• IL DIGITALE STA RUBANDO L'INFANZIA!
    Mentre Microsoft, Google e Apple cercano di piazzare i loro programmi dentro ogni scuola pubblica, nella Silicon Valley e in altre aree abitate da dirigenti del settore tecnologico l'approccio ai dispositivi digitali per i loro figli è stato sempre centellinato.
    Come mai questa discrepanza?
    Steve Jobs, il fondatore di Apple, non permetteva alle figlie adolescenti di usare la sua invenzione: l'iPhone. Bill Gates non ha dato ai figli il cellulare prima dei 14 anni. Sundar Pichai, il CEO di Alphabet e Google ha vietato lo smartphone ai figli fino ai 14 anni. Satya Nadella, CEO di Microsoft monitora attentamente i siti visitati dai figli. Chris Anderson, ex editore di Wired e CEO di 3D Robotics ha educato i figli imponendo limiti di tempo e controlli su ogni dispositivo presente in casa. Evan Williams, co-fondatore di Twitter ai figli adolescenti ha sempre preferito comprare libri anziché gadget tecnologici, mentre Tim Cook, CEO di Apple ha proibito al nipote i social. Susan Wojcicki, CEO di YouTube ha autorizzato lo smartphone quando i suoi figli hanno cominciato ad uscire da soli, ed Evan Spiegel, co-fondatore e CEO di Snapchat ha permesso al figliastro massimo un'ora e mezza alla settimana davanti agli schermi.
    Non solo i Big che costruiscono e progettano dispositivi tecnologici, software e social, non fanno usare il digitale ai propri figli, ma questi vengono educati nelle scuole Waldorf!
    Le scuole Waldorf, dette anche steineriane sono nate nel 1919 a Stoccarda grazie al filosofo e scienziato austriaco Rudolf Steiner.
    Tanto per capirci a Los Altos c’è la Waldorf School of the Peninsula, con circa 320 studenti, due terzi dei quali hanno genitori che lavorano per i giganti del web. Per loro niente cellulare, ma solo giocattoli in legno e interazioni all’aria aperta.
    Si tratta di uno dei 270 istituti steineriani negli Stati Uniti, di cui 52 solo in California, quindi nella Silicon Valley, mentre da noi in Italia ce ne sono meno di un centinaio!
    La pedagogia steineriana punta a sviluppare individualità libere, facendo emergere le potenzialità proprie di ogni bambino, rispettando i tempi di evoluzione fisica e mentale diversi per ognuno.
    Come mai chi costruisce i dispositivi digitali porta i propri figli nelle scuole Waldorf? Sicuramente deriva da una paura sempre più concreta e studiata: la perdita di vivacità nei bambini correlata a un abuso di nuove tecnologie.
    Sempre più studi confermano infatti che i bambini e gli adolescenti passano più ore davanti a uno schermo rispetto a dormire, e per questo manifestano inclinazione a depressione, solitudine, scarsa concentrazione, instabilità emotiva per arrivare all'autolesionismo e al suicidio. Il disagio generazionale risulta raddoppiato solo negli ultimi 5-6 anni.
    Lo psicoterapeuta Alberto Pellai utilizza una azzeccata metafora: “Il cervello dei bambini è come il DAS: morbido e plasmabile finché lo lavori, ma se lo lasci riposare, si indurisce”. Il cervello è infatti neuroplastico, capace cioè di creare connessioni sinaptiche in modo esponenziale. Tuttavia, l’esposizione precoce agli schermi depotenzia questa capacità. Tradotto: rende più cretini! Ed è proprio quello che desidera il Sistema.
    Ha perfettamente ragione Pellai quando dice che “il digitale sta rubando l’infanzia", e la responsabilità è dei genitori!
    IL DIGITALE STA RUBANDO L'INFANZIA! Mentre Microsoft, Google e Apple cercano di piazzare i loro programmi dentro ogni scuola pubblica, nella Silicon Valley e in altre aree abitate da dirigenti del settore tecnologico l'approccio ai dispositivi digitali per i loro figli è stato sempre centellinato. Come mai questa discrepanza? Steve Jobs, il fondatore di Apple, non permetteva alle figlie adolescenti di usare la sua invenzione: l'iPhone. Bill Gates non ha dato ai figli il cellulare prima dei 14 anni. Sundar Pichai, il CEO di Alphabet e Google ha vietato lo smartphone ai figli fino ai 14 anni. Satya Nadella, CEO di Microsoft monitora attentamente i siti visitati dai figli. Chris Anderson, ex editore di Wired e CEO di 3D Robotics ha educato i figli imponendo limiti di tempo e controlli su ogni dispositivo presente in casa. Evan Williams, co-fondatore di Twitter ai figli adolescenti ha sempre preferito comprare libri anziché gadget tecnologici, mentre Tim Cook, CEO di Apple ha proibito al nipote i social. Susan Wojcicki, CEO di YouTube ha autorizzato lo smartphone quando i suoi figli hanno cominciato ad uscire da soli, ed Evan Spiegel, co-fondatore e CEO di Snapchat ha permesso al figliastro massimo un'ora e mezza alla settimana davanti agli schermi. Non solo i Big che costruiscono e progettano dispositivi tecnologici, software e social, non fanno usare il digitale ai propri figli, ma questi vengono educati nelle scuole Waldorf! Le scuole Waldorf, dette anche steineriane sono nate nel 1919 a Stoccarda grazie al filosofo e scienziato austriaco Rudolf Steiner. Tanto per capirci a Los Altos c’è la Waldorf School of the Peninsula, con circa 320 studenti, due terzi dei quali hanno genitori che lavorano per i giganti del web. Per loro niente cellulare, ma solo giocattoli in legno e interazioni all’aria aperta. Si tratta di uno dei 270 istituti steineriani negli Stati Uniti, di cui 52 solo in California, quindi nella Silicon Valley, mentre da noi in Italia ce ne sono meno di un centinaio! La pedagogia steineriana punta a sviluppare individualità libere, facendo emergere le potenzialità proprie di ogni bambino, rispettando i tempi di evoluzione fisica e mentale diversi per ognuno. Come mai chi costruisce i dispositivi digitali porta i propri figli nelle scuole Waldorf? Sicuramente deriva da una paura sempre più concreta e studiata: la perdita di vivacità nei bambini correlata a un abuso di nuove tecnologie. Sempre più studi confermano infatti che i bambini e gli adolescenti passano più ore davanti a uno schermo rispetto a dormire, e per questo manifestano inclinazione a depressione, solitudine, scarsa concentrazione, instabilità emotiva per arrivare all'autolesionismo e al suicidio. Il disagio generazionale risulta raddoppiato solo negli ultimi 5-6 anni. Lo psicoterapeuta Alberto Pellai utilizza una azzeccata metafora: “Il cervello dei bambini è come il DAS: morbido e plasmabile finché lo lavori, ma se lo lasci riposare, si indurisce”. Il cervello è infatti neuroplastico, capace cioè di creare connessioni sinaptiche in modo esponenziale. Tuttavia, l’esposizione precoce agli schermi depotenzia questa capacità. Tradotto: rende più cretini! Ed è proprio quello che desidera il Sistema. Ha perfettamente ragione Pellai quando dice che “il digitale sta rubando l’infanzia", e la responsabilità è dei genitori!
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  • scrub dispensing machine

    Clothes dispenser, uniform dispenser, clothes vending machine. Automatic clothes dispensing machines. rfid hospitals. traceability

    Acerca de la compañía:-

    La Fábrica de Software es una empresa de ingeniería especializada en el desarrollo de sistemas informáticos integrados con nuestros equipos y máquinas, para la gestión automatizada y control textil en hospitales, fábricas, lavanderías industriales, tintorerías, etc.

    Contamos con personal cualificado dedicado a la investigación y desarrollo de soluciones innovadoras orientadas a atender las necesidades específicas de cada uno de nuestros clientes. Somos creadores del Lavander 4, un sistema informático diseñado para ofrecer, desde cualquier dispositivo, el control real e inmediato de albaranes, facturas, stocks, producción y rentabilidad de una planta, entre otras muchas funcionalidades.

    Ofrecemos sistemas de última generación para el control de vestuario profesional, entre lo que destacamos nuestros dispensadores automáticos de ropa laboral, máquinas de retorno de unformidad y sistemas de taquillas inteligentes.

    Haga clic aquí para más información.:- https://lafabricadesoftware.es/en/dispensadora-de-ropa/

    Enlaces de perfil de redes sociales-
    https://www.facebook.com/LaFabricaSoft/
    https://twitter.com/LaFabricaSoft
    https://www.linkedin.com/company/la-fabrica-de-software-sl/?viewAsMember=true
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  • DA VEDERE ASSOLUTAMENTE fino ALLA FINE! GLI ORRORI della SPERIMENTAZONE dai VACCINI COVID-19. I DATI della SPERIMENTAZIONE sono STATI TENUTI NASCOSTI esclusivamente per FARE PROFITTI. MASSIMA DIFFUSIONE!
    DA INOLTRARE a Bassetti, Burioni, Pregliasco, Capua e a tutte le VIROSTAR da STRAPAZZO con CONFLITTI di INTERESSI con Le BIG PHARMA, grandi come una casa!
    E ADESSO ci VOGLIONO RIPROVARE con i vaccini a mRNA AUTOREPLICANTE!
    ASSASSINI!

    DUB/ITA - Inside the Vaccine Trials - Lived Experiences
    Alla scoperta delle sperimentazioni sui vaccini - Esperienze vissute

    ⏺Questo docu-film offre uno sguardo intimo sulla vita dei volontari che hanno partecipato alla sperimentazione del vaccino.

    ⏺Queste persone si sono presentate con speranza e fiducia, solo per andare incontro a gravi e durature complicazioni di salute.

    Ora, dovendo districarsi in un sistema che offre scarso sostegno, le loro storie mettono in luce una preoccupazione più ampia: i danni post-vaccinali sono spesso ignorati e le voci vengono soffocate da una censura intensa.

    https://rumble.com/v6w623s-dubita-docufilm-alla-scoperta-delle-sperimentazioni-sui-vaccini-esperienze-.html
    DA VEDERE ASSOLUTAMENTE fino ALLA FINE! GLI ORRORI della SPERIMENTAZONE dai VACCINI COVID-19. I DATI della SPERIMENTAZIONE sono STATI TENUTI NASCOSTI esclusivamente per FARE PROFITTI. MASSIMA DIFFUSIONE! DA INOLTRARE a Bassetti, Burioni, Pregliasco, Capua e a tutte le VIROSTAR da STRAPAZZO con CONFLITTI di INTERESSI con Le BIG PHARMA, grandi come una casa! E ADESSO ci VOGLIONO RIPROVARE con i vaccini a mRNA AUTOREPLICANTE! ASSASSINI! DUB/ITA - Inside the Vaccine Trials - Lived Experiences Alla scoperta delle sperimentazioni sui vaccini - Esperienze vissute ⏺Questo docu-film offre uno sguardo intimo sulla vita dei volontari che hanno partecipato alla sperimentazione del vaccino. ⏺Queste persone si sono presentate con speranza e fiducia, solo per andare incontro a gravi e durature complicazioni di salute. ✅Ora, dovendo districarsi in un sistema che offre scarso sostegno, le loro storie mettono in luce una preoccupazione più ampia: i danni post-vaccinali sono spesso ignorati e le voci vengono soffocate da una censura intensa. https://rumble.com/v6w623s-dubita-docufilm-alla-scoperta-delle-sperimentazioni-sui-vaccini-esperienze-.html
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  • Warmwind: il primo sistema operativo con AI che lavora per noi
    Dalla Germania arriva Warmwind, il primo OS basato su AI per automatizzare il lavoro in modo sicuro
    https://www.hdblog.it/tecnologia/articoli/n624705/warmwind-sistema-operativo-ai/
    Warmwind: il primo sistema operativo con AI che lavora per noi Dalla Germania arriva Warmwind, il primo OS basato su AI per automatizzare il lavoro in modo sicuro https://www.hdblog.it/tecnologia/articoli/n624705/warmwind-sistema-operativo-ai/
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  • Francesca Albanese sanzionata dagli Usa | Il paradosso? Dal nuovo Raìs della Siria al macellaio Duterte: ecco tutti i criminali risparmiati dalla Casa Bianca
    di Gianni Rosini
    Per la relatrice speciale delle Nazioni Unite per la Palestina misure come era successo per Osama Bin Laden e il Chapo Guzman. Ma è la lista di chi non ha subito ritorsioni che dimostra come nel sistema americano non tutti i criminali vengano puniti...

    Le sanzioni americane sono spesso considerate il discrimine per decidere chi debba essere considerato un “cattivo”, il metodo condiviso per dividere il mondo tra chi si comporta in maniera accettabile e chi, invece, deve essere condannato all’isolamento. In effetti, se si scorre la lista di coloro che negli anni sono stati colpiti da questo provvedimento, che di recente ha aggiunto anche il nome della relatrice speciale delle Nazioni Unite per la Palestina, Francesca Albanese, si trovano soggetti tutt’altro che rispettabili, tra terroristi come Osama bin Laden, narcotrafficanti alla Joaquin El Chapo Guzmán, signori della guerra come Joseph Kony o dittatori sanguinari del calibro di Kim Jong-un.

    Che terribile crimine ha commesso, quindi, Francesca Albanese per ritrovarsi in compagnia di questi soggetti? Dopo l’annuncio da parte del segretario di Stato americano, Marco Rubio, lei ha reagito con ironia: “È un record, sono la prima persona dell’Onu a cui è successo. Per cosa? Per aver denunciato un genocidio? Per aver documentato un sistema? Mi sanzionano, ma non mi hanno mai contestato i fatti”. E ha poi contrattaccato: “Le sanzioni funzioneranno solo se le persone saranno spaventate e smetteranno di impegnarsi. Voglio ricordare a tutti che il motivo per cui vengono imposte queste sanzioni è la ricerca della giustizia“.

    Le ritorsioni contro la relatrice italiana racchiudono una verità importante, la stessa già affiorata dopo che lo stesso provvedimento aveva colpito o l’ex procuratrice capo della Corte Penale Internazionale, Fatou Bensouda, che indagava sui crimini americani e britannici in Afghanistan o i giudici della Cpi che hanno spiccato un mandato d’arresto nei confronti del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e del suo ex ministro della Difesa, Yoav Gallant, con l’accusa di crimini di guerra: le sanzioni americane non colpiscono i cattivi del mondo, ma solo coloro che sono considerati dalla Casa Bianca nemici di Washington o dei suoi alleati. Per capirlo non si deve guardare ai nomi contenuti in questo speciale girone dell’inferno del XXI secolo. Al contrario, si devono cercare quelli di chi in quella lista non appare. Ecco qualche esempio.

    Source: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/07/13/sanzioni-usa-criminali-risparmiati-albanese-news/8058221/
    Francesca Albanese sanzionata dagli Usa | Il paradosso? Dal nuovo Raìs della Siria al macellaio Duterte: ecco tutti i criminali risparmiati dalla Casa Bianca di Gianni Rosini Per la relatrice speciale delle Nazioni Unite per la Palestina misure come era successo per Osama Bin Laden e il Chapo Guzman. Ma è la lista di chi non ha subito ritorsioni che dimostra come nel sistema americano non tutti i criminali vengano puniti... Le sanzioni americane sono spesso considerate il discrimine per decidere chi debba essere considerato un “cattivo”, il metodo condiviso per dividere il mondo tra chi si comporta in maniera accettabile e chi, invece, deve essere condannato all’isolamento. In effetti, se si scorre la lista di coloro che negli anni sono stati colpiti da questo provvedimento, che di recente ha aggiunto anche il nome della relatrice speciale delle Nazioni Unite per la Palestina, Francesca Albanese, si trovano soggetti tutt’altro che rispettabili, tra terroristi come Osama bin Laden, narcotrafficanti alla Joaquin El Chapo Guzmán, signori della guerra come Joseph Kony o dittatori sanguinari del calibro di Kim Jong-un. Che terribile crimine ha commesso, quindi, Francesca Albanese per ritrovarsi in compagnia di questi soggetti? Dopo l’annuncio da parte del segretario di Stato americano, Marco Rubio, lei ha reagito con ironia: “È un record, sono la prima persona dell’Onu a cui è successo. Per cosa? Per aver denunciato un genocidio? Per aver documentato un sistema? Mi sanzionano, ma non mi hanno mai contestato i fatti”. E ha poi contrattaccato: “Le sanzioni funzioneranno solo se le persone saranno spaventate e smetteranno di impegnarsi. Voglio ricordare a tutti che il motivo per cui vengono imposte queste sanzioni è la ricerca della giustizia“. Le ritorsioni contro la relatrice italiana racchiudono una verità importante, la stessa già affiorata dopo che lo stesso provvedimento aveva colpito o l’ex procuratrice capo della Corte Penale Internazionale, Fatou Bensouda, che indagava sui crimini americani e britannici in Afghanistan o i giudici della Cpi che hanno spiccato un mandato d’arresto nei confronti del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e del suo ex ministro della Difesa, Yoav Gallant, con l’accusa di crimini di guerra: le sanzioni americane non colpiscono i cattivi del mondo, ma solo coloro che sono considerati dalla Casa Bianca nemici di Washington o dei suoi alleati. Per capirlo non si deve guardare ai nomi contenuti in questo speciale girone dell’inferno del XXI secolo. Al contrario, si devono cercare quelli di chi in quella lista non appare. Ecco qualche esempio. Source: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/07/13/sanzioni-usa-criminali-risparmiati-albanese-news/8058221/
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    Sanzioni USA a Francesca Albanese e i criminali che invece restano impuniti
    Dagli ex terroristi ai dittatori sanguinari: ecco chi Washington non colpisce con sanzioni, mentre le impone alla relatrice ONU
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  • Trent’anni dopo Srebrenica, il difficile lavoro di chi cerca di dare un nome alle vittime: “Ci sono ancora 1000 corpi da trovare.



    Sono passati trent’anni da quando le forze serbo-bosniache guidate dal generale Ratko Mladić uccisero circa 8mila musulmani che avevano cercato riparo a Srebrenica, l’area dichiarata protetta dalle Nazioni Unite e che nel luglio del 1995 si trasformò invece in una trappola mortale. In poche ore i maschi dai 12 anni in su furono prelevati e uccisi, il tutto avvenne di fronte al contingente dei Caschi blu, 400 peacekeeper olandesi la cui impotenza permise alle forze serbo-bosniache di agire indisturbati. Con la fine della guerra, in Bosnia-Erzegovina prese pian piano forma la necessità di trovare i morti e dare loro un nome. Da qui, la nascita nel 1996 dell’ICMP, la Commissione Internazionale per le persone scomparse, che ha avuto un ruolo decisivo nell’identificazione delle vittime del conflitto, per una percentuale che al momento si attesta attorno al 75%. Nel team che si occupa del riconoscimento delle vittime di Srebrenica lavora da oltre vent’anni l’antropologa forense Dragana Vučetić.

    Nel suo laboratorio di Tuzla ricostruisce con pazienza i profili biologici dei resti ossei ritrovati nelle fosse comuni, estrapola campioni del Dna e li confronta con quelli forniti dalle famiglie che cercano ancora i propri cari. “Se la corrispondenza genetica è del 99,95% allora procediamo all’identificazione ufficiale” spiega Vučetić. La ricostruzione delle identità delle vittime di Srebrenica, tuttavia, presenta un elemento di difficoltà specifico. In quell’estate ci furono infatti almeno cinque luoghi di esecuzione. I responsabili dei crimini, dopo aver compiuto gli omicidi, cercarono di nascondere le evidenze e successivamente riaprirono le cosiddette fosse primarie per trasferire i corpi già in decomposizione nelle fosse secondarie. Questi spostamenti, effettuati con mezzi pesanti hanno contribuito allo smembramento dei cadaveri, col risultato che i resti appartenenti a una singola persona spesso sono stati ritrovati a chilometri di distanza. Proprio per questo motivo, per quanto riguarda le vittime di Srebrenica, è molto difficile che un singolo corpo sia ritrovato integralmente.

    Il sistema dell’identificazione del Dna è stato adottato dalla Bosnia-Erzegovina nei primi anni del 2000 e ha comportato una vera svolta. Prima di allora, i match venivano effettuati con metodi tradizionali e imprecisi, basati sul riconoscimento dei vestiti o degli oggetti personali. “Molte famiglie riconoscevano lo stesso corpo come proprio parente, quindi possiamo dire che il sistema del Dna ci ha davvero aiutati”. Attualmente mancano all’appello ancora circa mille persone e la speranza è che lo sviluppo di nuove tecnologie possa dare un nuovo impulso al lavoro di localizzazione dei dispersi, che diventa sempre più complicata.


    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/07/11/genocidio-srebrenica-identificazione-vittime-oggi/8055647/
    Trent’anni dopo Srebrenica, il difficile lavoro di chi cerca di dare un nome alle vittime: “Ci sono ancora 1000 corpi da trovare. Sono passati trent’anni da quando le forze serbo-bosniache guidate dal generale Ratko Mladić uccisero circa 8mila musulmani che avevano cercato riparo a Srebrenica, l’area dichiarata protetta dalle Nazioni Unite e che nel luglio del 1995 si trasformò invece in una trappola mortale. In poche ore i maschi dai 12 anni in su furono prelevati e uccisi, il tutto avvenne di fronte al contingente dei Caschi blu, 400 peacekeeper olandesi la cui impotenza permise alle forze serbo-bosniache di agire indisturbati. Con la fine della guerra, in Bosnia-Erzegovina prese pian piano forma la necessità di trovare i morti e dare loro un nome. Da qui, la nascita nel 1996 dell’ICMP, la Commissione Internazionale per le persone scomparse, che ha avuto un ruolo decisivo nell’identificazione delle vittime del conflitto, per una percentuale che al momento si attesta attorno al 75%. Nel team che si occupa del riconoscimento delle vittime di Srebrenica lavora da oltre vent’anni l’antropologa forense Dragana Vučetić. Nel suo laboratorio di Tuzla ricostruisce con pazienza i profili biologici dei resti ossei ritrovati nelle fosse comuni, estrapola campioni del Dna e li confronta con quelli forniti dalle famiglie che cercano ancora i propri cari. “Se la corrispondenza genetica è del 99,95% allora procediamo all’identificazione ufficiale” spiega Vučetić. La ricostruzione delle identità delle vittime di Srebrenica, tuttavia, presenta un elemento di difficoltà specifico. In quell’estate ci furono infatti almeno cinque luoghi di esecuzione. I responsabili dei crimini, dopo aver compiuto gli omicidi, cercarono di nascondere le evidenze e successivamente riaprirono le cosiddette fosse primarie per trasferire i corpi già in decomposizione nelle fosse secondarie. Questi spostamenti, effettuati con mezzi pesanti hanno contribuito allo smembramento dei cadaveri, col risultato che i resti appartenenti a una singola persona spesso sono stati ritrovati a chilometri di distanza. Proprio per questo motivo, per quanto riguarda le vittime di Srebrenica, è molto difficile che un singolo corpo sia ritrovato integralmente. Il sistema dell’identificazione del Dna è stato adottato dalla Bosnia-Erzegovina nei primi anni del 2000 e ha comportato una vera svolta. Prima di allora, i match venivano effettuati con metodi tradizionali e imprecisi, basati sul riconoscimento dei vestiti o degli oggetti personali. “Molte famiglie riconoscevano lo stesso corpo come proprio parente, quindi possiamo dire che il sistema del Dna ci ha davvero aiutati”. Attualmente mancano all’appello ancora circa mille persone e la speranza è che lo sviluppo di nuove tecnologie possa dare un nuovo impulso al lavoro di localizzazione dei dispersi, che diventa sempre più complicata. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/07/11/genocidio-srebrenica-identificazione-vittime-oggi/8055647/
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    Srebrenica, 30 anni dal massacro: il difficile lavoro di chi prova a dare un nome alle vittime
    L'antropologa forense Dragana Vučetić racconta come si identificano i resti di chi è stato ucciso dalle forze serbo-bosniache. Ancora 1000 dispersi
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  • LA FINE PROGRAMMATA DELL'ESPERIMENTO GLOBALISTA DENOMINATO U.E.

    L''unione Europea" è una SCIAGURA per i popoli: e' la classica istituzione globalista che prende gli ordini dall'alto e stringe sempre di più il cappio al collo dei cittadini i quali, per la sindrome della cosiddetta "rana bollita" non se è accorgono(ricordiamo che la rana scappa subito se l'acqua della pentola è già calda, ma se parte fredda e si riscalda...vi rimane!!!!).
    Ebbene, questa UNIONE EUROPEA della guerra, del riarmo, della censura attraverso il Digital Service Act, del caro bollette, del carovita, dell'euro, dei sieri magici della Von Der Leyen (e chi più ne ha più ne metta) continua a suicidarsi uccidendo pure noi, purtroppo.
    Senza dimenticare che in nome della "dittatura ambientale provocata dal fantomatico riscaldamento globale" che non considera la semplice ciclicità dell'attività solare, la CO2 (il gas della vita respirato dalle piante che lo trasformano in ossigeno) diventa il PRETESTO per qualsiasi legge ammazza-diritti: infatti non sono bastati gli aumenti vertiginosi dei carburanti e l'efficientamento delle case, ora un rapporto europeo dell' "ufficio europeo dell'ambiente" vorrebbe RIDURRE il numero dei metri quadri per ogni persona per "ridurre l'impronta di carbonio". In sostanza, per una persona singola si andrebbe dai 14 ai 20 metri quadri, dai 40 a 80 per una famiglia di 4 persone. Come arrivare a questo? Semplice, tassando chi vuole acquistare più metri quadri!
    È chiaro ormai che la marcia UE vuole estendere a tutti i settori il sistema di compravendita di quote di carbonio, così se hai i soldi "inquini": tutto quanto sopra e' solo FUFFA, lo ripetiamo, l'ambiente diventa un pretesto per una DITTATURA.
    E chi oserebbe contestare vista l'ignoranza delle masse che guardano la LORO informazione mainstream?
    La buona notizia è che tra sanzioni e crisi energetica ad est con la Russia e dazi ad ovest con gli USA la U.E. non può che crollare.
    THE END
    by Sannino

    LIBERI TRA I VIVI
    😡👹☠️🪙🏳️‍🌈🇪🇺🖤🔙 LA FINE PROGRAMMATA DELL'ESPERIMENTO GLOBALISTA DENOMINATO U.E. L''unione Europea" è una SCIAGURA per i popoli: e' la classica istituzione globalista che prende gli ordini dall'alto e stringe sempre di più il cappio al collo dei cittadini i quali, per la sindrome della cosiddetta "rana bollita" non se è accorgono(ricordiamo che la rana scappa subito se l'acqua della pentola è già calda, ma se parte fredda e si riscalda...vi rimane!!!!). Ebbene, questa UNIONE EUROPEA della guerra, del riarmo, della censura attraverso il Digital Service Act, del caro bollette, del carovita, dell'euro, dei sieri magici della Von Der Leyen (e chi più ne ha più ne metta) continua a suicidarsi uccidendo pure noi, purtroppo. Senza dimenticare che in nome della "dittatura ambientale provocata dal fantomatico riscaldamento globale" che non considera la semplice ciclicità dell'attività solare, la CO2 (il gas della vita respirato dalle piante che lo trasformano in ossigeno) diventa il PRETESTO per qualsiasi legge ammazza-diritti: infatti non sono bastati gli aumenti vertiginosi dei carburanti e l'efficientamento delle case, ora un rapporto europeo dell' "ufficio europeo dell'ambiente" vorrebbe RIDURRE il numero dei metri quadri per ogni persona per "ridurre l'impronta di carbonio". In sostanza, per una persona singola si andrebbe dai 14 ai 20 metri quadri, dai 40 a 80 per una famiglia di 4 persone. Come arrivare a questo? Semplice, tassando chi vuole acquistare più metri quadri! È chiaro ormai che la marcia UE vuole estendere a tutti i settori il sistema di compravendita di quote di carbonio, così se hai i soldi "inquini": tutto quanto sopra e' solo FUFFA, lo ripetiamo, l'ambiente diventa un pretesto per una DITTATURA. E chi oserebbe contestare vista l'ignoranza delle masse che guardano la LORO informazione mainstream? La buona notizia è che tra sanzioni e crisi energetica ad est con la Russia e dazi ad ovest con gli USA la U.E. non può che crollare. THE END by Sannino 🌾❤️🙏🌞🇮🇹 LIBERI TRA I VIVI
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  • NATO e Paura: disinformazione programmata o sudditanza consapevole?

    Prima di cedere a semplificazioni o giudizi affrettati sui conflitti in corso, è utile confrontarsi con i Coordinamenti per la Pace e contro il Riarmo, che da tre anni, in parallelo alle crisi internazionali, mantengono viva una lettura alternativa e critica dei fatti.

    Non si tratta solo di principio o buon senso, ma di lucidità politica. Determinate voci — come quella del giudice Domenico Gallo, ascoltata durante le nostre sedute di coordinamento — aiutano a fare chiarezza sul ruolo effettivo delle istituzioni sovranazionali.

    La NATO non è un governo mondiale. Le decisioni del Consiglio Atlantico non sono vincolanti, non impongono obblighi legali agli Stati membri e devono essere adottate all’unanimità. Una condizione già di per sé irrealistica in un'alleanza composta da decine di Paesi con interessi divergenti.
    Ma allora, perché tanto allarmismo? Perché questa paura della NATO?
    Per una narrazione distorta, alimentata da chi, nei governi, usa l’ombrello NATO come alibi per decisioni che in realtà sono sovrane. L’obiettivo? Mantenere una posizione subalterna, spesso psicologicamente colonizzata dal paradigma atlantista , in nome di una "deterrenza" verso un nemico sovietico che non esiste più — o non nei termini in cui viene rappresentato.

    In questo contesto, è fondamentale recuperare l’analisi dell’ex Generale Fabio Mini, dal titolo eloquente: Le beffe della NATO e la scusa russa. Un articolo tanto illuminante quanto destinato a “sparire” dai radar della rete. Ecco alcuni estratti centrali:

    Il 5% alla difesa? Non è un obbligo

    Dal recente vertice NATO all’Aja si è estrapolato un solo dato: l’aumento della spesa militare al 5% del PIL. Ma, come chiarisce Mini, la parte più rivoluzionaria della dichiarazione finale è proprio quella non scritta.

    “Le dichiarazioni dei summit non sono trattati. Non obbligano legalmente nessuno. Sono linee guida politiche.”

    In pratica, ogni Stato è libero di recepire o meno queste indicazioni. Non ci sono sanzioni per chi non le applica, se non quelle informali: ricatti politici e “gangsterismo” diplomatico.

    Nel 2014 la NATO fissò come obiettivo il 2% del PIL. A dieci anni di distanza, molti Stati membri — nonostante l'aggravarsi del quadro di sicurezza — non hanno ancora raggiunto quella soglia. Oggi, il nuovo “traguardo” del 5% è presentato come necessario per:

    - resistere a un eventuale primo attacco russo,

    - riprendere territori persi,

    - sostenere un conflitto di lunga durata.

    Tutto entro il 2035. Una previsione che, nella sua ambiguità, lascia intravedere il peggiore degli scenari: un conflitto di logoramento, in cui — parole di Mini — "saremmo comunque soccombenti, se non intervenisse il nucleare."
    Per l’Italia significa un incremento graduale ma pesantissimo:

    +0,9% in armamenti e +0,7% in spese “correlate” entro il 2029.

    Spese “correlate” che includono infrastrutture, logistica, persino decoro urbano.

    Persino le spese per armare l’Ucraina — o investimenti industriali su quel fronte — potranno essere “conteggiate” come parte del 5%. Un escamotage per “adempiere” agli impegni senza rafforzare realmente le nostre forze armate.

    La verità è chiara: non è la NATO a imporci questi sacrifici, ma il nostro stesso governo, che sceglie di allinearsi a una strategia militare che porterà nel tempo a svuotare le casse pubbliche senza garantire vera sicurezza.

    Dieci anni in cui non si costruirà una reale deterrenza, ma un sistema instabile e insostenibile, che servirà solo ad alimentare l’industria bellica e a spostare risorse dalla società civile alle spese militari.

    È per questo che invitiamo alla partecipazione attiva nei Coordinamenti, nei gruppi locali, nei momenti di confronto pubblico.

    La mobilitazione richiede una convergenza di idee, ma parte da un requisito fondamentale: un'informazione corretta, libera da panico indotto e retorica militarista.

    #NATO #VerticeAja #NoRiarmo #DifesaComune #PoliticaEstera #PaceNonGuerra #SovranitàNazionale #StopDisinformazione #SpeseMilitari #MobilitazionePopolare #FabioMini #CoordinamentoPace #informazionecritica
    🌍 NATO e Paura: disinformazione programmata o sudditanza consapevole? Prima di cedere a semplificazioni o giudizi affrettati sui conflitti in corso, è utile confrontarsi con i Coordinamenti per la Pace e contro il Riarmo, che da tre anni, in parallelo alle crisi internazionali, mantengono viva una lettura alternativa e critica dei fatti. Non si tratta solo di principio o buon senso, ma di lucidità politica. Determinate voci — come quella del giudice Domenico Gallo, ascoltata durante le nostre sedute di coordinamento — aiutano a fare chiarezza sul ruolo effettivo delle istituzioni sovranazionali. 🛑 La NATO non è un governo mondiale. Le decisioni del Consiglio Atlantico non sono vincolanti, non impongono obblighi legali agli Stati membri e devono essere adottate all’unanimità. Una condizione già di per sé irrealistica in un'alleanza composta da decine di Paesi con interessi divergenti. Ma allora, perché tanto allarmismo? Perché questa paura della NATO? Per una narrazione distorta, alimentata da chi, nei governi, usa l’ombrello NATO come alibi per decisioni che in realtà sono sovrane. L’obiettivo? Mantenere una posizione subalterna, spesso psicologicamente colonizzata dal paradigma atlantista 🇺🇸, in nome di una "deterrenza" verso un nemico sovietico che non esiste più — o non nei termini in cui viene rappresentato. 📌 In questo contesto, è fondamentale recuperare l’analisi dell’ex Generale Fabio Mini, dal titolo eloquente: Le beffe della NATO e la scusa russa. Un articolo tanto illuminante quanto destinato a “sparire” dai radar della rete. Ecco alcuni estratti centrali: 💣 Il 5% alla difesa? Non è un obbligo Dal recente vertice NATO all’Aja si è estrapolato un solo dato: l’aumento della spesa militare al 5% del PIL. Ma, come chiarisce Mini, la parte più rivoluzionaria della dichiarazione finale è proprio quella non scritta. “Le dichiarazioni dei summit non sono trattati. Non obbligano legalmente nessuno. Sono linee guida politiche.” In pratica, ogni Stato è libero di recepire o meno queste indicazioni. Non ci sono sanzioni per chi non le applica, se non quelle informali: ricatti politici e “gangsterismo” diplomatico. 🔍 Nel 2014 la NATO fissò come obiettivo il 2% del PIL. A dieci anni di distanza, molti Stati membri — nonostante l'aggravarsi del quadro di sicurezza — non hanno ancora raggiunto quella soglia. Oggi, il nuovo “traguardo” del 5% è presentato come necessario per: - resistere a un eventuale primo attacco russo, - riprendere territori persi, - sostenere un conflitto di lunga durata. Tutto entro il 2035. Una previsione che, nella sua ambiguità, lascia intravedere il peggiore degli scenari: un conflitto di logoramento, in cui — parole di Mini — "saremmo comunque soccombenti, se non intervenisse il nucleare." 📊 Per l’Italia significa un incremento graduale ma pesantissimo: +0,9% in armamenti e +0,7% in spese “correlate” entro il 2029. Spese “correlate” che includono infrastrutture, logistica, persino decoro urbano. ❗Persino le spese per armare l’Ucraina — o investimenti industriali su quel fronte — potranno essere “conteggiate” come parte del 5%. Un escamotage per “adempiere” agli impegni senza rafforzare realmente le nostre forze armate. La verità è chiara: non è la NATO a imporci questi sacrifici, ma il nostro stesso governo, che sceglie di allinearsi a una strategia militare che porterà nel tempo a svuotare le casse pubbliche senza garantire vera sicurezza. ⚠️ Dieci anni in cui non si costruirà una reale deterrenza, ma un sistema instabile e insostenibile, che servirà solo ad alimentare l’industria bellica e a spostare risorse dalla società civile alle spese militari. 📢 È per questo che invitiamo alla partecipazione attiva nei Coordinamenti, nei gruppi locali, nei momenti di confronto pubblico. La mobilitazione richiede una convergenza di idee, ma parte da un requisito fondamentale: un'informazione corretta, libera da panico indotto e retorica militarista. #NATO #VerticeAja #NoRiarmo #DifesaComune #PoliticaEstera #PaceNonGuerra #SovranitàNazionale #StopDisinformazione #SpeseMilitari #MobilitazionePopolare #FabioMini #CoordinamentoPace #informazionecritica
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  • Il sistema laser che individua e abbatte le zanzare
    Photon Matrix è un dispositivo portatile per eliminare con efficacia i fastidiosi insetti...
    https://www.wired.it/article/sistema-laser-anti-zanzare-photon-matrix/
    Il sistema laser che individua e abbatte le zanzare Photon Matrix è un dispositivo portatile per eliminare con efficacia i fastidiosi insetti... https://www.wired.it/article/sistema-laser-anti-zanzare-photon-matrix/
    WWW.WIRED.IT
    Il sistema laser che individua e abbatte le zanzare
    Photon Matrix è un dispositivo portatile per eliminare con efficacia i fastidiosi insetti
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  • Non toccare chi ha più di cinquant’anni. Sul serio.
    Non sono solo un’altra generazione: sono veri sopravvissuti.
    Duri come pane raffermo, rapidi come la ciabatta di una nonna arrabbiata, quella che volava con precisione chirurgica.

    A cinque anni capivano l’umore della madre dal rumore del coperchio sulla pentola.
    A sette, avevano già le chiavi di casa e le istruzioni:
    «C’è da mangiare in frigo. Scaldalo, ma non rovesciare niente.»

    A nove preparavano la pastina per i fratelli.
    A dieci sapevano chiudere il rubinetto dell’acqua e scappare dal cane del vicino con un secchio in testa.
    Stavano fuori tutto il giorno, senza cellulare,
    con un programma preciso: sbarra, campo, bicicletta, rientro a casa quando faceva buio.
    Le ginocchia, coperte di croste e cicatrici, erano una mappa vivente delle loro avventure.

    E sono sopravvissuti.
    Le sbucciature si curavano con la saliva o con una foglia di piantaggine.
    E quando si lamentavano, la risposta era:
    «Se non c’è sangue, non è niente.»

    Mangiavano pane e zucchero, oppure pane e olio.
    Bevevano dal tubo dell’acqua del giardino,
    un sistema immunitario che oggi farebbe scuola.
    e se avevano allergie, nessuno ci badava.

    Sanno come togliere le macchie di erba, di sugo, di biro o di ruggine,
    perché “non si usciva di casa vestiti male”, neanche per andare a giocare.

    E poi… hanno visto e vissuto cose che oggi sembrano preistoria:
    – la radio col manopolone,
    – la TV in bianco e nero,
    – il giradischi con i vinili,
    – il mangianastri, le cassette,
    – il walkman e i CD…
    e oggi ascoltano migliaia di canzoni dallo smartphone,
    ma rimpiangono il suono della cassetta che frusciava e si riavvolgeva con una penna.

    Con la patente appena presa attraversavano l’Italia con la 127,
    senza aria condizionata, senza hotel, senza navigatore.
    Solo una cartina stradale dell’ACI e un panino avvolto nella stagnola.
    Eppure arrivavano sempre a destinazione.
    Senza Google Translate. Con un sorriso e due parole in dialetto.

    Sono l’ultima generazione cresciuta senza internet,
    senza powerbank,
    senza ansia da “batteria al 2%”.
    Si ricordano il telefono a disco nel corridoio,
    i quaderni di ricette scritte a mano,
    e i compleanni segnati sul calendario della cucina.

    Loro:
    – aggiustano tutto con lo scotch, una graffetta o una molletta,
    – avevano un solo canale TV (poi due), e non si annoiavano,
    – “sfogliavano” l’elenco telefonico, non le notifiche,
    – e una chiamata persa voleva dire solo: “Ti ho pensato.”

    Sono diversi.
    Hanno una specie di “amianto emotivo”,
    un sistema immunitario forgiato tra freddo, strada e poco zucchero,
    e riflessi da ninja metropolitano.

    Non stuzzicare un cinquantenne o un sessantenne.
    Ha visto più cose di te, ha vissuto più in profondità.
    E in tasca ha ancora una caramella alla menta
    rimasta lì “per ogni evenienza”.

    È sopravvissuto a un’infanzia senza seggiolino, senza casco, senza crema solare.
    Alla scuola senza LIM, senza computer, con il sussidiario in cartella.
    Alla giovinezza senza social, senza filtri, senza selfie.

    Non cerca risposte su Google: si fida del suo istinto.
    E ha più ricordi di quante foto tu abbia nel tuo cloud.

    - Dal web
    Non toccare chi ha più di cinquant’anni. Sul serio. Non sono solo un’altra generazione: sono veri sopravvissuti. Duri come pane raffermo, rapidi come la ciabatta di una nonna arrabbiata, quella che volava con precisione chirurgica. A cinque anni capivano l’umore della madre dal rumore del coperchio sulla pentola. A sette, avevano già le chiavi di casa e le istruzioni: «C’è da mangiare in frigo. Scaldalo, ma non rovesciare niente.» A nove preparavano la pastina per i fratelli. A dieci sapevano chiudere il rubinetto dell’acqua e scappare dal cane del vicino con un secchio in testa. Stavano fuori tutto il giorno, senza cellulare, con un programma preciso: sbarra, campo, bicicletta, rientro a casa quando faceva buio. Le ginocchia, coperte di croste e cicatrici, erano una mappa vivente delle loro avventure. E sono sopravvissuti. Le sbucciature si curavano con la saliva o con una foglia di piantaggine. E quando si lamentavano, la risposta era: «Se non c’è sangue, non è niente.» Mangiavano pane e zucchero, oppure pane e olio. Bevevano dal tubo dell’acqua del giardino, un sistema immunitario che oggi farebbe scuola. e se avevano allergie, nessuno ci badava. Sanno come togliere le macchie di erba, di sugo, di biro o di ruggine, perché “non si usciva di casa vestiti male”, neanche per andare a giocare. E poi… hanno visto e vissuto cose che oggi sembrano preistoria: – la radio col manopolone, – la TV in bianco e nero, – il giradischi con i vinili, – il mangianastri, le cassette, – il walkman e i CD… e oggi ascoltano migliaia di canzoni dallo smartphone, ma rimpiangono il suono della cassetta che frusciava e si riavvolgeva con una penna. Con la patente appena presa attraversavano l’Italia con la 127, senza aria condizionata, senza hotel, senza navigatore. Solo una cartina stradale dell’ACI e un panino avvolto nella stagnola. Eppure arrivavano sempre a destinazione. Senza Google Translate. Con un sorriso e due parole in dialetto. Sono l’ultima generazione cresciuta senza internet, senza powerbank, senza ansia da “batteria al 2%”. Si ricordano il telefono a disco nel corridoio, i quaderni di ricette scritte a mano, e i compleanni segnati sul calendario della cucina. Loro: – aggiustano tutto con lo scotch, una graffetta o una molletta, – avevano un solo canale TV (poi due), e non si annoiavano, – “sfogliavano” l’elenco telefonico, non le notifiche, – e una chiamata persa voleva dire solo: “Ti ho pensato.” Sono diversi. Hanno una specie di “amianto emotivo”, un sistema immunitario forgiato tra freddo, strada e poco zucchero, e riflessi da ninja metropolitano. Non stuzzicare un cinquantenne o un sessantenne. Ha visto più cose di te, ha vissuto più in profondità. E in tasca ha ancora una caramella alla menta rimasta lì “per ogni evenienza”. È sopravvissuto a un’infanzia senza seggiolino, senza casco, senza crema solare. Alla scuola senza LIM, senza computer, con il sussidiario in cartella. Alla giovinezza senza social, senza filtri, senza selfie. Non cerca risposte su Google: si fida del suo istinto. E ha più ricordi di quante foto tu abbia nel tuo cloud. - Dal web
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