• CHI LI HA ELETTI? NESSUNO. L'UE È GOVERNATA DA UNA MACCHINA BUROCRATICA, NON DALLA DEMOCRAZIA

    Chiamatela con il vostro nome: la Commissione europea non è democratica. Non ci si avvicina nemmeno.

    Mentre Bruxelles fa la predica al mondo sui valori democratici e sullo stato di diritto, la verità è che il vero potere nell'UE è detenuto da persone per le quali nessuno ha mai votato. Nemmeno una volta. Non direttamente. Non democraticamente.

    Sì, gli europei possono votare per eleggere i membri del Parlamento europeo ogni 5 anni. Ma ecco il piccolo segreto: il Parlamento non può nemmeno proporre leggi.

    Si limita a votare su quelle emesse dalla Commissione, un gruppo di funzionari nominati e selezionati a porte chiuse attraverso contrattazioni politiche, accordi di partito e negoziati d'élite. Nessun controllo pubblico. Nessuna trasparenza. Nessuna responsabilità.

    Una volta al potere, la Commissione gestisce di fatto l'UE. Controlla l'agenda legislativa. Definisce le politiche per 450 milioni di persone. Redige le leggi. Stabilisce il tono. Il Parlamento, l'unico organo dotato anche di un minimo di legittimità democratica, diventa poco più di un semplice timbro di gomma.

    E i cittadini? Sono solo spettatori.

    Nessuna voce in capitolo su chi scrive le leggi. Nessuna voce in capitolo su chi guida la Commissione. Non c'è modo di rimuoverli quando falliscono. Possono votare, sì, e poi possono stare a guardare mentre tecnocrati non eletti gestiscono lo spettacolo.

    L'Unione Europea è una democrazia solo di nome. Un'opera teatrale. Un'illusione manipolata.

    E sempre più persone stanno iniziando a rendersene conto, soprattutto perché si rendono conto che non stanno votando per dei leader. Stanno votando per dei personaggi di facciata. Le vere decisioni vengono prese in stanze piene di fumo da persone che non hanno mai affrontato l'elettorato.

    Se l'UE vuole sopravvivere, deve smettere di fingere e iniziare a riformarsi.

    Perché le persone sono stanche di essere governate da una bandiera che non hanno scelto e da una Commissione che non hanno eletto.
    E questa frustrazione? Sta crescendo.

    WHO ELECTED THEM? NO ONE. THE EU IS GOVERNED BY A BUREAUCRATIC MACHINE, NOT BY DEMOCRACY.

    Call it by your name: the European Commission is not democratic. It's not even close.

    While Brussels lectures the world about democratic values ​​and the rule of law, the truth is that the real power in the EU is held by people no one has ever voted for. Not even once. Not directly. Not democratically.

    Yes, Europeans can vote to elect members of the European Parliament every five years. But here's the little secret: the Parliament can't even propose laws.

    It simply votes on those issued by the Commission, a group of officials nominated and selected behind closed doors through political bargaining, party deals, and elite negotiations. No public oversight. No transparency. No accountability.

    Once in power, the Commission effectively runs the EU. It controls the legislative agenda. It defines policies for 450 million people. It drafts the laws. It sets the tone. Parliament, the only body with even a modicum of democratic legitimacy, becomes little more than a rubber stamp.

    And the citizens? They're just spectators.

    No say in who writes the laws. No say in who leads the Commission. There's no way to remove them when they fail. They can vote, yes, and then they can stand by and watch as unelected technocrats run the show.

    The European Union is a democracy in name only. A play. A manipulated illusion.

    And more and more people are starting to realize this, especially as they realize they're not voting for leaders. They're voting for fronts. Real decisions are made in smoke-filled rooms by people who have never faced the electorate.

    If the EU wants to survive, it must stop pretending and start reforming.

    Because people are tired of being governed by a flag they didn't choose and a Commission they didn't elect.
    And this frustration? It's growing.

    Source: https://x.com/OrtigiaP/status/1998488097437487603?t=W5AZnxHuwzgAoXNUSqegRw&s=19
    CHI LI HA ELETTI? NESSUNO. L'UE È GOVERNATA DA UNA MACCHINA BUROCRATICA, NON DALLA DEMOCRAZIA Chiamatela con il vostro nome: la Commissione europea non è democratica. Non ci si avvicina nemmeno. Mentre Bruxelles fa la predica al mondo sui valori democratici e sullo stato di diritto, la verità è che il vero potere nell'UE è detenuto da persone per le quali nessuno ha mai votato. Nemmeno una volta. Non direttamente. Non democraticamente. Sì, gli europei possono votare per eleggere i membri del Parlamento europeo ogni 5 anni. Ma ecco il piccolo segreto: il Parlamento non può nemmeno proporre leggi. Si limita a votare su quelle emesse dalla Commissione, un gruppo di funzionari nominati e selezionati a porte chiuse attraverso contrattazioni politiche, accordi di partito e negoziati d'élite. Nessun controllo pubblico. Nessuna trasparenza. Nessuna responsabilità. Una volta al potere, la Commissione gestisce di fatto l'UE. Controlla l'agenda legislativa. Definisce le politiche per 450 milioni di persone. Redige le leggi. Stabilisce il tono. Il Parlamento, l'unico organo dotato anche di un minimo di legittimità democratica, diventa poco più di un semplice timbro di gomma. E i cittadini? Sono solo spettatori. Nessuna voce in capitolo su chi scrive le leggi. Nessuna voce in capitolo su chi guida la Commissione. Non c'è modo di rimuoverli quando falliscono. Possono votare, sì, e poi possono stare a guardare mentre tecnocrati non eletti gestiscono lo spettacolo. L'Unione Europea è una democrazia solo di nome. Un'opera teatrale. Un'illusione manipolata. E sempre più persone stanno iniziando a rendersene conto, soprattutto perché si rendono conto che non stanno votando per dei leader. Stanno votando per dei personaggi di facciata. Le vere decisioni vengono prese in stanze piene di fumo da persone che non hanno mai affrontato l'elettorato. Se l'UE vuole sopravvivere, deve smettere di fingere e iniziare a riformarsi. Perché le persone sono stanche di essere governate da una bandiera che non hanno scelto e da una Commissione che non hanno eletto. E questa frustrazione? Sta crescendo. WHO ELECTED THEM? NO ONE. THE EU IS GOVERNED BY A BUREAUCRATIC MACHINE, NOT BY DEMOCRACY. Call it by your name: the European Commission is not democratic. It's not even close. While Brussels lectures the world about democratic values ​​and the rule of law, the truth is that the real power in the EU is held by people no one has ever voted for. Not even once. Not directly. Not democratically. Yes, Europeans can vote to elect members of the European Parliament every five years. But here's the little secret: the Parliament can't even propose laws. It simply votes on those issued by the Commission, a group of officials nominated and selected behind closed doors through political bargaining, party deals, and elite negotiations. No public oversight. No transparency. No accountability. Once in power, the Commission effectively runs the EU. It controls the legislative agenda. It defines policies for 450 million people. It drafts the laws. It sets the tone. Parliament, the only body with even a modicum of democratic legitimacy, becomes little more than a rubber stamp. And the citizens? They're just spectators. No say in who writes the laws. No say in who leads the Commission. There's no way to remove them when they fail. They can vote, yes, and then they can stand by and watch as unelected technocrats run the show. The European Union is a democracy in name only. A play. A manipulated illusion. And more and more people are starting to realize this, especially as they realize they're not voting for leaders. They're voting for fronts. Real decisions are made in smoke-filled rooms by people who have never faced the electorate. If the EU wants to survive, it must stop pretending and start reforming. Because people are tired of being governed by a flag they didn't choose and a Commission they didn't elect. And this frustration? It's growing. Source: https://x.com/OrtigiaP/status/1998488097437487603?t=W5AZnxHuwzgAoXNUSqegRw&s=19
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  • Perché l'India si fida della Russia. Una storia che non viene insegnata in Occidente.

    Ogni volta che l'India tiene un incontro con la Russia, in Occidente si alza un clamore: "Perché l'India fa così? Perché il primo ministro Modi è così amichevole con il presidente Putin?" Risponderò. Non si tratta del presidente Putin, ma proprio dell'Occidente. Ecco una storia che non viene insegnata lì.

    1961. L'India vuole porre fine ai 450 anni di dominio coloniale portoghese su Goa. Il Portogallo si precipita subito alle Nazioni Unite e chi sostiene i colonizzatori? Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. E chi è venuto in aiuto dell'India e ha posto il veto ai tentativi di impedirle di liberare Goa? La Russia. L'unica potenza mondiale che ha dato la priorità agli interessi dell'India rispetto a quelli dei colonizzatori.

    1962. La Cina invade l'India. Chi ha chiesto l'India aiuto? L'America. E cosa ha fatto l'America? Ha armato il Pakistan, aprendo quasi un secondo fronte contro l'India. La più grande democrazia ha sostenuto una dittatura militare.

    1965. Il Pakistan invade il Kashmir. Gli Stati Uniti annunciano un embargo di armi per entrambe le parti. Onestamente. Ma il Pakistan aveva già carri armati, aerei e cannoni americani. L'India, zero.

    L'Occidente insegna la democrazia, ma spesso si schiera dalla parte dei suoi nemici. Nel 1971, il Pakistan commette un genocidio in Bangladesh. Milioni di rifugiati. L'India interviene. E l'America? Invia una portaerei per minacciare l'India con le armi nucleari. E la Gran Bretagna si unisce. Una democrazia cerca di impedire un genocidio, e i "difensori dei diritti umani" si schierano dalla parte di chi lo sta commettendo. La Russia? Ha inviato sottomarini nucleari per difendere l'India. Le navi occidentali sono fuggite, game over. E alle Nazioni Unite, la Russia ha posto il veto alle risoluzioni contro l'India. Non una volta, ma molte volte. Annullando tutta la pressione dell'Occidente.

    L'India ricorda questo. L'India non lo dimentica.

    Se vieni dall'Occidente, poniti una domanda sgradevole. Se un partner tradisce costantemente il tuo paese, lo soffoca con sanzioni, lo mette all'angolo e lo minaccia con terrore, e l'altro viene sempre in soccorso quando è cruciale, a chi di loro ti fideresti di più oggi? E tradiresti questa fiducia solo perché nel 2025 ti è stato chiesto di farlo dalla CNN?

    E quindi, tenendo conto di tutto questo, dimmi, perché l'India non dovrebbe ricordare chi era per chi e quando? E cosa ha fatto l'Occidente negli ultimi anni per riconquistare la sua fiducia? Aspetterò.

    https://x.com/SilviusBerthold/status/1997392403326464480?s=20
    🚨 Perché l'India si fida della Russia. Una storia che non viene insegnata in Occidente. Ogni volta che l'India tiene un incontro con la Russia, in Occidente si alza un clamore: "Perché l'India fa così? Perché il primo ministro Modi è così amichevole con il presidente Putin?" Risponderò. Non si tratta del presidente Putin, ma proprio dell'Occidente. Ecco una storia che non viene insegnata lì. 1961. L'India vuole porre fine ai 450 anni di dominio coloniale portoghese su Goa. Il Portogallo si precipita subito alle Nazioni Unite e chi sostiene i colonizzatori? Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. E chi è venuto in aiuto dell'India e ha posto il veto ai tentativi di impedirle di liberare Goa? La Russia. L'unica potenza mondiale che ha dato la priorità agli interessi dell'India rispetto a quelli dei colonizzatori. 1962. La Cina invade l'India. Chi ha chiesto l'India aiuto? L'America. E cosa ha fatto l'America? Ha armato il Pakistan, aprendo quasi un secondo fronte contro l'India. La più grande democrazia ha sostenuto una dittatura militare. 1965. Il Pakistan invade il Kashmir. Gli Stati Uniti annunciano un embargo di armi per entrambe le parti. Onestamente. Ma il Pakistan aveva già carri armati, aerei e cannoni americani. L'India, zero. L'Occidente insegna la democrazia, ma spesso si schiera dalla parte dei suoi nemici. Nel 1971, il Pakistan commette un genocidio in Bangladesh. Milioni di rifugiati. L'India interviene. E l'America? Invia una portaerei per minacciare l'India con le armi nucleari. E la Gran Bretagna si unisce. Una democrazia cerca di impedire un genocidio, e i "difensori dei diritti umani" si schierano dalla parte di chi lo sta commettendo. La Russia? Ha inviato sottomarini nucleari per difendere l'India. Le navi occidentali sono fuggite, game over. E alle Nazioni Unite, la Russia ha posto il veto alle risoluzioni contro l'India. Non una volta, ma molte volte. Annullando tutta la pressione dell'Occidente. L'India ricorda questo. L'India non lo dimentica. Se vieni dall'Occidente, poniti una domanda sgradevole. Se un partner tradisce costantemente il tuo paese, lo soffoca con sanzioni, lo mette all'angolo e lo minaccia con terrore, e l'altro viene sempre in soccorso quando è cruciale, a chi di loro ti fideresti di più oggi? E tradiresti questa fiducia solo perché nel 2025 ti è stato chiesto di farlo dalla CNN? E quindi, tenendo conto di tutto questo, dimmi, perché l'India non dovrebbe ricordare chi era per chi e quando? E cosa ha fatto l'Occidente negli ultimi anni per riconquistare la sua fiducia? Aspetterò. https://x.com/SilviusBerthold/status/1997392403326464480?s=20
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  • SE AVESSE FUNZIONATO…

    Se davvero AVESSE FUNZIONATO, tutta la vostra isteria da paladini del mondo si sarebbe sciolta in un attimo.
    Vi sareste sentiti protetti, tranquilli, invincibili. E quindi che ansia dovevate avere per chi sceglieva diversamente? Se il vostro scudo è così miracoloso, il problema è solo suo, no?

    Se AVESSE FUNZIONATO, nessuno avrebbe dovuto minacciare, ricattare, costringere, sospendere, escludere. La gente si sarebbe messa in fila spontaneamente, come quando regalano cibo o sconti.
    Quando qualcosa funziona davvero, non servono manganelli, serve solo buon senso.

    Se AVESSE FUNZIONATO, non ci avreste riempito i social di febbri, reinfezioni, misurazioni, tamponi, cartelle cliniche e “eh ma senza sarebbe stato peggio”. Noi, quelli “pericolosi”, saremmo già dovuti essere al creatore da un pezzo.
    E invece siamo ancora qui. Vivi. E sani.
    Voi invece… vi siete ammalati, ancora e ancora. E in più avete pure i bonus: reazioni avverse, effetti strani, cose “inspiegabili”.

    Se AVESSE FUNZIONATO, dopo quattro anni non sareste ancora lì a parlare di richiami, aggiornamenti, nuove versioni, e “forse uno all’anno”. Quando qualcosa funziona davvero… chiude il capitolo. Non apre una saga infinita.

    E QUI VI DICO LA COSA CHE NON AVETE VOLUTO CAPIRE
    E CHE VALE PER TUTTI I VACCINI, DA SEMPRE:

    Se un vaccino PROTEGGE chi lo fa, allora non deve importare niente a chi lo fa se l’altro non lo vuole.
    Perché se TU sei protetto, l’altro non può danneggiarti.
    Fine del circo, applausi, sipario.

    Per capire questo serviva solo un minimo di logica, quella che si usa per capire che se hai l’ombrello e funziona, non ti metti a urlare contro chi sta senza e si bagna.

    Ma qui no. Qui abbiamo assistito allo spettacolo più grottesco della storia: gente convinta di essere protetta che però pretendeva che lo fossero anche gli altri, perché “sennò non funziona”.
    E già questo basterebbe a farsi due domande.

    Se siete arrivati a invocare obblighi, discriminazioni, colpevolizzazioni e cacce alle streghe pur di far scegliere agli altri ciò che avete scelto voi, allora è evidente: il problema non è la salute.
    È il panico.
    È la paura.
    È la mentalità da gregge, quella che ha sempre bisogno di controllare chi non si allinea.

    Ed è anche la prova che di democrazia ce n’era ben poca.
    Perché quando una scelta diventa un’imposizione, non è mai per il bene comune.
    È perché chi comanda ha bisogno che tutti eseguano senza pensare.

    Se non lo AVETE ANCORA COMPRESO:
    O siete in malafede,
    o non siete attrezzati per capire le basi della logica,
    o, più realisticamente, entrambe le cose.

    Fine della trasmissione.
    SE AVESSE FUNZIONATO… Se davvero AVESSE FUNZIONATO, tutta la vostra isteria da paladini del mondo si sarebbe sciolta in un attimo. Vi sareste sentiti protetti, tranquilli, invincibili. E quindi che ansia dovevate avere per chi sceglieva diversamente? Se il vostro scudo è così miracoloso, il problema è solo suo, no? Se AVESSE FUNZIONATO, nessuno avrebbe dovuto minacciare, ricattare, costringere, sospendere, escludere. La gente si sarebbe messa in fila spontaneamente, come quando regalano cibo o sconti. Quando qualcosa funziona davvero, non servono manganelli, serve solo buon senso. Se AVESSE FUNZIONATO, non ci avreste riempito i social di febbri, reinfezioni, misurazioni, tamponi, cartelle cliniche e “eh ma senza sarebbe stato peggio”. Noi, quelli “pericolosi”, saremmo già dovuti essere al creatore da un pezzo. E invece siamo ancora qui. Vivi. E sani. Voi invece… vi siete ammalati, ancora e ancora. E in più avete pure i bonus: reazioni avverse, effetti strani, cose “inspiegabili”. Se AVESSE FUNZIONATO, dopo quattro anni non sareste ancora lì a parlare di richiami, aggiornamenti, nuove versioni, e “forse uno all’anno”. Quando qualcosa funziona davvero… chiude il capitolo. Non apre una saga infinita. E QUI VI DICO LA COSA CHE NON AVETE VOLUTO CAPIRE E CHE VALE PER TUTTI I VACCINI, DA SEMPRE: Se un vaccino PROTEGGE chi lo fa, allora non deve importare niente a chi lo fa se l’altro non lo vuole. Perché se TU sei protetto, l’altro non può danneggiarti. Fine del circo, applausi, sipario. Per capire questo serviva solo un minimo di logica, quella che si usa per capire che se hai l’ombrello e funziona, non ti metti a urlare contro chi sta senza e si bagna. Ma qui no. Qui abbiamo assistito allo spettacolo più grottesco della storia: gente convinta di essere protetta che però pretendeva che lo fossero anche gli altri, perché “sennò non funziona”. E già questo basterebbe a farsi due domande. Se siete arrivati a invocare obblighi, discriminazioni, colpevolizzazioni e cacce alle streghe pur di far scegliere agli altri ciò che avete scelto voi, allora è evidente: il problema non è la salute. È il panico. È la paura. È la mentalità da gregge, quella che ha sempre bisogno di controllare chi non si allinea. Ed è anche la prova che di democrazia ce n’era ben poca. Perché quando una scelta diventa un’imposizione, non è mai per il bene comune. È perché chi comanda ha bisogno che tutti eseguano senza pensare. Se non lo AVETE ANCORA COMPRESO: O siete in malafede, o non siete attrezzati per capire le basi della logica, o, più realisticamente, entrambe le cose. Fine della trasmissione.
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  • IL PROBLEMA NON SONO LORO MA LE PERSONE CHE LI SEGUONO e CHE APPLAUDONO!

    Purtroppo per noi e per la presunta sbandierata “democrazia” di cui si riempiono la bocca, sono così collusi che non ammetteranno mai i loro presunti errori e soprattutto le palesi violazioni costituzionali commesse!
    Andrebbero tutti condannati per eversione e alto tradimento!

    Source: https://x.com/Ardito98731919/status/1989789480857858048?t=NBiM_OlFxZtvmXm-t1IftQ&s=19
    IL PROBLEMA NON SONO LORO MA LE PERSONE CHE LI SEGUONO e CHE APPLAUDONO! Purtroppo per noi e per la presunta sbandierata “democrazia” di cui si riempiono la bocca, sono così collusi che non ammetteranno mai i loro presunti errori e soprattutto le palesi violazioni costituzionali commesse! Andrebbero tutti condannati per eversione e alto tradimento! Source: https://x.com/Ardito98731919/status/1989789480857858048?t=NBiM_OlFxZtvmXm-t1IftQ&s=19
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  • LA GUERRA L'AVETE PERSA DA MESI!
    KALLAS FATTENE UNA RAGIONE!
    Guerra Ucraina - Russia, le news di oggi. Media: Mosca invia altre truppe verso Pokrovosk
    Financial Times: Londra ha tentato di aprire canale segreto con Putin. Kallas: “La democrazia è sotto attacco, va difesa meglio”
    https://www.repubblica.it/esteri/2025/11/12/diretta/guerra_ucraina_russia_news_oggi-424975350/
    LA GUERRA L'AVETE PERSA DA MESI! KALLAS FATTENE UNA RAGIONE! Guerra Ucraina - Russia, le news di oggi. Media: Mosca invia altre truppe verso Pokrovosk Financial Times: Londra ha tentato di aprire canale segreto con Putin. Kallas: “La democrazia è sotto attacco, va difesa meglio” https://www.repubblica.it/esteri/2025/11/12/diretta/guerra_ucraina_russia_news_oggi-424975350/
    WWW.REPUBBLICA.IT
    Guerra Ucraina - Russia, le news di oggi. Media: Mosca invia altre truppe verso Pokrovosk
    Financial Times: Londra ha tentato di aprire canale segreto con Putin. Kallas: “La democrazia è sotto attacco, va difesa meglio”
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  • RIPROVIAMOCI
    Insieme, per restituire voce e scelta ai cittadini

    Ebbene sì.
    La cosa più importante nella vita – e ancora di più in questo periodo storico – rimane una sola: non arrendersi.

    Se la politica merita ancora di essere vissuta e partecipata, dobbiamo avere il coraggio di andare oltre le polemiche e riportare l’attenzione sulle reali esigenze dei cittadini:
    ridare a ognuno di noi una legge elettorale giusta, che consenta di scegliere davvero chi ci rappresenta.

    Nonostante i risultati passati, abbiamo deciso di riprendere da capo l’esperienza – comunque costruttiva – di “Io Voglio Scegliere” del 2024.

    Così, lo scorso 3 maggio 2025 a Rimini, cinque soci fondatori hanno dato vita all’Associazione “Per la Rappresentanza – Voto LibEguale”, con un obiettivo chiaro:
    restituire agli italiani il diritto di scelta dei propri rappresentanti in Parlamento, attraverso un voto libero, personale, segreto ed eguale.

    La nostra azione si ispira alla Costituzione – in particolare all’articolo 48 – e al ricordo di uomini coraggiosi come Giacomo Matteotti e Felice Besostri, che ci hanno insegnato quanto la democrazia vada difesa ogni giorno.

    Cosa stiamo facendo ora

    In questi mesi stiamo lavorando alla presentazione di tre Leggi di Iniziativa Popolare per una riforma parziale ma decisiva del Rosatellum, con l’obiettivo di rendere il voto:

    più libero,

    più eguale,

    più rappresentativo.

    Perché solo così potremo riconnettere cittadini e istituzioni e contrastare la crescente disaffezione politica e l’astensionismo.

    Una firma che fa la differenza

    Siamo in una fase di ripartenza, e vogliamo coinvolgere tutte le persone sensibili alla vita democratica del Paese.

    Un piccolo gesto può avere un grande impatto:
    firma online per sostenere le proposte che promuoviamo direttamente o in collaborazione con altre realtà civiche.

    In particolare, ti invitiamo a firmare per la campagna sul “voto fuori sede”, attualmente attiva qui:

    https://firmereferendum.giustizia.it/referendum/open/dettaglio-open/4200000

    Perché aderire a Voto LibEguale?

    Perché non cerchiamo visibilità o vantaggi di parte.
    Il nostro è un progetto collettivo e partecipato, alimentato dall’entusiasmo e dal contributo di tutti.

    Crediamo che solo facendo rete potremo contrastare l’immobilismo dei poteri consolidati e restituire ai cittadini la vera sovranità, quella che nasce dal diritto di scegliere.

    Unisciti a noi

    info@votolibeguale.it
    www.votolibeguale.it

    Perché la democrazia non è un concetto astratto: è partecipazione, è responsabilità, è futuro.

    Riproviamoci insieme!

    #VotoLibEguale #Riproviamoci #DemocraziaAttiva
    💪 RIPROVIAMOCI Insieme, per restituire voce e scelta ai cittadini 🇮🇹 Ebbene sì. La cosa più importante nella vita – e ancora di più in questo periodo storico – rimane una sola: non arrendersi. Se la politica merita ancora di essere vissuta e partecipata, dobbiamo avere il coraggio di andare oltre le polemiche e riportare l’attenzione sulle reali esigenze dei cittadini: ridare a ognuno di noi una legge elettorale giusta, che consenta di scegliere davvero chi ci rappresenta. Nonostante i risultati passati, abbiamo deciso di riprendere da capo l’esperienza – comunque costruttiva – di “Io Voglio Scegliere” del 2024. Così, lo scorso 3 maggio 2025 a Rimini, cinque soci fondatori hanno dato vita all’Associazione “Per la Rappresentanza – Voto LibEguale”, con un obiettivo chiaro: restituire agli italiani il diritto di scelta dei propri rappresentanti in Parlamento, attraverso un voto libero, personale, segreto ed eguale. La nostra azione si ispira alla Costituzione – in particolare all’articolo 48 – e al ricordo di uomini coraggiosi come Giacomo Matteotti e Felice Besostri, che ci hanno insegnato quanto la democrazia vada difesa ogni giorno. ⚖️ Cosa stiamo facendo ora In questi mesi stiamo lavorando alla presentazione di tre Leggi di Iniziativa Popolare per una riforma parziale ma decisiva del Rosatellum, con l’obiettivo di rendere il voto: più libero, più eguale, più rappresentativo. Perché solo così potremo riconnettere cittadini e istituzioni e contrastare la crescente disaffezione politica e l’astensionismo. ✍️ Una firma che fa la differenza Siamo in una fase di ripartenza, e vogliamo coinvolgere tutte le persone sensibili alla vita democratica del Paese. Un piccolo gesto può avere un grande impatto: 👉 firma online per sostenere le proposte che promuoviamo direttamente o in collaborazione con altre realtà civiche. In particolare, ti invitiamo a firmare per la campagna sul “voto fuori sede”, attualmente attiva qui: 👉https://firmereferendum.giustizia.it/referendum/open/dettaglio-open/4200000 💬 Perché aderire a Voto LibEguale? Perché non cerchiamo visibilità o vantaggi di parte. Il nostro è un progetto collettivo e partecipato, alimentato dall’entusiasmo e dal contributo di tutti. Crediamo che solo facendo rete potremo contrastare l’immobilismo dei poteri consolidati e restituire ai cittadini la vera sovranità, quella che nasce dal diritto di scegliere. 🤝 Unisciti a noi 📧 info@votolibeguale.it 🌐 www.votolibeguale.it 💬 Perché la democrazia non è un concetto astratto: è partecipazione, è responsabilità, è futuro. Riproviamoci insieme! 💙 #VotoLibEguale #Riproviamoci #DemocraziaAttiva
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  • PER NON DIMENTICARE e FARE UN PO' di CHIAREZZA!
    L’ENIGMA RANUCCI: IL GIORNALISTA SCOMODO CHE NON DISTURBA IL POTERE!
    Sempre solidale con chiunque subisca ogni tipo di intimidazione, compreso il soggetto in questione, vi propongo questi interessanti e condivisibili post sulla figura di Sigfrido Ranucci, il giornalista che durante la pandemia pubblicizzava senza farsi alcuna domanda i sieri sperimentali che continuano tutt’oggi a mietere vittime anche fra i suoi colleghi e proponeva imperdibili inchieste della durata di un’ora sull’evoluzione della pizza in Italia, con un inedito focus sulla mangiata dell’ex presidente Bill Clinton in una pizzeria di Napoli…tutto questo nel periodo in cui tutti i diritti fondamentali dell’uomo venivano calpestati da un banchiere criminale nel silenzio di (quasi) tutte le trasmissioni televisive, fra cui la sua.
    Buona lettura.
    Post 1
    Sigfrido Ranucci viene presentato da anni come simbolo del giornalismo d’inchiesta italiano, “voce scomoda” contro i poteri forti. Eppure, se si osserva con attenzione la linea editoriale di Report, emerge un quadro molto diverso da quello percepito dal grande pubblico.
    I servizi del programma non toccano mai le questioni centrali del potere reale: il ruolo dell’Unione Europea e della BCE nell’impoverimento economico del Paese, le responsabilità politiche nella gestione pandemica, i rapporti fra magistratura e intelligence, l’impatto delle politiche migratorie sulla sicurezza e sull’identità sociale.
    Temi di questa portata vengono costantemente evitati. Si preferisce orientare l’attenzione verso fenomeni di corruzione secondaria, conflitti di interesse marginali o presunti scandali a basso rischio politico.
    In questo senso, Report svolge una funzione precisa: incanalare l’indignazione pubblica verso bersagli innocui.
    Il risultato è duplice: da un lato si alimenta l’immagine del giornalismo “libero”, dall’altro si impedisce che l’opinione pubblica concentri la propria attenzione sui veri centri di potere.
    Non è un caso che Ranucci, pur dichiarandosi “in pericolo”, goda di massima copertura istituzionale, sia da parte del Quirinale che dell’Unione Europea, che ne difendono costantemente l’operato in nome della “libertà di stampa”.
    È difficile considerare realmente scomodo chi opera all’interno del servizio pubblico e gode di protezione politica trasversale.
    In un Paese dove giornalisti indipendenti vengono querelati, censurati o isolati, l’immagine del “cronista coraggioso sotto scorta” funziona come una narrazione utile al sistema: serve a dare credibilità a un’informazione che, in realtà, si muove entro confini molto ben definiti.
    Post 2 – L’ATTENTATO IMPOSSIBILE: UNA NARRAZIONE COSTRUITA?
    Dal 2021 Sigfrido Ranucci vive sotto scorta. Ciò significa che la sua abitazione, i suoi spostamenti e la sua vettura rientrano in protocolli di sicurezza estremamente rigidi.
    Ogni ingresso, parcheggio e itinerario è monitorato. Per questo motivo, la notizia secondo cui qualcuno sarebbe riuscito a collocare un ordigno esplosivo nella sua auto appare tecnicamente poco plausibile, se non impossibile, a meno di gravi complicità interne.
    L’attentato, così come raccontato, presenta quindi una doppia anomalia: o i protocolli di protezione sono falliti in modo clamoroso — cosa che dovrebbe comportare immediate dimissioni di funzionari e scorte — oppure la vicenda ha una forte componente scenica e comunicativa.
    Il tempismo mediatico lo conferma: subito dopo la notizia, esponenti politici di tutti i partiti hanno espresso solidarietà, il Quirinale ha ribadito il valore del “giornalismo libero”, e i media hanno rilanciato la narrazione dell’Italia come “paese pericoloso per chi fa informazione”.
    Ma di quale informazione si parla?
    Ranucci non ha mai prodotto inchieste che mettessero realmente in crisi i vertici del potere politico o finanziario. Non ha mai toccato temi come l’adesione incondizionata dell’Italia alla NATO, la gestione opaca dei fondi del PNRR, o le pressioni sovranazionali in materia sanitaria ed energetica.
    Eppure viene presentato come simbolo della libertà di parola.
    L’ipotesi più coerente è che l’“attentato” serva a consolidare una narrativa utile al mainstream: quella del giornalista eroico minacciato da forze oscure, che deve essere difeso dal potere politico stesso.
    Un paradosso perfetto: chi dovrebbe essere il bersaglio diventa, in realtà, l’attore principale di una messa in scena che rafforza il sistema che finge di combattere.
    Post 3 – IL RUOLO DI SISTEMA DEL GIORNALISTA “SOTTO ATTACCO”
    In ogni momento di crisi di fiducia verso i media, il sistema reagisce in modo prevedibile: rilancia figure come Ranucci per ridare legittimità morale alla stampa istituzionale.
    Quando il pubblico inizia a percepire la manipolazione dell’informazione, serve un simbolo di “verità perseguitata”.
    Ranucci diventa così il protagonista perfetto di una sceneggiatura politica: un giornalista “coraggioso” che affronta “minacce anonime”, protetto dalle istituzioni e celebrato dalle stesse forze di potere che dice di denunciare.
    È un meccanismo studiato.
    Il potere sa che per sopravvivere deve simulare al proprio interno una quota di conflitto controllato: apparire diviso per essere più credibile.
    In realtà, la funzione del dissenso istituzionalizzato è proprio neutralizzare il vero dissenso.
    Mentre l’attenzione del pubblico viene dirottata su un presunto attacco a Report, restano fuori dall’agenda mediatica i dossier realmente scomodi: i rapporti fra politica e finanza, l’influenza delle multinazionali sui media, il ruolo delle intelligence nei processi giudiziari, e la progressiva erosione della sovranità nazionale.
    Il risultato è che il “giornalista minacciato” diventa uno scudo narrativo per l’establishment.
    L’intera vicenda rafforza l’idea che chi critica i media ufficiali sia un potenziale pericolo per la democrazia.
    E così, mentre il potere si autoassolve celebrando la propria “libertà di stampa”, il vero giornalismo d’inchiesta — quello che indaga davvero su chi comanda — resta invisibile, marginalizzato, e privo di voce.

    Source: https://www.facebook.com/story.php?story_fbid=10229586144179377&id=1276122023&post_id=1276122023_10229586144179377&rdid=By0LdSJgnVcqb30V
    PER NON DIMENTICARE e FARE UN PO' di CHIAREZZA! L’ENIGMA RANUCCI: IL GIORNALISTA SCOMODO CHE NON DISTURBA IL POTERE! Sempre solidale con chiunque subisca ogni tipo di intimidazione, compreso il soggetto in questione, vi propongo questi interessanti e condivisibili post sulla figura di Sigfrido Ranucci, il giornalista che durante la pandemia pubblicizzava senza farsi alcuna domanda i sieri sperimentali che continuano tutt’oggi a mietere vittime anche fra i suoi colleghi e proponeva imperdibili inchieste della durata di un’ora sull’evoluzione della pizza in Italia, con un inedito focus sulla mangiata dell’ex presidente Bill Clinton in una pizzeria di Napoli…tutto questo nel periodo in cui tutti i diritti fondamentali dell’uomo venivano calpestati da un banchiere criminale nel silenzio di (quasi) tutte le trasmissioni televisive, fra cui la sua. Buona lettura. Post 1 Sigfrido Ranucci viene presentato da anni come simbolo del giornalismo d’inchiesta italiano, “voce scomoda” contro i poteri forti. Eppure, se si osserva con attenzione la linea editoriale di Report, emerge un quadro molto diverso da quello percepito dal grande pubblico. I servizi del programma non toccano mai le questioni centrali del potere reale: il ruolo dell’Unione Europea e della BCE nell’impoverimento economico del Paese, le responsabilità politiche nella gestione pandemica, i rapporti fra magistratura e intelligence, l’impatto delle politiche migratorie sulla sicurezza e sull’identità sociale. Temi di questa portata vengono costantemente evitati. Si preferisce orientare l’attenzione verso fenomeni di corruzione secondaria, conflitti di interesse marginali o presunti scandali a basso rischio politico. In questo senso, Report svolge una funzione precisa: incanalare l’indignazione pubblica verso bersagli innocui. Il risultato è duplice: da un lato si alimenta l’immagine del giornalismo “libero”, dall’altro si impedisce che l’opinione pubblica concentri la propria attenzione sui veri centri di potere. Non è un caso che Ranucci, pur dichiarandosi “in pericolo”, goda di massima copertura istituzionale, sia da parte del Quirinale che dell’Unione Europea, che ne difendono costantemente l’operato in nome della “libertà di stampa”. È difficile considerare realmente scomodo chi opera all’interno del servizio pubblico e gode di protezione politica trasversale. In un Paese dove giornalisti indipendenti vengono querelati, censurati o isolati, l’immagine del “cronista coraggioso sotto scorta” funziona come una narrazione utile al sistema: serve a dare credibilità a un’informazione che, in realtà, si muove entro confini molto ben definiti. Post 2 – L’ATTENTATO IMPOSSIBILE: UNA NARRAZIONE COSTRUITA? Dal 2021 Sigfrido Ranucci vive sotto scorta. Ciò significa che la sua abitazione, i suoi spostamenti e la sua vettura rientrano in protocolli di sicurezza estremamente rigidi. Ogni ingresso, parcheggio e itinerario è monitorato. Per questo motivo, la notizia secondo cui qualcuno sarebbe riuscito a collocare un ordigno esplosivo nella sua auto appare tecnicamente poco plausibile, se non impossibile, a meno di gravi complicità interne. L’attentato, così come raccontato, presenta quindi una doppia anomalia: o i protocolli di protezione sono falliti in modo clamoroso — cosa che dovrebbe comportare immediate dimissioni di funzionari e scorte — oppure la vicenda ha una forte componente scenica e comunicativa. Il tempismo mediatico lo conferma: subito dopo la notizia, esponenti politici di tutti i partiti hanno espresso solidarietà, il Quirinale ha ribadito il valore del “giornalismo libero”, e i media hanno rilanciato la narrazione dell’Italia come “paese pericoloso per chi fa informazione”. Ma di quale informazione si parla? Ranucci non ha mai prodotto inchieste che mettessero realmente in crisi i vertici del potere politico o finanziario. Non ha mai toccato temi come l’adesione incondizionata dell’Italia alla NATO, la gestione opaca dei fondi del PNRR, o le pressioni sovranazionali in materia sanitaria ed energetica. Eppure viene presentato come simbolo della libertà di parola. L’ipotesi più coerente è che l’“attentato” serva a consolidare una narrativa utile al mainstream: quella del giornalista eroico minacciato da forze oscure, che deve essere difeso dal potere politico stesso. Un paradosso perfetto: chi dovrebbe essere il bersaglio diventa, in realtà, l’attore principale di una messa in scena che rafforza il sistema che finge di combattere. Post 3 – IL RUOLO DI SISTEMA DEL GIORNALISTA “SOTTO ATTACCO” In ogni momento di crisi di fiducia verso i media, il sistema reagisce in modo prevedibile: rilancia figure come Ranucci per ridare legittimità morale alla stampa istituzionale. Quando il pubblico inizia a percepire la manipolazione dell’informazione, serve un simbolo di “verità perseguitata”. Ranucci diventa così il protagonista perfetto di una sceneggiatura politica: un giornalista “coraggioso” che affronta “minacce anonime”, protetto dalle istituzioni e celebrato dalle stesse forze di potere che dice di denunciare. È un meccanismo studiato. Il potere sa che per sopravvivere deve simulare al proprio interno una quota di conflitto controllato: apparire diviso per essere più credibile. In realtà, la funzione del dissenso istituzionalizzato è proprio neutralizzare il vero dissenso. Mentre l’attenzione del pubblico viene dirottata su un presunto attacco a Report, restano fuori dall’agenda mediatica i dossier realmente scomodi: i rapporti fra politica e finanza, l’influenza delle multinazionali sui media, il ruolo delle intelligence nei processi giudiziari, e la progressiva erosione della sovranità nazionale. Il risultato è che il “giornalista minacciato” diventa uno scudo narrativo per l’establishment. L’intera vicenda rafforza l’idea che chi critica i media ufficiali sia un potenziale pericolo per la democrazia. E così, mentre il potere si autoassolve celebrando la propria “libertà di stampa”, il vero giornalismo d’inchiesta — quello che indaga davvero su chi comanda — resta invisibile, marginalizzato, e privo di voce. Source: https://www.facebook.com/story.php?story_fbid=10229586144179377&id=1276122023&post_id=1276122023_10229586144179377&rdid=By0LdSJgnVcqb30V
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  • MANOVRA 2025 – Primo assaggio. Né sorprese, né imprese

    L’economia non è un concetto astratto: è fatta di persone.
    E la politica non è un evento celeste, ma un insieme di scelte — prese da individui ben precisi a cui, per volontà o per inerzia, concediamo carta bianca.

    Eppure, davanti all’ennesima legge di bilancio, sembriamo reagire come sempre: con una scrollata di spalle.
    Mentre ci distraiamo su discussioni marginali — tipo l’uso “improprio” del termine cortigiano/a — il governo ci serve il vero piatto forte di fine anno: la manovra 2025, che di “improprio” non ha nulla, ma riflette perfettamente la sua impronta ideologica.
    Nulla di sorprendente, appunto.

    Siamo ancora alla fase preliminare, con conferenze stampa, bozze e iter parlamentari da smaltire tra una commissione e l’altra, ma il copione è già chiaro: nessuna rivoluzione, nessuna impresa.
    Solo un altro giro di giostra finanziato a debito, condito da qualche contentino ben calibrato.

    La manovra vale circa 18,7 miliardi di euro.
    Meloni la definisce “molto seria ed equilibrata”, e in effetti è più leggera delle precedenti — almeno sulla carta.
    Tra le voci principali:

    ⚫️ Sostegno alla famiglia: circa 1,6 miliardi di euro in più, con esenzioni della prima casa dal calcolo ISEE fino a un certo valore catastale, per favorire l’accesso a misure come assegno unico, bonus nido e assegno di inclusione.

    ⚫️Fisco e lavoro: semplificazione delle aliquote IRPEF e taglio del cuneo fiscale per i redditi medio-bassi, con ampliamento della platea dei beneficiari della flat tax.

    ⚫️Politiche sociali: rifinanziamento della carta “Dedicata a te”, per un totale di 500 milioni di euro.


    In sintesi, una manovra che conferma l’approccio tradizionalista e conservatore del centrodestra: pochi obiettivi, chiari ma limitati.
    Tanto sostegno alle famiglie, qualche ritocco fiscale e un’apparente sobrietà che nasconde una precisa filosofia politica: spendere dove si vuole, tagliare dove non serve (a loro).


    È presto per bilanci definitivi, ma sappiamo già cosa aspettarci.
    E sappiamo anche quali voci di spesa gridano vendetta.

    Da un lato, quella da togliere: la spesa militare.
    Dall’altro, quella da proteggere e potenziare: l’informazione, la cultura, la comunicazione libera e indipendente.

    Ma la partita, lo sappiamo, è già persa.

    Il Documento programmatico pluriennale per la Difesa prevede investimenti da 130 a 140 miliardi di euro nei prossimi 15 anni per sistemi d’arma, infrastrutture e mezzi militari — con ulteriori 12 miliardi già previsti nella manovra per il 2026.
    Tutto in linea con i target NATO, ovviamente.
    Perché la pace, a quanto pare, passa ancora per le armi.

    Nel frattempo, zero investimenti per il giornalismo, per la cultura, per chi tiene accesa la luce dell’informazione.
    Ci indigniamo per gli attacchi a figure come Sigfrido Ranucci, ma non muoviamo un dito per costruire un sistema che tuteli chi racconta il Paese, anche quando il racconto non piace.

    Non che mi aspettassi qualcosa di diverso ma si prosegue con la linea di pensiero fatta di tagli e scarsità di risorse per la cultura e per la salvaguardia dell'informazione italiana, con assenza di investimenti significativi in questi settori, che dunque ne escono penalizzati rispetto alla spesa per la difesa. Ma poi per difenderci da cosa?

    Forse dobbiamo iniziare a difenderci da noi stessi e questa routine politica imbarazzante che giustamente è stata ancora una volta premiata da un meritato e sacrosanto astensionismo che non fa più rima con menefreghismo ma con una sana presa di posizione e coscienza.


    #Manovra2025 #PoliticaItaliana #EconomiaReale #FinanzaPubblica #BilancioStato #CulturaEDemocrazia #SpesaMilitare #InformazioneLibera
    MANOVRA 2025 🔥 – Primo assaggio. Né sorprese, né imprese L’economia non è un concetto astratto: è fatta di persone. E la politica non è un evento celeste, ma un insieme di scelte — prese da individui ben precisi a cui, per volontà o per inerzia, concediamo carta bianca. Eppure, davanti all’ennesima legge di bilancio, sembriamo reagire come sempre: con una scrollata di spalle. Mentre ci distraiamo su discussioni marginali — tipo l’uso “improprio” del termine cortigiano/a — il governo ci serve il vero piatto forte di fine anno: la manovra 2025, che di “improprio” non ha nulla, ma riflette perfettamente la sua impronta ideologica. Nulla di sorprendente, appunto. Siamo ancora alla fase preliminare, con conferenze stampa, bozze e iter parlamentari da smaltire tra una commissione e l’altra, ma il copione è già chiaro: nessuna rivoluzione, nessuna impresa. Solo un altro giro di giostra finanziato a debito, condito da qualche contentino ben calibrato. La manovra vale circa 18,7 miliardi di euro. Meloni la definisce “molto seria ed equilibrata”, e in effetti è più leggera delle precedenti — almeno sulla carta. Tra le voci principali: ⚫️ Sostegno alla famiglia: circa 1,6 miliardi di euro in più, con esenzioni della prima casa dal calcolo ISEE fino a un certo valore catastale, per favorire l’accesso a misure come assegno unico, bonus nido e assegno di inclusione. ⚫️Fisco e lavoro: semplificazione delle aliquote IRPEF e taglio del cuneo fiscale per i redditi medio-bassi, con ampliamento della platea dei beneficiari della flat tax. ⚫️Politiche sociali: rifinanziamento della carta “Dedicata a te”, per un totale di 500 milioni di euro. In sintesi, una manovra che conferma l’approccio tradizionalista e conservatore del centrodestra: pochi obiettivi, chiari ma limitati. Tanto sostegno alle famiglie, qualche ritocco fiscale e un’apparente sobrietà che nasconde una precisa filosofia politica: spendere dove si vuole, tagliare dove non serve (a loro). È presto per bilanci definitivi, ma sappiamo già cosa aspettarci. E sappiamo anche quali voci di spesa gridano vendetta. 👉 Da un lato, quella da togliere: la spesa militare. Dall’altro, quella da proteggere e potenziare: l’informazione, la cultura, la comunicazione libera e indipendente. Ma la partita, lo sappiamo, è già persa. Il Documento programmatico pluriennale per la Difesa prevede investimenti da 130 a 140 miliardi di euro nei prossimi 15 anni per sistemi d’arma, infrastrutture e mezzi militari — con ulteriori 12 miliardi già previsti nella manovra per il 2026. Tutto in linea con i target NATO, ovviamente. Perché la pace, a quanto pare, passa ancora per le armi. 👉 Nel frattempo, zero investimenti per il giornalismo, per la cultura, per chi tiene accesa la luce dell’informazione. Ci indigniamo per gli attacchi a figure come Sigfrido Ranucci, ma non muoviamo un dito per costruire un sistema che tuteli chi racconta il Paese, anche quando il racconto non piace. Non che mi aspettassi qualcosa di diverso ma si prosegue con la linea di pensiero fatta di tagli e scarsità di risorse per la cultura e per la salvaguardia dell'informazione italiana, con assenza di investimenti significativi in questi settori, che dunque ne escono penalizzati rispetto alla spesa per la difesa. Ma poi per difenderci da cosa? Forse dobbiamo iniziare a difenderci da noi stessi e questa routine politica imbarazzante che giustamente è stata ancora una volta premiata da un meritato e sacrosanto astensionismo che non fa più rima con menefreghismo ma con una sana presa di posizione e coscienza. #Manovra2025 #PoliticaItaliana #EconomiaReale #FinanzaPubblica #BilancioStato #CulturaEDemocrazia #SpesaMilitare #InformazioneLibera
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  • QUESTO E' VERAMENTE SCANDALOSO, DOPO l'INCIUCIO per IL NUOVO STADIO di S. Siro, ANCHE QUESTO! SALA DIMETTITI!
    Milano mantiene gemellaggio con Tel Aviv: proteste in Consiglio
    Il Consiglio comunale di Milano boccia la proposta dei Verdi. Manifestanti caricati dalla polizia, alcuni feriti alla testa.
    Niente stop al gemellaggio con Tel Aviv. A deciderlo è il Consiglio comunale di Milano che ha votato contro la proposta dei Verdi di revocare la collaborazione. 9 voti favorevoli, 21 contrari e 6 astenuti. Con parte della maggioranza di centrosinistra che ha votato contro. Subito dopo la votazione si sono scatenate le proteste. Prima dentro l’aula, con diversi cittadini che hanno accusato il consiglio “di essere complici del genocidio”. E poi fuori con duemila manifestanti che hanno provato ad avanzare verso l’entrata di Palazzo Marino e sono stati respinti dalle cariche e dai manganelli delle forze dell’ordine in tenuta antisommossa. Almeno due i manifestanti che hanno riportato ferite alla teste con sangue. “È una vergogna che il Comune non abbia ancora capito che bisogna interrompere i rapporti con Israele per dare un segnale di democrazia – attacca il consigliere dei Verdi Carlo Monguzzi, primo firmatario della mozione – è una cosa che non sta né in cielo né in terra”.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/10/13/gemellaggio-tel-aviv-milano-proteste-scontri-notizie/8159277/
    QUESTO E' VERAMENTE SCANDALOSO, DOPO l'INCIUCIO per IL NUOVO STADIO di S. Siro, ANCHE QUESTO! SALA DIMETTITI! Milano mantiene gemellaggio con Tel Aviv: proteste in Consiglio Il Consiglio comunale di Milano boccia la proposta dei Verdi. Manifestanti caricati dalla polizia, alcuni feriti alla testa. Niente stop al gemellaggio con Tel Aviv. A deciderlo è il Consiglio comunale di Milano che ha votato contro la proposta dei Verdi di revocare la collaborazione. 9 voti favorevoli, 21 contrari e 6 astenuti. Con parte della maggioranza di centrosinistra che ha votato contro. Subito dopo la votazione si sono scatenate le proteste. Prima dentro l’aula, con diversi cittadini che hanno accusato il consiglio “di essere complici del genocidio”. E poi fuori con duemila manifestanti che hanno provato ad avanzare verso l’entrata di Palazzo Marino e sono stati respinti dalle cariche e dai manganelli delle forze dell’ordine in tenuta antisommossa. Almeno due i manifestanti che hanno riportato ferite alla teste con sangue. “È una vergogna che il Comune non abbia ancora capito che bisogna interrompere i rapporti con Israele per dare un segnale di democrazia – attacca il consigliere dei Verdi Carlo Monguzzi, primo firmatario della mozione – è una cosa che non sta né in cielo né in terra”. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/10/13/gemellaggio-tel-aviv-milano-proteste-scontri-notizie/8159277/
    WWW.ILFATTOQUOTIDIANO.IT
    Milano mantiene gemellaggio con Tel Aviv: proteste in Consiglio
    Il Consiglio comunale di Milano boccia la proposta dei Verdi. Manifestanti caricati dalla polizia, alcuni feriti alla testa.
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  • SAN SIRO SVENDUTO, MILANO TRADITA Nessuna speranza senza opposizione...

    Normale essere indignati. Anzi, ormai è quasi scontato: il voto finale sulla delibera di San Siro era scritto da mesi.
    Ci si poteva illudere in un colpo di reni, in qualcuno che avesse la forza di ribaltare un destino già apparecchiato. Ma è arrivata solo l’ennesima colata di cemento e delusione.

    Chi ieri di noi era fuori da Palazzo Marino con cartelli e megafoni ha fatto più opposizione di tutti i consiglieri comunali messi insieme. La verità è semplice: la partita era truccata dall’inizio.

    In Consiglio non esiste destra né sinistra. Esiste una maggioranza trasversale di viltà e convenienze. Forza Italia si astiene per non disturbare, il PD si allinea docilmente al sindaco e ai poteri calcistici. Tutti complici, tutti già pronti a garantirsi la prossima candidatura. Non è politica, è spartizione. Non è democrazia, è svendita.

    E l’opposizione? Un fantasma. Qualche voce isolata, certo. Ma non esiste un’alternativa capace di resistere dentro le istituzioni. Fuori, i cittadini hanno fatto ricorsi, appelli, manifestazioni. Dentro, il vuoto.

    E allora la domanda resta: quando sapremo costruire una vera forza politica? Non eroi solitari, ma uomini e donne con la schiena dritta. Non soldatini da triplo mandato, ma persone disposte a servire la città invece dei capipartito.

    Io non credo che tutto sia perduto. Neanche San Siro. Il TAR ha già respinto il vincolo sul secondo anello, e possiamo discutere di cavilli burocratici fino all’infinito. Ma sul piano dell’etica non ci sono appelli: o ce l’hai, o non ce l’hai. O scegli la strada lunga della giustizia sociale, o le scorciatoie delle promesse di partito.

    Per ora resta la magra consolazione di un San Siro che sopravvivrà fino al 2026, per le Olimpiadi che Milano non ha mai chiesto né desiderato. Dopo? Sarà troppo tardi se non cominciamo a costruire l’alternativa politica adesso.

    #SanSiroResiste
    #MilanoTradita
    #OpposizioneFantasma
    #SvenditaDelFuturo
    #NoAllaSpeculazione
    #MilanoMeritaDiPiù
    #CostruireAlternativa
    #CittadiniInPiedi
    #StopCompromessi
    #difendiamomilano
    SAN SIRO SVENDUTO, MILANO TRADITA ⚡ Nessuna speranza senza opposizione... Normale essere indignati. Anzi, ormai è quasi scontato: il voto finale sulla delibera di San Siro era scritto da mesi. Ci si poteva illudere in un colpo di reni, in qualcuno che avesse la forza di ribaltare un destino già apparecchiato. Ma è arrivata solo l’ennesima colata di cemento e delusione. Chi ieri di noi era fuori da Palazzo Marino con cartelli e megafoni ha fatto più opposizione di tutti i consiglieri comunali messi insieme. La verità è semplice: la partita era truccata dall’inizio. In Consiglio non esiste destra né sinistra. Esiste una maggioranza trasversale di viltà e convenienze. Forza Italia si astiene per non disturbare, il PD si allinea docilmente al sindaco e ai poteri calcistici. Tutti complici, tutti già pronti a garantirsi la prossima candidatura. Non è politica, è spartizione. Non è democrazia, è svendita. E l’opposizione? Un fantasma. Qualche voce isolata, certo. Ma non esiste un’alternativa capace di resistere dentro le istituzioni. Fuori, i cittadini hanno fatto ricorsi, appelli, manifestazioni. Dentro, il vuoto. E allora la domanda resta: quando sapremo costruire una vera forza politica? Non eroi solitari, ma uomini e donne con la schiena dritta. Non soldatini da triplo mandato, ma persone disposte a servire la città invece dei capipartito. Io non credo che tutto sia perduto. Neanche San Siro. Il TAR ha già respinto il vincolo sul secondo anello, e possiamo discutere di cavilli burocratici fino all’infinito. Ma sul piano dell’etica non ci sono appelli: o ce l’hai, o non ce l’hai. O scegli la strada lunga della giustizia sociale, o le scorciatoie delle promesse di partito. Per ora resta la magra consolazione di un San Siro che sopravvivrà fino al 2026, per le Olimpiadi che Milano non ha mai chiesto né desiderato. Dopo? Sarà troppo tardi se non cominciamo a costruire l’alternativa politica adesso. #SanSiroResiste #MilanoTradita #OpposizioneFantasma #SvenditaDelFuturo #NoAllaSpeculazione #MilanoMeritaDiPiù #CostruireAlternativa #CittadiniInPiedi #StopCompromessi #difendiamomilano
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