• Gli airbag giganti a forma di popcorn salveranno vite negli incidenti aerei? L'idea dopo la tragedia del volo Air India
    di Cristina Marrone
    16 set 2025
    Il progetto Ribirth, candidato al James Dyson Award 2025, sfrutta un sistema di AI che attiva misure estreme di sicurezza quando l'impatto è ormai inevitabile

    Il tragico incidente del volo 171 di Air India precipitato ad Ahmedabad il 12 giugno scorso ha sconvolto il mondo. I motori del Boeing 787 sono stati spenti da uno dei due piloti appena il velivolo è decollato: le leve che controllano il flusso del carburante sono state spostate da «run» a «cutoff» bloccando il passaggio di cherosene. Per il Boeing 787 di Air India è stato impossibile recuperare la situazione. Nell’impatto sono morte 270 persone: 241 tra passeggeri (si è salvato soltanto uno) e membri dell’equipaggio, e altre 29 che si trovavano nella mensa universitaria contro la quale si è schiantato il velivolo.

    Da quel momento di enorme dolore è nato il progetto Rebirth. Due ingegneri aeronautici del Birla Institute of Technology and Science in India hanno sviluppato un sistema che potrebbe contribuire a prevenire simili incidenti con enormi airbag esterni dall'aspetto di giganteschi pop corn controllati dall'intelligenza artificiale. L'invenzione è candidata del James Dyson Award, premio che riconosce idee con un impatto globale (il vincitore sarà proclamato il 5 novembre).

    Un sistema di intelligenza artificiale rileva potenziali guasti e nel giro di 2 secondi apre il sistema di airbag (Rebirth)

    Il funzionamento di Rebirth prevede sensori che monitorano costantemente altitudine, velocità, motori, direzione, incendi e reazione dei piloti. Quando l'incidente è ormai inevitabile, con il velivolo a meno di 900 metri dal suolo, il sistema attiva automaticamente gli airbag, formando un bozzolo protettivo capace di assorbire l'energia dell'impatto e ridurre i danni. All'impatto si attivano lampeggianti a infrarossi e Gps per facilitare la localizzazione dei rottami ai soccorritori. Rebirth può essere aggiunto ad aerei esistenti o integrato ai nuovi. «Vogliamo aiutare le persone a sopravvivere agli incidenti, dare una possibilità anche dopo un fallimento» raccontano Eshel Wasim e Dharsan Srinivasan, le due menti dietro al progetto.

    Source:
    https://www.corriere.it/tecnologia/25_settembre_16/gli-airbag-giganti-a-forma-di-popcorn-salveranno-vite-negli-incidenti-aerei-l-idea-dopo-la-tragedia-del-volo-air-india-0432c624-4d6e-47e2-9e2e-fafadcba3xlk_amp.shtml
    Gli airbag giganti a forma di popcorn salveranno vite negli incidenti aerei? L'idea dopo la tragedia del volo Air India di Cristina Marrone 16 set 2025 Il progetto Ribirth, candidato al James Dyson Award 2025, sfrutta un sistema di AI che attiva misure estreme di sicurezza quando l'impatto è ormai inevitabile Il tragico incidente del volo 171 di Air India precipitato ad Ahmedabad il 12 giugno scorso ha sconvolto il mondo. I motori del Boeing 787 sono stati spenti da uno dei due piloti appena il velivolo è decollato: le leve che controllano il flusso del carburante sono state spostate da «run» a «cutoff» bloccando il passaggio di cherosene. Per il Boeing 787 di Air India è stato impossibile recuperare la situazione. Nell’impatto sono morte 270 persone: 241 tra passeggeri (si è salvato soltanto uno) e membri dell’equipaggio, e altre 29 che si trovavano nella mensa universitaria contro la quale si è schiantato il velivolo. Da quel momento di enorme dolore è nato il progetto Rebirth. Due ingegneri aeronautici del Birla Institute of Technology and Science in India hanno sviluppato un sistema che potrebbe contribuire a prevenire simili incidenti con enormi airbag esterni dall'aspetto di giganteschi pop corn controllati dall'intelligenza artificiale. L'invenzione è candidata del James Dyson Award, premio che riconosce idee con un impatto globale (il vincitore sarà proclamato il 5 novembre). Un sistema di intelligenza artificiale rileva potenziali guasti e nel giro di 2 secondi apre il sistema di airbag (Rebirth) Il funzionamento di Rebirth prevede sensori che monitorano costantemente altitudine, velocità, motori, direzione, incendi e reazione dei piloti. Quando l'incidente è ormai inevitabile, con il velivolo a meno di 900 metri dal suolo, il sistema attiva automaticamente gli airbag, formando un bozzolo protettivo capace di assorbire l'energia dell'impatto e ridurre i danni. All'impatto si attivano lampeggianti a infrarossi e Gps per facilitare la localizzazione dei rottami ai soccorritori. Rebirth può essere aggiunto ad aerei esistenti o integrato ai nuovi. «Vogliamo aiutare le persone a sopravvivere agli incidenti, dare una possibilità anche dopo un fallimento» raccontano Eshel Wasim e Dharsan Srinivasan, le due menti dietro al progetto. Source: https://www.corriere.it/tecnologia/25_settembre_16/gli-airbag-giganti-a-forma-di-popcorn-salveranno-vite-negli-incidenti-aerei-l-idea-dopo-la-tragedia-del-volo-air-india-0432c624-4d6e-47e2-9e2e-fafadcba3xlk_amp.shtml
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  • Sanzioni a Israele??? RIDICOLE!
    L'UE propone sanzioni a Israele, ma armi e colonie restano escluse
    Pacchetto da 227 milioni che colpisce solo il 37% dei commerci con Israele, mentre continua la vendita di armi europee...
    Come annunciato, la Commissione Ue ha proposto un pacchetto di sanzioni contro Israele. “L’operazione a Gaza City rappresenta un’escalation della guerra”, ha spiegato l’alto rappresentante Ue Kaja Kallas, per questo “oggi presentiamo un robusto pacchetto di sanzioni: l’obiettivo non è punire Israele ma migliorare la situazione a Gaza”. “Oltre ai ministri israeliani estremisti“, quello per la Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir e per le Finanze Bezalel Smotrich, nel pacchetto – che deve essere approvato all’unanimità – “ci sono altri membri di Hamas e coloni violenti“, ha precisato Kallas. La proposta inoltre include misure sul commercio, ma i dubbi non mancano: tra queste non c’è nulla che colpisca gli insediamenti illegali in Cisgiordania e l’export di armi dall’Europa verso lo Stato ebraico.

    La proposta mira a sospendere una parte – “la più significativa” – del trattato commerciale tra l’Ue e Israele, che equivale al 37% del volume totale. Il resto, spiega un alto funzionario europeo, è regolato dai patti presi nel quadro del WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) e non è soggetto alle misure. In termini pratici, si tratta di circa 227 milioni di euro all’anno, che ora saranno soggetti a dazi maggiorati e quindi applicati agli importatori europei: in tutto nel 2024 l’Ue ha importato beni da Israele per un valore totale di 16 miliardi di euro. Il grosso riguarderà i prodotti agricoli. L’accordo di associazione copre anche il settore dei servizi ma, fanno notare alla Commissione, si tratta di una parte rimasta essenzialmente sulla carta e dunque non significativa.

    Ora la proposta deve essere approvata dagli Stati membri con la maggioranza qualificata. “Se sarà votata dal Consiglio, notificheremo l’ente di gestione dell’accordo di associazione con Israele e le misure entreranno in vigore dopo 30 giorni, ovvero una pratica standard”, precisa il funzionario.

    Altro capitolo sono poi i programmi che fanno capo direttamente alla Commissione (gemellaggi o progetti per l’integrazione regionale, previsti ad esempio dagli accordi di Abramo). “Sospendiamo il sostegno bilaterale al governo israeliano. In particolare, 14 milioni di euro di fondi già stanziati per il periodo 2020-2024. Di tale importo, 4,3 milioni di euro sono stati contrattualizzati, mentre 9,4 milioni di euro rimangono non contrattualizzati. Fino a nuovo avviso, non procederemo all’identificazione congiunta di nuove azioni né alla firma di contratti”, ha annunciato la commissaria Ue per il Mediterraneo Dubravka Šuica sottolineando che in questo caso l’esecutivo comunitario ha potuto prendere una decisione “indipendente“.

    Le misure però sollevano diversi interrogativi. Ad esempio, non colpiranno i prodotti che vengono dalle colonie – ovvero tutto ciò che va oltre i confini del 1967 – dato che l’accordo copre solo ciò che l’Ue riconosce come Stato d’Israele e gli insediamenti, essendo illegali, non lo sono. Servirà dunque una proposta separata per colpire i beni provenienti dai territori occupati.

    C’è un altro aspetto della questione che solleva forti dubbi sulla credibilità delle misure. Il settore delle armi non sarà toccato dalla proposta della Commissione poiché non rientra nelle specificità dell’accordo di associazione, ma è coperto dal quadro generale del Wto, ha spiegato ancora il funzionario illustrando i dettagli della proposta dell’esecutivo e sottolineando che gli armamenti beneficiano spesso della “clausola di confidenzialità” per cui non è dato sapere con certezza quanto pesi sull’interscambio generale tra Ue e Israele.
    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/09/17/sanzioni-israele-ue-armi-colonie-news/8129792/
    Sanzioni a Israele??? RIDICOLE! L'UE propone sanzioni a Israele, ma armi e colonie restano escluse Pacchetto da 227 milioni che colpisce solo il 37% dei commerci con Israele, mentre continua la vendita di armi europee... Come annunciato, la Commissione Ue ha proposto un pacchetto di sanzioni contro Israele. “L’operazione a Gaza City rappresenta un’escalation della guerra”, ha spiegato l’alto rappresentante Ue Kaja Kallas, per questo “oggi presentiamo un robusto pacchetto di sanzioni: l’obiettivo non è punire Israele ma migliorare la situazione a Gaza”. “Oltre ai ministri israeliani estremisti“, quello per la Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir e per le Finanze Bezalel Smotrich, nel pacchetto – che deve essere approvato all’unanimità – “ci sono altri membri di Hamas e coloni violenti“, ha precisato Kallas. La proposta inoltre include misure sul commercio, ma i dubbi non mancano: tra queste non c’è nulla che colpisca gli insediamenti illegali in Cisgiordania e l’export di armi dall’Europa verso lo Stato ebraico. La proposta mira a sospendere una parte – “la più significativa” – del trattato commerciale tra l’Ue e Israele, che equivale al 37% del volume totale. Il resto, spiega un alto funzionario europeo, è regolato dai patti presi nel quadro del WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) e non è soggetto alle misure. In termini pratici, si tratta di circa 227 milioni di euro all’anno, che ora saranno soggetti a dazi maggiorati e quindi applicati agli importatori europei: in tutto nel 2024 l’Ue ha importato beni da Israele per un valore totale di 16 miliardi di euro. Il grosso riguarderà i prodotti agricoli. L’accordo di associazione copre anche il settore dei servizi ma, fanno notare alla Commissione, si tratta di una parte rimasta essenzialmente sulla carta e dunque non significativa. Ora la proposta deve essere approvata dagli Stati membri con la maggioranza qualificata. “Se sarà votata dal Consiglio, notificheremo l’ente di gestione dell’accordo di associazione con Israele e le misure entreranno in vigore dopo 30 giorni, ovvero una pratica standard”, precisa il funzionario. Altro capitolo sono poi i programmi che fanno capo direttamente alla Commissione (gemellaggi o progetti per l’integrazione regionale, previsti ad esempio dagli accordi di Abramo). “Sospendiamo il sostegno bilaterale al governo israeliano. In particolare, 14 milioni di euro di fondi già stanziati per il periodo 2020-2024. Di tale importo, 4,3 milioni di euro sono stati contrattualizzati, mentre 9,4 milioni di euro rimangono non contrattualizzati. Fino a nuovo avviso, non procederemo all’identificazione congiunta di nuove azioni né alla firma di contratti”, ha annunciato la commissaria Ue per il Mediterraneo Dubravka Šuica sottolineando che in questo caso l’esecutivo comunitario ha potuto prendere una decisione “indipendente“. Le misure però sollevano diversi interrogativi. Ad esempio, non colpiranno i prodotti che vengono dalle colonie – ovvero tutto ciò che va oltre i confini del 1967 – dato che l’accordo copre solo ciò che l’Ue riconosce come Stato d’Israele e gli insediamenti, essendo illegali, non lo sono. Servirà dunque una proposta separata per colpire i beni provenienti dai territori occupati. C’è un altro aspetto della questione che solleva forti dubbi sulla credibilità delle misure. Il settore delle armi non sarà toccato dalla proposta della Commissione poiché non rientra nelle specificità dell’accordo di associazione, ma è coperto dal quadro generale del Wto, ha spiegato ancora il funzionario illustrando i dettagli della proposta dell’esecutivo e sottolineando che gli armamenti beneficiano spesso della “clausola di confidenzialità” per cui non è dato sapere con certezza quanto pesi sull’interscambio generale tra Ue e Israele. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/09/17/sanzioni-israele-ue-armi-colonie-news/8129792/
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    L'UE propone sanzioni a Israele, ma armi e colonie restano escluse
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  • La rivincita del copyright: ecco perché Anthropic (a causa dei veneziani del 1474) ha dovuto pagare 1,5 miliardi per l'AI
    Si tratta del più grande risarcimento nella storia di quel "privilegio di stampa" che prese vita nella Silicon Valley ante litteram , la repubblica di Venezia.

    di conoscere la sua storia. Manuzio fu in sostanza il primo stampatore ad inventare il lavoro dell’editore. Le sue stesse ansie erano quelle che oggi ha ogni editore moderno. Sono esilaranti i suoi scritti in cui ricorda come fosse ossessionato da presunti scrittori che volevano vedere stampata la propria opera: già a quel tempo gli italiani erano tutti un po’ scrittori (oggi siamo tutti scrittori e tutti Ct della nazionale di calcio…). Nella sua stanza c’era un cartello con su scritto: «No disturbeme che per cosse utili». Ma quando si leggono le statistiche sull’anomalia dei titoli stampati in Italia, circa 60 mila l’anno, bisogna tenere conto anche dell’opera di Manuzio. In sostanza possiamo riconoscergli anche l’invenzione del tascabile, cioè del libro che si può portare fuori di casa. Prima di Manuzio gli incunaboli, nome con cui si fa riferimento ai testi stampati di quell’epoca, erano grossi blocchi da tenere su un leggio ligneo. Manuzio lo rese trasportabile, oggi si direbbe “mobile”. Se gli incunaboli erano i computer da scrivania, i cosiddetti desktop, i libri del Manuzio furono gli smartphone. E proprio come gli apparecchi mobili oggi stanno facendo uscire dal mercato gli obsoleti computer, così il libro uccise gli incunaboli o libri da scrivania.

    Peraltro, anche qui, il successo in vita dell’editore fu enorme: è documentato un giorno del 1508 in cui Erasmo da Rotterdam stampava proprio nella sua bottega a sestiere di San Paolo i suoi Adagia. E anche qui arrivò l’oblio come una coltre nebulosa a coprire il tutto.

    Source: https://www.corriere.it/cronache/25_settembre_16/la-rivincita-del-copyright-ecco-perche-anthropic-a-causa-dei-veneziani-del-1474-ha-dovuto-pagare-1-5-miliardi-per-l-ai-4400923b-4b6d-465d-9143-c256f335exlk_amp.shtml
    La rivincita del copyright: ecco perché Anthropic (a causa dei veneziani del 1474) ha dovuto pagare 1,5 miliardi per l'AI Si tratta del più grande risarcimento nella storia di quel "privilegio di stampa" che prese vita nella Silicon Valley ante litteram , la repubblica di Venezia. di conoscere la sua storia. Manuzio fu in sostanza il primo stampatore ad inventare il lavoro dell’editore. Le sue stesse ansie erano quelle che oggi ha ogni editore moderno. Sono esilaranti i suoi scritti in cui ricorda come fosse ossessionato da presunti scrittori che volevano vedere stampata la propria opera: già a quel tempo gli italiani erano tutti un po’ scrittori (oggi siamo tutti scrittori e tutti Ct della nazionale di calcio…). Nella sua stanza c’era un cartello con su scritto: «No disturbeme che per cosse utili». Ma quando si leggono le statistiche sull’anomalia dei titoli stampati in Italia, circa 60 mila l’anno, bisogna tenere conto anche dell’opera di Manuzio. In sostanza possiamo riconoscergli anche l’invenzione del tascabile, cioè del libro che si può portare fuori di casa. Prima di Manuzio gli incunaboli, nome con cui si fa riferimento ai testi stampati di quell’epoca, erano grossi blocchi da tenere su un leggio ligneo. Manuzio lo rese trasportabile, oggi si direbbe “mobile”. Se gli incunaboli erano i computer da scrivania, i cosiddetti desktop, i libri del Manuzio furono gli smartphone. E proprio come gli apparecchi mobili oggi stanno facendo uscire dal mercato gli obsoleti computer, così il libro uccise gli incunaboli o libri da scrivania. Peraltro, anche qui, il successo in vita dell’editore fu enorme: è documentato un giorno del 1508 in cui Erasmo da Rotterdam stampava proprio nella sua bottega a sestiere di San Paolo i suoi Adagia. E anche qui arrivò l’oblio come una coltre nebulosa a coprire il tutto. Source: https://www.corriere.it/cronache/25_settembre_16/la-rivincita-del-copyright-ecco-perche-anthropic-a-causa-dei-veneziani-del-1474-ha-dovuto-pagare-1-5-miliardi-per-l-ai-4400923b-4b6d-465d-9143-c256f335exlk_amp.shtml
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  • Kaip greitai įsirengti terasą be betonavimo darbų?

    http://latimesreporters.com/news/kaip-greitai-isirengti-terasa-be-betonavimo-darbu

    Šiuolaikinės statybos technologijos sparčiai keičia tai, kaip įrengiame lauko erdves, ypač kai kalbame apie terasas

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    Kaip greitai įsirengti terasą be betonavimo darbų? | LA Times Reporters
    Šiuolaikinės statybos technologijos sparčiai keičia tai, kaip įrengiame lauko erdves, ypač kai kalbame apie terasas.
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  • Corridoi africani: la nuova spartizione coloniale in salsa green

    In Zambia, nella polverosa Kapiri Mposhi, si decide il futuro dell’energia “verde” globale: non nelle conferenze sul clima né nei salotti europei, ma nei binari arrugginiti di ferrovie costruite mezzo secolo fa dai cinesi. Stati Uniti, Cina, Giappone ed Europa si contendono la città come se fosse una nuova Berlino del 1884, spartendo non territori ma corridoi logistici, camuffati da “sviluppo sostenibile”.

    Da un lato Pechino, che con 1,4 miliardi di dollari rimette a lucido la sua Tazara sotto formula “costruisci, sfrutta e poi magari ti lascio le briciole”. Dall’altro Washington, che attraverso il G7 e il PGII rispolvera la vecchia ferrovia di Lobito, fingendo di regalare “indipendenza” africana mentre sigilla nuove catene di approvvigionamento per cobalto, litio e terre rare. E in mezzo il Giappone, convinto che il Nacala Corridor possa spezzare la dipendenza da Pechino: peccato che, come ricordano perfino i consulenti cinesi, le miniere restano sempre nelle mani del Dragone.

    Il risultato? Una corsa sfrenata a chi mette prima il marchio sul ferroviaio africano, mentre gli africani, ancora una volta, si ritrovano spettatori nel proprio teatro. Certo, avranno qualche infrastruttura in più - porti secchi, rotaie e stazioni - ma il copione è sempre lo stesso: materie prime estratte e spedite all’estero, con la promessa mai mantenuta di una lavorazione locale.

    Gli osservatori più indulgenti parlano di “complementarietà” fra corridoi, come se il saccheggio potesse diventare un’armonia. La verità è che l’illusione dell’auto elettrica ha resuscitato le vecchie ferrovie coloniali: questa volta non per l’avorio o il cotone, ma per alimentare batterie e turbine da vendere in Occidente. L’Africa resta la miniera del mondo, trasformata in pedina nel Risiko della transizione ecologica. Cambiano i discorsi, non le catene.

    Per aggiornamenti senza filtri: https://t.me/carmen_tortora1
    Corridoi africani: la nuova spartizione coloniale in salsa green In Zambia, nella polverosa Kapiri Mposhi, si decide il futuro dell’energia “verde” globale: non nelle conferenze sul clima né nei salotti europei, ma nei binari arrugginiti di ferrovie costruite mezzo secolo fa dai cinesi. Stati Uniti, Cina, Giappone ed Europa si contendono la città come se fosse una nuova Berlino del 1884, spartendo non territori ma corridoi logistici, camuffati da “sviluppo sostenibile”. Da un lato Pechino, che con 1,4 miliardi di dollari rimette a lucido la sua Tazara sotto formula “costruisci, sfrutta e poi magari ti lascio le briciole”. Dall’altro Washington, che attraverso il G7 e il PGII rispolvera la vecchia ferrovia di Lobito, fingendo di regalare “indipendenza” africana mentre sigilla nuove catene di approvvigionamento per cobalto, litio e terre rare. E in mezzo il Giappone, convinto che il Nacala Corridor possa spezzare la dipendenza da Pechino: peccato che, come ricordano perfino i consulenti cinesi, le miniere restano sempre nelle mani del Dragone. Il risultato? Una corsa sfrenata a chi mette prima il marchio sul ferroviaio africano, mentre gli africani, ancora una volta, si ritrovano spettatori nel proprio teatro. Certo, avranno qualche infrastruttura in più - porti secchi, rotaie e stazioni - ma il copione è sempre lo stesso: materie prime estratte e spedite all’estero, con la promessa mai mantenuta di una lavorazione locale. Gli osservatori più indulgenti parlano di “complementarietà” fra corridoi, come se il saccheggio potesse diventare un’armonia. La verità è che l’illusione dell’auto elettrica ha resuscitato le vecchie ferrovie coloniali: questa volta non per l’avorio o il cotone, ma per alimentare batterie e turbine da vendere in Occidente. L’Africa resta la miniera del mondo, trasformata in pedina nel Risiko della transizione ecologica. Cambiano i discorsi, non le catene. Per aggiornamenti senza filtri: https://t.me/carmen_tortora1
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    Carmen Tortora
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