• Russia-Ue, la nuova guerra (finanziaria): i conti bloccati delle imprese occidentali, le mani di Putin su 150 miliardi di dollari, cosa rischiano le italiane
    Il Cremlino risponderà all’idea del cancelliere tedesco Merz di utilizzare le riserve congelate russe per finanziare l’Ucraina: ecco che cosa ha in mente lo Zar (e cosa rischia l’Italia...

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    Russia-Ue, la nuova guerra (finanziaria): i conti bloccati delle imprese occidentali, le mani di Putin su 150 miliardi di dollari, cosa rischiano le italiane
    di Federico Fubini

    Russia-Ue, la nuova guerra (finanziaria): i conti bloccati delle imprese occidentali, così Putin mette le mani su 150 miliardi di dollari
    Vladimir Putin (a destra) con Sergei Lavrov

    (Questo articolo è tratto dalla newsletter Whatever it takes ad opera di Federico Fubini, se vuoi iscriverti clicca qui)

    Si è udito un silenzio irreale da Mosca dopo che il cancelliere tedesco Friedrich Merz, per la prima volta, ha messo la sua firma su una decisione che sta prendendo forma: usare le riserve congelate della Russia per finanziare l’Ucraina, dapprima mobilitando 170 miliardi di euro e alla lunga ben oltre duecento. La vicenda dei fondi di Mosca risale ai primi giorni della guerra totale all’Ucraina, quando i leader del G7 bloccarono quei conti in dollari, euro, sterline e yen e li sottrassero alla disponibilità di Vladimir Putin (foto sotto). Ho scritto sul “Corriere” (qui, qui e qui, con Mara Gergolet) dei modi in cui questo può accadere, a partire dal G7 dei ministri delle Finanze già previsto mercoledì. Si può ipotizzare che la decisione diventi esecutiva fra marzo e aprile prossimi.

    La risposta del Cremlino
    Ora però mi interessano altri aspetti, perché quel silenzio di Mosca è ingannevole. Il Cremlino risponderà. Prenderà di mira e confischerà i conti e probabilmente anche i beni fisici delle aziende attive in Russia dei Paesi che dovessero partecipare all’intervento sulle riserve – incluse almeno una sessantina di imprese italiane – se questa decisione sarà confermata. La tensione tra Mosca e i governi europei, già altissima, non farà che crescere ancora.

    Le ritorsioni
    Dirò più sotto perché temo che tutto ciò sia inevitabile e perché gli averi delle aziende europee in Russia già oggi sono probabilmente irrecuperabili; quindi, non è il momento per italiani, francesi, tedeschi o britannici di farsi intimidire dalle minacce di ritorsioni. Il senso di ciò che sta accadendo è sempre più chiaro. La ritirata degli Stati Uniti dal conflitto per scelta di Donald Trump, così come la determinazione di Putin (sostenuto dalla Cina) di perseguire comunque i suoi obiettivi massimi di guerra, stanno spingendo una parte d’Europa verso ciò che per ottant’anni non aveva mai fatto: esporsi sempre di più – con denaro, armi, industria e tecnologie – perché l’Ucraina non ceda; perché Putin non divenga una minaccia sempre maggiore anche per noi stessi.


    Le riserve russe
    Usare le riserve russe è un modo di continuare questo sforzo cercando di prevenire una rivolta dei contribuenti europei, che verrebbe molto presto cavalcata dai populisti di ogni segno. Ma nei fatti la scomparsa dell’America da questo scacchiere accelera un degrado ulteriore nei rapporti tra l’Europa e la Russia, con ricadute anche finanziarie e industriali finora poco comprese. Vediamo.

    Il decreto presidenziale
    Esiste a Mosca, almeno dall’inizio dell’anno, la bozza di un decreto presidenziale che prevede la nazionalizzazione delle attività di aziende di Paesi considerati «non amichevoli». La novità sarebbe solo nella scala – vastissima, macroeconomica – sulla quale tutto ciò potrebbe avvenire. Perché il resto si è già visto tutto. In questi tre anni e mezzo Putin, il suo governo o i giudici da esso controllati hanno già requisito per motivi politici, messo sotto il controllo dello Stato o trasferito a oligarchi amici 103 aziende o proprietà; fra queste le attività russe della francese Danone (trasferite al leader ceceno e signore della guerra Ramzan Kadyrov), quella della danese Carlsberg, della belga InBev, della tedesca Bosch, dell’americana Exxon Mobil e dell’italiana Ariston. Queste ultime erano state addossate a Gazprom, la quale le ha restituite ad Ariston stessa dopo appena sette mesi (succedeva a marzo scorso).

    Il valore dei beni fisici
    Tutto questo molto probabilmente è solo il prologo di ciò che sta per accadere ora, se e quando l’uso per l’Ucraina delle riserve congelate russe diventerà operativo in primavera. Una stima approssimativa che circola negli ambienti di affari legati a Mosca indica che il valore dei beni fisici d’investimento delle società occidentali in Russia sia oggi attorno ai 150 miliardi di dollari; a questi si aggiungono conti bancari di imprese di Paesi “non amichevoli” per altri 150 miliardi di dollari circa.
    Per quanto riguarda le imprese italiane, i conti bancari esposti al sequestro in Russia molto probabilmente custodiscono almeno l’equivalente in rubli di almeno mezzo miliardo di euro; ma si tratta con ogni verosimiglianza di una stima cauta.

    La spinta dell’inflazione
    Spiegherò meglio tra poco, prima però va chiarito perché il valore complessivo dei conti e degli averi delle imprese dei Paesi occidentali in Russia (Giappone politicamente incluso) è così alto. Solo i primi otto gruppi di Paesi “non amichevoli” hanno fatturato in Russia l’equivalente di circa venti miliardi di euro all’ultimo anno dichiarato, spesso il 2023 o il 2024. Il colosso giapponese del tabacco JTI dal 2023 è in testa con vendite per l’equivalente di 4,9 miliardi nel 2023, grazie a un aumento nominale dei fatturati del 40% registrato solo dall’inizio della guerra.

    La spinta dell’inflazione
    JTI ha superato l’americana Philip Morris, diretta concorrente, la quale ha invece fatturato in Russia 4,5 miliardi di euro nel 2023 con un aumento nominale del 12% dall’inizio dell’invasione totale dell’Ucraina. Si tratta di una crescita sospinta in parte da un’inflazione di circa il 20% nei primi due anni del conflitto e dall’accelerazione dei consumi dei russi, perché la spesa militare in quella fase ha creato occupazione e aumentato il potere d’acquisto di milioni di persone.

    I dati
    I dati provengono dalle dichiarazioni fiscali delle imprese stesse all’agenzia delle tasse e all’agenzia statistica russe, raccolti e resi disponibili dalla banca dati Interfax Spark. In questo paradossalmente il governo di Mosca è più trasparente di quelli europei, perché pubblica i dati delle singole aziende (con eccezioni ed esenzioni di natura molto politica).

    Le aziende che hanno lasciato la Russia
    Naturalmente circa 17 mila aziende di Europa, Stati Uniti, Giappone, Australia hanno lasciato la Russia. Anche a costo di essere costrette a vendere a vecchi e nuovi oligarchi locali. Lo hanno fatto ad esempio l'americana McDonald, le tedesche Volkswagen, Mercedes-Benz e Henkel o le italiane Eni ed Enel. Fra i grandi gruppi globali colpiscono, in particolare, due traiettorie.

    Il caso Pepsi
    L’americana Pepsi vede salire i suoi fatturati russi del 58% nei primi tre anni di guerra fino all’equivalente di 2,5 miliardi di euro, proprio mentre da Washington arrivava un pacchetto dopo l’altro di sanzioni (ma non nei beni di consumo come cibi e bevande). E il colosso farmaceutico anglo-svedese Astra-Zeneca, malgrado i rapporti pessimi fra le capitali, dall’inizio del conflitto al 2024 vede quasi triplicare i fatturati fino a un miliardo di euro. Non è chiaro se abbia ricevuto contratti del governo di Mosca nel suo settore, che peraltro è anch’esso del tutto esente dalle sanzioni.

    La curva dei ricavi
    Al confronto le aziende italiane mostrano tendenze simili, ma su una scala molto più modesta. Circa il 70% di quelle che erano presenti prima del 2022 non ha mai lasciato la Russia neanche dopo le sanzioni; e delle 61 imprese di cui è stato possibile reperire le dichiarazioni fiscali su Interfax Spark, 37 avevano fatturati nominali in Russia più alti nel 2024 che prima dell’inizio della guerra. Di una cinquantina di imprese italiane è stato possibile ricostruire l’andamento nel Paese di Vladimir Putin da prima dello scoppio del conflitto totale in Ucraina fino all’anno scorso: il loro fatturato complessivo negli anni di guerra sale del 37%, di una decina di punti in più rispetto all’inflazione locale, fino all’equivalente di 1,7 miliardi di euro nel 2024. L’utile netto aggregato degli anni di guerra è di circa mezzo miliardo di euro, con oltre cento milioni in tasse versate nello stesso periodo al governo di Mosca.

    L’Aperol Spritz
    Quali sono queste imprese? Campari ha una filiale di importazione – non di produzione – che non investe né fa alcuna promozione per crescere, eppure ha visto i fatturati raddoppiare a circa 120 milioni di euro negli anni di guerra per una ragione legata ai paradossi della società russa: mentre i poveri muoiono nel Donbass, nelle élite di Mosca che non possono più viaggiare si è diffusa la moda dell’Aperol Spritz «all'italiana».

    Le italiane, da Chiesi a Barilla e Ferrero
    Crescono molto le farmaceutiche Chiesi e soprattutto Angelini (ma meno di AstraZeneca); decresce in Russia l’impianto di Marcegaglia per acciai di uso civile (700 mila euro di utile in Russia, su un totale di gruppo di quasi duecento milioni nel 2023). Pirelli fattura più di trecento milioni di euro, un risultato che al netto dell’inflazione risulta in frenata dall’inizio della guerra. A queste si aggiungono Cremonini (rifornisce la catena di ex McDonald), Barilla e Ferrero, quest’ultima con un giro d’affari in Russia che resta comunque una frazione dei quasi due miliardi di euro della concorrente americana Mars.

    La presa d'ostaggio
    Nessuna delle imprese che ho citato viola le sanzioni, ma tutte ormai rischiano molto. Spiega The Bell, un quotidiano online molto ben informato sull’economia russa e le dinamiche del potere a Mosca che il governo ha bollato come “agente straniero”: «Gli utili realizzati dalle filiali russe delle aziende (occidentali, ndr.) non possono essere rimpatriati». Dal 2022 devono confluire tutti nei cosiddetti “conti S” fatti istituire dal Cremlino: nella sostanza depositi congelati, così come lo sono le riserve russe in Europa.

    I capitali delle imprese
    Centinaia e centinaia di imprese occidentali non possono disporre dei loro soldi, mentre i profitti e le partecipazioni si accumulano ormai da quasi quattro anni. Di fatto sono stati presi finanziariamente in ostaggio da Putin. Se si aggiunge al conto la quota da circa dieci miliardi di dollari della britannica BP in Rosneft, quella da circa otto miliardi della francese TotalEnergies in Novatek più varie altre e i relativi flussi di dividendi, la stima di conti congelati degli occidentali in Russia per circa 150 miliardi di dollari non suona infondata.

    La fuga inevasa dalla Russia
    Perché tutte queste aziende di tanti Paesi diversi non hanno lasciato la Russia prima? I casi di avidità o opportunismo ci saranno, ma forse non sono molti. Certe imprese sono rimaste perché i loro concorrenti lo facevano (Philip Morris contro JTI). Alcune nel 2022 hanno rinviato l’uscita perché il governo di Mosca imponeva svendite al 50%, per poi scoprire che lo sconto forzoso ora è salito all’80% o al 90%. Altre ancora pensavano che il ritorno di Trump avrebbe portato la pace e il ritiro delle sanzioni. Tutte sono vestigia viventi di un’epoca finita, quella della globalizzazione e del “mondo piatto”, rimaste incagliate in questo tempo di guerra e sanzioni.

    Il ciclo delle ritorsioni
    Putin nel 2022 ha costretto gli europei – che esitavano – a smettere di comprare il gas russo. Oggi è perfettamente capace e deciso a sequestrare gli averi finanziari e materiali delle imprese occidentali, quando l’Europa userà le riserve di Mosca. Per tutte queste imprese ormai non c'è più tempo per tentare di uscire. Per il Cremlino – osserva The Bell – la confisca dell'Occidente sarà una scorciatoia per coprire il crescente deficit di bilancio nel 2026, ma a un prezzo astronomico: con questi espropri la Russia si taglierà fuori dai mercati finanziari internazionali per una generazione a venire, finendo sempre di più nelle mani e alla mercé della Cina.


    I conti S
    Peraltro non potrà estrarre molto denaro dai "conti S", perché la quota liquida è limitata mentre vendere la parte in azioni o obbligazioni può far crollare il mercato di Mosca. Ma Putin accetterà anche questo, pur di servire la sua ossessione di guerra. Per l’Europa cedere al ricatto per salvare i conti russi delle proprie imprese sarebbe comunque un errore. Essi resterebbero comunque congelati per sempre, o almeno fino alla sottomissione dei governi europei agli obiettivi di restaurazione imperiale del Cremlino. Il costo sarebbe ben più alto di qualunque profitto accumulato.


    Source: https://www.corriere.it/economia/finanza/25_settembre_29/russia-ue-nuova-guerra-finanziaria-144a5e5d-82d0-47d6-885e-4646cbfa6xlk_amp.shtml
    Russia-Ue, la nuova guerra (finanziaria): i conti bloccati delle imprese occidentali, le mani di Putin su 150 miliardi di dollari, cosa rischiano le italiane Il Cremlino risponderà all’idea del cancelliere tedesco Merz di utilizzare le riserve congelate russe per finanziare l’Ucraina: ecco che cosa ha in mente lo Zar (e cosa rischia l’Italia... la newsletter Russia-Ue, la nuova guerra (finanziaria): i conti bloccati delle imprese occidentali, le mani di Putin su 150 miliardi di dollari, cosa rischiano le italiane di Federico Fubini Russia-Ue, la nuova guerra (finanziaria): i conti bloccati delle imprese occidentali, così Putin mette le mani su 150 miliardi di dollari Vladimir Putin (a destra) con Sergei Lavrov (Questo articolo è tratto dalla newsletter Whatever it takes ad opera di Federico Fubini, se vuoi iscriverti clicca qui) Si è udito un silenzio irreale da Mosca dopo che il cancelliere tedesco Friedrich Merz, per la prima volta, ha messo la sua firma su una decisione che sta prendendo forma: usare le riserve congelate della Russia per finanziare l’Ucraina, dapprima mobilitando 170 miliardi di euro e alla lunga ben oltre duecento. La vicenda dei fondi di Mosca risale ai primi giorni della guerra totale all’Ucraina, quando i leader del G7 bloccarono quei conti in dollari, euro, sterline e yen e li sottrassero alla disponibilità di Vladimir Putin (foto sotto). Ho scritto sul “Corriere” (qui, qui e qui, con Mara Gergolet) dei modi in cui questo può accadere, a partire dal G7 dei ministri delle Finanze già previsto mercoledì. Si può ipotizzare che la decisione diventi esecutiva fra marzo e aprile prossimi. La risposta del Cremlino Ora però mi interessano altri aspetti, perché quel silenzio di Mosca è ingannevole. Il Cremlino risponderà. Prenderà di mira e confischerà i conti e probabilmente anche i beni fisici delle aziende attive in Russia dei Paesi che dovessero partecipare all’intervento sulle riserve – incluse almeno una sessantina di imprese italiane – se questa decisione sarà confermata. La tensione tra Mosca e i governi europei, già altissima, non farà che crescere ancora. Le ritorsioni Dirò più sotto perché temo che tutto ciò sia inevitabile e perché gli averi delle aziende europee in Russia già oggi sono probabilmente irrecuperabili; quindi, non è il momento per italiani, francesi, tedeschi o britannici di farsi intimidire dalle minacce di ritorsioni. Il senso di ciò che sta accadendo è sempre più chiaro. La ritirata degli Stati Uniti dal conflitto per scelta di Donald Trump, così come la determinazione di Putin (sostenuto dalla Cina) di perseguire comunque i suoi obiettivi massimi di guerra, stanno spingendo una parte d’Europa verso ciò che per ottant’anni non aveva mai fatto: esporsi sempre di più – con denaro, armi, industria e tecnologie – perché l’Ucraina non ceda; perché Putin non divenga una minaccia sempre maggiore anche per noi stessi. Le riserve russe Usare le riserve russe è un modo di continuare questo sforzo cercando di prevenire una rivolta dei contribuenti europei, che verrebbe molto presto cavalcata dai populisti di ogni segno. Ma nei fatti la scomparsa dell’America da questo scacchiere accelera un degrado ulteriore nei rapporti tra l’Europa e la Russia, con ricadute anche finanziarie e industriali finora poco comprese. Vediamo. Il decreto presidenziale Esiste a Mosca, almeno dall’inizio dell’anno, la bozza di un decreto presidenziale che prevede la nazionalizzazione delle attività di aziende di Paesi considerati «non amichevoli». La novità sarebbe solo nella scala – vastissima, macroeconomica – sulla quale tutto ciò potrebbe avvenire. Perché il resto si è già visto tutto. In questi tre anni e mezzo Putin, il suo governo o i giudici da esso controllati hanno già requisito per motivi politici, messo sotto il controllo dello Stato o trasferito a oligarchi amici 103 aziende o proprietà; fra queste le attività russe della francese Danone (trasferite al leader ceceno e signore della guerra Ramzan Kadyrov), quella della danese Carlsberg, della belga InBev, della tedesca Bosch, dell’americana Exxon Mobil e dell’italiana Ariston. Queste ultime erano state addossate a Gazprom, la quale le ha restituite ad Ariston stessa dopo appena sette mesi (succedeva a marzo scorso). Il valore dei beni fisici Tutto questo molto probabilmente è solo il prologo di ciò che sta per accadere ora, se e quando l’uso per l’Ucraina delle riserve congelate russe diventerà operativo in primavera. Una stima approssimativa che circola negli ambienti di affari legati a Mosca indica che il valore dei beni fisici d’investimento delle società occidentali in Russia sia oggi attorno ai 150 miliardi di dollari; a questi si aggiungono conti bancari di imprese di Paesi “non amichevoli” per altri 150 miliardi di dollari circa. Per quanto riguarda le imprese italiane, i conti bancari esposti al sequestro in Russia molto probabilmente custodiscono almeno l’equivalente in rubli di almeno mezzo miliardo di euro; ma si tratta con ogni verosimiglianza di una stima cauta. La spinta dell’inflazione Spiegherò meglio tra poco, prima però va chiarito perché il valore complessivo dei conti e degli averi delle imprese dei Paesi occidentali in Russia (Giappone politicamente incluso) è così alto. Solo i primi otto gruppi di Paesi “non amichevoli” hanno fatturato in Russia l’equivalente di circa venti miliardi di euro all’ultimo anno dichiarato, spesso il 2023 o il 2024. Il colosso giapponese del tabacco JTI dal 2023 è in testa con vendite per l’equivalente di 4,9 miliardi nel 2023, grazie a un aumento nominale dei fatturati del 40% registrato solo dall’inizio della guerra. La spinta dell’inflazione JTI ha superato l’americana Philip Morris, diretta concorrente, la quale ha invece fatturato in Russia 4,5 miliardi di euro nel 2023 con un aumento nominale del 12% dall’inizio dell’invasione totale dell’Ucraina. Si tratta di una crescita sospinta in parte da un’inflazione di circa il 20% nei primi due anni del conflitto e dall’accelerazione dei consumi dei russi, perché la spesa militare in quella fase ha creato occupazione e aumentato il potere d’acquisto di milioni di persone. I dati I dati provengono dalle dichiarazioni fiscali delle imprese stesse all’agenzia delle tasse e all’agenzia statistica russe, raccolti e resi disponibili dalla banca dati Interfax Spark. In questo paradossalmente il governo di Mosca è più trasparente di quelli europei, perché pubblica i dati delle singole aziende (con eccezioni ed esenzioni di natura molto politica). Le aziende che hanno lasciato la Russia Naturalmente circa 17 mila aziende di Europa, Stati Uniti, Giappone, Australia hanno lasciato la Russia. Anche a costo di essere costrette a vendere a vecchi e nuovi oligarchi locali. Lo hanno fatto ad esempio l'americana McDonald, le tedesche Volkswagen, Mercedes-Benz e Henkel o le italiane Eni ed Enel. Fra i grandi gruppi globali colpiscono, in particolare, due traiettorie. Il caso Pepsi L’americana Pepsi vede salire i suoi fatturati russi del 58% nei primi tre anni di guerra fino all’equivalente di 2,5 miliardi di euro, proprio mentre da Washington arrivava un pacchetto dopo l’altro di sanzioni (ma non nei beni di consumo come cibi e bevande). E il colosso farmaceutico anglo-svedese Astra-Zeneca, malgrado i rapporti pessimi fra le capitali, dall’inizio del conflitto al 2024 vede quasi triplicare i fatturati fino a un miliardo di euro. Non è chiaro se abbia ricevuto contratti del governo di Mosca nel suo settore, che peraltro è anch’esso del tutto esente dalle sanzioni. La curva dei ricavi Al confronto le aziende italiane mostrano tendenze simili, ma su una scala molto più modesta. Circa il 70% di quelle che erano presenti prima del 2022 non ha mai lasciato la Russia neanche dopo le sanzioni; e delle 61 imprese di cui è stato possibile reperire le dichiarazioni fiscali su Interfax Spark, 37 avevano fatturati nominali in Russia più alti nel 2024 che prima dell’inizio della guerra. Di una cinquantina di imprese italiane è stato possibile ricostruire l’andamento nel Paese di Vladimir Putin da prima dello scoppio del conflitto totale in Ucraina fino all’anno scorso: il loro fatturato complessivo negli anni di guerra sale del 37%, di una decina di punti in più rispetto all’inflazione locale, fino all’equivalente di 1,7 miliardi di euro nel 2024. L’utile netto aggregato degli anni di guerra è di circa mezzo miliardo di euro, con oltre cento milioni in tasse versate nello stesso periodo al governo di Mosca. L’Aperol Spritz Quali sono queste imprese? Campari ha una filiale di importazione – non di produzione – che non investe né fa alcuna promozione per crescere, eppure ha visto i fatturati raddoppiare a circa 120 milioni di euro negli anni di guerra per una ragione legata ai paradossi della società russa: mentre i poveri muoiono nel Donbass, nelle élite di Mosca che non possono più viaggiare si è diffusa la moda dell’Aperol Spritz «all'italiana». Le italiane, da Chiesi a Barilla e Ferrero Crescono molto le farmaceutiche Chiesi e soprattutto Angelini (ma meno di AstraZeneca); decresce in Russia l’impianto di Marcegaglia per acciai di uso civile (700 mila euro di utile in Russia, su un totale di gruppo di quasi duecento milioni nel 2023). Pirelli fattura più di trecento milioni di euro, un risultato che al netto dell’inflazione risulta in frenata dall’inizio della guerra. A queste si aggiungono Cremonini (rifornisce la catena di ex McDonald), Barilla e Ferrero, quest’ultima con un giro d’affari in Russia che resta comunque una frazione dei quasi due miliardi di euro della concorrente americana Mars. La presa d'ostaggio Nessuna delle imprese che ho citato viola le sanzioni, ma tutte ormai rischiano molto. Spiega The Bell, un quotidiano online molto ben informato sull’economia russa e le dinamiche del potere a Mosca che il governo ha bollato come “agente straniero”: «Gli utili realizzati dalle filiali russe delle aziende (occidentali, ndr.) non possono essere rimpatriati». Dal 2022 devono confluire tutti nei cosiddetti “conti S” fatti istituire dal Cremlino: nella sostanza depositi congelati, così come lo sono le riserve russe in Europa. I capitali delle imprese Centinaia e centinaia di imprese occidentali non possono disporre dei loro soldi, mentre i profitti e le partecipazioni si accumulano ormai da quasi quattro anni. Di fatto sono stati presi finanziariamente in ostaggio da Putin. Se si aggiunge al conto la quota da circa dieci miliardi di dollari della britannica BP in Rosneft, quella da circa otto miliardi della francese TotalEnergies in Novatek più varie altre e i relativi flussi di dividendi, la stima di conti congelati degli occidentali in Russia per circa 150 miliardi di dollari non suona infondata. La fuga inevasa dalla Russia Perché tutte queste aziende di tanti Paesi diversi non hanno lasciato la Russia prima? I casi di avidità o opportunismo ci saranno, ma forse non sono molti. Certe imprese sono rimaste perché i loro concorrenti lo facevano (Philip Morris contro JTI). Alcune nel 2022 hanno rinviato l’uscita perché il governo di Mosca imponeva svendite al 50%, per poi scoprire che lo sconto forzoso ora è salito all’80% o al 90%. Altre ancora pensavano che il ritorno di Trump avrebbe portato la pace e il ritiro delle sanzioni. Tutte sono vestigia viventi di un’epoca finita, quella della globalizzazione e del “mondo piatto”, rimaste incagliate in questo tempo di guerra e sanzioni. Il ciclo delle ritorsioni Putin nel 2022 ha costretto gli europei – che esitavano – a smettere di comprare il gas russo. Oggi è perfettamente capace e deciso a sequestrare gli averi finanziari e materiali delle imprese occidentali, quando l’Europa userà le riserve di Mosca. Per tutte queste imprese ormai non c'è più tempo per tentare di uscire. Per il Cremlino – osserva The Bell – la confisca dell'Occidente sarà una scorciatoia per coprire il crescente deficit di bilancio nel 2026, ma a un prezzo astronomico: con questi espropri la Russia si taglierà fuori dai mercati finanziari internazionali per una generazione a venire, finendo sempre di più nelle mani e alla mercé della Cina. I conti S Peraltro non potrà estrarre molto denaro dai "conti S", perché la quota liquida è limitata mentre vendere la parte in azioni o obbligazioni può far crollare il mercato di Mosca. Ma Putin accetterà anche questo, pur di servire la sua ossessione di guerra. Per l’Europa cedere al ricatto per salvare i conti russi delle proprie imprese sarebbe comunque un errore. Essi resterebbero comunque congelati per sempre, o almeno fino alla sottomissione dei governi europei agli obiettivi di restaurazione imperiale del Cremlino. Il costo sarebbe ben più alto di qualunque profitto accumulato. Source: https://www.corriere.it/economia/finanza/25_settembre_29/russia-ue-nuova-guerra-finanziaria-144a5e5d-82d0-47d6-885e-4646cbfa6xlk_amp.shtml
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  • PER NON DIMENTICARE E PER PREVENIRE UN ALTRO DISASTRO NUCLEARE!

    Nel 1945, dopo che la bomba atomica aveva ridotto Nagasaki in macerie, un bambino giapponese di dieci anni stava immobile, con lo sguardo fisso davanti a sé. Sulle spalle portava il corpo del fratellino minore, morto nella catastrofe, per condurlo al luogo della cremazione. Il fotografo americano Joe O’Donnell, che documentò gli effetti delle esplosioni atomiche a Hiroshima e Nagasaki, immortalò quell’attimo. Più tardi ricordò di aver capito subito che non si trattava di un gioco infantile, ma di un ultimo cammino, carico di gravità e dolore. Il bambino rimase scalzo, immobile e in silenzio, con il volto duro e privo di lacrime. Attese per circa dieci minuti, finché alcuni uomini con maschere bianche sollevarono il piccolo dalle sue spalle e lo deposero nel fuoco. Quando le fiamme divamparono, il ragazzo non distolse lo sguardo. Solo il labbro inferiore tremava, morso così forte che ne sgorgò il sangue. Continuò a fissare il fuoco finché non si spense, poi si voltò e se ne andò in silenzio.
    PER NON DIMENTICARE E PER PREVENIRE UN ALTRO DISASTRO NUCLEARE! Nel 1945, dopo che la bomba atomica aveva ridotto Nagasaki in macerie, un bambino giapponese di dieci anni stava immobile, con lo sguardo fisso davanti a sé. Sulle spalle portava il corpo del fratellino minore, morto nella catastrofe, per condurlo al luogo della cremazione. Il fotografo americano Joe O’Donnell, che documentò gli effetti delle esplosioni atomiche a Hiroshima e Nagasaki, immortalò quell’attimo. Più tardi ricordò di aver capito subito che non si trattava di un gioco infantile, ma di un ultimo cammino, carico di gravità e dolore. Il bambino rimase scalzo, immobile e in silenzio, con il volto duro e privo di lacrime. Attese per circa dieci minuti, finché alcuni uomini con maschere bianche sollevarono il piccolo dalle sue spalle e lo deposero nel fuoco. Quando le fiamme divamparono, il ragazzo non distolse lo sguardo. Solo il labbro inferiore tremava, morso così forte che ne sgorgò il sangue. Continuò a fissare il fuoco finché non si spense, poi si voltò e se ne andò in silenzio.
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  • Corridoi africani: la nuova spartizione coloniale in salsa green

    In Zambia, nella polverosa Kapiri Mposhi, si decide il futuro dell’energia “verde” globale: non nelle conferenze sul clima né nei salotti europei, ma nei binari arrugginiti di ferrovie costruite mezzo secolo fa dai cinesi. Stati Uniti, Cina, Giappone ed Europa si contendono la città come se fosse una nuova Berlino del 1884, spartendo non territori ma corridoi logistici, camuffati da “sviluppo sostenibile”.

    Da un lato Pechino, che con 1,4 miliardi di dollari rimette a lucido la sua Tazara sotto formula “costruisci, sfrutta e poi magari ti lascio le briciole”. Dall’altro Washington, che attraverso il G7 e il PGII rispolvera la vecchia ferrovia di Lobito, fingendo di regalare “indipendenza” africana mentre sigilla nuove catene di approvvigionamento per cobalto, litio e terre rare. E in mezzo il Giappone, convinto che il Nacala Corridor possa spezzare la dipendenza da Pechino: peccato che, come ricordano perfino i consulenti cinesi, le miniere restano sempre nelle mani del Dragone.

    Il risultato? Una corsa sfrenata a chi mette prima il marchio sul ferroviaio africano, mentre gli africani, ancora una volta, si ritrovano spettatori nel proprio teatro. Certo, avranno qualche infrastruttura in più - porti secchi, rotaie e stazioni - ma il copione è sempre lo stesso: materie prime estratte e spedite all’estero, con la promessa mai mantenuta di una lavorazione locale.

    Gli osservatori più indulgenti parlano di “complementarietà” fra corridoi, come se il saccheggio potesse diventare un’armonia. La verità è che l’illusione dell’auto elettrica ha resuscitato le vecchie ferrovie coloniali: questa volta non per l’avorio o il cotone, ma per alimentare batterie e turbine da vendere in Occidente. L’Africa resta la miniera del mondo, trasformata in pedina nel Risiko della transizione ecologica. Cambiano i discorsi, non le catene.

    Per aggiornamenti senza filtri: https://t.me/carmen_tortora1
    Corridoi africani: la nuova spartizione coloniale in salsa green In Zambia, nella polverosa Kapiri Mposhi, si decide il futuro dell’energia “verde” globale: non nelle conferenze sul clima né nei salotti europei, ma nei binari arrugginiti di ferrovie costruite mezzo secolo fa dai cinesi. Stati Uniti, Cina, Giappone ed Europa si contendono la città come se fosse una nuova Berlino del 1884, spartendo non territori ma corridoi logistici, camuffati da “sviluppo sostenibile”. Da un lato Pechino, che con 1,4 miliardi di dollari rimette a lucido la sua Tazara sotto formula “costruisci, sfrutta e poi magari ti lascio le briciole”. Dall’altro Washington, che attraverso il G7 e il PGII rispolvera la vecchia ferrovia di Lobito, fingendo di regalare “indipendenza” africana mentre sigilla nuove catene di approvvigionamento per cobalto, litio e terre rare. E in mezzo il Giappone, convinto che il Nacala Corridor possa spezzare la dipendenza da Pechino: peccato che, come ricordano perfino i consulenti cinesi, le miniere restano sempre nelle mani del Dragone. Il risultato? Una corsa sfrenata a chi mette prima il marchio sul ferroviaio africano, mentre gli africani, ancora una volta, si ritrovano spettatori nel proprio teatro. Certo, avranno qualche infrastruttura in più - porti secchi, rotaie e stazioni - ma il copione è sempre lo stesso: materie prime estratte e spedite all’estero, con la promessa mai mantenuta di una lavorazione locale. Gli osservatori più indulgenti parlano di “complementarietà” fra corridoi, come se il saccheggio potesse diventare un’armonia. La verità è che l’illusione dell’auto elettrica ha resuscitato le vecchie ferrovie coloniali: questa volta non per l’avorio o il cotone, ma per alimentare batterie e turbine da vendere in Occidente. L’Africa resta la miniera del mondo, trasformata in pedina nel Risiko della transizione ecologica. Cambiano i discorsi, non le catene. Per aggiornamenti senza filtri: https://t.me/carmen_tortora1
    T.ME
    Carmen Tortora
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  • Aumento significativo dei decessi in eccesso dopo la vaccinazione ripetuta contro il COVID-19 in Giappone.
    Nel 2023 vi è stato in aumento di mortalità di 1400 per milione di abitanti. Rapportato all'Italia sarebbero 84mila morti in più.
    Il dato da me calcolato in circa 70mila in base alle statistiche Istat, corrisponde perfettamente come ordine di grandezza.
    https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC12095670/
    Aumento significativo dei decessi in eccesso dopo la vaccinazione ripetuta contro il COVID-19 in Giappone. Nel 2023 vi è stato in aumento di mortalità di 1400 per milione di abitanti. Rapportato all'Italia sarebbero 84mila morti in più. Il dato da me calcolato in circa 70mila in base alle statistiche Istat, corrisponde perfettamente come ordine di grandezza. https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC12095670/
    PMC.NCBI.NLM.NIH.GOV
    Significant Increase in Excess Deaths after Repeated COVID-19 Vaccination in Japan
    Although Japan recorded the world’s highest rate of COVID-19 messenger ribonucleic acid (mRNA) vaccination doses per capita, COVID-19 cases and deaths exploded after the emergence of the Omicron variant, followed by a significant increase in excess ...
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  • RICORDO BENE SE DICO CHE SOLO QUATTRO ANNI FA VENIVO DEFINITO "COMPLOTTISTA" : EPPURE NON ERO UN MEDICO ALLORA COME NON LO SONO OGGI MA UN COMUNE LIBERO PROFESSIONISTA, NE' ERO E SONO TUTTORA UN ECONOMISTA PIUTTOSTO UN BUON PADRE DI FAMIGLIA(cosi dicono).

    "FALSI ED IPOCRITI", cosi gia' li definiva l'evangelista Matteo circa 2000 anni; siete pieni di avidita', non avete ancora imparato nulla tanto che ancora oggi qlcuno di voi osa sostenere la "causa malata" e di questo vi ringraziano dall'aldila' Angelo, Antonio, Laura,Paolo(e potrei continuare con un elenco imbarazzante)tutti amici a me molti cari che non ci sono piu quando avrebbero potuto esserci ancora.
    Dopo questo "sfogo", vi invito SEMPLICEMENTE a leggere alcuni stralci del primo articolo sottoposto a peer-review che definisce il “turbo cancro” indotto dal vaccino COVID-19.

    PREFAZIO:Per la prima volta, i “tumori turbo” passano dalla censura alla letteratura medica sottoposta a revisione paritaria.
    Per anni, il termine "turbocancro" è stato ridicolizzato come una teoria del complotto anti-vaccino: infatti le autorità sanitarie ed i media tradizionali hanno insistito sul fatto che "non ci fossero prove(evidenze scientifiche, si dice cosi!!!) dell'esistenza di un fenomeno del genere.
    Tuttavia, una recentissima revisione della letteratura ha delineato oltre 100 studi(non casi!!!) sottoposti a revisione paritaria che indicano SENZA ALCUN DUBBIO DI SORTA che le iniezioni di mRNA possono causare o accelerare il cancro attraverso 17 distinti meccanismi biologici.
    Ora, per la prima volta in qs giorni è stato pubblicato sul "Journal of Independent Medicine"(non certo un giornale scientifico complottista!!!)un articolo scientifico sottoposto a revisione paritaria intitolato "Turbo Cancers indotti dall'mRNA del COVID-19", che definisce formalmente il "turbo cancer" e raccoglie il crescente numero di casi clinici, segnali epidemiologici e percorsi meccanicistici che spiegano come le iniezioni di mRNA del COVID-19 e la proteina spike possano causare tumori improvvisi, aggressivi e resistenti al trattamento: i "tumori turbo" sono definiti tumori maligni insolitamente aggressivi e in rapida progressione; sono caratterizzati da improvvise ricadute nei pazienti precedentemente in remissione e da una nuova insorgenza nei soggetti più giovani in fase avanzata.
    I dati provenienti da Stati Uniti, Regno Unito e Giappone(l'Italia non e' da meno ma da noi i dati NON VENGONO ANCORA PUBBLICATI E CHISSA' PERCHE'!!!) mostrano un brusco aumento dell'incidenza e della mortalità per cancro a partire dal 2021 ,proprio in linea con le campagne di vaccinazione di massa, guardacaso che stranissima coincidenza!!!!

    -TRADUZIONI UFFICIALE DI ALCUNI PASSAGGI DELL'ARTICOLO-(ad opera di Nicolas Hulscher, MPH)

    "L'analisi VAERS rivela che le segnalazioni più sproporzionate riguardano tumori dell'appendice, del seno, del colon-retto, dell'endometrio, della laringe, del fegato e del cervello.
    La proteina spike del SARS-CoV-2 interrompe i sistemi fondamentali di difesa contro il cancro, tra cui:
    - Riprogrammazione metabolica (che costringe le cellule a produrre energia simile a quella del cancro).
    - Resistenza all'apoptosi (interferenza con i soppressori tumorali p53 e BRCA1).
    - Attivazione delle cellule staminali cancerose (tramite le vie Wnt, Notch, NF-κB e del recettore degli estrogeni).
    - Angiogenesi e metastasi (attraverso il mimetismo di VEGF, MMP9 e galectina-3).
    - Evasione immunitaria (induzione di IgG4, linfopenia, soppressione delle cellule NK).
    RISCHI ONCOGENI NASCOSTI NELLE INIEZIONI:
    - Riattivazione dell'EBV dopo i richiami.
    - Sequenze del promotore del DNA SV40 rilevate nelle fiale del vaccino.
    - La N1-metil-pseudouridina (m1Ψ) ha dimostrato di accelerare la crescita del tumore nei modelli.
    - Possibile trascrizione inversa e integrazione genomica dell'mRNA.
    POPOLAZIONI AD ALTO RISCHIO
    - Sopravvissuti al cancro in remissione.
    - Individui con una forte storia familiare di tumori maligni.
    - Gli anziani (75+).
    - Coloro che ricevono più dosi di richiamo.

    Gli autori raccomandano il protocollo ROOT4: EGCG come profilassi antitumorale sicura e a basso costo per gli individui ad alto rischio.
    CONCLUSIONI
    L'insorgenza di tumori turbo in seguito alla vaccinazione contro il COVID-19 – caratterizzata da un comportamento insolitamente aggressivo, ricadute nei casi di remissione e insorgenza in individui più giovani – rappresenta un quadro clinico preoccupante che richiede un urgente riesame scientifico. Mentre il dibattito pubblico ha ampiamente liquidato questi tumori come casuali o biologicamente improbabili, i dati scientifico/ meccanicistici presentati in questa revisione suggeriscono il contrario. La proteina spike del SARS-CoV-2 potrebbe interferire con i principali percorsi regolatori della carcinogenesi, tra cui la riprogrammazione metabolica, la sorveglianza immunitaria, la resistenza all'apoptosi e la proliferazione delle cellule staminali cancerogene".
    🔥🔥🔥RICORDO BENE SE DICO CHE SOLO QUATTRO ANNI FA VENIVO DEFINITO "COMPLOTTISTA" : EPPURE NON ERO UN MEDICO ALLORA COME NON LO SONO OGGI MA UN COMUNE LIBERO PROFESSIONISTA, NE' ERO E SONO TUTTORA UN ECONOMISTA PIUTTOSTO UN BUON PADRE DI FAMIGLIA(cosi dicono). "FALSI ED IPOCRITI", cosi gia' li definiva l'evangelista Matteo circa 2000 anni; siete pieni di avidita', non avete ancora imparato nulla tanto che ancora oggi qlcuno di voi osa sostenere la "causa malata" e di questo vi ringraziano dall'aldila' Angelo, Antonio, Laura,Paolo(e potrei continuare con un elenco imbarazzante)tutti amici a me molti cari che non ci sono piu quando avrebbero potuto esserci ancora🙏❤️🙏. Dopo questo "sfogo", vi invito SEMPLICEMENTE a leggere alcuni stralci del primo articolo sottoposto a peer-review che definisce il “turbo cancro” indotto dal vaccino COVID-19. PREFAZIO:Per la prima volta, i “tumori turbo” passano dalla censura alla letteratura medica sottoposta a revisione paritaria. Per anni, il termine "turbocancro" è stato ridicolizzato come una teoria del complotto anti-vaccino: infatti le autorità sanitarie ed i media tradizionali hanno insistito sul fatto che "non ci fossero prove(evidenze scientifiche, si dice cosi!!!) dell'esistenza di un fenomeno del genere. Tuttavia, una recentissima revisione della letteratura ha delineato oltre 100 studi(non casi!!!) sottoposti a revisione paritaria che indicano SENZA ALCUN DUBBIO DI SORTA che le iniezioni di mRNA possono causare o accelerare il cancro attraverso 17 distinti meccanismi biologici. Ora, per la prima volta in qs giorni è stato pubblicato sul "Journal of Independent Medicine"(non certo un giornale scientifico complottista!!!)un articolo scientifico sottoposto a revisione paritaria intitolato "Turbo Cancers indotti dall'mRNA del COVID-19", che definisce formalmente il "turbo cancer" e raccoglie il crescente numero di casi clinici, segnali epidemiologici e percorsi meccanicistici che spiegano come le iniezioni di mRNA del COVID-19 e la proteina spike possano causare tumori improvvisi, aggressivi e resistenti al trattamento: i "tumori turbo" sono definiti tumori maligni insolitamente aggressivi e in rapida progressione; sono caratterizzati da improvvise ricadute nei pazienti precedentemente in remissione e da una nuova insorgenza nei soggetti più giovani in fase avanzata. I dati provenienti da Stati Uniti, Regno Unito e Giappone(l'Italia non e' da meno ma da noi i dati NON VENGONO ANCORA PUBBLICATI E CHISSA' PERCHE'!!!) mostrano un brusco aumento dell'incidenza e della mortalità per cancro a partire dal 2021 ,proprio in linea con le campagne di vaccinazione di massa, guardacaso che stranissima coincidenza!!!! -TRADUZIONI UFFICIALE DI ALCUNI PASSAGGI DELL'ARTICOLO-(ad opera di Nicolas Hulscher, MPH) "L'analisi VAERS rivela che le segnalazioni più sproporzionate riguardano tumori dell'appendice, del seno, del colon-retto, dell'endometrio, della laringe, del fegato e del cervello. La proteina spike del SARS-CoV-2 interrompe i sistemi fondamentali di difesa contro il cancro, tra cui: - Riprogrammazione metabolica (che costringe le cellule a produrre energia simile a quella del cancro). - Resistenza all'apoptosi (interferenza con i soppressori tumorali p53 e BRCA1). - Attivazione delle cellule staminali cancerose (tramite le vie Wnt, Notch, NF-κB e del recettore degli estrogeni). - Angiogenesi e metastasi (attraverso il mimetismo di VEGF, MMP9 e galectina-3). - Evasione immunitaria (induzione di IgG4, linfopenia, soppressione delle cellule NK). RISCHI ONCOGENI NASCOSTI NELLE INIEZIONI: - Riattivazione dell'EBV dopo i richiami. - Sequenze del promotore del DNA SV40 rilevate nelle fiale del vaccino. - La N1-metil-pseudouridina (m1Ψ) ha dimostrato di accelerare la crescita del tumore nei modelli. - Possibile trascrizione inversa e integrazione genomica dell'mRNA. POPOLAZIONI AD ALTO RISCHIO - Sopravvissuti al cancro in remissione. - Individui con una forte storia familiare di tumori maligni. - Gli anziani (75+). - Coloro che ricevono più dosi di richiamo. Gli autori raccomandano il protocollo ROOT4: EGCG come profilassi antitumorale sicura e a basso costo per gli individui ad alto rischio. CONCLUSIONI L'insorgenza di tumori turbo in seguito alla vaccinazione contro il COVID-19 – caratterizzata da un comportamento insolitamente aggressivo, ricadute nei casi di remissione e insorgenza in individui più giovani – rappresenta un quadro clinico preoccupante che richiede un urgente riesame scientifico. Mentre il dibattito pubblico ha ampiamente liquidato questi tumori come casuali o biologicamente improbabili, i dati scientifico/ meccanicistici presentati in questa revisione suggeriscono il contrario. La proteina spike del SARS-CoV-2 potrebbe interferire con i principali percorsi regolatori della carcinogenesi, tra cui la riprogrammazione metabolica, la sorveglianza immunitaria, la resistenza all'apoptosi e la proliferazione delle cellule staminali cancerogene". 👹😡🖤
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  • CARI AMICI, HO LETTO CON SPAVENTO DEL RISCHIO TSUNAMI NEL PACIFICO, PER UN TERREMOTO DI MAGNITUDO 8.8. NELLA PENISOLA DELLA KAMCHATKA, APPARTENENTE ALLA RUSSIA..IL TERRIBILE SISMA HA COINVOLTO LA RUSSIA, IL GIAPPONE E L'ISOLA GUAM, APPARTENENTE AGLI USA. QUINDI LA ZONA DEL PACIFICO.. VI SONO DIVERSI FERITI. UN ABBRACCIO E BUONA GIORNATA.
    CARI AMICI, HO LETTO CON SPAVENTO DEL RISCHIO TSUNAMI NEL PACIFICO, PER UN TERREMOTO DI MAGNITUDO 8.8. NELLA PENISOLA DELLA KAMCHATKA, APPARTENENTE ALLA RUSSIA..IL TERRIBILE SISMA HA COINVOLTO LA RUSSIA, IL GIAPPONE E L'ISOLA GUAM, APPARTENENTE AGLI USA. QUINDI LA ZONA DEL PACIFICO.. VI SONO DIVERSI FERITI. UN ABBRACCIO E BUONA GIORNATA.
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  • Ricevo e inoltro

    Durante la Seconda Guerra Mondiale, un gruppo di persone interrompeva ogni notte, a una certa ora, qualunque cosa stesse facendo, per pregare per la pace, la sicurezza e la protezione di tutti. Lo facevano ogni giorno, ed era come se l'intera città si fosse paralizzata: tale era il potere della preghiera. L'effetto fu così potente che i bombardamenti cessarono dopo poco tempo!

    Ora, ancora una volta, alcune persone stanno organizzando un gruppo mondiale per dedicare un minuto di preghiera alla sicurezza dei nostri Paesi, alla fine dei problemi che ci opprimono e ci soffocano, e affinché Dio guidi le decisioni dei nostri leader. Ci incontreremo ai seguenti orari:

    India – 21:00
    Germania – 16:00
    Austria – 16:00
    Spagna – 16:00
    Portogallo – 15:00
    Isole Canarie – 15:00
    Costa Rica – 20:00
    Colombia – 19:00
    Nicaragua – 20:00
    Ecuador – 19:00
    Guatemala – 20:00
    Messico – 20:00
    Panama – 19:00
    Honduras – 18:00
    El Salvador – 20:00
    Venezuela – 18:00
    Uruguay – 17:00
    Paraguay – 17:00
    *Brasile – 18:00*
    Argentina – 17:00
    Cile – 17:00
    Italia – 16:00
    Australia – 14:00
    USA – 13:00
    Canada – 12:00 (mezzogiorno)
    Singapore – 21:00
    Thailandia – 21:00
    Corea – 21:00
    Giappone - 21:00
    Hong Kong / Taiwan – 22:00
    Filippine – 23:00

    Sostieni questa iniziativa. Dedichiamo un minuto ogni giorno, all'ora stabilita per il nostro Paese, a pregare per la pace nel mondo, la fine dei conflitti, il ripristino della tranquillità in tutto il mondo e affinché le famiglie rivolgano lo sguardo a Dio per trovare sicurezza e salvezza. Se comprendessimo l'immenso potere della preghiera, ne saremmo stupiti.

    Se potessi inoltrare questa richiesta ai tuoi contatti, insieme possiamo compiere un miracolo attraverso la preghiera. Imposta la sveglia del tuo cellulare in modo che suoni ogni giorno all'ora stabilita per il tuo Paese e prega per un minuto per la pace . Il potere della preghiera collettiva è straordinario! Proviamo a pregare insieme in questo momento.

    Per l'Italia è alle 16!🙏🏻

    CONDIVIDI/INOLTRA 🙏🏼
    Ricevo e inoltro Durante la Seconda Guerra Mondiale, un gruppo di persone interrompeva ogni notte, a una certa ora, qualunque cosa stesse facendo, per pregare per la pace, la sicurezza e la protezione di tutti. Lo facevano ogni giorno, ed era come se l'intera città si fosse paralizzata: tale era il potere della preghiera. L'effetto fu così potente che i bombardamenti cessarono dopo poco tempo! Ora, ancora una volta, alcune persone stanno organizzando un gruppo mondiale per dedicare un minuto di preghiera alla sicurezza dei nostri Paesi, alla fine dei problemi che ci opprimono e ci soffocano, e affinché Dio guidi le decisioni dei nostri leader. Ci incontreremo ai seguenti orari: 🇮🇳 India – 21:00 🇩🇪 Germania – 16:00 🇦🇹 Austria – 16:00 🇪🇸 Spagna – 16:00 🇵🇹 Portogallo – 15:00 🇮🇨 Isole Canarie – 15:00 🇨🇷 Costa Rica – 20:00 🇨🇴 Colombia – 19:00 🇳🇮 Nicaragua – 20:00 🇪🇨 Ecuador – 19:00 🇬🇹 Guatemala – 20:00 🇲🇽 Messico – 20:00 🇵🇦 Panama – 19:00 🇭🇳 Honduras – 18:00 🇸🇻 El Salvador – 20:00 🇻🇪 Venezuela – 18:00 🇺🇾 Uruguay – 17:00 🇵🇾 Paraguay – 17:00 🇧🇷 *Brasile – 18:00* 🇦🇷 Argentina – 17:00 🇨🇱 Cile – 17:00 🇮🇹 Italia – 16:00 🇦🇺 Australia – 14:00 🇺🇸 USA – 13:00 🇨🇦 Canada – 12:00 (mezzogiorno) 🇸🇬 Singapore – 21:00 🇹🇭 Thailandia – 21:00 🇰🇷 Corea – 21:00 🇯🇵 Giappone - 21:00 🇭🇰 Hong Kong / 🇹🇼 Taiwan – 22:00 🇵🇭 Filippine – 23:00 Sostieni questa iniziativa. Dedichiamo un minuto ogni giorno, all'ora stabilita per il nostro Paese, a pregare per la pace nel mondo, la fine dei conflitti, il ripristino della tranquillità in tutto il mondo e affinché le famiglie rivolgano lo sguardo a Dio per trovare sicurezza e salvezza. Se comprendessimo l'immenso potere della preghiera, ne saremmo stupiti. Se potessi inoltrare questa richiesta ai tuoi contatti, insieme possiamo compiere un miracolo attraverso la preghiera. Imposta la sveglia del tuo cellulare in modo che suoni ogni giorno all'ora stabilita per il tuo Paese e prega per un minuto per la pace 🙏🙏🙏🙏. Il potere della preghiera collettiva è straordinario! Proviamo a pregare insieme in questo momento. Per l'Italia è alle 16!🙏🏻 CONDIVIDI/INOLTRA 🙏🏼
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  • Non c'è bisogno di essere grandi analisti: basta leggere. Esiste, ed è un documento ufficiale dell'Onu, un piano per sostituire le popolazioni decrescenti di otto paesi, con grandi quantità di immigrati.
    Europa + Corea e Giappone nel mirino.

    Qui sotto un documento del 14 marzo 2000, parla della sostituzione etnica degli europei e degli asiatici civilizzati (Giappone e Corea) da parte di immigrati dai paesi del terzo mondo.
    Non c'è bisogno di essere grandi analisti: basta leggere. Esiste, ed è un documento ufficiale dell'Onu, un piano per sostituire le popolazioni decrescenti di otto paesi, con grandi quantità di immigrati. Europa + Corea e Giappone nel mirino. Qui sotto un documento del 14 marzo 2000, parla della sostituzione etnica degli europei e degli asiatici civilizzati (Giappone e Corea) da parte di immigrati dai paesi del terzo mondo.
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  • SHOCK! Il professor Murakami ha analizzato ben 21 milioni di dati vaccinali del Giappone (data vaccinazione, numeri di lotto e decessi) e ha scoperto un inquietante picco di decessi tra i 90 e i 120 giorni dopo la vaccinazione a mRNA, che ha causato la morte di oltre 600.000 persone! Ma, buona notizia, i giapponesi si sono svegliati: da ottobre 2024 solo 10.000 persone si sono fatte inoculare il vaccino ad mRNA replicante contro il covid! L'azienda produttrice ammette che il replicante è più dannoso dei vaccini mRNA di Pizer e Moderna! Eppure in Europa è stata autorizzata la vendita del vaccino replicante Kostaive. L'associazione Citizens United to Stop mRNA Vaccines chiede di unirsi alla lotta internazionale per vietare i "vaccini" ad mRNA! Condividi il link di questo video e ISCRIVITI gratuitamente al canale: https://t.me/dentrolanotizia

    Se ti piace il video e/o lo trovi utile puoi sostenerci con una donazione singola o MENSILE. Clicca per gli estremi: https://t.me/dentrolanotizia/3203

    Grazie! Lo staff di Dentro la Notizia
    SHOCK! Il professor Murakami ha analizzato ben 21 milioni di dati vaccinali del Giappone (data vaccinazione, numeri di lotto e decessi) e ha scoperto un inquietante picco di decessi tra i 90 e i 120 giorni dopo la vaccinazione a mRNA, che ha causato la morte di oltre 600.000 persone! Ma, buona notizia, i giapponesi si sono svegliati: da ottobre 2024 solo 10.000 persone si sono fatte inoculare il vaccino ad mRNA replicante contro il covid! L'azienda produttrice ammette che il replicante è più dannoso dei vaccini mRNA di Pizer e Moderna! Eppure in Europa è stata autorizzata la vendita del vaccino replicante Kostaive. L'associazione Citizens United to Stop mRNA Vaccines chiede di unirsi alla lotta internazionale per vietare i "vaccini" ad mRNA! Condividi il link di questo video e ISCRIVITI gratuitamente al canale: https://t.me/dentrolanotizia Se ti piace il video e/o lo trovi utile puoi sostenerci con una donazione singola o MENSILE. Clicca per gli estremi: https://t.me/dentrolanotizia/3203 Grazie! Lo staff di Dentro la Notizia
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  • L'identikit del vorace scarabeo giapponese che sta invadendo Piemonte e Lombardia, con gravi danni ambientali e economici
    Specie invasiva originaria del Giappone e della Russia orientale la Popillia japonica è arrivata in Europa nel 2014

    https://www.wired.it/article/scarabeo-giapponese-invasione-nord-italia-come-riconoscerlo-danni-rimedi/?utm_source=firefox-newtab-it-it
    L'identikit del vorace scarabeo giapponese che sta invadendo Piemonte e Lombardia, con gravi danni ambientali e economici Specie invasiva originaria del Giappone e della Russia orientale la Popillia japonica è arrivata in Europa nel 2014 https://www.wired.it/article/scarabeo-giapponese-invasione-nord-italia-come-riconoscerlo-danni-rimedi/?utm_source=firefox-newtab-it-it
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    L'identikit del vorace scarabeo giapponese che sta invadendo Piemonte e Lombardia, con gravi danni ambientali e economici
    Specie invasiva originaria del Giappone e della Russia orientale la Popillia japonica è arrivata in Europa nel 2014
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