• Strategia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.
    Principali punti aggiornati.
    ▪ L'interesse principale degli Stati Uniti è porre fine alle azioni militari in Ucraina;
    ▪ Gli Stati Uniti considerano il ripristino della stabilità strategica con la Russia come una delle principali priorità di politica estera in Europa;
    ▪ Gli Stati Uniti vogliono che la NATO smetta di essere vista come una "alleanza in costante espansione";
    ▪ Gli Stati Uniti vogliono che l'Europa si assuma la responsabilità della propria difesa;
    ▪ L'amministrazione statunitense è "in conflitto" con i funzionari europei, molti dei quali "calpestano" le norme democratiche;
    ▪ Gli Stati Uniti non considerano più il Medio Oriente un fattore dominante nella loro politica estera;
    ▪ La regione indo-pacifica sarà uno dei principali campi di battaglia geopolitici ed economici di questo secolo;
    ▪ Gli Stati Uniti dovrebbero concentrarsi sul commercio con la Cina solo su beni non strategici. -
    @liberumnotitia
    Strategia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Principali punti aggiornati. ▪ L'interesse principale degli Stati Uniti è porre fine alle azioni militari in Ucraina; ▪ Gli Stati Uniti considerano il ripristino della stabilità strategica con la Russia come una delle principali priorità di politica estera in Europa; ▪ Gli Stati Uniti vogliono che la NATO smetta di essere vista come una "alleanza in costante espansione"; ▪ Gli Stati Uniti vogliono che l'Europa si assuma la responsabilità della propria difesa; ▪ L'amministrazione statunitense è "in conflitto" con i funzionari europei, molti dei quali "calpestano" le norme democratiche; ▪ Gli Stati Uniti non considerano più il Medio Oriente un fattore dominante nella loro politica estera; ▪ La regione indo-pacifica sarà uno dei principali campi di battaglia geopolitici ed economici di questo secolo; ▪ Gli Stati Uniti dovrebbero concentrarsi sul commercio con la Cina solo su beni non strategici. - @liberumnotitia
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  • CONTRORDINE del GOVERNO INDIANO!

    Il governo indiano ha cancellato l’ordine di installare su tutti i nuovi telefoni un’app per la cybersicurezza prodotta dallo stato...
    https://www.ilpost.it/2025/12/03/india-cancella-ordine-app-smartphone-controllo/
    CONTRORDINE del GOVERNO INDIANO! Il governo indiano ha cancellato l’ordine di installare su tutti i nuovi telefoni un’app per la cybersicurezza prodotta dallo stato... https://www.ilpost.it/2025/12/03/india-cancella-ordine-app-smartphone-controllo/
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  • ECCO IL CONTROLLO GLOBALE È SERVITO!
    Il governo indiano ha ordinato di installare su tutti i nuovi telefoni un’app per la cybersicurezza prodotta dallo stato...
    https://www.ilpost.it/2025/12/02/india-app-smartphone-controllo/
    ECCO IL CONTROLLO GLOBALE È SERVITO! Il governo indiano ha ordinato di installare su tutti i nuovi telefoni un’app per la cybersicurezza prodotta dallo stato... https://www.ilpost.it/2025/12/02/india-app-smartphone-controllo/
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  • WhatsApp, analisi forense choc rivela cosa contengono i metadati dei messaggi


    WhatsApp, analisi forense choc rivela cosa contengono i metadati dei messaggi
    01 Dicembre 2025
    16 Commenti

    Ogni messaggio contiene più di un semplice testo. E ancora: se le persone dimenticano, i dispositivi digitali raramente lo fanno. La scoperta di Elorm Daniel, esperto di informatica forense con più di 20 mila follower su X, potrebbe essere sintetizzata con queste due frasi, estratte dal suo stesso post. Un post che ha fatto brevemente il giro della rete, contenendo delle apparenti "rivelazioni" sulla popolare app di messaggistica WhatsApp che non possono essere ignorate.

    Premessa: la maggior parte delle persone non può avere accesso al "contenuto nascosto" dei messaggi WhatsApp. L'estrazione avviene attraverso strumenti forensi avanzati (almeno nel contesto di questo esperimento), tramite cui – tra l'altro – si riesce a ricostruire un quadro dettagliato dell'attività di un utente. Rimane ferma la protezione garantita dalla crittografia end-to-end (come tutte le altre misure di sicurezza, un vero e proprio pallino per Meta), per cui nessuno può leggere niente mentre i messaggi sono in viaggio tra mittente e destinatario, ma ciò che resta memorizzato sul dispositivo o nei backup può comunque rivelare molte cose, anche al di là del contenuto visibile.

    COSA SI È SCOPERTO
    Anzitutto, l'analista afferma di aver ricevuto un messaggio WhatsApp di routine da un amico il 3 settembre scorso. Successivamente, lo smartphone è stato fatto analizzare da un team di esperti forensi, e durante il processo sono emerse le coordinate esatte da cui quel messaggio era stato inviato.

    Immaginate di ricevere un normale messaggio WhatsApp e poi scoprire che contiene segretamente la posizione esatta di una persona, anche se non l'ha mai condivisa.

    Insomma: anche se l'utente non condivide manualmente la posizione, i messaggi WhatsApp possono contenere dati GPS precisi registrati in automatico dal telefono. Ciò che preoccupa ancora di più è che si possa risalire alle coordinate del mittente dal telefono del destinatario, nel caso in cui quest'ultimo finisse nelle mani degli investigatori (o anche di qualche malintenzionato molto competente, in teoria).


    COSA SI È SCOPERTO
    Anzitutto, l'analista afferma di aver ricevuto un messaggio WhatsApp di routine da un amico il 3 settembre scorso. Successivamente, lo smartphone è stato fatto analizzare da un team di esperti forensi, e durante il processo sono emerse le coordinate esatte da cui quel messaggio era stato inviato.

    Immaginate di ricevere un normale messaggio WhatsApp e poi scoprire che contiene segretamente la posizione esatta di una persona, anche se non l'ha mai condivisa.

    Insomma: anche se l'utente non condivide manualmente la posizione, i messaggi WhatsApp possono contenere dati GPS precisi registrati in automatico dal telefono. Ciò che preoccupa ancora di più è che si possa risalire alle coordinate del mittente dal telefono del destinatario, nel caso in cui quest'ultimo finisse nelle mani degli investigatori (o anche di qualche malintenzionato molto competente, in teoria).


    Anche foto, video, screenshot e messaggi vocali contengono metadati con ora e luogo di creazione. E anche dei gruppi WhatsApp il dispositivo conserva una memoria precisa, anche molto tempo (anni!) dopo aver abbandonato la chat.

    Un sospettato non può negare l'appartenenza a un gruppo quando il dispositivo stesso conserva:

    data di creazione
    identità del creatore
    data di iscrizione
    cronologia di partecipazione

    LA RISPOSTA DI WHATSAPP
    Chiamata in causa, WhatsApp ha confermato che i metadati memorizzati sul dispositivo o nei backup possono essere accessibili se qualcuno ha fisicamente il telefono. In pratica, i messaggi restano privati durante la trasmissione (crittografia end-to-end), ma tutto ciò che il telefono registra può essere comunque "intercettato" in caso di accesso diretto al dispositivo. E in questo WA c'entra poco: il "problema" – se così possiamo definirlo – riguarda specificamente il dispositivo e il sistema operativo, non l'applicazione in sé.

    Source: https://www.hdblog.it/smartphone/articoli/n640440/whatsapp-analisi-choc-metadati-messaggi/
    WhatsApp, analisi forense choc rivela cosa contengono i metadati dei messaggi WhatsApp, analisi forense choc rivela cosa contengono i metadati dei messaggi 01 Dicembre 2025 16 Commenti Ogni messaggio contiene più di un semplice testo. E ancora: se le persone dimenticano, i dispositivi digitali raramente lo fanno. La scoperta di Elorm Daniel, esperto di informatica forense con più di 20 mila follower su X, potrebbe essere sintetizzata con queste due frasi, estratte dal suo stesso post. Un post che ha fatto brevemente il giro della rete, contenendo delle apparenti "rivelazioni" sulla popolare app di messaggistica WhatsApp che non possono essere ignorate. Premessa: la maggior parte delle persone non può avere accesso al "contenuto nascosto" dei messaggi WhatsApp. L'estrazione avviene attraverso strumenti forensi avanzati (almeno nel contesto di questo esperimento), tramite cui – tra l'altro – si riesce a ricostruire un quadro dettagliato dell'attività di un utente. Rimane ferma la protezione garantita dalla crittografia end-to-end (come tutte le altre misure di sicurezza, un vero e proprio pallino per Meta), per cui nessuno può leggere niente mentre i messaggi sono in viaggio tra mittente e destinatario, ma ciò che resta memorizzato sul dispositivo o nei backup può comunque rivelare molte cose, anche al di là del contenuto visibile. COSA SI È SCOPERTO Anzitutto, l'analista afferma di aver ricevuto un messaggio WhatsApp di routine da un amico il 3 settembre scorso. Successivamente, lo smartphone è stato fatto analizzare da un team di esperti forensi, e durante il processo sono emerse le coordinate esatte da cui quel messaggio era stato inviato. Immaginate di ricevere un normale messaggio WhatsApp e poi scoprire che contiene segretamente la posizione esatta di una persona, anche se non l'ha mai condivisa. Insomma: anche se l'utente non condivide manualmente la posizione, i messaggi WhatsApp possono contenere dati GPS precisi registrati in automatico dal telefono. Ciò che preoccupa ancora di più è che si possa risalire alle coordinate del mittente dal telefono del destinatario, nel caso in cui quest'ultimo finisse nelle mani degli investigatori (o anche di qualche malintenzionato molto competente, in teoria). COSA SI È SCOPERTO Anzitutto, l'analista afferma di aver ricevuto un messaggio WhatsApp di routine da un amico il 3 settembre scorso. Successivamente, lo smartphone è stato fatto analizzare da un team di esperti forensi, e durante il processo sono emerse le coordinate esatte da cui quel messaggio era stato inviato. Immaginate di ricevere un normale messaggio WhatsApp e poi scoprire che contiene segretamente la posizione esatta di una persona, anche se non l'ha mai condivisa. Insomma: anche se l'utente non condivide manualmente la posizione, i messaggi WhatsApp possono contenere dati GPS precisi registrati in automatico dal telefono. Ciò che preoccupa ancora di più è che si possa risalire alle coordinate del mittente dal telefono del destinatario, nel caso in cui quest'ultimo finisse nelle mani degli investigatori (o anche di qualche malintenzionato molto competente, in teoria). Anche foto, video, screenshot e messaggi vocali contengono metadati con ora e luogo di creazione. E anche dei gruppi WhatsApp il dispositivo conserva una memoria precisa, anche molto tempo (anni!) dopo aver abbandonato la chat. Un sospettato non può negare l'appartenenza a un gruppo quando il dispositivo stesso conserva: data di creazione identità del creatore data di iscrizione cronologia di partecipazione LA RISPOSTA DI WHATSAPP Chiamata in causa, WhatsApp ha confermato che i metadati memorizzati sul dispositivo o nei backup possono essere accessibili se qualcuno ha fisicamente il telefono. In pratica, i messaggi restano privati durante la trasmissione (crittografia end-to-end), ma tutto ciò che il telefono registra può essere comunque "intercettato" in caso di accesso diretto al dispositivo. E in questo WA c'entra poco: il "problema" – se così possiamo definirlo – riguarda specificamente il dispositivo e il sistema operativo, non l'applicazione in sé. Source: https://www.hdblog.it/smartphone/articoli/n640440/whatsapp-analisi-choc-metadati-messaggi/
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  • Il «cerchio magico» di Zelensky: la corte del leader e lo scandalo tangenti. «Non si sporcavano col cash»

    Da Yermak a Mundich, da Chernishov a Kolyubayev, chi sono gli uomini vicini al Presidente travolti dallo scandalo corruzione. Sfiorato anche Rustem Umerov, scelto per guidare la squadra ai negoziati in Florida
    Mindich, che imponeva le tariffe a politici, imprenditori, chiunque entrasse nel giro. Le fondamenta principali della loro impunità erano due: l’emergenza guerra, che ha dato potere senza precedenti con la legge marziale del '22, e una maggioranza parlamentare (254 seggi su 450) che nemmeno il predecessore di Zelensky, Petro Poroshenko, s’è mai potuto sognare.

    Oleksy Chernishov, 48 anni, ex ministro dello sviluppo territoriale poi vicepremier. Arrestato per corruzione in un caso che riguarda l’azienda atomica nazionale Enerhoatom

    Chi contrastava
    Pochi riuscivano a contrastare: la premier Yulia Svyrdenko, grande nemica di Yermak, sostenuta dal segretario Usa al Tesoro, Scott Bessent. O il generale Valery Zaluzhny, «esiliato» a Londra. Oppure Dmytro Kuleba, ministro degli Esteri, silurato perché troppo autonomo. O ancora, Oleksandr Kubrakov, ambizioso aspirante premier, cacciato per i suoi rapporti troppo stretti col presidente americano Joe Biden. O anche Mykhailo Fedorov, il vicepremier che volle vederci chiaro nel business dei droni e in quei soldi che Yermak garantiva all’amico fraterno Artem Kolyubayev, un produttore cinematografico che era stato socio pure di Zelensky. Il cerchio magico era un cerchio di fuoco, perché non s’entrava tanto facilmente, ma nemmeno se ne usciva: nell’inchiesta su Yermak è coinvolto anche Rustem Umerov, il capo del Consiglio di sicurezza nazionale, l’ex ministro della Difesa, proprio l’uomo che Zelensky ha scelto al posto di Yermak per guidare la delegazione ucraina ai negoziati in Florida. «La colpa di Zelensky — dice un deputato della Rada — è stata di non aver ascoltato chi vedeva i furti e suonava le sirene».

    Artem Kolyubayev è il produttore frequentato dai tempi di Kvartal 95, lo studio tv dove Zelensky iniziò come attore: nel business dei droni, ha ricevuto fondi statali per film sull’invasione

    Il segnale
    Un campanello d’allarme fu a giugno, con l’allora vicepremier Oleksy Chernishov arrestato (e rilasciato su cauzione per 2,9 milioni di dollari) per una storia di terreni pubblici svenduti ad amici. Non era mai accaduto che un politico di simile rango finisse, diretto, in galera. Ma s’era scoperto che accettava anche il cash, lui: in ufficio, in comode buste da consegnare alla moglie, perfino in una clinica medica dov’era in cura. Lo chiamavano «Che Guevara», questo Chernishov. Il suo motto era rivoluzionario: «Vale la pena di lottare solo per le cose senza le quali non vale la pena vivere». L’Ucraina? No, gli appalti.

    Source: https://www.corriere.it/esteri/25_dicembre_01/cerchio-magico-zelensky-179d2163-091f-4b70-bd8f-ccf7d48f6xlk_amp.shtml
    Il «cerchio magico» di Zelensky: la corte del leader e lo scandalo tangenti. «Non si sporcavano col cash» Da Yermak a Mundich, da Chernishov a Kolyubayev, chi sono gli uomini vicini al Presidente travolti dallo scandalo corruzione. Sfiorato anche Rustem Umerov, scelto per guidare la squadra ai negoziati in Florida Mindich, che imponeva le tariffe a politici, imprenditori, chiunque entrasse nel giro. Le fondamenta principali della loro impunità erano due: l’emergenza guerra, che ha dato potere senza precedenti con la legge marziale del '22, e una maggioranza parlamentare (254 seggi su 450) che nemmeno il predecessore di Zelensky, Petro Poroshenko, s’è mai potuto sognare. Oleksy Chernishov, 48 anni, ex ministro dello sviluppo territoriale poi vicepremier. Arrestato per corruzione in un caso che riguarda l’azienda atomica nazionale Enerhoatom Chi contrastava Pochi riuscivano a contrastare: la premier Yulia Svyrdenko, grande nemica di Yermak, sostenuta dal segretario Usa al Tesoro, Scott Bessent. O il generale Valery Zaluzhny, «esiliato» a Londra. Oppure Dmytro Kuleba, ministro degli Esteri, silurato perché troppo autonomo. O ancora, Oleksandr Kubrakov, ambizioso aspirante premier, cacciato per i suoi rapporti troppo stretti col presidente americano Joe Biden. O anche Mykhailo Fedorov, il vicepremier che volle vederci chiaro nel business dei droni e in quei soldi che Yermak garantiva all’amico fraterno Artem Kolyubayev, un produttore cinematografico che era stato socio pure di Zelensky. Il cerchio magico era un cerchio di fuoco, perché non s’entrava tanto facilmente, ma nemmeno se ne usciva: nell’inchiesta su Yermak è coinvolto anche Rustem Umerov, il capo del Consiglio di sicurezza nazionale, l’ex ministro della Difesa, proprio l’uomo che Zelensky ha scelto al posto di Yermak per guidare la delegazione ucraina ai negoziati in Florida. «La colpa di Zelensky — dice un deputato della Rada — è stata di non aver ascoltato chi vedeva i furti e suonava le sirene». Artem Kolyubayev è il produttore frequentato dai tempi di Kvartal 95, lo studio tv dove Zelensky iniziò come attore: nel business dei droni, ha ricevuto fondi statali per film sull’invasione Il segnale Un campanello d’allarme fu a giugno, con l’allora vicepremier Oleksy Chernishov arrestato (e rilasciato su cauzione per 2,9 milioni di dollari) per una storia di terreni pubblici svenduti ad amici. Non era mai accaduto che un politico di simile rango finisse, diretto, in galera. Ma s’era scoperto che accettava anche il cash, lui: in ufficio, in comode buste da consegnare alla moglie, perfino in una clinica medica dov’era in cura. Lo chiamavano «Che Guevara», questo Chernishov. Il suo motto era rivoluzionario: «Vale la pena di lottare solo per le cose senza le quali non vale la pena vivere». L’Ucraina? No, gli appalti. Source: https://www.corriere.it/esteri/25_dicembre_01/cerchio-magico-zelensky-179d2163-091f-4b70-bd8f-ccf7d48f6xlk_amp.shtml
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  • Venerdì 28 novembre, il ministro della Sicurezza nazionale israeliano Itamar Ben-Gvir ha annunciato la promozione al grado di vice sovrintendente del comandante della Polizia di frontiera in Cisgiordania, responsabile dell’unità che il giorno prima aveva ucciso due palestinesi a Jenin, Cisgiordania occupata.

    Secondo testimonianze e filmati diffusi online, i due uomini – identificati successivamente come Al-Muntasir Billah Abdullah, 26 anni, e Youssef Asasa, 37 anni – avevano sollevato le magliette per mostrare di essere disarmati.

    Prima dell’esecuzione, i militari hanno ordinato loro di rientrare nell’edificio e, poco dopo, sono stati uccisi a colpi d'arma da fuoco.

    Un’esecuzione extragiudiziale in aperta violazione del diritto internazionale umanitario.

    Durante una visita all’unità responsabile dell’omicidio, Ben-Gvir ha dichiarato: “Sono venuto per rafforzare e abbracciare gli eroici combattenti qui. Stiamo combattendo nemici e assassini che vogliono violentare le donne e bruciare i bambini".

    Dopo la sparatoria di giovedì, Ben-Gvir ha scritto su X che fornisce “pieno sostegno ai membri della Polizia di Frontiera e ai combattenti delle IDF”.

    Le organizzazioni per i diritti umani hanno condannato duramente l’accaduto.

    Il gruppo palestinese per i diritti umani Al-Haq ha dichiarato che “le prove e i filmati mostrano chiaramente che i due uomini erano disarmati, si erano arresi e non rappresentavano alcuna minaccia”.

    A ciò si aggiunte la dichiarazione dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) che ha definito l’uccisione “un’apparente esecuzione sommaria”, parlando di un “omicidio sfacciato”.

    L'OHCHR ha verificato che dal 7 ottobre 2023, in Cisgiordania occupata l’IDF e i coloni israeliani hanno ucciso 1.030 palestinesi, tra cui 233 bambini.

    #westbankunderattack #jenin #palestine #israel #idf #bengvir

    Source: https://x.com/insideoverita/status/1995173292961845677?t=isfIzRwMTQ_sCLPkpdK1bQ&s=19
    Venerdì 28 novembre, il ministro della Sicurezza nazionale israeliano Itamar Ben-Gvir ha annunciato la promozione al grado di vice sovrintendente del comandante della Polizia di frontiera in Cisgiordania, responsabile dell’unità che il giorno prima aveva ucciso due palestinesi a Jenin, Cisgiordania occupata. Secondo testimonianze e filmati diffusi online, i due uomini – identificati successivamente come Al-Muntasir Billah Abdullah, 26 anni, e Youssef Asasa, 37 anni – avevano sollevato le magliette per mostrare di essere disarmati. Prima dell’esecuzione, i militari hanno ordinato loro di rientrare nell’edificio e, poco dopo, sono stati uccisi a colpi d'arma da fuoco. Un’esecuzione extragiudiziale in aperta violazione del diritto internazionale umanitario. Durante una visita all’unità responsabile dell’omicidio, Ben-Gvir ha dichiarato: “Sono venuto per rafforzare e abbracciare gli eroici combattenti qui. Stiamo combattendo nemici e assassini che vogliono violentare le donne e bruciare i bambini". Dopo la sparatoria di giovedì, Ben-Gvir ha scritto su X che fornisce “pieno sostegno ai membri della Polizia di Frontiera e ai combattenti delle IDF”. Le organizzazioni per i diritti umani hanno condannato duramente l’accaduto. Il gruppo palestinese per i diritti umani Al-Haq ha dichiarato che “le prove e i filmati mostrano chiaramente che i due uomini erano disarmati, si erano arresi e non rappresentavano alcuna minaccia”. A ciò si aggiunte la dichiarazione dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) che ha definito l’uccisione “un’apparente esecuzione sommaria”, parlando di un “omicidio sfacciato”. L'OHCHR ha verificato che dal 7 ottobre 2023, in Cisgiordania occupata l’IDF e i coloni israeliani hanno ucciso 1.030 palestinesi, tra cui 233 bambini. #westbankunderattack #jenin #palestine #israel #idf #bengvir Source: https://x.com/insideoverita/status/1995173292961845677?t=isfIzRwMTQ_sCLPkpdK1bQ&s=19
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  • UN'ANALISI molto OBIETTIVA e VERITIERA!
    L’Ucraina in una maniera o nell’altra è rovinata: il piano europeo non ha senso
    Enrico Grazzini
    Giornalista economico e saggista

    Il piano di pace preparato da Trump e Putin è una resa senza (quasi) condizioni per l’Ucraina ma è realistico. Quello dell'Ue invece non ha possibilità e i russi presto arriveranno a Kiev
    L’Ucraina in una maniera o nell’altra è rovinata: il piano europeo non ha senso
    Icona dei commenti Commenti

    Donald Trump
    Guerra Russia Ucraina
    Unione Europea

    Siamo arrivati alla resa dei conti: l’Ucraina ha perso una guerra che non poteva vincere, come anche i bambini potevano capire fin dall’inizio. Questa guerra è iniziata come scontro tra due imperi e ora America e Russia si sono messi d’accordo per spartirsi l’Ucraina.

    Speriamo che il conflitto finalmente cessi e non continui fino alla disfatta completa di Kiev e al massacro di altre migliaia di ucraini, e di russi. Ancora non si sa come andrà a finire il Piano di Pace concordato dai due capi imperiali, da Trump e da Putin, e contestato dagli europei: ma quel che è certo è che l’Ucraina in una maniera o nell’altra è rovinata, e che il banchetto per dividersi le spoglie e le ricchezze del paese è iniziato. I governi corrotti dell’Ucraina – dopo avere seguito le sirene della Nato diretta dall’ex presidente americano Joe Biden, dopo avere seguito i proclami di Ursula von der Leyen e del governo Zelensky, che hanno spinto in maniera criminale il paese a abbandonare la sua neutralità e a non negoziare sull’autonomia del Donbas per combattere i russi “fino alla vittoria” – hanno mandato il loro paese e il loro popolo in rovina. Il paese passerà dal governo corrotto degli oligarchi ucraini amici di Zelensky (già implicato nei Pandora Papers) nelle mani di America e Russia, con qualche briciola concessa (forse) anche agli europei. Washington si è già messa d’accordo con Mosca per spartirsi il bottino. Business is business. Gli ucraini sono stati sfruttati come carne da macello.

    Se passerà il piano di pace di Trump, gran parte dei fondi di circa 250 miliardi di euro relativi ai beni congelati ai russi dall’inizio della guerra verranno gestiti in joint venture tra Russia e Usa. Il piano statunitense prevede che 100 miliardi di dollari di fondi russi congelati saranno investiti in uno “sforzo guidato dagli Stati Uniti per ricostruire e investire in Ucraina” e che gli Usa riceveranno il 50% dei profitti. Gli Stati Uniti hanno inoltre proposto che la parte rimanente sarà investita in un “veicolo di investimento separato tra Stati Uniti e Russia”.

    Il problema è che i soldi russi interessano anche agli europei. Il piano dell’Unione Europea prevede che “l’Ucraina sarà ricostruita attraverso i beni sovrani russi che rimarranno congelati finché la Russia non risarcirà i danni causati all’Ucraina”. Gli europei puntavano a sequestrare i miliardi russi congelati in Europa per armare l’Ucraina: ora puntano invece a gestire i capitali russi per ricostruire l’Ucraina sotto il loro comando. Ursula von der Leyen ha annunciato la creazione del Fondo Europeo per la ricostruzione dell’Ucraina senza però specificare come si finanzierà. Tutti vogliono partecipare al banchetto della ricostruzione ma con i soldi degli altri. Comunque la Ue prevede che i finanziamenti vengano erogati a pezzi, verificando di volta in volta i progressi compiuti da Kiev nella lotta contro la corruzione, nell’attuazione delle riforme democratiche e amministrative e nell’uso dei fondi Ue. Secondo questa prospettiva, l’Ucraina sarà sostanzialmente commissariata e diventerà una sorta di protettorato Ue. Invece gli americani, d’accordo con i russi, vorrebbero che l’Ucraina diventasse una sorta di loro protettorato. In ogni caso il popolo ucraino, condotto alla guerra da governi irresponsabili e corrotti, dovrà sopportare il giogo della servitù.

    Putin ha invaso illegalmente l’Ucraina. Ma resta il fatto che all’origine della guerra c’è stata la volontà assurda e irresponsabile dei governi ucraini, forse corrotti con i soldi americani, di lasciare che la Nato mettesse le sue basi e i suoi missili alle frontiere contro la Russia, secondo i piani di espansione militare antirussi già previsti 25 anni prima dal consigliere americano per la sicurezza nazionale Zbigniew Brzezinski. Putin è un tiranno ma ha reagito ai piani Nato un po’ come aveva reagito molti anni prima John Kennedy quando i sovietici cercarono di mettere i loro missili a Cuba, alle porte dell’America.

    Source: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/11/24/piano-pace-ucraina-russia-usa-ue-spartizione-notizie/8205591/
    UN'ANALISI molto OBIETTIVA e VERITIERA! L’Ucraina in una maniera o nell’altra è rovinata: il piano europeo non ha senso Enrico Grazzini Giornalista economico e saggista Il piano di pace preparato da Trump e Putin è una resa senza (quasi) condizioni per l’Ucraina ma è realistico. Quello dell'Ue invece non ha possibilità e i russi presto arriveranno a Kiev L’Ucraina in una maniera o nell’altra è rovinata: il piano europeo non ha senso Icona dei commenti Commenti Donald Trump Guerra Russia Ucraina Unione Europea Siamo arrivati alla resa dei conti: l’Ucraina ha perso una guerra che non poteva vincere, come anche i bambini potevano capire fin dall’inizio. Questa guerra è iniziata come scontro tra due imperi e ora America e Russia si sono messi d’accordo per spartirsi l’Ucraina. Speriamo che il conflitto finalmente cessi e non continui fino alla disfatta completa di Kiev e al massacro di altre migliaia di ucraini, e di russi. Ancora non si sa come andrà a finire il Piano di Pace concordato dai due capi imperiali, da Trump e da Putin, e contestato dagli europei: ma quel che è certo è che l’Ucraina in una maniera o nell’altra è rovinata, e che il banchetto per dividersi le spoglie e le ricchezze del paese è iniziato. I governi corrotti dell’Ucraina – dopo avere seguito le sirene della Nato diretta dall’ex presidente americano Joe Biden, dopo avere seguito i proclami di Ursula von der Leyen e del governo Zelensky, che hanno spinto in maniera criminale il paese a abbandonare la sua neutralità e a non negoziare sull’autonomia del Donbas per combattere i russi “fino alla vittoria” – hanno mandato il loro paese e il loro popolo in rovina. Il paese passerà dal governo corrotto degli oligarchi ucraini amici di Zelensky (già implicato nei Pandora Papers) nelle mani di America e Russia, con qualche briciola concessa (forse) anche agli europei. Washington si è già messa d’accordo con Mosca per spartirsi il bottino. Business is business. Gli ucraini sono stati sfruttati come carne da macello. Se passerà il piano di pace di Trump, gran parte dei fondi di circa 250 miliardi di euro relativi ai beni congelati ai russi dall’inizio della guerra verranno gestiti in joint venture tra Russia e Usa. Il piano statunitense prevede che 100 miliardi di dollari di fondi russi congelati saranno investiti in uno “sforzo guidato dagli Stati Uniti per ricostruire e investire in Ucraina” e che gli Usa riceveranno il 50% dei profitti. Gli Stati Uniti hanno inoltre proposto che la parte rimanente sarà investita in un “veicolo di investimento separato tra Stati Uniti e Russia”. Il problema è che i soldi russi interessano anche agli europei. Il piano dell’Unione Europea prevede che “l’Ucraina sarà ricostruita attraverso i beni sovrani russi che rimarranno congelati finché la Russia non risarcirà i danni causati all’Ucraina”. Gli europei puntavano a sequestrare i miliardi russi congelati in Europa per armare l’Ucraina: ora puntano invece a gestire i capitali russi per ricostruire l’Ucraina sotto il loro comando. Ursula von der Leyen ha annunciato la creazione del Fondo Europeo per la ricostruzione dell’Ucraina senza però specificare come si finanzierà. Tutti vogliono partecipare al banchetto della ricostruzione ma con i soldi degli altri. Comunque la Ue prevede che i finanziamenti vengano erogati a pezzi, verificando di volta in volta i progressi compiuti da Kiev nella lotta contro la corruzione, nell’attuazione delle riforme democratiche e amministrative e nell’uso dei fondi Ue. Secondo questa prospettiva, l’Ucraina sarà sostanzialmente commissariata e diventerà una sorta di protettorato Ue. Invece gli americani, d’accordo con i russi, vorrebbero che l’Ucraina diventasse una sorta di loro protettorato. In ogni caso il popolo ucraino, condotto alla guerra da governi irresponsabili e corrotti, dovrà sopportare il giogo della servitù. Putin ha invaso illegalmente l’Ucraina. Ma resta il fatto che all’origine della guerra c’è stata la volontà assurda e irresponsabile dei governi ucraini, forse corrotti con i soldi americani, di lasciare che la Nato mettesse le sue basi e i suoi missili alle frontiere contro la Russia, secondo i piani di espansione militare antirussi già previsti 25 anni prima dal consigliere americano per la sicurezza nazionale Zbigniew Brzezinski. Putin è un tiranno ma ha reagito ai piani Nato un po’ come aveva reagito molti anni prima John Kennedy quando i sovietici cercarono di mettere i loro missili a Cuba, alle porte dell’America. Source: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/11/24/piano-pace-ucraina-russia-usa-ue-spartizione-notizie/8205591/
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    Blog | L'Ucraina in una maniera o nell’altra è rovinata: il piano europeo non ha senso
    "L'Ucraina ha perso una guerra che non poteva vincere, anche i bambini potevano capirlo". Dal blog
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  • COSA vi ASPETTAVATE dopo AVERLI ALLONTANATI dalla FAMIGLIA?

    Famiglia nel bosco: il racconto dei genitori dei bimbi allontanati
    Il racconto dei genitori dei bambini che vivevano nel bosco di Palmoli, allontanati dal tribunale per le condizioni abitative considerate pericolose...
    Mentre la politica blatera, il ministro della Giustizia pensa di dover intervenire e i magistrati fanno quadrato intorno ai colleghi, i genitori dei bimbi allontanati dalla capanna in cui vivevano, prima di essere allontanati per ordine del Tribunale dell’Aquila, spiegano ai giornalisti cosa sta accadendo ai figli e cosa accade a loro. “C’è stata la fase della rabbia, poi quella della paura. Ora sono superate, sono fiducioso” confida al Corriere della Sera che vuole ricongiungersi con la sua famiglia. L’uomo spiega anche che l’abitazione – considerata inadatta per assenza di corrente elettrica e acqua – verrà migliorata. “Si tratta di un progetto studiato da un ingegnere al quale ci siamo rivolti. Prevede di aggiungere un locale alla casa. Ospiterà cucina e bagno“, dichiara rispondendo alle critiche sulla inadeguatezza delle condizioni abitative.

    Le criticità
    I piccoli, una bambina di 8 anni e due gemelli di 6, vivevano in quello che appare come un rudere fatiscente e privo di utenze e in una roulotte nel bosco a Palmoli (Chieti). per i magistrati è stato necessario allontanare i minori dall’abitazione familiare, “in considerazione del pericolo per l’integrità fisica derivante dalla condizione abitativa, nonché dal rifiuto da parte dei genitori di consentire le verifiche e i trattamenti sanitari obbligatori per legge”. Inoltre, “l’assenza di agibilità e pertanto di sicurezza statica, anche sotto il profilo del rischio sismico e della prevenzione di incendi, degli impianti elettrico, idrico e termico e delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità dell’abitazione, comporta la presunzione ex lege dell’esistenza del periodo di pregiudizio per l’integrità e l’incolumità fisica dei minori”.

    Solo latte di soia e niente tv
    A questi dati l’uomo replica così: “Hanno detto che viviamo nell’inconsapevolezza. Invece abbiamo il nostro know how – continua, ricordando la cura con cui gestiscono la vita familiare e le coltivazioni di frutta e verdura -. Vorrei dire qualcosa che non è stato compreso: noi proviamo una particolare soddisfazione a nutrirci dei prodotti della terra da noi stessi coltivata. Una soddisfazione nel fare a meno di tutto ciò che è in più”. Un’alimentazione di fatto vegana, ma non seguita da uno specialista e sconsigliata dalla letteratura scientifica e dalle società di pediatria. Almeno nei primi sei anni di vita, secondo gli esperti, i bambini non dovrebbero mai fare a meno dei derivati di origine animale. L’uomo tiene a specificare: “Niente latte di mucca. Non mangiamo animali), verdure e frutta solo delle nostre coltivazioni. Colazione? Tè con porridge. Voi continuate a concentrarvi su cose superflue. A noi non servono. Non abbiamo elettrodomestici, ma non ci servono. Non abbiamo la tv. In compenso abbiamo due pc che vengono utilizzati anche dai bambini per studiare”.

    “Sotto choc”, “euforici”
    Il padre dei piccoli dice che sono “Sono sotto choc per questa separazione. È difficile spiegare, si tratta di un equilibrio a cui sono abituati. La sera ci si ritrova tutti assieme per mangiare, scherzare, giocare. Questo è venuto meno. Sono distrutto. Li ho visti dieci minuti questa mattina, il tempo di lasciare indumenti e giocattoli e li ho dovuti lasciare. Nel centro dove li hanno portati non è prevista la mia presenza”.

    Anche la madre ritiene che i figli stiano vivendo un trauma: “Li vedo stranamente euforici, e capisco che è la dimostrazione della loro ansia. Vorrebbero tornare a casa, tornare ad essere un nucleo familiare. Io resto qui, non li lascio soli. I nostri figli non andranno in una scuola ortodossa, continueranno a ricevere un’educazione familiare e naturale, si chiama unschooling e ti connette con la parte destra del cervello” aggiunge ribadendo il loro progetto educativo. L’avvocato Giovanni Angelucci sta preparando l’appello contro l’ordinanza che ha tolto la potestà genitoriale. I genitori, intanto, confidano che il progetto edilizio, con stanze aggiuntive e bagno interno, possa migliorare le condizioni della casa e consentire il ritorno dei figli.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/11/23/famiglia-bosco-bambini-allontanati-palmoli-notizie/8204948/
    COSA vi ASPETTAVATE dopo AVERLI ALLONTANATI dalla FAMIGLIA? Famiglia nel bosco: il racconto dei genitori dei bimbi allontanati Il racconto dei genitori dei bambini che vivevano nel bosco di Palmoli, allontanati dal tribunale per le condizioni abitative considerate pericolose... Mentre la politica blatera, il ministro della Giustizia pensa di dover intervenire e i magistrati fanno quadrato intorno ai colleghi, i genitori dei bimbi allontanati dalla capanna in cui vivevano, prima di essere allontanati per ordine del Tribunale dell’Aquila, spiegano ai giornalisti cosa sta accadendo ai figli e cosa accade a loro. “C’è stata la fase della rabbia, poi quella della paura. Ora sono superate, sono fiducioso” confida al Corriere della Sera che vuole ricongiungersi con la sua famiglia. L’uomo spiega anche che l’abitazione – considerata inadatta per assenza di corrente elettrica e acqua – verrà migliorata. “Si tratta di un progetto studiato da un ingegnere al quale ci siamo rivolti. Prevede di aggiungere un locale alla casa. Ospiterà cucina e bagno“, dichiara rispondendo alle critiche sulla inadeguatezza delle condizioni abitative. Le criticità I piccoli, una bambina di 8 anni e due gemelli di 6, vivevano in quello che appare come un rudere fatiscente e privo di utenze e in una roulotte nel bosco a Palmoli (Chieti). per i magistrati è stato necessario allontanare i minori dall’abitazione familiare, “in considerazione del pericolo per l’integrità fisica derivante dalla condizione abitativa, nonché dal rifiuto da parte dei genitori di consentire le verifiche e i trattamenti sanitari obbligatori per legge”. Inoltre, “l’assenza di agibilità e pertanto di sicurezza statica, anche sotto il profilo del rischio sismico e della prevenzione di incendi, degli impianti elettrico, idrico e termico e delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità dell’abitazione, comporta la presunzione ex lege dell’esistenza del periodo di pregiudizio per l’integrità e l’incolumità fisica dei minori”. Solo latte di soia e niente tv A questi dati l’uomo replica così: “Hanno detto che viviamo nell’inconsapevolezza. Invece abbiamo il nostro know how – continua, ricordando la cura con cui gestiscono la vita familiare e le coltivazioni di frutta e verdura -. Vorrei dire qualcosa che non è stato compreso: noi proviamo una particolare soddisfazione a nutrirci dei prodotti della terra da noi stessi coltivata. Una soddisfazione nel fare a meno di tutto ciò che è in più”. Un’alimentazione di fatto vegana, ma non seguita da uno specialista e sconsigliata dalla letteratura scientifica e dalle società di pediatria. Almeno nei primi sei anni di vita, secondo gli esperti, i bambini non dovrebbero mai fare a meno dei derivati di origine animale. L’uomo tiene a specificare: “Niente latte di mucca. Non mangiamo animali), verdure e frutta solo delle nostre coltivazioni. Colazione? Tè con porridge. Voi continuate a concentrarvi su cose superflue. A noi non servono. Non abbiamo elettrodomestici, ma non ci servono. Non abbiamo la tv. In compenso abbiamo due pc che vengono utilizzati anche dai bambini per studiare”. “Sotto choc”, “euforici” Il padre dei piccoli dice che sono “Sono sotto choc per questa separazione. È difficile spiegare, si tratta di un equilibrio a cui sono abituati. La sera ci si ritrova tutti assieme per mangiare, scherzare, giocare. Questo è venuto meno. Sono distrutto. Li ho visti dieci minuti questa mattina, il tempo di lasciare indumenti e giocattoli e li ho dovuti lasciare. Nel centro dove li hanno portati non è prevista la mia presenza”. Anche la madre ritiene che i figli stiano vivendo un trauma: “Li vedo stranamente euforici, e capisco che è la dimostrazione della loro ansia. Vorrebbero tornare a casa, tornare ad essere un nucleo familiare. Io resto qui, non li lascio soli. I nostri figli non andranno in una scuola ortodossa, continueranno a ricevere un’educazione familiare e naturale, si chiama unschooling e ti connette con la parte destra del cervello” aggiunge ribadendo il loro progetto educativo. L’avvocato Giovanni Angelucci sta preparando l’appello contro l’ordinanza che ha tolto la potestà genitoriale. I genitori, intanto, confidano che il progetto edilizio, con stanze aggiuntive e bagno interno, possa migliorare le condizioni della casa e consentire il ritorno dei figli. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/11/23/famiglia-bosco-bambini-allontanati-palmoli-notizie/8204948/
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    Famiglia nel bosco: il racconto dei genitori dei bimbi allontanati
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  • QUELLO CHE NON VOGLIONO FAR SAPERE SULLE VERE CAUSE DELL’AZIONE RUSSA IN UCRAINA

    di Ivan Zeno

    La verità è semplice, ma viene scientemente nascosta. Per anni la Russia ha chiesto un’unica cosa: protezione per quasi dieci milioni di russofoni in Ucraina. Non l’annessione dell’Ucraina, non la ricostruzione dell’URSS, non le fantasie propagandistiche diffuse in Occidente. Solo una tutela minima, formalizzata negli accordi di Minsk I e II, rispettivamente nel 2014 e nel 2015. Cosa hanno fatto Kiev, Washington e Bruxelles? Assolutamente nulla.

    Hanno ignorato, rinviato, deriso.

    Perché diciamola tutta: l’Ucraina quegli accordi non li ha mai voluti. Li ha spacciati per “punitivi”, quando non prevedevano nemmeno un centimetro di territorio ceduto. Si chiedeva solo un’autonomia speciale, sul modello di qualsiasi regione europea plurilingue. Ma Kiev – con il beneplacito dell’Occidente – ha preferito l’intransigenza totale, arroccandosi dietro slogan identitari invece che affrontare una questione etnica e linguistica reale.

    E allora, quale strada si è scelta? Quella delle armi. Otto anni di bombardamenti sul Donbass, otto anni di vittime civili, otto anni di una guerra che l’Occidente fingendo di non vedere ha semplicemente lasciato marcire. Anzi: ha alimentato politicamente e militarmente, pur di mantenere il conflitto congelato e funzionale ai propri obiettivi geopolitici.

    Nel 2019 Zelensky ha vinto promettendo pace, dialogo e applicazione degli accordi di Minsk. Una menzogna elettorale: una volta al potere ha fatto l’esatto opposto. Nel 2022 preparava l’offensiva finale contro Lugansk e Donetsk, con colonne corazzate pronte a schiacciare le repubbliche separatiste.

    Nessuna autonomia. Nessun compromesso. Solo muscoli e propaganda.

    E sul fronte diplomatico? Putin chiedeva – ancora una volta – un tavolo sulla sicurezza europea. E gli Stati Uniti hanno risposto con un arroganza degna di un impero in decadenza: “Non è in agenda.” Fine della conversazione. Poi però si permettono di impartire lezioni su “dialogo” e “multilateralismo”.

    Il risultato oggi è sotto gli occhi di tutti. Le regioni a maggioranza russofona coincidono quasi perfettamente con i territori ora controllati dalla Russia, salvo Odessa e parte di Kharkov. In pratica, Putin si è preso ciò che per anni americani ed europei hanno disprezzato, ignorato o trattato come un fastidio geopolitico.

    Quello che si poteva garantire con la politica lo si è regalato alla forza militare. Una cecità strategica impressionante.

    E nonostante questa catena di fallimenti, si continua a ripetere la solita favola: “invasori e invasi”, “imperialismo russo”, “Putin vuole conquistare l’Europa”. Una narrazione bambinesca, funzionale solo a coprire responsabilità enormi. Perché se si riconoscesse la verità, bisognerebbe ammettere che l’Occidente ha sbagliato tutto: analisi, diplomazia, strategia e tempistiche.

    E invece si persevera. Ancora armi, ancora miliardi, ancora propaganda.

    E soprattutto un’escalation sempre più vicina alla linea rossa di uno scontro diretto tra NATO e Russia. Una follia geopolitica che nessuno ha il coraggio di ammettere, perché significherebbe riconoscere che l’intera architettura occidentale – politica, militare e mediatica – ha costruito per anni una narrazione completamente scollegata dalla realtà.
    QUELLO CHE NON VOGLIONO FAR SAPERE SULLE VERE CAUSE DELL’AZIONE RUSSA IN UCRAINA di Ivan Zeno La verità è semplice, ma viene scientemente nascosta. Per anni la Russia ha chiesto un’unica cosa: protezione per quasi dieci milioni di russofoni in Ucraina. Non l’annessione dell’Ucraina, non la ricostruzione dell’URSS, non le fantasie propagandistiche diffuse in Occidente. Solo una tutela minima, formalizzata negli accordi di Minsk I e II, rispettivamente nel 2014 e nel 2015. Cosa hanno fatto Kiev, Washington e Bruxelles? Assolutamente nulla. Hanno ignorato, rinviato, deriso. Perché diciamola tutta: l’Ucraina quegli accordi non li ha mai voluti. Li ha spacciati per “punitivi”, quando non prevedevano nemmeno un centimetro di territorio ceduto. Si chiedeva solo un’autonomia speciale, sul modello di qualsiasi regione europea plurilingue. Ma Kiev – con il beneplacito dell’Occidente – ha preferito l’intransigenza totale, arroccandosi dietro slogan identitari invece che affrontare una questione etnica e linguistica reale. E allora, quale strada si è scelta? Quella delle armi. Otto anni di bombardamenti sul Donbass, otto anni di vittime civili, otto anni di una guerra che l’Occidente fingendo di non vedere ha semplicemente lasciato marcire. Anzi: ha alimentato politicamente e militarmente, pur di mantenere il conflitto congelato e funzionale ai propri obiettivi geopolitici. Nel 2019 Zelensky ha vinto promettendo pace, dialogo e applicazione degli accordi di Minsk. Una menzogna elettorale: una volta al potere ha fatto l’esatto opposto. Nel 2022 preparava l’offensiva finale contro Lugansk e Donetsk, con colonne corazzate pronte a schiacciare le repubbliche separatiste. Nessuna autonomia. Nessun compromesso. Solo muscoli e propaganda. E sul fronte diplomatico? Putin chiedeva – ancora una volta – un tavolo sulla sicurezza europea. E gli Stati Uniti hanno risposto con un arroganza degna di un impero in decadenza: “Non è in agenda.” Fine della conversazione. Poi però si permettono di impartire lezioni su “dialogo” e “multilateralismo”. Il risultato oggi è sotto gli occhi di tutti. Le regioni a maggioranza russofona coincidono quasi perfettamente con i territori ora controllati dalla Russia, salvo Odessa e parte di Kharkov. In pratica, Putin si è preso ciò che per anni americani ed europei hanno disprezzato, ignorato o trattato come un fastidio geopolitico. Quello che si poteva garantire con la politica lo si è regalato alla forza militare. Una cecità strategica impressionante. E nonostante questa catena di fallimenti, si continua a ripetere la solita favola: “invasori e invasi”, “imperialismo russo”, “Putin vuole conquistare l’Europa”. Una narrazione bambinesca, funzionale solo a coprire responsabilità enormi. Perché se si riconoscesse la verità, bisognerebbe ammettere che l’Occidente ha sbagliato tutto: analisi, diplomazia, strategia e tempistiche. E invece si persevera. Ancora armi, ancora miliardi, ancora propaganda. E soprattutto un’escalation sempre più vicina alla linea rossa di uno scontro diretto tra NATO e Russia. Una follia geopolitica che nessuno ha il coraggio di ammettere, perché significherebbe riconoscere che l’intera architettura occidentale – politica, militare e mediatica – ha costruito per anni una narrazione completamente scollegata dalla realtà.
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  • L’UE allarga la rete dei suoi nuovi censori di Stato

    L’Unione Europea sta costruendo la sua macchina di censura pezzo dopo pezzo, e lo sta facendo con la solita eleganza burocratica: chiamando tutto ciò “sicurezza online”. Grazie al DSA, entro la fine del 2025 ogni Stato membro dovrà nominare i cosiddetti “segnalatori attendibili”, organismi con poteri sovranazionali che potranno indicare alle piattaforme quali contenuti rimuovere con priorità. In Germania e Austria il processo è già partito da mesi. Gli altri stanno correndo ai ripari.

    Il Belgio ha appena nominato un centro antidiscriminazione come organismo ufficiale. La Francia, con la sua ARCOM sempre in prima linea quando c’è da controllare qualcuno, ne ha già certificati otto e altri arriveranno a breve. Tra i probabili nuovi ingressi figura SOS Racisme, con buona pace della sovranità nazionale: perché questi organismi, una volta approvati dall’UE, possono intervenire ovunque, superando confini e governi eletti. Tradotto: ONG straniere - spesso ideologicamente molto allineate - potranno influenzare la libertà di espressione dentro un Paese che non le ha mai votate.

    In Germania il compito è finito alla Bundesnetzagentur, in Austria a KommAustria. Vienna ha già promosso cinque strutture, che vanno dalla Camera del Lavoro all’Associazione Consumatori. Berlino, dal canto suo, punta su sigle come HateAid e REspect!. Tutte con la stessa missione: segnalare “disinformazione”, “odio” e contenuti ritenuti “illegali”, categorie così elastiche da potersi allungare quanto basta. Le piattaforme digitali, per legge, devono obbedire e processare le segnalazioni con priorità. Il sistema funziona: secondo TKP, in un solo trimestre l’UE ha fatto sparire 29 milioni di contenuti.

    Il meccanismo dei “Trusted Flagger” è nel mirino da anni: non perché censuri apertamente, ma perché usa metodi più moderni e asettici, come la riduzione della portata dei media scomodi. Un’arma molto più discreta ed efficace della semplice rimozione. La Commissione mantiene anche un database centralizzato di tutti i segnalatori. Finora undici Paesi non ne hanno nominato neppure uno; altri, come l’Ungheria, ne hanno appena uno. Ma Bruxelles vuole omogeneizzare tutto entro il 2025, così nessuno potrà mai pensare di inserire un organismo non allineato.

    Il quadro è semplice: una rete di censura in espansione, travestita da sistema di protezione. Un apparato che sfugge agli Stati e che crea nuovi intermediari ideologici con il potere di decidere cosa è accettabile leggere e cosa no. E con la scusa della sicurezza, l’UE sta ottenendo quello che nessuna dittatura del Novecento è riuscita a costruire: un sistema paneuropeo di controllo dell’informazione, perfettamente integrato e mascherato da bene comune.

    Per aggiornamenti senza filtri: https://t.me/carmen_tortora1
    L’UE allarga la rete dei suoi nuovi censori di Stato L’Unione Europea sta costruendo la sua macchina di censura pezzo dopo pezzo, e lo sta facendo con la solita eleganza burocratica: chiamando tutto ciò “sicurezza online”. Grazie al DSA, entro la fine del 2025 ogni Stato membro dovrà nominare i cosiddetti “segnalatori attendibili”, organismi con poteri sovranazionali che potranno indicare alle piattaforme quali contenuti rimuovere con priorità. In Germania e Austria il processo è già partito da mesi. Gli altri stanno correndo ai ripari. Il Belgio ha appena nominato un centro antidiscriminazione come organismo ufficiale. La Francia, con la sua ARCOM sempre in prima linea quando c’è da controllare qualcuno, ne ha già certificati otto e altri arriveranno a breve. Tra i probabili nuovi ingressi figura SOS Racisme, con buona pace della sovranità nazionale: perché questi organismi, una volta approvati dall’UE, possono intervenire ovunque, superando confini e governi eletti. Tradotto: ONG straniere - spesso ideologicamente molto allineate - potranno influenzare la libertà di espressione dentro un Paese che non le ha mai votate. In Germania il compito è finito alla Bundesnetzagentur, in Austria a KommAustria. Vienna ha già promosso cinque strutture, che vanno dalla Camera del Lavoro all’Associazione Consumatori. Berlino, dal canto suo, punta su sigle come HateAid e REspect!. Tutte con la stessa missione: segnalare “disinformazione”, “odio” e contenuti ritenuti “illegali”, categorie così elastiche da potersi allungare quanto basta. Le piattaforme digitali, per legge, devono obbedire e processare le segnalazioni con priorità. Il sistema funziona: secondo TKP, in un solo trimestre l’UE ha fatto sparire 29 milioni di contenuti. Il meccanismo dei “Trusted Flagger” è nel mirino da anni: non perché censuri apertamente, ma perché usa metodi più moderni e asettici, come la riduzione della portata dei media scomodi. Un’arma molto più discreta ed efficace della semplice rimozione. La Commissione mantiene anche un database centralizzato di tutti i segnalatori. Finora undici Paesi non ne hanno nominato neppure uno; altri, come l’Ungheria, ne hanno appena uno. Ma Bruxelles vuole omogeneizzare tutto entro il 2025, così nessuno potrà mai pensare di inserire un organismo non allineato. Il quadro è semplice: una rete di censura in espansione, travestita da sistema di protezione. Un apparato che sfugge agli Stati e che crea nuovi intermediari ideologici con il potere di decidere cosa è accettabile leggere e cosa no. E con la scusa della sicurezza, l’UE sta ottenendo quello che nessuna dittatura del Novecento è riuscita a costruire: un sistema paneuropeo di controllo dell’informazione, perfettamente integrato e mascherato da bene comune. Per aggiornamenti senza filtri: https://t.me/carmen_tortora1
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    Carmen Tortora
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