 anni e 5 mesi
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  • BASILE / ALBANESE — la verità è donna

    Più passano i giorni e più mi sembra evidente che l'essere umano non sia programmato per la Pace.
    Perché, diciamolo, in queste ore un assassinio come quello di Charlie Kirk diventa occasione di scannamento e tiro al bersaglio — sia per i nostri magnanimi governanti sia per noi opinionisti da salotto digitale. Paradossale? Sì. Punto.
    Eppure esistono persone che — senza prediche dal piedistallo — riescono a parlare chiaro, a rimettere le posizioni ideologiche su un piano di verità e coraggio. Doti rare, ormai: tanti leader avrebbero visibilità, mezzi e possibilità per guidare verso il buonsenso, ma non lo fanno. Perché il profitto ha inquinato i pozzi da tempo.

    Che la donna sia fonte di ispirazione non è una novità. Ma in tempi di guerra e incertezza il pragmatismo femminile è necessario come l’aria.
    Nel contesto della festa del Fatto Quotidiano, due interventi sono spiccati — quasi passati sotto silenzio rispetto al frastuono dei TG — e meritano di essere ripresi. Li riportiamo per ricordare qual è il vero “succo” di ciò che accade, quello che molti fingono di non vedere.

    Aprire faide e polemiche infinite è sempre più semplice — soprattutto qui dove tutto serve a lanciare bordate tra centrodestra e centrosinistra. Ecco perché non saremo mai pronti alla pace.
    Ma torniamo al punto: gli interventi sono due. Possono sembrare scontati, triti e ritriti, ma non lasciano spazio a immaginazioni o allucinazioni.

    Elena Basile, ex ambasciatrice e voce critica della diplomazia italiana, ha affrontato con toni durissimi la questione palestinese e il sostegno occidentale alle politiche israeliane.
    “La politica che sta tenendo Israele oggi è una politica mafiosa, terrorista”, ha dichiarato dal palco, distinguendola persino dalle strategie dei primi governi israeliani: “Ben Gurion faceva interventi lampo perché teneva conto della situazione geografica e delle forze di Israele, metteva gli ostaggi in primo luogo. Oggi abbiamo un paese che mantiene sette fronti militari: Gaza, Cisgiordania, Libano, Yemen, Iran, Siria e Iraq. E con l’attacco a Doha sta mettendo in discussione le stesse alleanze con Egitto, Giordania e le monarchie del Golfo, gli interlocutori degli accordi di Abramo”.
    Secondo Basile, Israele appare oggi sempre più isolato: “Alle Nazioni Unite due terzi del mondo votano contro Israele. Grazie soprattutto al lavoro di Francesca Albanese, la società civile resiste e si oppone”. Tuttavia, ha sottolineato che anche Russia, Cina e paesi arabi “non sfidano apertamente Israele, pur non essendone complici come l’Occidente”.

    E rilancia :
    “Dobbiamo concentrarci in una mobilitazione dentro gli Stati europei e, se possibile, negli Stati Uniti, per chiedere la fine della cooperazione politica, militare ed economica con Israele. Grazie a Francesca Albanese, oggi abbiamo i nomi e cognomi di tutte le imprese che fanno profitto col genocidio”.

    E proprio Francesca Albanese subentra chiamando le cose con il loro nome: genocidio o atto di supremazia — non una semplice “guerra” — parlando con la franchezza di chi conosce il conflitto e con lo sguardo lucido di chi analizza i fatti:

    “Dinanzi a questa brutalità non si reagisce con le contromisure previste dal diritto: fermare trasferimenti e acquisti di armi, sospendere gli accordi commerciali. È un obbligo degli Stati”. E ha definito Israele nei territori occupati “una dittatura militare che ha governato 5 milioni di persone attraverso ordini scritti da soldati e rivisti da corti militari composte da soldati”.

    Sulla sua situazione personale mantiene una compostezza e un’obiettività invidiabili da che da questo luglio 2025, Francesca Albanese è finita nella lista nera degli Stati Uniti.
    ‘Vorrei non essere la notizia. Credo che la cosa più importante sia continuare a parlare di Gaza. Ma le sanzioni significano non poter entrare negli Stati Uniti, e per chi ha legami personali o familiari lì, come mia figlia, nata negli Usa, anche rischiare pene pecuniarie o persino l’arresto fino a 20 anni di carcere.
    L’obiettivo è intimidire, isolare, congelare chi denuncia’.”

    E chiude con una constatazione che fotografa la tossicità del dibattito pubblico:
    “Non credo neanche che sia giusta la frase che ho detto prima, e cioè che quello a Gaza sia il primo genocidio trasmesso in televisione. Le immagini passano, ma vengono accompagnate da una narrazione totalmente falsata. È questa tossicità del dibattito che non permette di capire cosa sta succedendo”.

    Cosa ne penso ?
    Questo è il nostro tempo: la spettacolarizzazione di ogni delitto o decesso e il disprezzo per un’informazione che rispetti i fatti hanno trasformato il dibattito in un’arena che uccide le ragioni. A chilometri da qui muoiono persone; nel cosiddetto “Occidente evoluto” muoiono valori e ideali. Stiamo scavando un fondo cui è difficile credere che non ci siamo già inabissati.

    La testimonianza di due “outsider” come Basile e Albanese è, in questo contesto, una boccata d’ossigeno a pochi metri dal baratro. È la lezione semplice e urgente del “parlare chiaro”: senza urlare, con rigore e sotto il frastuono di una cacofonia che noi stessi alimentiamo online.
    Serve un passo indietro rispetto agli interessi e un passo avanti verso verità e responsabilità. Serve un’informazione che sia veritiera, rigorosa e capace di restituire dignità alle vittime e senso alle azioni politiche.

    Siamo tutti, in una misura o nell’altra, parte del problema. Se vogliamo davvero costruire una nuova umanità, il primo gesto è scegliere di essere meritevoli di quella fiducia reciproca che oggi manca. Lo ripeto: al momento non lo siamo — ma possiamo decidere di cambiare.

    #Basile #Albanese #Informazione #Verità #Gaza #DirittiUmani #Pace #Responsabilità #StopProfittoSullaGuerra
    BASILE / ALBANESE — la verità è donna ✨👩‍⚖️ Più passano i giorni e più mi sembra evidente che l'essere umano non sia programmato per la Pace. Perché, diciamolo, in queste ore un assassinio come quello di Charlie Kirk diventa occasione di scannamento e tiro al bersaglio — sia per i nostri magnanimi governanti sia per noi opinionisti da salotto digitale. Paradossale? Sì. Punto. 🙄 Eppure esistono persone che — senza prediche dal piedistallo — riescono a parlare chiaro, a rimettere le posizioni ideologiche su un piano di verità e coraggio. Doti rare, ormai: tanti leader avrebbero visibilità, mezzi e possibilità per guidare verso il buonsenso, ma non lo fanno. Perché il profitto ha inquinato i pozzi da tempo. Che la donna sia fonte di ispirazione non è una novità. Ma in tempi di guerra e incertezza il pragmatismo femminile è necessario come l’aria. Nel contesto della festa del Fatto Quotidiano, due interventi sono spiccati — quasi passati sotto silenzio rispetto al frastuono dei TG — e meritano di essere ripresi. Li riportiamo per ricordare qual è il vero “succo” di ciò che accade, quello che molti fingono di non vedere. Aprire faide e polemiche infinite è sempre più semplice — soprattutto qui dove tutto serve a lanciare bordate tra centrodestra e centrosinistra. Ecco perché non saremo mai pronti alla pace. Ma torniamo al punto: gli interventi sono due. Possono sembrare scontati, triti e ritriti, ma non lasciano spazio a immaginazioni o allucinazioni. Elena Basile, ex ambasciatrice e voce critica della diplomazia italiana, ha affrontato con toni durissimi la questione palestinese e il sostegno occidentale alle politiche israeliane. “La politica che sta tenendo Israele oggi è una politica mafiosa, terrorista”, ha dichiarato dal palco, distinguendola persino dalle strategie dei primi governi israeliani: “Ben Gurion faceva interventi lampo perché teneva conto della situazione geografica e delle forze di Israele, metteva gli ostaggi in primo luogo. Oggi abbiamo un paese che mantiene sette fronti militari: Gaza, Cisgiordania, Libano, Yemen, Iran, Siria e Iraq. E con l’attacco a Doha sta mettendo in discussione le stesse alleanze con Egitto, Giordania e le monarchie del Golfo, gli interlocutori degli accordi di Abramo”. Secondo Basile, Israele appare oggi sempre più isolato: “Alle Nazioni Unite due terzi del mondo votano contro Israele. Grazie soprattutto al lavoro di Francesca Albanese, la società civile resiste e si oppone”. Tuttavia, ha sottolineato che anche Russia, Cina e paesi arabi “non sfidano apertamente Israele, pur non essendone complici come l’Occidente”. E rilancia : “Dobbiamo concentrarci in una mobilitazione dentro gli Stati europei e, se possibile, negli Stati Uniti, per chiedere la fine della cooperazione politica, militare ed economica con Israele. Grazie a Francesca Albanese, oggi abbiamo i nomi e cognomi di tutte le imprese che fanno profitto col genocidio”. E proprio Francesca Albanese subentra chiamando le cose con il loro nome: genocidio o atto di supremazia — non una semplice “guerra” — parlando con la franchezza di chi conosce il conflitto e con lo sguardo lucido di chi analizza i fatti: “Dinanzi a questa brutalità non si reagisce con le contromisure previste dal diritto: fermare trasferimenti e acquisti di armi, sospendere gli accordi commerciali. È un obbligo degli Stati”. E ha definito Israele nei territori occupati “una dittatura militare che ha governato 5 milioni di persone attraverso ordini scritti da soldati e rivisti da corti militari composte da soldati”. Sulla sua situazione personale mantiene una compostezza e un’obiettività invidiabili da che da questo luglio 2025, Francesca Albanese è finita nella lista nera degli Stati Uniti. ‘Vorrei non essere la notizia. Credo che la cosa più importante sia continuare a parlare di Gaza. Ma le sanzioni significano non poter entrare negli Stati Uniti, e per chi ha legami personali o familiari lì, come mia figlia, nata negli Usa, anche rischiare pene pecuniarie o persino l’arresto fino a 20 anni di carcere. L’obiettivo è intimidire, isolare, congelare chi denuncia’.” E chiude con una constatazione che fotografa la tossicità del dibattito pubblico: “Non credo neanche che sia giusta la frase che ho detto prima, e cioè che quello a Gaza sia il primo genocidio trasmesso in televisione. Le immagini passano, ma vengono accompagnate da una narrazione totalmente falsata. È questa tossicità del dibattito che non permette di capire cosa sta succedendo”. 📌Cosa ne penso ? Questo è il nostro tempo: la spettacolarizzazione di ogni delitto o decesso e il disprezzo per un’informazione che rispetti i fatti hanno trasformato il dibattito in un’arena che uccide le ragioni. A chilometri da qui muoiono persone; nel cosiddetto “Occidente evoluto” muoiono valori e ideali. Stiamo scavando un fondo cui è difficile credere che non ci siamo già inabissati. 😔 La testimonianza di due “outsider” come Basile e Albanese è, in questo contesto, una boccata d’ossigeno a pochi metri dal baratro. È la lezione semplice e urgente del “parlare chiaro”: senza urlare, con rigore e sotto il frastuono di una cacofonia che noi stessi alimentiamo online. Serve un passo indietro rispetto agli interessi e un passo avanti verso verità e responsabilità. Serve un’informazione che sia veritiera, rigorosa e capace di restituire dignità alle vittime e senso alle azioni politiche. Siamo tutti, in una misura o nell’altra, parte del problema. Se vogliamo davvero costruire una nuova umanità, il primo gesto è scegliere di essere meritevoli di quella fiducia reciproca che oggi manca. Lo ripeto: al momento non lo siamo — ma possiamo decidere di cambiare. #Basile #Albanese #Informazione #Verità #Gaza #DirittiUmani #Pace #Responsabilità #StopProfittoSullaGuerra
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  • LA VERITÀ SUI DRONI RUSSI!
    Secondo i comandi dell' aeronautica di Kiev ( dalla rivista RID del 10 settembre) la Russia aveva lanciato 415 droni e una quarantina di missili, una quindicina di quei droni, del tipo " esca " ossia privi di testata, hanno sorvolato, violandolo, lo spazio aereo polacco.
    Per un errore tecnico? Per testare il dispositivo di difesa aerea polacco? Per saggiare le reazioni dei comandi polacchi, NATO e dell' UE ? Quei droni provenivano dalle ff aa ucraine sotto mentite spoglie al fine di esacerbare ulteriormente i toni bellicisti dell' UE o addirittura per orientare le opinioni pubbliche europee verso chi fomenta il conflitto russo ucraino?
    Secondo la redazione di Analisi Difesa se venisse confermato, escludendo qualsivoglia dubbio, che quei droni appartengono alle ff aa russe ( sempreché, io penso, non ne fossero in possesso le ff aa ucraine ed usate dalle stesse per attribuire la responsabilità dell' azione ai russi) si tratterebbe del primo intervento a fuoco di mezzi militari di una nazione NATO, la Polonia, contro quelli della Russia.
    Occorrerebbe, credo, non trascurare che in Polonia ha sede, in località Rzeszow, un aeroporto dotato di una adeguata struttura presso la quale vengono immagazzinati gli aiuti militari provenienti dall' Europa e dagli USA destinati alle ff aa ucraine. Orbene, dacché le ff. aa. resistono all' offensiva russa anche grazie, se non soprattutto, a quegli stessi rifornimenti militari che le giungono dalla città di Rzeszow, perché i governi occidentali debbono stupirsi, rabbuiarsi, gridare allo scandolo se la Russia, ammesso e non concesso fino a prova contraria, davvero ha violato lo spazio aereo polacco con l' intenzione, perché no, di attaccare chi sostiene le ff aa ucraine?
    L' Europa e gli USA non stanno, nonostante le loro apparenti dichiarazioni volte a ristabilire la loro pace giusta e duratura, da tempo supportando le forze ucraine ? Se sì, allora sono anch' esse in guerra contro la Russia, la quale perché mai non dovrebbe ritenere legittimo colpire un Paese come la Polonia, sul cui territorio ha sede un " generoso" magazzino di armi le quali poi vengono destinate all' Ucraina?
    LA VERITÀ SUI DRONI RUSSI! Secondo i comandi dell' aeronautica di Kiev ( dalla rivista RID del 10 settembre) la Russia aveva lanciato 415 droni e una quarantina di missili, una quindicina di quei droni, del tipo " esca " ossia privi di testata, hanno sorvolato, violandolo, lo spazio aereo polacco. Per un errore tecnico? Per testare il dispositivo di difesa aerea polacco? Per saggiare le reazioni dei comandi polacchi, NATO e dell' UE ? Quei droni provenivano dalle ff aa ucraine sotto mentite spoglie al fine di esacerbare ulteriormente i toni bellicisti dell' UE o addirittura per orientare le opinioni pubbliche europee verso chi fomenta il conflitto russo ucraino? Secondo la redazione di Analisi Difesa se venisse confermato, escludendo qualsivoglia dubbio, che quei droni appartengono alle ff aa russe ( sempreché, io penso, non ne fossero in possesso le ff aa ucraine ed usate dalle stesse per attribuire la responsabilità dell' azione ai russi) si tratterebbe del primo intervento a fuoco di mezzi militari di una nazione NATO, la Polonia, contro quelli della Russia. Occorrerebbe, credo, non trascurare che in Polonia ha sede, in località Rzeszow, un aeroporto dotato di una adeguata struttura presso la quale vengono immagazzinati gli aiuti militari provenienti dall' Europa e dagli USA destinati alle ff aa ucraine. Orbene, dacché le ff. aa. resistono all' offensiva russa anche grazie, se non soprattutto, a quegli stessi rifornimenti militari che le giungono dalla città di Rzeszow, perché i governi occidentali debbono stupirsi, rabbuiarsi, gridare allo scandolo se la Russia, ammesso e non concesso fino a prova contraria, davvero ha violato lo spazio aereo polacco con l' intenzione, perché no, di attaccare chi sostiene le ff aa ucraine? L' Europa e gli USA non stanno, nonostante le loro apparenti dichiarazioni volte a ristabilire la loro pace giusta e duratura, da tempo supportando le forze ucraine ? Se sì, allora sono anch' esse in guerra contro la Russia, la quale perché mai non dovrebbe ritenere legittimo colpire un Paese come la Polonia, sul cui territorio ha sede un " generoso" magazzino di armi le quali poi vengono destinate all' Ucraina?
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  • Addio a Charlie Kirk, simbolo del conservatorismo militante.

    Colpisce ancora l’odio progressista (e, stando ai fatti, “progressivo”) dei jihadisti woke della composita e (a tratti) liberal-democratica società statunitense.
    Questa volta non si tratta di minacce, censura o procedimenti disciplinari inferti a qualche professore universitario (come Jordan B. Peterson) o ad altri presunti “neofascisti” conservatori, bensì di un colpo fatale che ha spezzato la vita al tanto amato quanto odiato trentunenne Charlie Kirk.
    Una morte improvvisa, avvenuta il 10 settembre, causata da un proiettile sparato conprecisione al collo di Kirk mentre l’audace conservatore trumpiano stava tenendo uno dei suoi consueti dibattiti aperti al campus della Utah Valley University.
    Devoto cristiano evangelico (vicino alla conversione cattolica), marito e padre amorevole, da sempre impegnato nella difesa dei valori cristiani e della libertà di parola, Charlie Kirk ha affrontato con coraggio ed enorme dedizione folle di collegiali woke schierati a favore di aborto, immigrazionismo clandestino e ideologia gender.
    Era noto per la sua appartenenza al movimento MAGA e per l’instancabile attivismo nella sua onlus Turning Point USA (rete studentesca co-fondata con Bill Montgomery alla tenera età di 18 anni e oggi diffusa in migliaia di campus, capace di ispirare milioni di giovani a pensare con la propria testa).
    La presenza sulle reti sociali e il successo del suo podcast (“The Charlie Kirk Show”), oltre a numerose apparizioni pubbliche e provocatorie nei campus universitari, lo avevano reso inarrestabile e alquanto scomodo alla comunità progressista.

    Rimarranno nella storia i suoi arguti dibattiti nei college (da lui considerati campi di indottrinamento al pensiero di sinistra ed ostacolo ad una sana ed efficiente istruzione) dove, invitando anche i woke più estremi e ostili al confronto libero e diretto, rispondeva con maestria e schiettezza alle obiezioni e provocazioni più assurde lasciando (quasi) sempre spiazzati i suoi più inferociti interlocutori.

    I temi più dibattuti sono stati: l’aborto (fermamente condannato da un dichiarato “provita” come Kirk), l’apertura dei confini nazionali e il giustificazionismo dell’immigrazione clandestina (tanto cara e difesa dai paladini woke), la libertà di parola e di religione (argomento scottante per i giovani progressisti, sempre molto inclusivi con i musulmani e le
    loro pretese, ma severi censori del cristianesimo), le folli politiche di “inclusione” di transgender e altri soggetti non ascrivibili al “discriminatorio e bigotto” (ma pur sempre “naturale”) sistema binario in competizioni sportive, prigioni, bagni pubblici, spogliatoi ecc., i benefici della politica Trump sulla vita ed economia americana, il libero mercato, il governo
    limitato e la libertà (oltre che responsabilità) individuale.

    In relazione a questi ultimi temi Kirk, come altri noti conservatori, ha sempre criticato (fornendo dati incontestabili) i sistemi socialisti, comunisti e quelli improntati su forme di anarchia sociale (sostenuti da lobby neomarxiste come Black Lives Matter ed estremisti ecologisti legati a Greta Thunberg).
    Insomma, un boccone troppo amaro per il collegiale medio americano, intriso di contorte ideologie e di quel patologico vittimismo che contraddistingue larga parte della gioventù cresciuta sotto i governi Obama/Biden, il costante bombardamento di messaggi luciferini (provenienti da musica e film) e di una narrazione contraddittoria e falsata da personaggi politici e autorità scolastiche.
    Ultimo ma non meno importante, la sua critica ad Hamas e alle ondate di chiara discriminazione e violenza nei confronti di studenti ebrei da parte di pacifici rivoltosi woke “propal” armati di bandiere palestinesi e arcobaleno (non per tutti un chiaro ossimoro) ma
    incapaci di indicare su una cartina la striscia di Gaza o di comprendere le origini di questo doloroso conflitto.
    È innegabile che Charlie avesse un dono speciale: nessuno come lui sapeva toccare il cuore dei giovani attraverso la verità e l'esercizio della ragione. Usando il dialogo costruiva ponti, dove altri alimentavano divisioni, in grado di unire persone diverse nella sola autentica Verità che alberga in fondo all’animo di ciascun uomo.
    Sapeva ascoltare, incoraggiare i giovani a porsi domande su quanto veicolato dalla narrazione dominante. Invitava inoltre ragazzi e ragazze a non rinunciare a matrimonio e figli per una vita incentrata sulla sola carriera professionale.

    Charlie credeva fermamente che la verità si forgiasse nel dialogo e non nel silenzio imposto dalla paura. Come diceva lui stesso:
    “Quando le persone smettono di parlare, è allora che avviene la violenza. È allora che avvengono le guerre civili perché inizi a pensare che l'altra parte sia così malvagia, e perde la sua umanità”.
    Messaggi di sentito cordoglio sono arrivati dall’amico presidente Donald Trump, da Benjamin Netanyahu e dal fronte conservatore ma anche dalla nostra onlus Pro Vita e Famiglia che lo ha ricordato come un martire nella lotta a difesa della Famiglia e della Vita fin dal suo concepimento.
    Mentre sorge il timore di nuovi attentati a personalità conservatrici (quali Matt Walsh, Ben Shapiro, Michael Knowles e Douglas Murray) vicine a Kirk e impegnate in prima linea nelle stesse campagne, tutti noi ci uniamo in preghiera affinché non accadano più tali tragedie e ci
    siano sorveglianza e sistemi di sicurezza più incisivi in occasione di simili comizi.

    Un proiettile sventato (come accaduto al presidente Trump) può arrivare a destinazione in successive occasioni.
    Il brutale omicidio di Kirk è un triste e chiaro promemoria che la libertà non è mai scontata.
    Charlie mancherà a moltissime persone ma la sua eredità rimarrà nel cuore di chi lo ha amato e forse anche in quello di alcuni suoi detrattori ai quali è stata sempre data piena libertà di controbatterlo e accusarlo di bigottismo e fascismo.
    “Una famiglia forte, radicata nella fede, è la prima linea di difesa in un mondo in rovina”
    Charlie Kirk (1993-2025)
    RIP

    Irene V.
    Addio a Charlie Kirk, simbolo del conservatorismo militante. Colpisce ancora l’odio progressista (e, stando ai fatti, “progressivo”) dei jihadisti woke della composita e (a tratti) liberal-democratica società statunitense. Questa volta non si tratta di minacce, censura o procedimenti disciplinari inferti a qualche professore universitario (come Jordan B. Peterson) o ad altri presunti “neofascisti” conservatori, bensì di un colpo fatale che ha spezzato la vita al tanto amato quanto odiato trentunenne Charlie Kirk. Una morte improvvisa, avvenuta il 10 settembre, causata da un proiettile sparato conprecisione al collo di Kirk mentre l’audace conservatore trumpiano stava tenendo uno dei suoi consueti dibattiti aperti al campus della Utah Valley University. Devoto cristiano evangelico (vicino alla conversione cattolica), marito e padre amorevole, da sempre impegnato nella difesa dei valori cristiani e della libertà di parola, Charlie Kirk ha affrontato con coraggio ed enorme dedizione folle di collegiali woke schierati a favore di aborto, immigrazionismo clandestino e ideologia gender. Era noto per la sua appartenenza al movimento MAGA e per l’instancabile attivismo nella sua onlus Turning Point USA (rete studentesca co-fondata con Bill Montgomery alla tenera età di 18 anni e oggi diffusa in migliaia di campus, capace di ispirare milioni di giovani a pensare con la propria testa). La presenza sulle reti sociali e il successo del suo podcast (“The Charlie Kirk Show”), oltre a numerose apparizioni pubbliche e provocatorie nei campus universitari, lo avevano reso inarrestabile e alquanto scomodo alla comunità progressista. Rimarranno nella storia i suoi arguti dibattiti nei college (da lui considerati campi di indottrinamento al pensiero di sinistra ed ostacolo ad una sana ed efficiente istruzione) dove, invitando anche i woke più estremi e ostili al confronto libero e diretto, rispondeva con maestria e schiettezza alle obiezioni e provocazioni più assurde lasciando (quasi) sempre spiazzati i suoi più inferociti interlocutori. I temi più dibattuti sono stati: l’aborto (fermamente condannato da un dichiarato “provita” come Kirk), l’apertura dei confini nazionali e il giustificazionismo dell’immigrazione clandestina (tanto cara e difesa dai paladini woke), la libertà di parola e di religione (argomento scottante per i giovani progressisti, sempre molto inclusivi con i musulmani e le loro pretese, ma severi censori del cristianesimo), le folli politiche di “inclusione” di transgender e altri soggetti non ascrivibili al “discriminatorio e bigotto” (ma pur sempre “naturale”) sistema binario in competizioni sportive, prigioni, bagni pubblici, spogliatoi ecc., i benefici della politica Trump sulla vita ed economia americana, il libero mercato, il governo limitato e la libertà (oltre che responsabilità) individuale. In relazione a questi ultimi temi Kirk, come altri noti conservatori, ha sempre criticato (fornendo dati incontestabili) i sistemi socialisti, comunisti e quelli improntati su forme di anarchia sociale (sostenuti da lobby neomarxiste come Black Lives Matter ed estremisti ecologisti legati a Greta Thunberg). Insomma, un boccone troppo amaro per il collegiale medio americano, intriso di contorte ideologie e di quel patologico vittimismo che contraddistingue larga parte della gioventù cresciuta sotto i governi Obama/Biden, il costante bombardamento di messaggi luciferini (provenienti da musica e film) e di una narrazione contraddittoria e falsata da personaggi politici e autorità scolastiche. Ultimo ma non meno importante, la sua critica ad Hamas e alle ondate di chiara discriminazione e violenza nei confronti di studenti ebrei da parte di pacifici rivoltosi woke “propal” armati di bandiere palestinesi e arcobaleno (non per tutti un chiaro ossimoro) ma incapaci di indicare su una cartina la striscia di Gaza o di comprendere le origini di questo doloroso conflitto. È innegabile che Charlie avesse un dono speciale: nessuno come lui sapeva toccare il cuore dei giovani attraverso la verità e l'esercizio della ragione. Usando il dialogo costruiva ponti, dove altri alimentavano divisioni, in grado di unire persone diverse nella sola autentica Verità che alberga in fondo all’animo di ciascun uomo. Sapeva ascoltare, incoraggiare i giovani a porsi domande su quanto veicolato dalla narrazione dominante. Invitava inoltre ragazzi e ragazze a non rinunciare a matrimonio e figli per una vita incentrata sulla sola carriera professionale. Charlie credeva fermamente che la verità si forgiasse nel dialogo e non nel silenzio imposto dalla paura. Come diceva lui stesso: “Quando le persone smettono di parlare, è allora che avviene la violenza. È allora che avvengono le guerre civili perché inizi a pensare che l'altra parte sia così malvagia, e perde la sua umanità”. Messaggi di sentito cordoglio sono arrivati dall’amico presidente Donald Trump, da Benjamin Netanyahu e dal fronte conservatore ma anche dalla nostra onlus Pro Vita e Famiglia che lo ha ricordato come un martire nella lotta a difesa della Famiglia e della Vita fin dal suo concepimento. Mentre sorge il timore di nuovi attentati a personalità conservatrici (quali Matt Walsh, Ben Shapiro, Michael Knowles e Douglas Murray) vicine a Kirk e impegnate in prima linea nelle stesse campagne, tutti noi ci uniamo in preghiera affinché non accadano più tali tragedie e ci siano sorveglianza e sistemi di sicurezza più incisivi in occasione di simili comizi. Un proiettile sventato (come accaduto al presidente Trump) può arrivare a destinazione in successive occasioni. Il brutale omicidio di Kirk è un triste e chiaro promemoria che la libertà non è mai scontata. Charlie mancherà a moltissime persone ma la sua eredità rimarrà nel cuore di chi lo ha amato e forse anche in quello di alcuni suoi detrattori ai quali è stata sempre data piena libertà di controbatterlo e accusarlo di bigottismo e fascismo. “Una famiglia forte, radicata nella fede, è la prima linea di difesa in un mondo in rovina” Charlie Kirk (1993-2025) RIP Irene V.
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  • L’idea che “ce lo ha detto l’OMS” o “ce lo impone l’Europa” rischia di essere una gigantesca operazione di scarico delle responsabilità.
    E il pericolo è che oggi, mentre si discute di trattati sanitari globali e di nuove emergenze, si continui a puntare il dito all’esterno… dimenticando chi, in Italia, ha creato regole più dure di quelle chieste.

    La cosiddetta pandemia, è stata gestita in modo autonomo, politico e ideologico nel nostro Paese. È su questo che va tenuta alta l’attenzione: non contro un’entità astratta, ma contro le scelte concrete fatte da governi concreti, nel silenzio di molti e nella complicità di troppi.

    #covid #pandemia #censura #lockdown #italia #vaccino #danni #tamponi #oms #mascherine

    Source: https://x.com/SandriAvv/status/1964283166845211026
    L’idea che “ce lo ha detto l’OMS” o “ce lo impone l’Europa” rischia di essere una gigantesca operazione di scarico delle responsabilità. E il pericolo è che oggi, mentre si discute di trattati sanitari globali e di nuove emergenze, si continui a puntare il dito all’esterno… dimenticando chi, in Italia, ha creato regole più dure di quelle chieste. La cosiddetta pandemia, è stata gestita in modo autonomo, politico e ideologico nel nostro Paese. È su questo che va tenuta alta l’attenzione: non contro un’entità astratta, ma contro le scelte concrete fatte da governi concreti, nel silenzio di molti e nella complicità di troppi. #covid #pandemia #censura #lockdown #italia #vaccino #danni #tamponi #oms #mascherine Source: https://x.com/SandriAvv/status/1964283166845211026
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  • CI RENDIAMO CONTO CHE @LiciaRonzulli non contenta di aver perso il ministero della Salute per la sua posizione acritica e dogmatica sui vaccini, ora ci fa sapere che ci vuole coerenza con la scienzahhh
    La Senatrice ignora che i vaccini a mRNA sono stati messi al bando in USA? ignora le miocarditi che stanno falcidiando giovani e meno giovani? ignora il turbo cancer ? nessun dubbio?.. chieda ad @AlbertoZangrillo. Si legga i documenti della #commissionecovid
    @GiorgiaMeloni intervenga e chieda dimissioni immediate. Quantomeno doveva essere informata.
    "Forza Italia, con Licia Ronzulli, vicepresidente dei senatori del partito, ha sostenuto invece il ministro Schillaci, definendo la revoca “un atto di responsabilità e di tutela verso i cittadini”. Ronzulli ha affermato: “È fondamentale che chi siede in organismi così delicati sia coerente con l’evidenza scientifica”. Queste affermazioni segnano una distanza tra le posizioni dei componenti della maggioranza di governo, mostrando quanto sia delicato il tema della gestione sanitaria e delle nomine nei comitati tecnici.

    Source:
    https://x.com/OrtigiaP/status/1956838611971654005?t=Rs2lk28soN3KWbfhYIeulw&s=19
    CI RENDIAMO CONTO CHE @LiciaRonzulli non contenta di aver perso il ministero della Salute per la sua posizione acritica e dogmatica sui vaccini, ora ci fa sapere che ci vuole coerenza con la scienzahhh La Senatrice ignora che i vaccini a mRNA sono stati messi al bando in USA? ignora le miocarditi che stanno falcidiando giovani e meno giovani? ignora il turbo cancer ? nessun dubbio?.. chieda ad @AlbertoZangrillo. Si legga i documenti della #commissionecovid @GiorgiaMeloni intervenga e chieda dimissioni immediate. Quantomeno doveva essere informata. "Forza Italia, con Licia Ronzulli, vicepresidente dei senatori del partito, ha sostenuto invece il ministro Schillaci, definendo la revoca “un atto di responsabilità e di tutela verso i cittadini”. Ronzulli ha affermato: “È fondamentale che chi siede in organismi così delicati sia coerente con l’evidenza scientifica”. Queste affermazioni segnano una distanza tra le posizioni dei componenti della maggioranza di governo, mostrando quanto sia delicato il tema della gestione sanitaria e delle nomine nei comitati tecnici. Source: https://x.com/OrtigiaP/status/1956838611971654005?t=Rs2lk28soN3KWbfhYIeulw&s=19
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  • LAURA MORANTE – L’arte non è neutrale

    La cultura e l'arte sono le ultime trincee di umanità rimaste in un mondo anestetizzato. Sono strumenti capaci di squarciare l'indifferenza, di risvegliare coscienze assopite, di dare voce a chi non ce l’ha. Eppure, troppo spesso vengono relegate a contorno, ignorate, silenziate.

    Ma ci sono momenti in cui la scena smette di essere solo teatro, e diventa atto politico. Gesti simbolici che valgono più di mille proclami.

    Laura Morante ne ha dato prova, alzando la testa – e una bandiera – durante il Segesta Teatro Festival.
    Il 27 luglio 2025, al termine dello spettacolo "Notte di sfolgorante tenebra", l’attrice ha sventolato la bandiera della Palestina davanti al pubblico del Segesta Teatro Festival. Un atto potente, profondamente coerente con i temi affrontati in scena: quelli delle donne vittime della guerra, dalle tragedie greche fino ai conflitti moderni.
    Con la regia di Daniele Costantini e le musiche dal vivo di Bach, Gliere, Ravel e Haendel/Halvorsen, Laura Morante ha dato voce a figure tragiche come Clitemnestra, Elettra, Cassandra, Ecuba, Andromaca ed Elena, in un racconto corale del dolore e della resistenza. A conclusione dello spettacolo, quel gesto ha trasformato la finzione teatrale in una dichiarazione pubblica: NO a tutte le guerre.

    Ma il suo impegno non si ferma al palcoscenico. Laura Morante è anche parte attiva del collettivo "Artists for Palestine", formato da artisti italiani, del calibro di Moni Ovadia, Alessandro Gassman, Fiorella Mannoia, Zerocalcare, Malika Ayane, Lo Stato Sociale e molti altri, impegnati nel denunciare pubblicamente l’occupazione israeliana e sostenere la causa palestinese.

    In un’intervista recente, ha affermato:

    “Gli artisti non possono continuare a chiudersi nel silenzio. Abbiamo una responsabilità. L’arte non può essere solo intrattenimento: deve essere anche coscienza, empatia, coraggio.”

    Il coraggio non si compra al mercato. E non sono solo determinati intellettuali o opinionisti a doversi esporre, spesso per logiche editoriali o personali.

    Credo che ci voglia più rispetto per l’arte, soprattutto quando si spoglia del suo solo abito ludico per abbracciare sentimenti ed esigenze universali. Perché quando l’arte alza la testa, non è più decorazione: diventa necessità, grido, battaglia civile.
    L’arte che non tace è quella che ci salva.

    #LauraMorante #PalestinaLibera #ArtisteForPalestine #SegestaTeatroFestival #StopAlleGuerre #CulturaAttiva #ArteImpegnata #EmpatiaPolitica #NoWar #VoceAgliArtisti #TeatroCivile #ResistenzaCulturale #SolidarietàPalestina #CulturaèPolitica
    LAURA MORANTE – L’arte non è neutrale 🎭🕊️ La cultura e l'arte sono le ultime trincee di umanità rimaste in un mondo anestetizzato. Sono strumenti capaci di squarciare l'indifferenza, di risvegliare coscienze assopite, di dare voce a chi non ce l’ha. Eppure, troppo spesso vengono relegate a contorno, ignorate, silenziate. Ma ci sono momenti in cui la scena smette di essere solo teatro, e diventa atto politico. Gesti simbolici che valgono più di mille proclami. 🔴Laura Morante ne ha dato prova, alzando la testa – e una bandiera – durante il Segesta Teatro Festival. Il 27 luglio 2025, al termine dello spettacolo "Notte di sfolgorante tenebra", l’attrice ha sventolato la bandiera della Palestina davanti al pubblico del Segesta Teatro Festival. Un atto potente, profondamente coerente con i temi affrontati in scena: quelli delle donne vittime della guerra, dalle tragedie greche fino ai conflitti moderni. Con la regia di Daniele Costantini e le musiche dal vivo di Bach, Gliere, Ravel e Haendel/Halvorsen, Laura Morante ha dato voce a figure tragiche come Clitemnestra, Elettra, Cassandra, Ecuba, Andromaca ed Elena, in un racconto corale del dolore e della resistenza. A conclusione dello spettacolo, quel gesto ha trasformato la finzione teatrale in una dichiarazione pubblica: NO a tutte le guerre. Ma il suo impegno non si ferma al palcoscenico. Laura Morante è anche parte attiva del collettivo "Artists for Palestine", formato da artisti italiani, del calibro di Moni Ovadia, Alessandro Gassman, Fiorella Mannoia, Zerocalcare, Malika Ayane, Lo Stato Sociale e molti altri, impegnati nel denunciare pubblicamente l’occupazione israeliana e sostenere la causa palestinese. In un’intervista recente, ha affermato: 🔴“Gli artisti non possono continuare a chiudersi nel silenzio. Abbiamo una responsabilità. L’arte non può essere solo intrattenimento: deve essere anche coscienza, empatia, coraggio.”🔴 Il coraggio non si compra al mercato. E non sono solo determinati intellettuali o opinionisti a doversi esporre, spesso per logiche editoriali o personali. 👉Credo che ci voglia più rispetto per l’arte, soprattutto quando si spoglia del suo solo abito ludico per abbracciare sentimenti ed esigenze universali. Perché quando l’arte alza la testa, non è più decorazione: diventa necessità, grido, battaglia civile. 🎭 L’arte che non tace è quella che ci salva. #LauraMorante #PalestinaLibera #ArtisteForPalestine #SegestaTeatroFestival #StopAlleGuerre #CulturaAttiva #ArteImpegnata #EmpatiaPolitica #NoWar #VoceAgliArtisti #TeatroCivile #ResistenzaCulturale #SolidarietàPalestina #CulturaèPolitica
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