• *25° RESPIRANDO POESIA – La follia della guerra, la parola della pace*

    Oggi ci ritroviamo, ancora una volta, con gli amici poeti dell’associazione Respirando Poesia per un incontro speciale che unisce arte, emozione e impegno civile.

    All’interno del Festival Internazionale di Poesia di Milano, il 25° appuntamento si presenta con un titolo evocativo:
    “C’è qualcosa di FOLLE oggi nel sole (anzi d’antico)”,
    per denunciare attraverso la poesia tutta la follia della guerra e restituire voce a un orizzonte dove sia la Pace a pronunciare l’ultima parola.
    Un pomeriggio in cui saranno i versi – non i comizi – a costruire ponti tra popoli e coscienze.

    Parteciperanno al reading le Poete e i Poeti dell’associazione, ma anche tu puoi salire sul palco:
    l’Open Mic è aperto a tutti.

    Quando: Sabato 17 maggio, ore 16:00
    Dove: Spazio Bistrot, Festival Internazionale di Poesia di Milano - MUDEC , Via Tortona 56, Milano.

    Info evento e dettagli: https://www.facebook.com/share/p/1GBFEeD43p/

    #RespirandoPoesia #FestivalPoesiaMilano #PoesiaPerLaPace #ParoleCheUniscono #OpenMicMilano #EventiCulturali #PoesiaContemporanea
    *25° RESPIRANDO POESIA – La follia della guerra, la parola della pace* Oggi ci ritroviamo, ancora una volta, con gli amici poeti dell’associazione Respirando Poesia per un incontro speciale che unisce arte, emozione e impegno civile. All’interno del Festival Internazionale di Poesia di Milano, il 25° appuntamento si presenta con un titolo evocativo: “C’è qualcosa di FOLLE oggi nel sole (anzi d’antico)”, per denunciare attraverso la poesia tutta la follia della guerra e restituire voce a un orizzonte dove sia la Pace a pronunciare l’ultima parola. Un pomeriggio in cui saranno i versi – non i comizi – a costruire ponti tra popoli e coscienze. Parteciperanno al reading le Poete e i Poeti dell’associazione, ma anche tu puoi salire sul palco: l’Open Mic è aperto a tutti. Quando: Sabato 17 maggio, ore 16:00 Dove: Spazio Bistrot, Festival Internazionale di Poesia di Milano - MUDEC , Via Tortona 56, Milano. Info evento e dettagli: https://www.facebook.com/share/p/1GBFEeD43p/ #RespirandoPoesia #FestivalPoesiaMilano #PoesiaPerLaPace #ParoleCheUniscono #OpenMicMilano #EventiCulturali #PoesiaContemporanea
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  • RAI – Oscurantismo nostrano in prima serata

    Abbiamo fatto della libertà di espressione una bandiera. Abbiamo difeso voci scomode, icone come Julian Assange, abbiamo creduto che un servizio pubblico dovesse servire... il pubblico. E invece? Ecco l’ennesima dimostrazione che servizio pubblico non significa più informazione pluralista, ma piuttosto esecuzione di ordini dall’alto.

    Mentre politici di primo piano invitano apertamente a disertare le urne (una roba che in altri Paesi suonerebbe come un golpe), la RAI – che ricordiamolo, paghiamo noi – si chiude in un silenzio assordante.
    Zero dibattiti, zero servizi informativi, zero spazio ai cittadini.
    Il referendum? Non pervenuto.
    Eppure, si parla di un voto che riguarda diritti, libertà, e futuro. Ma il grande assente in questa democrazia mutilata è proprio lui: l’accesso all’informazione.
    Questo blackout mediatico non è una svista: è una scelta.

    E allora ci chiediamo: con quale faccia si ripresenteranno tra qualche mese a chiederci fiducia, consenso, legittimità

    Ma attenzione: non è il momento di scivolare nel vittimismo o nella sterile indignazione da social. Il cambiamento non passa solo dalle denunce, ma dall’azione. E oggi l’azione concreta è firmare e diffondere questa petizione nata dal basso, da chi crede ancora nella Democrazia Diretta e nella partecipazione attiva:

    FIRMA QUI:

    https://www.change.org/p/la-rai-deve-informare-non-censurare-stop-all-oscuramento-dei-referendum

    Unisciti anche tu alla richiesta di trasparenza: la RAI deve informare, non censurare.

    Le contraddizioni del nostro Paese le conosciamo bene. Ma non possono diventare un alibi per arrenderci.
    Non lasciamo che l’informazione diventi un privilegio riservato a pochi.

    Non deleghiamo, partecipiamo.
    Facciamoci sentire. Adesso.

    #StopCensuraRAI #Referendum2025 #LibertàDiInformazione #ServizioPubblico #DemocraziaDiretta #PartecipazioneAttiva #InformazioneÈPotere #FirmaLaPetizione #ControLOscurantismo #LaRAISeiTu
    RAI – Oscurantismo nostrano in prima serata ๐Ÿ“บ๐Ÿ•ณ๏ธ Abbiamo fatto della libertà di espressione una bandiera. Abbiamo difeso voci scomode, icone come Julian Assange, abbiamo creduto che un servizio pubblico dovesse servire... il pubblico. E invece? Ecco l’ennesima dimostrazione che servizio pubblico non significa più informazione pluralista, ma piuttosto esecuzione di ordini dall’alto. Mentre politici di primo piano invitano apertamente a disertare le urne (una roba che in altri Paesi suonerebbe come un golpe), la RAI – che ricordiamolo, paghiamo noi – si chiude in un silenzio assordante. Zero dibattiti, zero servizi informativi, zero spazio ai cittadini. Il referendum? Non pervenuto. Eppure, si parla di un voto che riguarda diritti, libertà, e futuro. Ma il grande assente in questa democrazia mutilata è proprio lui: l’accesso all’informazione. Questo blackout mediatico non è una svista: è una scelta. E allora ci chiediamo: con quale faccia si ripresenteranno tra qualche mese a chiederci fiducia, consenso, legittimitàโ‰๏ธ Ma attenzione: non è il momento di scivolare nel vittimismo o nella sterile indignazione da social. Il cambiamento non passa solo dalle denunce, ma dall’azione. E oggi l’azione concreta è firmare e diffondere questa petizione nata dal basso, da chi crede ancora nella Democrazia Diretta e nella partecipazione attiva: ๐Ÿ‘‰FIRMA QUI: https://www.change.org/p/la-rai-deve-informare-non-censurare-stop-all-oscuramento-dei-referendum Unisciti anche tu alla richiesta di trasparenza: la RAI deve informare, non censurare. Le contraddizioni del nostro Paese le conosciamo bene. Ma non possono diventare un alibi per arrenderci. Non lasciamo che l’informazione diventi un privilegio riservato a pochi. Non deleghiamo, partecipiamo. Facciamoci sentire. Adesso. #StopCensuraRAI #Referendum2025 #LibertàDiInformazione #ServizioPubblico #DemocraziaDiretta #PartecipazioneAttiva #InformazioneÈPotere #FirmaLaPetizione #ControLOscurantismo #LaRAISeiTu
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  • ๐ˆ๐ฅ ๐ง๐ฎ๐จ๐ฏ๐จ ๐ง๐ฎ๐ฆ๐ž๐ซ๐จ ๐๐ž ๐ข๐ฅ ๐’๐”๐ƒ ๐Œ๐ข๐ฅ๐š๐ง๐จ ๐ž‌ ๐ข๐ง ๐๐ข๐ฌ๐ญ๐ซ๐ข๐›๐ฎ๐ณ๐ข๐จ๐ง๐ž! / Maggio 2025

    Puntualmente insieme a voi con nuovi servizi e approfondimenti ma soprattutto dando spazio & voce ai #Territori โ—๏ธ

    E ancora: interviste, cultura, storie di impegno, resistenza e rubriche su musica, serie TV ecc..


    Vuoi leggerlo in anteprima? Clicca qui:

    https://www.ilsudmilano.it/2025/05/07/il-sud-milano-di-maggio-e-in-distribuzione-dal-7-maggio-non-perdetelo/?fbclid=IwY2xjawKKw-xleHRuA2FlbQIxMQABHnVrGXRTnj8odDp8dLZQ3T9iWyrSPNX0cJckFfM1mFAuq3odA0EoI4nSb4vD_aem_FqpQqZVHdH5rnUFWnSx2Gg


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    ๐Ÿ“ข ๐ˆ๐ฅ ๐ง๐ฎ๐จ๐ฏ๐จ ๐ง๐ฎ๐ฆ๐ž๐ซ๐จ ๐๐ž ๐ข๐ฅ ๐’๐”๐ƒ ๐Œ๐ข๐ฅ๐š๐ง๐จ ๐ž‌ ๐ข๐ง ๐๐ข๐ฌ๐ญ๐ซ๐ข๐›๐ฎ๐ณ๐ข๐จ๐ง๐ž! ๐Ÿ“ข / Maggio 2025 Puntualmente insieme a voi con nuovi servizi e approfondimenti ma soprattutto dando spazio & voce ai #Territori โ—๏ธ๐Ÿ‘ ๐Ÿ—ž๏ธ E ancora: interviste, cultura, storie di impegno, resistenza e rubriche su musica, serie TV ecc.. ๐Ÿ“ฐ Vuoi leggerlo in anteprima? Clicca qui๐Ÿ‘‰: https://www.ilsudmilano.it/2025/05/07/il-sud-milano-di-maggio-e-in-distribuzione-dal-7-maggio-non-perdetelo/?fbclid=IwY2xjawKKw-xleHRuA2FlbQIxMQABHnVrGXRTnj8odDp8dLZQ3T9iWyrSPNX0cJckFfM1mFAuq3odA0EoI4nSb4vD_aem_FqpQqZVHdH5rnUFWnSx2Gg ๐Ÿ”— Seguici su Facebook: facebook.com/ilSUDMilano #ilsudmilano #milano #cultura #Teatro #musica #attualita‌ #cronacalocale #societa‌ #eventimilano #notizie #interviste #inchieste #rubriche #FreePress #digitaljournal #giornale
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  • ULTIMA ORA: L'UE blocca il volo di Fico per Mosca!

    Polonia e Lituania hanno vietato all'aereo del Primo Ministro slovacco Robert Fico di sorvolare il loro spazio aereo per partecipare al Giorno della Vittoria in Russia.

    "Esilarante", ha detto. "Immaginate a che punto sono ora le relazioni internazionali".

    Fico ha ancora intenzione di andarci.

    https://europeanconservative.com/articles/news-corner/eu-states-close-airspace-to-fico-vucic-en-route-to-moscow/
    ULTIMA ORA: L'UE blocca il volo di Fico per Mosca! Polonia e Lituania hanno vietato all'aereo del Primo Ministro slovacco Robert Fico di sorvolare il loro spazio aereo per partecipare al Giorno della Vittoria in Russia. "Esilarante", ha detto. "Immaginate a che punto sono ora le relazioni internazionali". Fico ha ancora intenzione di andarci. https://europeanconservative.com/articles/news-corner/eu-states-close-airspace-to-fico-vucic-en-route-to-moscow/
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  • STA INIZIANDO LA GUERRA, ITALIOTI

    Maurizio Blondet 5 Maggio 2025

    Di Paolo Di Mizio

    Temo che gli italiani non si rendano conto di dove ci stia trascinando la follia di un’Europa a guida franco-anglo-tedesca nonché – udite, udite – a guida baltica (tre paeselli grandi come il Molise e con un PIL pari a quello dell’Abruzzo che determinano la politica del continente più prospero del mondo!) Insieme alla follia europea c’è l’acquiescenza furbesca e deleteria del nostro governo.

    I punti essenziali da conoscere sono i seguenti:

    L’Europa si sta vistosamente riarmando in funzione antirussa e sarà pronta entro 4 o 5 anni (4 anni, secondo le stime della NATO, 5 secondo l’UE).
    La Russia, che voglia o no la guerra, non aspetterà 4 anni per avere 500 milioni di europei pronti ad attaccarla e quindi non avrà altra scelta che attaccare “prima” che gli europei abbiano completato il riarmo e allestito le difese.
    La Russia sa che non avrebbe la minima chance di vittoria in una guerra tradizionale contro 32 Paesi della NATO che sono anche i 32 paesi più ricchi del mondo, e quindi non attaccherà con le forze tradizionali (aerei, carri armati, missili, cannoni, ecc.) bensì lancerà un “first strike” (il primo colpo, senza preavviso) con le sue armi atomiche, che le garantiscono la superiorità.
    Il punto 3 non è un’opinione, è una certezza matematica e nessuna autorità militare la contesta o l’ha mai contestata (era così anche ai tempi dell’URSS e della guerra fredda). Volete sapere quali saranno in Europa i primi obiettivi della prima ondata di missili balistici nucleari? Questo è già noto: saranno le basi di stoccaggio delle armi nucleari americane in Europa nonché i depositi delle armi nucleari francesi e britanniche, nonché tutti i complessi militari che rendono possibile l’utilizzo delle atomiche occidentali (porti, aeroporti, basi sotterranee). L’Italia è il paese che ospita il maggior numero di atomiche americane nel mondo, dopo gli USA stessi.

    Pertanto non è difficile immaginare quali obiettivi siano già inseriti nel programma automatico di lancio del “first strike” nucleare russo. Per l’Italia gli obiettivi prioritari saranno:

    AVIANO (Pordenone), base nucleare.
    GHEDI (Brescia), base nucleare.
    TRIESTE e MONFALCONE, i cui porti stanno per essere trasformati in basi NATO che servirebbero come snodo per il trasferimento di truppe e armi (anche atomiche) verso l’est europeo.
    NAPOLI, base della flotta americana del Mediterraneo, che a sua volta è armata con testate atomiche.
    SIGONELLA (Sicilia), fulcro fondamentale per il monitoraggio e la “scoperta precoce” (“early warning”) sul fianco sud e sud-ovest della Russia. (Sigonella è la base degli aerei AWACS che da tre anni eseguono voli quotidiani attorno ai confini della Russia e che, teoricamente, sarebbero i primi a “vedere precocemente” i missili atomici russi in viaggio verso l’Europa, una manciata di minuti o di secondi prima che i missili atterrino sugli obiettivi). Tralascio gli obiettivi diciamo “secondari” che però verranno egualmente polverizzati: Vicenza, Pisa, Sardegna, ecc.
    Questo è il panorama. Questa è la realtà. Nella più benigna delle ipotesi, si può mettere in conto fin d’ora la distruzione degli obiettivi suddetti (Pordenone, Brescia, Trieste, Monfalcone, Napoli, mezza Sicilia, ecc.) e l’estinzione totale (TOTALE) delle rispettive popolazioni. Si ipotizzano 25 milioni di morti in Italia nelle prime 24 ore. È questo che vogliamo? Sicuramente no, ma è questo il luogo finale a cui ci stanno portando, molto velocemente, le politiche dell’Europa e del governo italiano. E per molto velocemente si intende nel giro di mesi o al massimo due o tre anni.

    Unione Europea è pronta a raddoppiare il sostegno militare acquistando armi dai produttori ucraini, aumentandone così significativamente il volume – Commissario europeo per la difesa e lo spazio Andrius Kubili

    Zelensky afferma che la Russia attaccherà Xi a Mosca come una falsa bandiera per dare la colpa all’Ucraina.

    “Il 9 maggio potrebbero esserci delle provocazioni da parte dei russi, se qualcuno ci crede ancora può andarsene e provare tutto su se stesso”, ha detto Zelensky durante un briefing con il presidente ceco Pavel. Zelensky aveva già accennato ad attacchi ucraini su Mosca durante la parata del 9 maggio, ma ora afferma che potrebbero essere gli stessi russi a effettuare tali attacchi.

    Il Corriere della Sera merita il premio Orwell per la propaganda di guerra. Titolare in prima pagina rovesciando in maniera così plateale la realtà è davvero oltre ogni decenza.

    Starmer lakulandra raschia il fondo del barile

    La Gran Bretagna ha trasferito tutti i suoi obici semoventi AS-90 da 155 mm all’Ucraina
    STA INIZIANDO LA GUERRA, ITALIOTI Maurizio Blondet 5 Maggio 2025 Di Paolo Di Mizio Temo che gli italiani non si rendano conto di dove ci stia trascinando la follia di un’Europa a guida franco-anglo-tedesca nonché – udite, udite – a guida baltica (tre paeselli grandi come il Molise e con un PIL pari a quello dell’Abruzzo che determinano la politica del continente più prospero del mondo!) Insieme alla follia europea c’è l’acquiescenza furbesca e deleteria del nostro governo. I punti essenziali da conoscere sono i seguenti: L’Europa si sta vistosamente riarmando in funzione antirussa e sarà pronta entro 4 o 5 anni (4 anni, secondo le stime della NATO, 5 secondo l’UE). La Russia, che voglia o no la guerra, non aspetterà 4 anni per avere 500 milioni di europei pronti ad attaccarla e quindi non avrà altra scelta che attaccare “prima” che gli europei abbiano completato il riarmo e allestito le difese. La Russia sa che non avrebbe la minima chance di vittoria in una guerra tradizionale contro 32 Paesi della NATO che sono anche i 32 paesi più ricchi del mondo, e quindi non attaccherà con le forze tradizionali (aerei, carri armati, missili, cannoni, ecc.) bensì lancerà un “first strike” (il primo colpo, senza preavviso) con le sue armi atomiche, che le garantiscono la superiorità. Il punto 3 non è un’opinione, è una certezza matematica e nessuna autorità militare la contesta o l’ha mai contestata (era così anche ai tempi dell’URSS e della guerra fredda). Volete sapere quali saranno in Europa i primi obiettivi della prima ondata di missili balistici nucleari? Questo è già noto: saranno le basi di stoccaggio delle armi nucleari americane in Europa nonché i depositi delle armi nucleari francesi e britanniche, nonché tutti i complessi militari che rendono possibile l’utilizzo delle atomiche occidentali (porti, aeroporti, basi sotterranee). L’Italia è il paese che ospita il maggior numero di atomiche americane nel mondo, dopo gli USA stessi. Pertanto non è difficile immaginare quali obiettivi siano già inseriti nel programma automatico di lancio del “first strike” nucleare russo. Per l’Italia gli obiettivi prioritari saranno: AVIANO (Pordenone), base nucleare. GHEDI (Brescia), base nucleare. TRIESTE e MONFALCONE, i cui porti stanno per essere trasformati in basi NATO che servirebbero come snodo per il trasferimento di truppe e armi (anche atomiche) verso l’est europeo. NAPOLI, base della flotta americana del Mediterraneo, che a sua volta è armata con testate atomiche. SIGONELLA (Sicilia), fulcro fondamentale per il monitoraggio e la “scoperta precoce” (“early warning”) sul fianco sud e sud-ovest della Russia. (Sigonella è la base degli aerei AWACS che da tre anni eseguono voli quotidiani attorno ai confini della Russia e che, teoricamente, sarebbero i primi a “vedere precocemente” i missili atomici russi in viaggio verso l’Europa, una manciata di minuti o di secondi prima che i missili atterrino sugli obiettivi). Tralascio gli obiettivi diciamo “secondari” che però verranno egualmente polverizzati: Vicenza, Pisa, Sardegna, ecc. Questo è il panorama. Questa è la realtà. Nella più benigna delle ipotesi, si può mettere in conto fin d’ora la distruzione degli obiettivi suddetti (Pordenone, Brescia, Trieste, Monfalcone, Napoli, mezza Sicilia, ecc.) e l’estinzione totale (TOTALE) delle rispettive popolazioni. Si ipotizzano 25 milioni di morti in Italia nelle prime 24 ore. È questo che vogliamo? Sicuramente no, ma è questo il luogo finale a cui ci stanno portando, molto velocemente, le politiche dell’Europa e del governo italiano. E per molto velocemente si intende nel giro di mesi o al massimo due o tre anni. Unione Europea è pronta a raddoppiare il sostegno militare acquistando armi dai produttori ucraini, aumentandone così significativamente il volume – Commissario europeo per la difesa e lo spazio Andrius Kubili Zelensky afferma che la Russia attaccherà Xi a Mosca come una falsa bandiera per dare la colpa all’Ucraina. “Il 9 maggio potrebbero esserci delle provocazioni da parte dei russi, se qualcuno ci crede ancora può andarsene e provare tutto su se stesso”, ha detto Zelensky durante un briefing con il presidente ceco Pavel. Zelensky aveva già accennato ad attacchi ucraini su Mosca durante la parata del 9 maggio, ma ora afferma che potrebbero essere gli stessi russi a effettuare tali attacchi. Il Corriere della Sera merita il premio Orwell per la propaganda di guerra. Titolare in prima pagina rovesciando in maniera così plateale la realtà è davvero oltre ogni decenza. Starmer lakulandra raschia il fondo del barile La Gran Bretagna ha trasferito tutti i suoi obici semoventi AS-90 da 155 mm all’Ucraina
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  • Qualche anno dopo la mia nascita, mio padre conobbe una sconosciuta appena arrivata nel nostro piccolo paese.
    Fin da subito ne fu affascinato…
    Tanto da invitarla a vivere con noi.

    La sconosciuta accettò. E, sorprendentemente, anche mia madre lo fece.

    Crescendo, quella presenza diventò parte della mia vita.
    Aveva un posto tutto suo nella nostra casa e nella mia mente.

    Mia madre mi insegnava il bene e il male.
    Mio padre mi insegnava l’obbedienza.
    Ma lei…
    Lei era più forte.

    Ci parlava per ore di misteri, avventure, emozioni.
    Aveva sempre una risposta a tutto.
    Conosceva il passato, il presente… e prevedeva il futuro.
    Non si poteva discutere con lei.
    Aveva sempre l’ultima parola.

    Fu lei a portarci per la prima volta a una partita di calcio,
    a farci ridere, a farci piangere.
    Parlava senza sosta, e mio padre la adorava.
    Mia madre, un po’ gelosa, ci diceva: «Zitti, ascoltiamo».

    Mio padre, a volte, la portava in camera sua… e ci dormiva accanto.
    A mia madre non piaceva, ma la accettò.

    E ora mi chiedo: avrà mai pregato che se ne andasse?

    Mio padre gestiva la casa con principi morali forti.
    Ma lei non era tenuta a seguirli.

    Niente parolacce, niente litigi tra noi.
    Ma lei?
    Parlava in modo volgare, libero, a volte offensivo.
    Faceva arrossire mio padre e mia madre.

    Ci era vietato fumare o bere.
    Ma lei ci incoraggiava, diceva che era “normale”.
    Parlava apertamente (forse troppo) di sesso.
    E oggi so: ha influenzato il mio modo di vedere le relazioni.

    L’abbiamo criticata tante volte.
    Ma non se n’è mai andata.
    Anzi.
    Siamo stati noi a darle spazio. A farla restare.

    Sono passati più di cinquant’anni.
    Lei è ancora lì.
    È cambiata. È più giovane. Più elegante. Più “smart”.
    Sta lì, in silenzio,
    aspettando che qualcuno le dedichi del tempo.

    Il suo nome?

    La Televisione.

    Ora è sposata con il Computer,
    ha un figlio chiamato Tablet,
    e un nipote chiamato Cellulare.

    La sconosciuta ha una famiglia.

    E la nostra?
    Ognuno più distante dall’altro…
    Qualche anno dopo la mia nascita, mio padre conobbe una sconosciuta appena arrivata nel nostro piccolo paese. Fin da subito ne fu affascinato… Tanto da invitarla a vivere con noi. La sconosciuta accettò. E, sorprendentemente, anche mia madre lo fece. Crescendo, quella presenza diventò parte della mia vita. Aveva un posto tutto suo nella nostra casa e nella mia mente. Mia madre mi insegnava il bene e il male. Mio padre mi insegnava l’obbedienza. Ma lei… Lei era più forte. Ci parlava per ore di misteri, avventure, emozioni. Aveva sempre una risposta a tutto. Conosceva il passato, il presente… e prevedeva il futuro. Non si poteva discutere con lei. Aveva sempre l’ultima parola. Fu lei a portarci per la prima volta a una partita di calcio, a farci ridere, a farci piangere. Parlava senza sosta, e mio padre la adorava. Mia madre, un po’ gelosa, ci diceva: «Zitti, ascoltiamo». Mio padre, a volte, la portava in camera sua… e ci dormiva accanto. A mia madre non piaceva, ma la accettò. E ora mi chiedo: avrà mai pregato che se ne andasse? Mio padre gestiva la casa con principi morali forti. Ma lei non era tenuta a seguirli. Niente parolacce, niente litigi tra noi. Ma lei? Parlava in modo volgare, libero, a volte offensivo. Faceva arrossire mio padre e mia madre. Ci era vietato fumare o bere. Ma lei ci incoraggiava, diceva che era “normale”. Parlava apertamente (forse troppo) di sesso. E oggi so: ha influenzato il mio modo di vedere le relazioni. L’abbiamo criticata tante volte. Ma non se n’è mai andata. Anzi. Siamo stati noi a darle spazio. A farla restare. Sono passati più di cinquant’anni. Lei è ancora lì. È cambiata. È più giovane. Più elegante. Più “smart”. Sta lì, in silenzio, aspettando che qualcuno le dedichi del tempo. Il suo nome? La Televisione. ๐Ÿ“บ Ora è sposata con il Computer, ha un figlio chiamato Tablet, e un nipote chiamato Cellulare. La sconosciuta ha una famiglia. E la nostra? Ognuno più distante dall’altro…
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  • Storie della Resistenza che ci piacciono.

    La rivolta pacifica delle donne che salvò 63 uomini in Emilia: "Per 11 giorni in corteo fino alla prigione dopo il rastrellamento dei nazisti" - Il Fatto Quotidiano
    Solo la determinazione delle donne ha permesso di salvare oltre 60 uomini: ecco cosa è successo

    Il 12 marzo 1945 i tedeschi fanno un rastrellamento tra Reggio e Modena. Le donne decidono di andare ogni giorno a piedi (circa due ore solo andata) per chiedere il rilascio di mariti e padri. Barbieri, che all'epoca aveva 13 anni: "Ricordo la paura". Ferrari (Anpi): "Qui la partecipazione popolare ha permesso la lotta partigiana"

    La rivolta pacifica delle donne che salvò 63 uomini in Emilia: “Per 11 giorni in corteo fino alla prigione dopo il rastrellamento dei nazisti”
    di Martina Castigliani
    Il 12 marzo 1945 i tedeschi fanno un rastrellamento tra Reggio e Modena. Le donne decidono di andare ogni giorno a piedi (circa due ore solo andata) per chiedere il rilascio di mariti e padri. Barbieri, che all'epoca aveva 13 anni: "Ricordo la paura". Ferrari (Anpi): "Qui la partecipazione popolare ha permesso la lotta partigiana"

    La nebbia, quel giorno, è fittissima. “Di quelle pesanti e piovose che penetrano nelle ossa”, racconta chi c’era. In Pianura Padana, nel lembo di terra che separa Correggio e Carpi, tra Reggio Emilia e Modena, vuol dire non riuscire a vedere oltre i propri piedi. Che il 12 marzo 1945 c’è un rastrellamento in corso, gli abitanti della frazione di Budrione lo capiscono dalle voci serrate dei comandi: ogni 10 metri c’è una testa e gli ordini si passano da uomo a uomo “come in una battuta di caccia”. Quello che avviene a un mese dalla Liberazione dal Nazifascismo è uno dei tanti episodi quasi sconosciuti di una guerra che ha travolto le campagne dove si nascondevano i partigiani. Questa volta però, l’epilogo è unico: a risolvere e impedire l’ennesimo eccidio sarà la resistenza civile e pacifica delle donne. Un atto raccontato in un libro preziosissimo del 2005, voluto dall’Anpi di Carpi (circolo E. Goldoni) e curato da Annamaria Loschi. Si intitola “Il coraggio delle donne” ed è un documento storico: contiene decine di testimonianze, molte delle quali di persone che ora non ci sono più, e che ricostruiscono un fatto mai arrivato sulle cronache nazionali. Ma che nelle campagne della bassa emiliana nessuno, finora, ha mai scordato. A raccontarlo sono i figli di chi quel giorno nero venne catturato: “Io avevo 13 anni e presero mio padre”, dice a ilfattoquotidiano.it Augusto Barbieri che ora di anni ne ha 93. “Anzi, di casa mia presero quattro uomini. Ricordo la paura. Tantissima paura”. Il rastrellamento lo fanno i tedeschi per vendicare l’agguato a un auto dei loro, avvenuto una settimana prima. A bordo c’erano un ufficiale e un sottoufficiale della Wehrmacht e un soldato mongolo: i primi due sapevano troppo e sono stati eliminati, il terzo ha chiesto e ottenuto di unirsi ai partigiani. I tedeschi non lo sanno e organizzano una controffensiva per liberarli che inizia alle 6 del mattino: catturano più di sessanta uomini (se ne contano almeno 63) e poi, in colonna, li portano in carcere a Correggio. Ma a quel punto succede qualcosa che nessun soldato nemico avrebbe potuto prevedere: i prigionieri vengono seguiti dalle donne in corteo che, sfidando armi e bombardamenti, ne chiedono il rilascio. Sono quasi due ore di cammino, quattro andata e ritorno, che ripeteranno ogni giorno per undici giorni. Fino alla liberazione.

    Il rastrellamento – Siamo a pochi km da Fossoli, dove sorgeva il campo di concentramento e transito verso i lager nazisti. In questa piana infinita, dove a sprazzi sorgono casolari e stalle, si nascondono i partigiani. Qui trovano accoglienza, mentre la vita quotidiana fatta di albe e lavoro va avanti. Il rastrellamento arriva all’improvviso e stravolge le comunità di Budrione, Fossoli e Migliarina. Se oggi sappiamo cosa è avvenuto, è grazie alle voci dei testimoni raccolte da Loschi in collaborazione con Augusto Barbieri, Pierino Bassoli e Lauro Cestelli. “Abbiamo cercato di parlare con più persone possibile”, ricorda Barbieri. Qui riportiamo alcune delle testimonianze contenute nel libro, ancora disponibile presso l’Anpi di Carpi. “Avevo 22 anni, quella mattina eravamo già tutti al lavoro”, dice Isden Morelli. “I tedeschi sono arrivati a casa nostra e hanno portato via con sé mio padre Bortolomeo e mio fratello Brenno”. Dante Bonatti parla del papà Dario che era “falegname e fabbro” ed era “anche addetto alle riparazioni delle armi dei partigiani. Eravamo tutti svegli”, “il rastrellamento è iniziato alle 5.30 del mattino”. Insieme ai tedeschi ci sono anche dei componenti della Brigata Nera di Carpi, che “in tuta grigioverde, avanzava nella nebbia fittissima. Questi ultimi erano ragazzi di 15-16 anni che noi conoscevamo, perché venivano a prendere i cocomeri durante la stagione. Per dissimulare la loro identità, però, tentavano di esprimersi in tedesco”. Luciano Bonatti ricorda che lo zio Dorno “venne preso dall’ultimo tedesco della fila mentre andava di corsa ad avvisare gli altri abitanti”. Bruno Dodi dice di essere rimasto in casa “sperando nella protezione della nebbia”. Ma è arrivato un tedesco che conosceva – “perché gli davamo qualcosa” – e al quale ha ubbidito, fidandosi che l’avrebbe liberato poi. “Invece la realtà è che io ero un ragazzo, ma i tedeschi erano uomini fatti, soldati abituati alla guerra”, dice.

    La maggior parte sono semplici contadini. Ma tra loro vengono catturati anche partigiani. Ad esempio, Bruno Cavazzoli che faceva la ronda e non riesce a prevenire il rastrellamento. Per “la nebbia tremenda”, “non abbiamo visto né sentito i tedeschi arrivare”. Cerca di scappare, ma viene fermato da due uomini a fucili spianati: “La mia prima reazione è stata molto umana”, confessa. “Ho sentito un rivolo caldo scendere lungo la gamba. È stato il massimo dell’angoscia che ho mai provato in vita mia”. Prima di essere catturato, prova a togliere la cravatta rossa per non provocarli: viene visto e schiaffeggiato.

    La rivolta delle donne – Il corteo dei 64 prigionieri parte da Budrione e va verso il carcere di Correggio: circa un’ora e mezza di cammino a piedi. “Disposti in fila per due o per quattro, i rastrellati si sono avviati senza nessun mezzo di trasporto”, raccontano. Erano tutti uomini, tranne una: fra di loro c’era Ardilia o Arsilia Goldoni, catturata mentre andava a lavorare al servizio della famiglia Pisa perché scambiata per una staffetta. Ma piano piano succede l’impensabile: lungo la strada il corteo comincia a ingrossarsi. “Il corteo, formato da tedeschi, fascisti e prigionieri non camminava solo: nonostante il grande pericolo, le donne hanno iniziato a seguirlo, chiamandosi l’una con l’altra”, racconta Vinicio Magnanini. Che ricorda come quel gesto, così forte e d’autonomia, avesse radici lontane. “Non si trattava tuttavia di una manifestazione semplice e spontanea: dietro c’era un’organizzazione politica e culturale, messa in atto da molti mesi, che poteva in questo frangente dare il coraggio alle donne, da sempre abituate a lavorare stando in secondo piano, (…) di affrontare e sfidare per chilometri soldati di un esercito feroce, ormai incalzato dagli eventi e per questo tanto più pericoloso”.

    Secondo i testimoni, il corteo a Correggio raduna più di 500 donne. Maria Allegretti racconta: “Un giorno il comandante partigiano, mi disse: devi organizzare le donne e dovete andare a Correggio a manifestare per gli uomini di Budrione! lo avevo mobilitato tutte le donne della zona e loro venivano volentieri, perché avevano tutte il marito, o un figlio, o un parente in prigione”. Prima di arrivare a Correggio, Allegretti avverte: state attente, perché potrebbero sparare dai tetti. “Loro però erano tutte con me perché volevano tentare di liberare i propri cari. La nostra manifestazione era pacifica: non avevamo armi, ma eravamo molto determinate. E cosi è stato fatto: noi, staffette e simpatizzanti, siamo andate a casa dei contadini a chiedere il cavallo, il biroccio, ma la maggioranza quel giorno è andata a piedi”.

    Ad un certo punto, i tedeschi sparano qualche colpo sulle manifestanti per disperderle: la tensione si alza. “Li seguimmo per circa 3 o 4 Km”, continua Zoe Busi. “Poi, in un momento di disperazione, incominciammo tutte a parlare: chiedevamo ai tedeschi di rilasciare i prigionieri”. È un gesto di sfida che richiede un enorme coraggio e non ci pensano due volte. “Zelmira Marchi si avvicinò loro e rimproverò il comportamento crudele. Un tedesco le lanciò una bomba a mano”. Anche Bruna Malavasi rimane ferita: “Io avevo 17 anni, ma in campagna allora si cresceva in fretta… Non mi ricordo neanche da dove sono partita io o chi mi avesse informata: so solo che con tutto un passaggio di voci ci siamo radunate in tante donne. Proprio in quella località ci hanno sparato: a me è arrivata una scheggia nell’avambraccio sinistro; ho sentito gli spari e mi sono trovata sanguinante. Mi è rimasto il segno, ancora oggi, dopo tanti anni”.

    Il corteo tuttavia riesce da arrivare fino a Correggio e qui le 500 donne che ormai si sono raggruppate inscenano una grande manifestazione davanti alla casa del fascio adibita a prigione. Lì, iniziano a sparare e arrestano Allegretti: “Le donne si sono
    spaventate moltissimo e si sono tutte sparpagliate, mentre io ed altre staffette siamo rimaste al centro della strada. Mi si sono avvicinati due fascisti che ci hanno accusate di fare una manifestazione senza l’autorizzazione, ma noi siamo ugualmente entrate nel cortile della prigione per fare sentire le nostre proteste”. Allora, vanno a cercare il comandante della Brigata Nera di Correggio, Alberto Giorgi: “Le donne sono entrate nel cortile”, dice Vanda Veroni, “e hanno tirato giù dal letto il comandante, anche se era indisposto, in modo che si interessasse della cosa. Lui fu costretto a occuparsi del fatto”.

    La resistenza civile e pacifica delle donne va avanti per undici giorni. Sono undici giorni di cortei che partivano al mattino e rientravano a metà giornata. Sempre e solo animati dalle donne. Di tutte le età. “Per tutto il tempo che rimasero chiusi, noi, con qualsiasi mezzo, carri, biciclette poche o a piedi, eravamo là davanti alla prigione“. Racconta ancora Vanda che a pranzo, spesso, si fermavano dal salumificio Veroni che dava loro “una minestra” e la signora cercava di tranquillizzarle. Si erano schierati con loro. Per le donne il lavoro era doppio: quando tornavano a casa, dovevano fare anche tutto quello che di solito spettava agli uomini nelle stalle. “Fu un periodo durissimo”. Maria viene liberata dopo tre giorni e solo perché nega di conoscere le altre: quando viene scortata dai soldati mongoli e tutte le vengono incontro, riesce a salvarsi perché parla in dialetto e loro non la capiscono.

    Barbieri ricorda molto bene quei giorni: “Come adesso”, dice a ilfattoquotidiano.it. “Sarò anche in difficoltà a muovere la lingua, ma ricordo tutto. Anche perché di casa mia avevo quattro prigionieri. E io, a 13 anni, all’improvviso ero rimasto l’uomo più grande della casa. E allora restavo a casa a tenere dietro alle mucche. Mia mamma e le mie zie andavano tutte le mattine”. E aggiunge: “All’inizio era molto difficile perché le donne si erano divise in commissioni e andavano a parlare con le varie autorità. Ma loro facevano degli ultimatum e dicevano che se non liberavamo i tre soldati, loro avrebbero fucilato tutti i prigionieri”. E poi, dice, “erano semi-analfabete e andare a parlare per una cosa così importante non era facile”. Un giorno, anche il piccolo Barbieri si unisce al corteo e riesce a vedere il padre: “Papà quando vi liberano?”, gli chiede. “E sapete cosa mi ha risposto? Quando tirano via il catenaccio”, ride. “Aveva fatto una battuta per non spaventarmi. Anche perché erano giorni di grande paura”. Si temeva che gli uomini non sarebbero usciti vivi, che ci sarebbe stata una strage. “Ma anche le colonne di donne nelle campagne ogni mattina erano un pericolo perché giravano gli apparecchi e potevano bombardarle. Il loro impegno è stato molto importante”, chiude.

    Dopo i primi giorni, vengono individuati e fucilati cinque partigiani: Mauro Bompani, Enzo Cremonini, Ettore Giovanardi. Ferruccio Tusberti, Augusto Armani. Poi iniziano lunghe ed estenuanti trattative: i tedeschi vogliono indietro i tre, ma non sanno che è impossibile. Alla fine avviene la liberazione dei sessanta, grazie all’intervento del commissario prefettizio di Carpi Enzo Scaltriti, che si dimostra aperto ai partigiani, e alla mediazione di monsignor Giuseppe Bonacini. Ma soprattutto grazie alla pressione esercitata dalla comunità femminile che non ha mai ceduto.

    Bruno racconta gli attimi successivi alla liberazione: “Siamo andati di corsa dalle donne che ci aspettavano fuori. Tutto il rientro è stata una gioia immensa: per la strada ci portavano dei pezzi di gnocco fritto e, quando siamo arrivati a Budrione, c’era una festa inimmaginabile. Le campane suonavano a distesa”. Dice Vanda: “Eravamo tutte contente. Durante il cammino, mi ricordo che un tale è salito sul rimorchio, anche se io ero davanti sul biroccio e poi voleva prendere la guida. Io allora mi sono detta: per undici giorni sono venuta qua, quindi adesso sto davanti io”. Parole importantissime, di un cambiamento che era avvenuto anche fuori dalla prigione. E ancora: “Io ed alcune signore, con le gambe penzoloni dal carretto, facevamo quasi ridere. Tutta la gente, lungo le strade, batteva le mani, con le lacrime agli occhi perché tutti erano soddisfatti di vedere che era stata una bella cosa che l’avventura era finita bene”.

    La partecipazione popolare oltre i partigiani – I racconti di chi c’era sono come fotografie che rimangono nel tempo. Scatti di un avvenimento che ha fatto la storia locale, ma non ha trovato abbastanza spazio nei libri di scuola o sui giornali. Il lavoro di memoria è stato possibile, “grazie ad Annamaria Loschi, insegnante animatrice dell’Associazione Memoria Storica di Budrione”, morta nel 2024, ricorda Lucio Ferrari, presidente dell’Anpi di Carpi. “Lei era appassionatissima”, dice. “Budrione è stato un centro di Resistenza molto forte qui nel Carpigiano e nella zona partigiana della provincia di Modena che è quella più vivace. Qui ci sono stati molti caduti: abbiamo 57 tra cippi e lapidi. In occasione dell’80esimo anniversario della Liberazione, siamo andati a rendere omaggio a tutti. E il 23 marzo scorso, abbiamo ricordato il rastrellamento”.Questo episodio, racconta, “è stata un’esperienza così forte che è rimasta” nel ricordo della comunità. “Da parte delle donne c’è voluto un grande coraggio perché lì c’erano tedeschi e fascisti che si sentivano un po’ accerchiati ed erano particolarmente aggressivi e violenti. Soprattutto nei confronti delle donne”. E la loro rivolta “è stata fondamentale per fare pressione e per liberare i prigionieri. È stata decisiva”. Ma in tutti gli anni della Resistenza, le donne hanno avuto un ruolo importante. Anche e non solo tra i partigiani: “Ricordiamo lo sciopero delle operaie della Manifattura tabacchi, quello delle mondine o quello per il pane”. E pure la battaglia della trebbiatura, “quando uomini e donne tolsero le cinghie alle trebbie per evitare che i tedeschi prendessero il grano da portare in Germania”. E “parteciparono anche le donne”. La resistenza “è diventato un momento di grande emancipazione perché la donna nella famiglia qui non aveva un posto. Il nonno e la nonna erano i cosiddetti comandanti della famiglia. E nella gerarchia c’era un posto solo per la moglie del nonno, che si chiamava la resdora. Quando è iniziata la lotta di Liberazione anche le donne hanno cominciato a cercare di conquistare uno spazio dentro e fuori la famiglia. Prima non era così”.

    Quello che i fatti di Budrione, Migliarina e Fossoli dimostrano è che non c’erano solo i partigiani e le partigiane. Ma anche una società civile attiva e comunità mobilitate per la Resistenza. “Il 22 aprile”, continua Ferrari, “giorno della Liberazione di Carpi, abbiamo inaugurato la mostra ‘Noi stavamo con i partigiani’ che racconta proprio tutta la partecipazione popolare. Nella nostra zona più di 100 case sono diventate rifugio, nascondendo le persone nelle stalle o nei fienili. Ci fu una grande copertura della popolazione. Certo ci furono anche le spie, ma in generale ci fu una grande partecipazione. Anche di altre formazioni: cattolici, socialisti e naturalmente comunisti”. Proprio “la partecipazione popolare pacifica”, chiude Ferrari, “ha reso possibile la lotta partigiana”. E senza la resistenza de “la” Maria, “la” Vanda, “la” Isden e di tutte le altre, probabilmente il lembo di terra tra Correggio e Carpi avrebbe pianto altri sessanta uomini.

    *Foto da “Il coraggio delle donne. 12-23 marzo 1945” (a cura di Annamaria Loschi e di Anpi Carpi – Circolo E.Goldoni Budrione)

    Source: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/04/25/la-rivolta-pacifica-delle-donne-che-salvo-63-uomini-in-emilia-per-11-giorni-in-corteo-fino-alla-prigione-dopo-il-rastrellamento-dei-nazisti/7961324/
    Storie della Resistenza che ci piacciono. La rivolta pacifica delle donne che salvò 63 uomini in Emilia: "Per 11 giorni in corteo fino alla prigione dopo il rastrellamento dei nazisti" - Il Fatto Quotidiano Solo la determinazione delle donne ha permesso di salvare oltre 60 uomini: ecco cosa è successo Il 12 marzo 1945 i tedeschi fanno un rastrellamento tra Reggio e Modena. Le donne decidono di andare ogni giorno a piedi (circa due ore solo andata) per chiedere il rilascio di mariti e padri. Barbieri, che all'epoca aveva 13 anni: "Ricordo la paura". Ferrari (Anpi): "Qui la partecipazione popolare ha permesso la lotta partigiana" La rivolta pacifica delle donne che salvò 63 uomini in Emilia: “Per 11 giorni in corteo fino alla prigione dopo il rastrellamento dei nazisti” di Martina Castigliani Il 12 marzo 1945 i tedeschi fanno un rastrellamento tra Reggio e Modena. Le donne decidono di andare ogni giorno a piedi (circa due ore solo andata) per chiedere il rilascio di mariti e padri. Barbieri, che all'epoca aveva 13 anni: "Ricordo la paura". Ferrari (Anpi): "Qui la partecipazione popolare ha permesso la lotta partigiana" La nebbia, quel giorno, è fittissima. “Di quelle pesanti e piovose che penetrano nelle ossa”, racconta chi c’era. In Pianura Padana, nel lembo di terra che separa Correggio e Carpi, tra Reggio Emilia e Modena, vuol dire non riuscire a vedere oltre i propri piedi. Che il 12 marzo 1945 c’è un rastrellamento in corso, gli abitanti della frazione di Budrione lo capiscono dalle voci serrate dei comandi: ogni 10 metri c’è una testa e gli ordini si passano da uomo a uomo “come in una battuta di caccia”. Quello che avviene a un mese dalla Liberazione dal Nazifascismo è uno dei tanti episodi quasi sconosciuti di una guerra che ha travolto le campagne dove si nascondevano i partigiani. Questa volta però, l’epilogo è unico: a risolvere e impedire l’ennesimo eccidio sarà la resistenza civile e pacifica delle donne. Un atto raccontato in un libro preziosissimo del 2005, voluto dall’Anpi di Carpi (circolo E. Goldoni) e curato da Annamaria Loschi. Si intitola “Il coraggio delle donne” ed è un documento storico: contiene decine di testimonianze, molte delle quali di persone che ora non ci sono più, e che ricostruiscono un fatto mai arrivato sulle cronache nazionali. Ma che nelle campagne della bassa emiliana nessuno, finora, ha mai scordato. A raccontarlo sono i figli di chi quel giorno nero venne catturato: “Io avevo 13 anni e presero mio padre”, dice a ilfattoquotidiano.it Augusto Barbieri che ora di anni ne ha 93. “Anzi, di casa mia presero quattro uomini. Ricordo la paura. Tantissima paura”. Il rastrellamento lo fanno i tedeschi per vendicare l’agguato a un auto dei loro, avvenuto una settimana prima. A bordo c’erano un ufficiale e un sottoufficiale della Wehrmacht e un soldato mongolo: i primi due sapevano troppo e sono stati eliminati, il terzo ha chiesto e ottenuto di unirsi ai partigiani. I tedeschi non lo sanno e organizzano una controffensiva per liberarli che inizia alle 6 del mattino: catturano più di sessanta uomini (se ne contano almeno 63) e poi, in colonna, li portano in carcere a Correggio. Ma a quel punto succede qualcosa che nessun soldato nemico avrebbe potuto prevedere: i prigionieri vengono seguiti dalle donne in corteo che, sfidando armi e bombardamenti, ne chiedono il rilascio. Sono quasi due ore di cammino, quattro andata e ritorno, che ripeteranno ogni giorno per undici giorni. Fino alla liberazione. Il rastrellamento – Siamo a pochi km da Fossoli, dove sorgeva il campo di concentramento e transito verso i lager nazisti. In questa piana infinita, dove a sprazzi sorgono casolari e stalle, si nascondono i partigiani. Qui trovano accoglienza, mentre la vita quotidiana fatta di albe e lavoro va avanti. Il rastrellamento arriva all’improvviso e stravolge le comunità di Budrione, Fossoli e Migliarina. Se oggi sappiamo cosa è avvenuto, è grazie alle voci dei testimoni raccolte da Loschi in collaborazione con Augusto Barbieri, Pierino Bassoli e Lauro Cestelli. “Abbiamo cercato di parlare con più persone possibile”, ricorda Barbieri. Qui riportiamo alcune delle testimonianze contenute nel libro, ancora disponibile presso l’Anpi di Carpi. “Avevo 22 anni, quella mattina eravamo già tutti al lavoro”, dice Isden Morelli. “I tedeschi sono arrivati a casa nostra e hanno portato via con sé mio padre Bortolomeo e mio fratello Brenno”. Dante Bonatti parla del papà Dario che era “falegname e fabbro” ed era “anche addetto alle riparazioni delle armi dei partigiani. Eravamo tutti svegli”, “il rastrellamento è iniziato alle 5.30 del mattino”. Insieme ai tedeschi ci sono anche dei componenti della Brigata Nera di Carpi, che “in tuta grigioverde, avanzava nella nebbia fittissima. Questi ultimi erano ragazzi di 15-16 anni che noi conoscevamo, perché venivano a prendere i cocomeri durante la stagione. Per dissimulare la loro identità, però, tentavano di esprimersi in tedesco”. Luciano Bonatti ricorda che lo zio Dorno “venne preso dall’ultimo tedesco della fila mentre andava di corsa ad avvisare gli altri abitanti”. Bruno Dodi dice di essere rimasto in casa “sperando nella protezione della nebbia”. Ma è arrivato un tedesco che conosceva – “perché gli davamo qualcosa” – e al quale ha ubbidito, fidandosi che l’avrebbe liberato poi. “Invece la realtà è che io ero un ragazzo, ma i tedeschi erano uomini fatti, soldati abituati alla guerra”, dice. La maggior parte sono semplici contadini. Ma tra loro vengono catturati anche partigiani. Ad esempio, Bruno Cavazzoli che faceva la ronda e non riesce a prevenire il rastrellamento. Per “la nebbia tremenda”, “non abbiamo visto né sentito i tedeschi arrivare”. Cerca di scappare, ma viene fermato da due uomini a fucili spianati: “La mia prima reazione è stata molto umana”, confessa. “Ho sentito un rivolo caldo scendere lungo la gamba. È stato il massimo dell’angoscia che ho mai provato in vita mia”. Prima di essere catturato, prova a togliere la cravatta rossa per non provocarli: viene visto e schiaffeggiato. La rivolta delle donne – Il corteo dei 64 prigionieri parte da Budrione e va verso il carcere di Correggio: circa un’ora e mezza di cammino a piedi. “Disposti in fila per due o per quattro, i rastrellati si sono avviati senza nessun mezzo di trasporto”, raccontano. Erano tutti uomini, tranne una: fra di loro c’era Ardilia o Arsilia Goldoni, catturata mentre andava a lavorare al servizio della famiglia Pisa perché scambiata per una staffetta. Ma piano piano succede l’impensabile: lungo la strada il corteo comincia a ingrossarsi. “Il corteo, formato da tedeschi, fascisti e prigionieri non camminava solo: nonostante il grande pericolo, le donne hanno iniziato a seguirlo, chiamandosi l’una con l’altra”, racconta Vinicio Magnanini. Che ricorda come quel gesto, così forte e d’autonomia, avesse radici lontane. “Non si trattava tuttavia di una manifestazione semplice e spontanea: dietro c’era un’organizzazione politica e culturale, messa in atto da molti mesi, che poteva in questo frangente dare il coraggio alle donne, da sempre abituate a lavorare stando in secondo piano, (…) di affrontare e sfidare per chilometri soldati di un esercito feroce, ormai incalzato dagli eventi e per questo tanto più pericoloso”. Secondo i testimoni, il corteo a Correggio raduna più di 500 donne. Maria Allegretti racconta: “Un giorno il comandante partigiano, mi disse: devi organizzare le donne e dovete andare a Correggio a manifestare per gli uomini di Budrione! lo avevo mobilitato tutte le donne della zona e loro venivano volentieri, perché avevano tutte il marito, o un figlio, o un parente in prigione”. Prima di arrivare a Correggio, Allegretti avverte: state attente, perché potrebbero sparare dai tetti. “Loro però erano tutte con me perché volevano tentare di liberare i propri cari. La nostra manifestazione era pacifica: non avevamo armi, ma eravamo molto determinate. E cosi è stato fatto: noi, staffette e simpatizzanti, siamo andate a casa dei contadini a chiedere il cavallo, il biroccio, ma la maggioranza quel giorno è andata a piedi”. Ad un certo punto, i tedeschi sparano qualche colpo sulle manifestanti per disperderle: la tensione si alza. “Li seguimmo per circa 3 o 4 Km”, continua Zoe Busi. “Poi, in un momento di disperazione, incominciammo tutte a parlare: chiedevamo ai tedeschi di rilasciare i prigionieri”. È un gesto di sfida che richiede un enorme coraggio e non ci pensano due volte. “Zelmira Marchi si avvicinò loro e rimproverò il comportamento crudele. Un tedesco le lanciò una bomba a mano”. Anche Bruna Malavasi rimane ferita: “Io avevo 17 anni, ma in campagna allora si cresceva in fretta… Non mi ricordo neanche da dove sono partita io o chi mi avesse informata: so solo che con tutto un passaggio di voci ci siamo radunate in tante donne. Proprio in quella località ci hanno sparato: a me è arrivata una scheggia nell’avambraccio sinistro; ho sentito gli spari e mi sono trovata sanguinante. Mi è rimasto il segno, ancora oggi, dopo tanti anni”. Il corteo tuttavia riesce da arrivare fino a Correggio e qui le 500 donne che ormai si sono raggruppate inscenano una grande manifestazione davanti alla casa del fascio adibita a prigione. Lì, iniziano a sparare e arrestano Allegretti: “Le donne si sono spaventate moltissimo e si sono tutte sparpagliate, mentre io ed altre staffette siamo rimaste al centro della strada. Mi si sono avvicinati due fascisti che ci hanno accusate di fare una manifestazione senza l’autorizzazione, ma noi siamo ugualmente entrate nel cortile della prigione per fare sentire le nostre proteste”. Allora, vanno a cercare il comandante della Brigata Nera di Correggio, Alberto Giorgi: “Le donne sono entrate nel cortile”, dice Vanda Veroni, “e hanno tirato giù dal letto il comandante, anche se era indisposto, in modo che si interessasse della cosa. Lui fu costretto a occuparsi del fatto”. La resistenza civile e pacifica delle donne va avanti per undici giorni. Sono undici giorni di cortei che partivano al mattino e rientravano a metà giornata. Sempre e solo animati dalle donne. Di tutte le età. “Per tutto il tempo che rimasero chiusi, noi, con qualsiasi mezzo, carri, biciclette poche o a piedi, eravamo là davanti alla prigione“. Racconta ancora Vanda che a pranzo, spesso, si fermavano dal salumificio Veroni che dava loro “una minestra” e la signora cercava di tranquillizzarle. Si erano schierati con loro. Per le donne il lavoro era doppio: quando tornavano a casa, dovevano fare anche tutto quello che di solito spettava agli uomini nelle stalle. “Fu un periodo durissimo”. Maria viene liberata dopo tre giorni e solo perché nega di conoscere le altre: quando viene scortata dai soldati mongoli e tutte le vengono incontro, riesce a salvarsi perché parla in dialetto e loro non la capiscono. Barbieri ricorda molto bene quei giorni: “Come adesso”, dice a ilfattoquotidiano.it. “Sarò anche in difficoltà a muovere la lingua, ma ricordo tutto. Anche perché di casa mia avevo quattro prigionieri. E io, a 13 anni, all’improvviso ero rimasto l’uomo più grande della casa. E allora restavo a casa a tenere dietro alle mucche. Mia mamma e le mie zie andavano tutte le mattine”. E aggiunge: “All’inizio era molto difficile perché le donne si erano divise in commissioni e andavano a parlare con le varie autorità. Ma loro facevano degli ultimatum e dicevano che se non liberavamo i tre soldati, loro avrebbero fucilato tutti i prigionieri”. E poi, dice, “erano semi-analfabete e andare a parlare per una cosa così importante non era facile”. Un giorno, anche il piccolo Barbieri si unisce al corteo e riesce a vedere il padre: “Papà quando vi liberano?”, gli chiede. “E sapete cosa mi ha risposto? Quando tirano via il catenaccio”, ride. “Aveva fatto una battuta per non spaventarmi. Anche perché erano giorni di grande paura”. Si temeva che gli uomini non sarebbero usciti vivi, che ci sarebbe stata una strage. “Ma anche le colonne di donne nelle campagne ogni mattina erano un pericolo perché giravano gli apparecchi e potevano bombardarle. Il loro impegno è stato molto importante”, chiude. Dopo i primi giorni, vengono individuati e fucilati cinque partigiani: Mauro Bompani, Enzo Cremonini, Ettore Giovanardi. Ferruccio Tusberti, Augusto Armani. Poi iniziano lunghe ed estenuanti trattative: i tedeschi vogliono indietro i tre, ma non sanno che è impossibile. Alla fine avviene la liberazione dei sessanta, grazie all’intervento del commissario prefettizio di Carpi Enzo Scaltriti, che si dimostra aperto ai partigiani, e alla mediazione di monsignor Giuseppe Bonacini. Ma soprattutto grazie alla pressione esercitata dalla comunità femminile che non ha mai ceduto. Bruno racconta gli attimi successivi alla liberazione: “Siamo andati di corsa dalle donne che ci aspettavano fuori. Tutto il rientro è stata una gioia immensa: per la strada ci portavano dei pezzi di gnocco fritto e, quando siamo arrivati a Budrione, c’era una festa inimmaginabile. Le campane suonavano a distesa”. Dice Vanda: “Eravamo tutte contente. Durante il cammino, mi ricordo che un tale è salito sul rimorchio, anche se io ero davanti sul biroccio e poi voleva prendere la guida. Io allora mi sono detta: per undici giorni sono venuta qua, quindi adesso sto davanti io”. Parole importantissime, di un cambiamento che era avvenuto anche fuori dalla prigione. E ancora: “Io ed alcune signore, con le gambe penzoloni dal carretto, facevamo quasi ridere. Tutta la gente, lungo le strade, batteva le mani, con le lacrime agli occhi perché tutti erano soddisfatti di vedere che era stata una bella cosa che l’avventura era finita bene”. La partecipazione popolare oltre i partigiani – I racconti di chi c’era sono come fotografie che rimangono nel tempo. Scatti di un avvenimento che ha fatto la storia locale, ma non ha trovato abbastanza spazio nei libri di scuola o sui giornali. Il lavoro di memoria è stato possibile, “grazie ad Annamaria Loschi, insegnante animatrice dell’Associazione Memoria Storica di Budrione”, morta nel 2024, ricorda Lucio Ferrari, presidente dell’Anpi di Carpi. “Lei era appassionatissima”, dice. “Budrione è stato un centro di Resistenza molto forte qui nel Carpigiano e nella zona partigiana della provincia di Modena che è quella più vivace. Qui ci sono stati molti caduti: abbiamo 57 tra cippi e lapidi. In occasione dell’80esimo anniversario della Liberazione, siamo andati a rendere omaggio a tutti. E il 23 marzo scorso, abbiamo ricordato il rastrellamento”.Questo episodio, racconta, “è stata un’esperienza così forte che è rimasta” nel ricordo della comunità. “Da parte delle donne c’è voluto un grande coraggio perché lì c’erano tedeschi e fascisti che si sentivano un po’ accerchiati ed erano particolarmente aggressivi e violenti. Soprattutto nei confronti delle donne”. E la loro rivolta “è stata fondamentale per fare pressione e per liberare i prigionieri. È stata decisiva”. Ma in tutti gli anni della Resistenza, le donne hanno avuto un ruolo importante. Anche e non solo tra i partigiani: “Ricordiamo lo sciopero delle operaie della Manifattura tabacchi, quello delle mondine o quello per il pane”. E pure la battaglia della trebbiatura, “quando uomini e donne tolsero le cinghie alle trebbie per evitare che i tedeschi prendessero il grano da portare in Germania”. E “parteciparono anche le donne”. La resistenza “è diventato un momento di grande emancipazione perché la donna nella famiglia qui non aveva un posto. Il nonno e la nonna erano i cosiddetti comandanti della famiglia. E nella gerarchia c’era un posto solo per la moglie del nonno, che si chiamava la resdora. Quando è iniziata la lotta di Liberazione anche le donne hanno cominciato a cercare di conquistare uno spazio dentro e fuori la famiglia. Prima non era così”. Quello che i fatti di Budrione, Migliarina e Fossoli dimostrano è che non c’erano solo i partigiani e le partigiane. Ma anche una società civile attiva e comunità mobilitate per la Resistenza. “Il 22 aprile”, continua Ferrari, “giorno della Liberazione di Carpi, abbiamo inaugurato la mostra ‘Noi stavamo con i partigiani’ che racconta proprio tutta la partecipazione popolare. Nella nostra zona più di 100 case sono diventate rifugio, nascondendo le persone nelle stalle o nei fienili. Ci fu una grande copertura della popolazione. Certo ci furono anche le spie, ma in generale ci fu una grande partecipazione. Anche di altre formazioni: cattolici, socialisti e naturalmente comunisti”. Proprio “la partecipazione popolare pacifica”, chiude Ferrari, “ha reso possibile la lotta partigiana”. E senza la resistenza de “la” Maria, “la” Vanda, “la” Isden e di tutte le altre, probabilmente il lembo di terra tra Correggio e Carpi avrebbe pianto altri sessanta uomini. *Foto da “Il coraggio delle donne. 12-23 marzo 1945” (a cura di Annamaria Loschi e di Anpi Carpi – Circolo E.Goldoni Budrione) Source: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/04/25/la-rivolta-pacifica-delle-donne-che-salvo-63-uomini-in-emilia-per-11-giorni-in-corteo-fino-alla-prigione-dopo-il-rastrellamento-dei-nazisti/7961324/
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  • SAN SIRO: - nostalgia + STRATEGIA โšฝ๏ธ

    La partita per San Siro non è finita.
    Ma siamo entrati in un’altra fase del gioco: quella in cui serve testa fredda, visione chiara e pressione nei punti giusti.
    Non bastano più i ricordi, i racconti di partite leggendarie, le emozioni vissute sugli spalti.Non è (più) una battaglia di cuore. È una questione di strategia.

    Perché San Siro oggi non è solo uno stadio. È diventato un asset immobiliare da abbattere per far spazio a un’operazione speculativa che non porta nessun vero vantaggio alla città.

    E allora dobbiamo smettere di inseguire la narrazione di chi comanda il gioco, e iniziare a parlare a chi può davvero cambiare il risultato: i TIFOSI.

    Perché senza tifosi non c’è sistema che regga.Senza di loro non ci sono sponsor, né abbonamenti, né visibilità.E allora facciamoci una domanda scomoda:perché continuare a finanziare chi distrugge la tua memoria sportiva e il patrimonio della tua città

    Serve una nuova mentalità:

    โšซ๏ธ Boicottaggio simbolico, intelligente.

    Lanciare una campagna civica in cui si invitano i tifosi a non rinnovare gli abbonamenti, non acquistare merchandising ufficiale e non partecipare ad attivazioni promozionali legate alle società, fino a quando non verrà ritirato il progetto di demolizione.

    โšซ๏ธ Campagne di pressione sui partner commerciali.

    Creare un dossier pubblico e una lettera aperta, firmata da cittadini, urbanisti, intellettuali e sportivi, indirizzata a sponsor e brand legati a Milan e Inter, chiedendo trasparenza e una presa di posizione.

    โšซ๏ธ Contenuti chiari, divulgativi, che raccontino la dinamica dei fatti dietro questo progetto.

    Produrre micro-video, caroselli, infografiche e brevi podcast che raccontino: la VERITÀ.

    E soprattutto, una "comunità attiva" che smetta di subire e inizi a rispondere con metodo.

    โ—๏ธNon si vince con uno stadio nuovo.Si vince con una società che rispetta la sua storia.Ed è proprio lì che dobbiamo colpire.

    La memoria non si abbatte.La cultura urbana non si demolisce.San Siro non è un ostacolo. È un simbolo.

    Facciamoci sentire. Adesso.

    #SaveSanSiro #SìMeazza #SanSiroPatrimonio #StopSpeculazione #MilanoÈDeiCittadini #MeazzaNonSiTocca #CulturaVsCemento #TifosiPerSanSiro #NonÈSoloCalcio #DifendiamoSanSiro
    SAN SIRO: - nostalgia + STRATEGIA โšฝ๏ธโœŠ La partita per San Siro non è finita. Ma siamo entrati in un’altra fase del gioco: quella in cui serve testa fredda, visione chiara e pressione nei punti giusti. Non bastano più i ricordi, i racconti di partite leggendarie, le emozioni vissute sugli spalti.Non è (più) una battaglia di cuore. È una questione di strategia. Perché San Siro oggi non è solo uno stadio. È diventato un asset immobiliare da abbattere per far spazio a un’operazione speculativa che non porta nessun vero vantaggio alla città. E allora dobbiamo smettere di inseguire la narrazione di chi comanda il gioco, e iniziare a parlare a chi può davvero cambiare il risultato: i TIFOSI. Perché senza tifosi non c’è sistema che regga.Senza di loro non ci sono sponsor, né abbonamenti, né visibilità.E allora facciamoci una domanda scomoda:perché continuare a finanziare chi distrugge la tua memoria sportiva e il patrimonio della tua cittàโ‰๏ธ Serve una nuova mentalità: โšซ๏ธ Boicottaggio simbolico, intelligente. Lanciare una campagna civica in cui si invitano i tifosi a non rinnovare gli abbonamenti, non acquistare merchandising ufficiale e non partecipare ad attivazioni promozionali legate alle società, fino a quando non verrà ritirato il progetto di demolizione. โšซ๏ธ Campagne di pressione sui partner commerciali. Creare un dossier pubblico e una lettera aperta, firmata da cittadini, urbanisti, intellettuali e sportivi, indirizzata a sponsor e brand legati a Milan e Inter, chiedendo trasparenza e una presa di posizione. โšซ๏ธ Contenuti chiari, divulgativi, che raccontino la dinamica dei fatti dietro questo progetto. Produrre micro-video, caroselli, infografiche e brevi podcast che raccontino: la VERITÀ. ๐Ÿ‘‰ E soprattutto, una "comunità attiva" che smetta di subire e inizi a rispondere con metodo. โ—๏ธNon si vince con uno stadio nuovo.Si vince con una società che rispetta la sua storia.Ed è proprio lì che dobbiamo colpire. La memoria non si abbatte.La cultura urbana non si demolisce.San Siro non è un ostacolo. È un simbolo. Facciamoci sentire. Adesso. #SaveSanSiro #SìMeazza #SanSiroPatrimonio #StopSpeculazione #MilanoÈDeiCittadini #MeazzaNonSiTocca #CulturaVsCemento #TifosiPerSanSiro #NonÈSoloCalcio #DifendiamoSanSiro
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  • AL BANDO IL FLUORO ROBERT KENNEDY JR COLPISCE ANCORA

    @RobertKennedyJr:
    "Le prove contro il fluoro sono ormai schiaccianti".
    "Sappiamo che causa una profonda perdita del quoziente intellettivo... e altre lesioni neurologiche come l'ADHD".
    "Influisce sulla salute dei reni e del fegato, provoca ipotiroidismo e osteoartrite".
    Ecc...

    https://www.foxnews.com/health/rfk-jr-plans-direct-cdc-stop-recommending-fluoride-water

    Oramai sono anni che sappiamo che il fluoro fa male alla salute, perché tossico. Ci sono migliaia di studi scientifici, eppure continuano a fare finta di nulla... Forse conviene a qualcuno ignorare di proposito queste informazioni ():

    "Per fortuna questa pratica aberrante sta per essere bloccata dal nuovo segretario alla salute
    ๐—ฅ๐—ผ๐—ฏ๐—ฒ๐—ฟ๐˜ ๐—™. ๐—ž๐—ฒ๐—ป๐—ป๐—ฒ๐—ฑ๐˜† ๐—๐—ฟ.
    Il governatore repubblicano ๐—ฆ๐—ฝ๐—ฒ๐—ป๐—ฐ๐—ฒ๐—ฟ ๐—–๐—ผ๐˜… ha firmato qualche giorno fa una legge che vieta il fluoro nell’acqua pubblica in tutto lo Stato, diventando il primo a farlo.
    “๐˜•๐˜ฐ๐˜ฏ ๐˜ข๐˜ฃ๐˜ฃ๐˜ช๐˜ข๐˜ฎ๐˜ฐ ๐˜ฃ๐˜ช๐˜ด๐˜ฐ๐˜จ๐˜ฏ๐˜ฐ ๐˜ฅ๐˜ช ๐˜ง๐˜ญ๐˜ถ๐˜ฐ๐˜ณ๐˜ฐ ๐˜ฏ๐˜ฆ๐˜ญ๐˜ญ๐˜ข ๐˜ฏ๐˜ฐ๐˜ด๐˜ต๐˜ณ๐˜ข ๐˜ข๐˜ค๐˜ฒ๐˜ถ๐˜ข”, aveva affermato RFK dopo le elezioni.

    Kennedy su X ha scritto: “๐˜ช๐˜ญ ๐˜ง๐˜ญ๐˜ถ๐˜ฐ๐˜ณ๐˜ฐ ๐˜ฆฬ€ ๐˜ถ๐˜ฏ๐˜ฐ ๐˜ด๐˜ค๐˜ข๐˜ณ๐˜ต๐˜ฐ ๐˜ช๐˜ฏ๐˜ฅ๐˜ถ๐˜ด๐˜ต๐˜ณ๐˜ช๐˜ข๐˜ญ๐˜ฆ ๐˜ข๐˜ด๐˜ด๐˜ฐ๐˜ค๐˜ช๐˜ข๐˜ต๐˜ฐ ๐˜ข๐˜ฅ ๐˜ข๐˜ณ๐˜ต๐˜ณ๐˜ช๐˜ต๐˜ฆ, ๐˜ง๐˜ณ๐˜ข๐˜ต๐˜ต๐˜ถ๐˜ณ๐˜ฆ ๐˜ฐ๐˜ด๐˜ด๐˜ฆ๐˜ฆ, ๐˜ฅ๐˜ช๐˜ฎ๐˜ช๐˜ฏ๐˜ถ๐˜ป๐˜ช๐˜ฐ๐˜ฏ๐˜ฆ ๐˜ฅ๐˜ฆ๐˜ญ ๐˜˜๐˜, ๐˜ฅ๐˜ช๐˜ด๐˜ต๐˜ถ๐˜ณ๐˜ฃ๐˜ช ๐˜ฅ๐˜ฆ๐˜ญ๐˜ญ๐˜ฐ ๐˜ด๐˜ท๐˜ช๐˜ญ๐˜ถ๐˜ฑ๐˜ฑ๐˜ฐ ๐˜ฏ๐˜ฆ๐˜ถ๐˜ณ๐˜ฐ๐˜ญ๐˜ฐ๐˜จ๐˜ช๐˜ค๐˜ฐ ๐˜ฆ ๐˜ฎ๐˜ข๐˜ญ๐˜ข๐˜ต๐˜ต๐˜ช๐˜ฆ ๐˜ฅ๐˜ฆ๐˜ญ๐˜ญ๐˜ข ๐˜ต๐˜ช๐˜ณ๐˜ฐ๐˜ช๐˜ฅ๐˜ฆ”.

    Gli studi non mancano. Nel 2016 di Harvard Public Health ha messo in dubbio la sicurezza dell’acqua fluorurata sollevando le possibilità di tossicità cerebrale, deficit di apprendimento, memoria e cognitivi. Un altro studio ha evidenziato l’associazione tra una maggiore concentrazione di fluoro nelle urine materne in gravidanza e tassi più elevati di problemi neurocomportamentali nei bambini. Infine c'è la ricerca pubblicata su JAMA Pediatrics che non lascia spazio a dubbi: esiste un'associazione statisticamente significativa tra una maggiore esposizione al fluoruro e punteggi inferiori del QI. Oltre all'acqua del sindaco c'è un’altra fonte di fluoro: il dentifricio!
    E mentre i dentisti continuano a sostenere l'idiozia che il fluoruro nelle paste dentifricie sia fondamentale per la salute dei denti, sempre più persone stanno prendendo coscienza e optano per dentifrici sani totalmente privi di fluoro!"

    - Marcello Pamio
    AL BANDO IL FLUORO ROBERT KENNEDY JR COLPISCE ANCORA ๐Ÿ’ช @RobertKennedyJr: "Le prove contro il fluoro sono ormai schiaccianti". "Sappiamo che causa una profonda perdita del quoziente intellettivo... e altre lesioni neurologiche come l'ADHD". "Influisce sulla salute dei reni e del fegato, provoca ipotiroidismo e osteoartrite". Ecc... โฌ‡๏ธโฌ‡๏ธโฌ‡๏ธ https://www.foxnews.com/health/rfk-jr-plans-direct-cdc-stop-recommending-fluoride-water Oramai sono anni che sappiamo che il fluoro fa male alla salute, perché tossico. Ci sono migliaia di studi scientifici, eppure continuano a fare finta di nulla... Forse conviene a qualcuno ignorare di proposito queste informazioni (๐Ÿค‘๐Ÿค‘๐Ÿค‘): "Per fortuna questa pratica aberrante sta per essere bloccata dal nuovo segretario alla salute ๐—ฅ๐—ผ๐—ฏ๐—ฒ๐—ฟ๐˜ ๐—™. ๐—ž๐—ฒ๐—ป๐—ป๐—ฒ๐—ฑ๐˜† ๐—๐—ฟ. Il governatore repubblicano ๐—ฆ๐—ฝ๐—ฒ๐—ป๐—ฐ๐—ฒ๐—ฟ ๐—–๐—ผ๐˜… ha firmato qualche giorno fa una legge che vieta il fluoro nell’acqua pubblica in tutto lo Stato, diventando il primo a farlo. “๐˜•๐˜ฐ๐˜ฏ ๐˜ข๐˜ฃ๐˜ฃ๐˜ช๐˜ข๐˜ฎ๐˜ฐ ๐˜ฃ๐˜ช๐˜ด๐˜ฐ๐˜จ๐˜ฏ๐˜ฐ ๐˜ฅ๐˜ช ๐˜ง๐˜ญ๐˜ถ๐˜ฐ๐˜ณ๐˜ฐ ๐˜ฏ๐˜ฆ๐˜ญ๐˜ญ๐˜ข ๐˜ฏ๐˜ฐ๐˜ด๐˜ต๐˜ณ๐˜ข ๐˜ข๐˜ค๐˜ฒ๐˜ถ๐˜ข”, aveva affermato RFK dopo le elezioni. Kennedy su X ha scritto: “๐˜ช๐˜ญ ๐˜ง๐˜ญ๐˜ถ๐˜ฐ๐˜ณ๐˜ฐ ๐˜ฆฬ€ ๐˜ถ๐˜ฏ๐˜ฐ ๐˜ด๐˜ค๐˜ข๐˜ณ๐˜ต๐˜ฐ ๐˜ช๐˜ฏ๐˜ฅ๐˜ถ๐˜ด๐˜ต๐˜ณ๐˜ช๐˜ข๐˜ญ๐˜ฆ ๐˜ข๐˜ด๐˜ด๐˜ฐ๐˜ค๐˜ช๐˜ข๐˜ต๐˜ฐ ๐˜ข๐˜ฅ ๐˜ข๐˜ณ๐˜ต๐˜ณ๐˜ช๐˜ต๐˜ฆ, ๐˜ง๐˜ณ๐˜ข๐˜ต๐˜ต๐˜ถ๐˜ณ๐˜ฆ ๐˜ฐ๐˜ด๐˜ด๐˜ฆ๐˜ฆ, ๐˜ฅ๐˜ช๐˜ฎ๐˜ช๐˜ฏ๐˜ถ๐˜ป๐˜ช๐˜ฐ๐˜ฏ๐˜ฆ ๐˜ฅ๐˜ฆ๐˜ญ ๐˜˜๐˜, ๐˜ฅ๐˜ช๐˜ด๐˜ต๐˜ถ๐˜ณ๐˜ฃ๐˜ช ๐˜ฅ๐˜ฆ๐˜ญ๐˜ญ๐˜ฐ ๐˜ด๐˜ท๐˜ช๐˜ญ๐˜ถ๐˜ฑ๐˜ฑ๐˜ฐ ๐˜ฏ๐˜ฆ๐˜ถ๐˜ณ๐˜ฐ๐˜ญ๐˜ฐ๐˜จ๐˜ช๐˜ค๐˜ฐ ๐˜ฆ ๐˜ฎ๐˜ข๐˜ญ๐˜ข๐˜ต๐˜ต๐˜ช๐˜ฆ ๐˜ฅ๐˜ฆ๐˜ญ๐˜ญ๐˜ข ๐˜ต๐˜ช๐˜ณ๐˜ฐ๐˜ช๐˜ฅ๐˜ฆ”. Gli studi non mancano. Nel 2016 di Harvard Public Health ha messo in dubbio la sicurezza dell’acqua fluorurata sollevando le possibilità di tossicità cerebrale, deficit di apprendimento, memoria e cognitivi. Un altro studio ha evidenziato l’associazione tra una maggiore concentrazione di fluoro nelle urine materne in gravidanza e tassi più elevati di problemi neurocomportamentali nei bambini. Infine c'è la ricerca pubblicata su JAMA Pediatrics che non lascia spazio a dubbi: esiste un'associazione statisticamente significativa tra una maggiore esposizione al fluoruro e punteggi inferiori del QI. Oltre all'acqua del sindaco c'è un’altra fonte di fluoro: il dentifricio! E mentre i dentisti continuano a sostenere l'idiozia che il fluoruro nelle paste dentifricie sia fondamentale per la salute dei denti, sempre più persone stanno prendendo coscienza e optano per dentifrici sani totalmente privi di fluoro!" - Marcello Pamio
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  • ๐ˆ๐ฅ ๐ง๐ฎ๐จ๐ฏ๐จ ๐ง๐ฎ๐ฆ๐ž๐ซ๐จ ๐๐ž ๐ข๐ฅ ๐’๐”๐ƒ ๐Œ๐ข๐ฅ๐š๐ง๐จ ๐ž‌ ๐ข๐ง ๐๐ข๐ฌ๐ญ๐ซ๐ข๐›๐ฎ๐ณ๐ข๐จ๐ง๐ž! / Aprile 2025

    Un’edizione ricchissima di articoli, servizi e approfondimenti ma soprattutto dando spazio & voce ai #Territori

    E ancora: speciale Acque & Ambiente, interviste, cultura, storie di impegno, resistenza e rubriche su musica, serie TV e … donazioni di sangue per cani e gatti!


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