• DA VEDERE ASSOLUTAMENTE fino ALLA FINE! GLI ORRORI della SPERIMENTAZONE dai VACCINI COVID-19. I DATI della SPERIMENTAZIONE sono STATI TENUTI NASCOSTI esclusivamente per FARE PROFITTI. MASSIMA DIFFUSIONE!
    DA INOLTRARE a Bassetti, Burioni, Pregliasco, Capua e a tutte le VIROSTAR da STRAPAZZO con CONFLITTI di INTERESSI con Le BIG PHARMA, grandi come una casa!
    E ADESSO ci VOGLIONO RIPROVARE con i vaccini a mRNA AUTOREPLICANTE!
    ASSASSINI!

    DUB/ITA - Inside the Vaccine Trials - Lived Experiences
    Alla scoperta delle sperimentazioni sui vaccini - Esperienze vissute

    âșQuesto docu-film offre uno sguardo intimo sulla vita dei volontari che hanno partecipato alla sperimentazione del vaccino.

    âșQueste persone si sono presentate con speranza e fiducia, solo per andare incontro a gravi e durature complicazioni di salute.

    Ora, dovendo districarsi in un sistema che offre scarso sostegno, le loro storie mettono in luce una preoccupazione più ampia: i danni post-vaccinali sono spesso ignorati e le voci vengono soffocate da una censura intensa.

    https://rumble.com/v6w623s-dubita-docufilm-alla-scoperta-delle-sperimentazioni-sui-vaccini-esperienze-.html
    DA VEDERE ASSOLUTAMENTE fino ALLA FINE! GLI ORRORI della SPERIMENTAZONE dai VACCINI COVID-19. I DATI della SPERIMENTAZIONE sono STATI TENUTI NASCOSTI esclusivamente per FARE PROFITTI. MASSIMA DIFFUSIONE! DA INOLTRARE a Bassetti, Burioni, Pregliasco, Capua e a tutte le VIROSTAR da STRAPAZZO con CONFLITTI di INTERESSI con Le BIG PHARMA, grandi come una casa! E ADESSO ci VOGLIONO RIPROVARE con i vaccini a mRNA AUTOREPLICANTE! ASSASSINI! DUB/ITA - Inside the Vaccine Trials - Lived Experiences Alla scoperta delle sperimentazioni sui vaccini - Esperienze vissute âșQuesto docu-film offre uno sguardo intimo sulla vita dei volontari che hanno partecipato alla sperimentazione del vaccino. âșQueste persone si sono presentate con speranza e fiducia, solo per andare incontro a gravi e durature complicazioni di salute. ✅Ora, dovendo districarsi in un sistema che offre scarso sostegno, le loro storie mettono in luce una preoccupazione più ampia: i danni post-vaccinali sono spesso ignorati e le voci vengono soffocate da una censura intensa. https://rumble.com/v6w623s-dubita-docufilm-alla-scoperta-delle-sperimentazioni-sui-vaccini-esperienze-.html
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  • The Laryngoscopes Market is on a growth trajectory! With rising demand for minimally invasive procedures & respiratory care, it's expected to soar from $410.2M in 2025 to $726.5M by 2035.

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  • Nuovi attacchi russi in Ucraina, “colpito un asilo”. Ma i droni sono di Kiev

    Su Facebook ho trovato questo screen di un articolo de La Stampa, ma pensavo fosse fake. Così sono andato a controllare, constatando che la situazione fosse ancor più grave… Secondo quanto riportato dai titoli di due articoli (fotocopia) di Repubblica e della Stampa, oggi i droni russi hanno colpito Voronezh, in Ucraina. Peccato però che Voronezh si trovi in Russia ed i droni che hanno colpito la città siano ucraini. Di vero c’è solo il bilancio dei feriti (venti persone), tra cui bambini, e l’asilo colpito.

    I droni ucraini su obiettivi civili russi non sono una novità, anche se solitamente le conseguenze non vengono menzionate dai quotidiani italiani.

    In questi anni i giornali italiani sono stati colti in fallo più volte, nel tentativo di manipolare ed alterare la verità, ma questa volta voglio credere che sia stato il caldo a far prendere un abbaglio ai redattori che, convinti di denunciare attacchi russi, hanno smascherato un nuovo crimine ucraino. Difficile che altrimenti avrebbero riportato l’episodio.

    Vittorio Rangeloni

    Source: https://x.com/Giorgioaki/status/1945231079201497195
    Nuovi attacchi russi in Ucraina, “colpito un asilo”. Ma i droni sono di Kiev Su Facebook ho trovato questo screen di un articolo de La Stampa, ma pensavo fosse fake. Così sono andato a controllare, constatando che la situazione fosse ancor più grave… Secondo quanto riportato dai titoli di due articoli (fotocopia) di Repubblica e della Stampa, oggi i droni russi hanno colpito Voronezh, in Ucraina. Peccato però che Voronezh si trovi in Russia ed i droni che hanno colpito la città siano ucraini. Di vero c’è solo il bilancio dei feriti (venti persone), tra cui bambini, e l’asilo colpito. I droni ucraini su obiettivi civili russi non sono una novità, anche se solitamente le conseguenze non vengono menzionate dai quotidiani italiani. In questi anni i giornali italiani sono stati colti in fallo più volte, nel tentativo di manipolare ed alterare la verità, ma questa volta voglio credere che sia stato il caldo a far prendere un abbaglio ai redattori che, convinti di denunciare attacchi russi, hanno smascherato un nuovo crimine ucraino. Difficile che altrimenti avrebbero riportato l’episodio. Vittorio Rangeloni Source: https://x.com/Giorgioaki/status/1945231079201497195
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  • LA REGGIA ROSSA
    La censura continua

    Quando si dice che la Cultura, in tempo di guerra, viene violentata, strumentalizzata, privata della sua missione universale... beh, non è solo retorica per farci belli sui social o riempire le timeline di indignazione.

    Viviamo in un Paese che ha perso il rispetto per l’arte e che si ricorda della cultura solo quando serve per fare passerella. Il governo? Di qualunque colore sia, non aiuta.
    L’Intelligenza Artificiale? Ottima capro espiatorio per giustificare l’inerzia creativa, la perdita di immaginazione e la pigrizia mentale di chi ha smesso di pensare con la propria testa.
    Ma se già in tempi normali la Cultura è in difficoltà, in tempi di guerra si aggiunge pure la censura preventiva: chi non è “dalla parte giusta” va cancellato, ostracizzato, resettato dal palinsesto. E via con la morale a comando.
    Ma quella divisione profonda che oggi ci devasta poteva essere sanata proprio attraverso la Cultura. È per questo che noi, pochi idealisti sopravvissuti, continuiamo a urlare nel vuoto affinché l’arte torni ad essere parte del dibattito, anche e soprattutto quando il dibattito fa paura.

    Qual è lo stato dell’arte in tempo di guerra?
    Risposta breve: è a pezzi. E vi bastano due effetti collaterali per capire il quadro:

    - L’arte viene soffocata all’origine, censurata, neutralizzata. Gli artisti? Allontanati, isolati, etichettati.

    - Peggio: sopravvive solo quella "arte" addomesticata dal potere, perfettamente conforme alle narrative ufficiali.
    Insomma, la propaganda di regime ha solo cambiato format: oggi si fa anche con gli archi e i pianoforti.

    Parliamo di questo presente dove si aggiunge una nuova "perla":

    Caserta, luglio 2025. Reggia.
    Il protagonista? Valery Gergiev, direttore d’orchestra russo di fama mondiale, accusato di essere vicino a Putin e, per questo, cancellato dai teatri europei.
    Ebbene, Gergiev è atteso il 27 luglio alla Reggia di Caserta per la rassegna “Un’estate da Re”, finanziata dalla Regione Campania. E qui parte l’attacco:

    L’eurodeputata Pina Picierno (PD) accusa il governatore Vincenzo De Luca di sponsorizzare un fiancheggiatore del Cremlino. La Commissione Europea, tirata in ballo, chiarisce:

    L’evento NON è finanziato da fondi UE.

    I palcoscenici europei dovrebbero evitare artisti che sostengono la guerra in Ucraina.

    Ma De Luca non arretra e scrive:

    “Quello della cultura e dell’arte è uno dei casi nei quali può crescere il dialogo fra le persone e possono svilupparsi i valori di solidarietà umana.”

    Parole sacrosante. Eppure, Picierno rincara la dose: "Inaccettabile dare spazio a chi sostiene il regime. Troviamo un giovane artista russo o bielorusso rifugiato. L’arte non può essere propaganda."

    Uno scontro che sa di schizofrenia politica, l’ennesimo episodio tragicomico in un Partito Democratico dove convivono anime troppo distanti. Ma stavolta il vero sconfitto non è De Luca o Picierno.
    Chi perde è il pubblico, è l’arte stessa, ancora una volta sacrificata sull’altare del politicamente corretto, dei comunicati stampa europei e della paura di sbagliare posizione.

    Ma se l’arte non può più essere uno spazio neutrale, allora non ci resta nulla. E no, non è l’intelligenza artificiale a toglierci l’anima:
    È l’ignoranza, la paura, il conformismo.
    È la censura mascherata da morale.
    Vogliamo davvero vivere in un’epoca in cui un direttore d’orchestra viene trattato come un emissario del Male?
    L'arte, se è vera, non consola il potere. Lo mette in discussione.

    È ora di alzare la voce. E di riprenderci la Cultura come bene comune, non come strumento di guerra.

    Come dicevano un tempo: "L'arte è ciò che rende la vita più interessante della stessa arte".
    Facciamone buon uso.

    #ArteLibera #NoAllaCensuraCulturale #Gergiev #DeLuca #ReggiadiCaserta #Picierno #CulturaControLaGuerra #UnestateDaRe #DifendiamoLarte #FreedomOfExpression #PropagandaCulture #paceattraversolarte
    🎭 LA REGGIA ROSSA 🔮 La censura continua Quando si dice che la Cultura, in tempo di guerra, viene violentata, strumentalizzata, privata della sua missione universale... beh, non è solo retorica per farci belli sui social o riempire le timeline di indignazione. Viviamo in un Paese che ha perso il rispetto per l’arte e che si ricorda della cultura solo quando serve per fare passerella. Il governo? Di qualunque colore sia, non aiuta. L’Intelligenza Artificiale? Ottima capro espiatorio per giustificare l’inerzia creativa, la perdita di immaginazione e la pigrizia mentale di chi ha smesso di pensare con la propria testa. 👉 Ma se già in tempi normali la Cultura è in difficoltà, in tempi di guerra si aggiunge pure la censura preventiva: chi non è “dalla parte giusta” va cancellato, ostracizzato, resettato dal palinsesto. E via con la morale a comando. Ma quella divisione profonda che oggi ci devasta poteva essere sanata proprio attraverso la Cultura. È per questo che noi, pochi idealisti sopravvissuti, continuiamo a urlare nel vuoto affinché l’arte torni ad essere parte del dibattito, anche e soprattutto quando il dibattito fa paura. 🎬 Qual è lo stato dell’arte in tempo di guerra? Risposta breve: è a pezzi. E vi bastano due effetti collaterali per capire il quadro: - L’arte viene soffocata all’origine, censurata, neutralizzata. Gli artisti? Allontanati, isolati, etichettati. - Peggio: sopravvive solo quella "arte" addomesticata dal potere, perfettamente conforme alle narrative ufficiali. Insomma, la propaganda di regime ha solo cambiato format: oggi si fa anche con gli archi e i pianoforti. Parliamo di questo presente dove si aggiunge una nuova "perla": 📍 Caserta, luglio 2025. Reggia. Il protagonista? Valery Gergiev, direttore d’orchestra russo di fama mondiale, accusato di essere vicino a Putin e, per questo, cancellato dai teatri europei. Ebbene, Gergiev è atteso il 27 luglio alla Reggia di Caserta per la rassegna “Un’estate da Re”, finanziata dalla Regione Campania. E qui parte l’attacco: đŸ’„ L’eurodeputata Pina Picierno (PD) accusa il governatore Vincenzo De Luca di sponsorizzare un fiancheggiatore del Cremlino. La Commissione Europea, tirata in ballo, chiarisce: 🔮L’evento NON è finanziato da fondi UE. 🔮I palcoscenici europei dovrebbero evitare artisti che sostengono la guerra in Ucraina. Ma De Luca non arretra e scrive: 👉“Quello della cultura e dell’arte è uno dei casi nei quali può crescere il dialogo fra le persone e possono svilupparsi i valori di solidarietà umana.” Parole sacrosante. Eppure, Picierno rincara la dose: "Inaccettabile dare spazio a chi sostiene il regime. Troviamo un giovane artista russo o bielorusso rifugiato. L’arte non può essere propaganda." Uno scontro che sa di schizofrenia politica, l’ennesimo episodio tragicomico in un Partito Democratico dove convivono anime troppo distanti. Ma stavolta il vero sconfitto non è De Luca o Picierno. Chi perde è il pubblico, è l’arte stessa, ancora una volta sacrificata sull’altare del politicamente corretto, dei comunicati stampa europei e della paura di sbagliare posizione. 🎹 Ma se l’arte non può più essere uno spazio neutrale, allora non ci resta nulla. E no, non è l’intelligenza artificiale a toglierci l’anima: 👉 È l’ignoranza, la paura, il conformismo. 👉 È la censura mascherata da morale. Vogliamo davvero vivere in un’epoca in cui un direttore d’orchestra viene trattato come un emissario del Male? L'arte, se è vera, non consola il potere. Lo mette in discussione. È ora di alzare la voce. E di riprenderci la Cultura come bene comune, non come strumento di guerra. Come dicevano un tempo: "L'arte è ciò che rende la vita più interessante della stessa arte". Facciamone buon uso. âœŠđŸŽ» #ArteLibera #NoAllaCensuraCulturale #Gergiev #DeLuca #ReggiadiCaserta #Picierno #CulturaControLaGuerra #UnestateDaRe #DifendiamoLarte #FreedomOfExpression #PropagandaCulture #paceattraversolarte
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  • Francesca Albanese sanzionata dagli Usa | Il paradosso? Dal nuovo Raìs della Siria al macellaio Duterte: ecco tutti i criminali risparmiati dalla Casa Bianca
    di Gianni Rosini
    Per la relatrice speciale delle Nazioni Unite per la Palestina misure come era successo per Osama Bin Laden e il Chapo Guzman. Ma è la lista di chi non ha subito ritorsioni che dimostra come nel sistema americano non tutti i criminali vengano puniti...

    Le sanzioni americane sono spesso considerate il discrimine per decidere chi debba essere considerato un “cattivo”, il metodo condiviso per dividere il mondo tra chi si comporta in maniera accettabile e chi, invece, deve essere condannato all’isolamento. In effetti, se si scorre la lista di coloro che negli anni sono stati colpiti da questo provvedimento, che di recente ha aggiunto anche il nome della relatrice speciale delle Nazioni Unite per la Palestina, Francesca Albanese, si trovano soggetti tutt’altro che rispettabili, tra terroristi come Osama bin Laden, narcotrafficanti alla Joaquin El Chapo Guzmán, signori della guerra come Joseph Kony o dittatori sanguinari del calibro di Kim Jong-un.

    Che terribile crimine ha commesso, quindi, Francesca Albanese per ritrovarsi in compagnia di questi soggetti? Dopo l’annuncio da parte del segretario di Stato americano, Marco Rubio, lei ha reagito con ironia: “È un record, sono la prima persona dell’Onu a cui è successo. Per cosa? Per aver denunciato un genocidio? Per aver documentato un sistema? Mi sanzionano, ma non mi hanno mai contestato i fatti”. E ha poi contrattaccato: “Le sanzioni funzioneranno solo se le persone saranno spaventate e smetteranno di impegnarsi. Voglio ricordare a tutti che il motivo per cui vengono imposte queste sanzioni è la ricerca della giustizia“.

    Le ritorsioni contro la relatrice italiana racchiudono una verità importante, la stessa già affiorata dopo che lo stesso provvedimento aveva colpito o l’ex procuratrice capo della Corte Penale Internazionale, Fatou Bensouda, che indagava sui crimini americani e britannici in Afghanistan o i giudici della Cpi che hanno spiccato un mandato d’arresto nei confronti del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e del suo ex ministro della Difesa, Yoav Gallant, con l’accusa di crimini di guerra: le sanzioni americane non colpiscono i cattivi del mondo, ma solo coloro che sono considerati dalla Casa Bianca nemici di Washington o dei suoi alleati. Per capirlo non si deve guardare ai nomi contenuti in questo speciale girone dell’inferno del XXI secolo. Al contrario, si devono cercare quelli di chi in quella lista non appare. Ecco qualche esempio.

    Source: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/07/13/sanzioni-usa-criminali-risparmiati-albanese-news/8058221/
    Francesca Albanese sanzionata dagli Usa | Il paradosso? Dal nuovo Raìs della Siria al macellaio Duterte: ecco tutti i criminali risparmiati dalla Casa Bianca di Gianni Rosini Per la relatrice speciale delle Nazioni Unite per la Palestina misure come era successo per Osama Bin Laden e il Chapo Guzman. Ma è la lista di chi non ha subito ritorsioni che dimostra come nel sistema americano non tutti i criminali vengano puniti... Le sanzioni americane sono spesso considerate il discrimine per decidere chi debba essere considerato un “cattivo”, il metodo condiviso per dividere il mondo tra chi si comporta in maniera accettabile e chi, invece, deve essere condannato all’isolamento. In effetti, se si scorre la lista di coloro che negli anni sono stati colpiti da questo provvedimento, che di recente ha aggiunto anche il nome della relatrice speciale delle Nazioni Unite per la Palestina, Francesca Albanese, si trovano soggetti tutt’altro che rispettabili, tra terroristi come Osama bin Laden, narcotrafficanti alla Joaquin El Chapo Guzmán, signori della guerra come Joseph Kony o dittatori sanguinari del calibro di Kim Jong-un. Che terribile crimine ha commesso, quindi, Francesca Albanese per ritrovarsi in compagnia di questi soggetti? Dopo l’annuncio da parte del segretario di Stato americano, Marco Rubio, lei ha reagito con ironia: “È un record, sono la prima persona dell’Onu a cui è successo. Per cosa? Per aver denunciato un genocidio? Per aver documentato un sistema? Mi sanzionano, ma non mi hanno mai contestato i fatti”. E ha poi contrattaccato: “Le sanzioni funzioneranno solo se le persone saranno spaventate e smetteranno di impegnarsi. Voglio ricordare a tutti che il motivo per cui vengono imposte queste sanzioni è la ricerca della giustizia“. Le ritorsioni contro la relatrice italiana racchiudono una verità importante, la stessa già affiorata dopo che lo stesso provvedimento aveva colpito o l’ex procuratrice capo della Corte Penale Internazionale, Fatou Bensouda, che indagava sui crimini americani e britannici in Afghanistan o i giudici della Cpi che hanno spiccato un mandato d’arresto nei confronti del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e del suo ex ministro della Difesa, Yoav Gallant, con l’accusa di crimini di guerra: le sanzioni americane non colpiscono i cattivi del mondo, ma solo coloro che sono considerati dalla Casa Bianca nemici di Washington o dei suoi alleati. Per capirlo non si deve guardare ai nomi contenuti in questo speciale girone dell’inferno del XXI secolo. Al contrario, si devono cercare quelli di chi in quella lista non appare. Ecco qualche esempio. Source: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/07/13/sanzioni-usa-criminali-risparmiati-albanese-news/8058221/
    WWW.ILFATTOQUOTIDIANO.IT
    Sanzioni USA a Francesca Albanese e i criminali che invece restano impuniti
    Dagli ex terroristi ai dittatori sanguinari: ecco chi Washington non colpisce con sanzioni, mentre le impone alla relatrice ONU
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  • Fango su Francesca Albanese dal direttore di Repubblica su RAINews 24.

    Molinari sparge fango su Francesca Albanese, riportando falsità (tipo finanziamenti da Hamas) e pettegolezzi indimostrabili, come Guterres che l’avrebbe chiamata 'persona orribile' in privato a Deborah Lipstadt. Peccato che sia solo la versione di Lipstadt. Molinari non si prende nemmeno la briga di verificare o assumersi responsabilità.
    E, alla fine del video c'è la risposta della pagina di Albanese che promette querele.

    Source: https://www.facebook.com/ItaliaMattanza/videos/711524241662615/?mibextid=wwXIfr&rdid=e6uiuxGJducPq30q

    #francescaalbanese
    #onu
    #molinari
    #repubblica
    #rainews24
    Fango su Francesca Albanese dal direttore di Repubblica su RAINews 24. Molinari sparge fango su Francesca Albanese, riportando falsità (tipo finanziamenti da Hamas) e pettegolezzi indimostrabili, come Guterres che l’avrebbe chiamata 'persona orribile' in privato a Deborah Lipstadt. Peccato che sia solo la versione di Lipstadt. Molinari non si prende nemmeno la briga di verificare o assumersi responsabilità. E, alla fine del video c'è la risposta della pagina di Albanese che promette querele. Source: https://www.facebook.com/ItaliaMattanza/videos/711524241662615/?mibextid=wwXIfr&rdid=e6uiuxGJducPq30q #francescaalbanese #onu #molinari #repubblica #rainews24
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  • LA RUSSIA NON È MIO NEMICO..

    ANDATEVELO A PRENDERE IN QUEL POSTO.
    Direttore d'orchestra russo a Caserta, l'Ue "avvisa" De Luca: "Non va dato spazio ad artisti che sostengono Putin" - Il Fatto Quotidiano
    La Commissione europea interviene sul caso del direttore d'orchestra filoputiniano invitato alla Reggia di Caserta
    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/07/12/gergiev-reggia-caserta-ue-putin-news/8059746/
    LA RUSSIA NON È MIO NEMICO.. ANDATEVELO A PRENDERE IN QUEL POSTO. Direttore d'orchestra russo a Caserta, l'Ue "avvisa" De Luca: "Non va dato spazio ad artisti che sostengono Putin" - Il Fatto Quotidiano La Commissione europea interviene sul caso del direttore d'orchestra filoputiniano invitato alla Reggia di Caserta https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/07/12/gergiev-reggia-caserta-ue-putin-news/8059746/
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    Direttore d'orchestra russo a Caserta, l'Ue "avvisa" De Luca: "Non va dato spazio ad artisti che sostengono Putin" - Il Fatto Quotidiano
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  • BISOGNA FAR LORO TERRA BRUCIATA. OVUNQUE VANNO!
    Semplicemente
    “*GRANDIOSO*” !!!

    “Uccidono i palestinesi e poi vengono in vacanza. Sparite. Andate a mangiare a Gaza.”

    Un dipendente a Vigo, in Spagna, ha cacciato così dal ristorante gli israeliani a cui si è rifiutato di servire.

    Simply
    "*GREAT*"!!!

    "They kill Palestinians and then come on vacation. Get lost. Go eat in Gaza."

    An employee in Vigo, Spain, thus kicked out of a restaurant the Israelis he refused to serve.
    BISOGNA FAR LORO TERRA BRUCIATA. OVUNQUE VANNO! Semplicemente “*GRANDIOSO*” !!! 👏👏👏 “Uccidono i palestinesi e poi vengono in vacanza. Sparite. Andate a mangiare a Gaza.” Un dipendente a Vigo, in Spagna, ha cacciato così dal ristorante gli israeliani a cui si è rifiutato di servire. Simply "*GREAT*"!!! 👏👏👏 "They kill Palestinians and then come on vacation. Get lost. Go eat in Gaza." An employee in Vigo, Spain, thus kicked out of a restaurant the Israelis he refused to serve.
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  • PER UNA VOCE SOLA
    Ok firmiamo, spammiamo, ma non dimentichiamo quello che siamo...

    Sarò impopolare, tanto per cambiare. Ma c’è qualcosa che mi urta sempre quando l’attivismo diventa un talent show travestito da buona causa.
    L’impressione? Che ogni volta che scoppia un caso mediatico, si scateni la gara a chi riesce per primo a piantare la propria bandierina sulla Luna del giorno .
    Un mix esplosivo di voga e foga — il cocktail preferito dell’attivista social 3.0.

    đŸŒ Individua il tema "caldo".
    đŸŒ Lancia la petizione.
    đŸŒ Ritagliati un posto da protagonista nel feed.

    Sì, lo abbiamo fatto tutti. Nessuno escluso.
    E va pure bene: l’attivismo vive di reattività. Ma reagire non significa sempre frazionare.

    Entriamo di prepotenza nel caso di Francesca Albanese.
    In due giorni: valanghe di petizioni, candidature a premi, appelli, endorsement e probabilmente a breve anche spillette e magliette a tiratura limitata.

    Tutto nobile, per carità.
    E io firmo.
    Firmerei anche bendato. đŸ˜¶â€đŸŒ«ïž
    👉Chi ha sostenuto Julian Assange non può che stare dalla parte degli "outsiders"che pagano il prezzo di dire ciò che è scomodo.

    👉Ma c’è un problema: la mancanza totale di coesione.
    Tutti propongono, tutti firmano, tutti rilanciano… ma ognuno per conto suo.
    Il risultato? Un rumore di fondo talmente disordinato che più che sostenere Albanese, sembra voler promuovere chi lancia l’iniziativa.
    ❗E il rischio è il solito: boicottaggi incrociati, gelosie da primo firmatario, orgoglio di bottega che manda tutto in corto circuito.

    Più luci sparse fanno effetto, ma quanto sarebbe più potente un unico fascio di luce concentrato in una sola direzione?

    Ho fatto un pippotto?
    Sì, certamente.
    Ma chi mi legge sa quanto tengo alla causa.
    Francesca Albanese non è un nome da talk show, ma una voce scomoda per chi non accetta che i diritti umani valgano per tutti.
    E ora sta pagando il prezzo di questa posizione con sanzioni gravi che non possiamo ignorare:

    Congelamento di eventuali beni e conti bancari negli Stati Uniti
    Divieto di ingresso per lei e i suoi familiari
    Divieto di collaborazione economica con enti o cittadini americani
    Rischio di isolamento accademico e diplomatico internazionale

    Una punizione che sa di intimidazione, in pieno stile "legge del più forte". E che mina, ancora una volta, la credibilità già traballante dell’ONU.

    Per questo vi propongo di convogliare le energie su una delle iniziative già più strutturate e trasversali, con un buon livello di rappresentanza:

    Firma la petizione su Change.org:

    https://chng.it/Wkp9QccdYZ

    Ma, al di là della singola petizione, non possiamo fermarci qui.
    Serve una rete di supporto vera: politica, mediatica, diplomatica, umana.
    Perché quando una persona diventa scomoda o politicamente pericolosa, il passo verso la sua eliminazione (fisica o simbolica) è breve.
    E il silenzio o la frammentazione di chi dovrebbe proteggerla è una complicità indiretta.

    👉Quindi sì: firmiamo, giriamo e inoltriamo,ma non dimentichiamo quello che siamo e per cosa ci battiamo.

    #FrancescaAlbanese #FreeSpeech #HumanRights #StopCensorship #ONU #NobelPerLaPace #AttivismoResponsabile #Dignità #DirittiUmani #GiustiziaPerTutti #SupportFrancescaAlbanese #UnaVoceSola #AttivismoEtico #unitisivince
    🔩 PER UNA VOCE SOLA Ok firmiamo, spammiamo, ma non dimentichiamo quello che siamo... Sarò impopolare, tanto per cambiare. 🙃Ma c’è qualcosa che mi urta sempre quando l’attivismo diventa un talent show travestito da buona causa. L’impressione? Che ogni volta che scoppia un caso mediatico, si scateni la gara a chi riesce per primo a piantare la propria bandierina sulla Luna del giorno 🏁🌕. Un mix esplosivo di voga e foga — il cocktail preferito dell’attivista social 3.0. đŸ‘‰đŸŒ Individua il tema "caldo". đŸ‘‰đŸŒ Lancia la petizione. đŸ‘‰đŸŒ Ritagliati un posto da protagonista nel feed. Sì, lo abbiamo fatto tutti. Nessuno escluso. E va pure bene: l’attivismo vive di reattività. Ma reagire non significa sempre frazionare. Entriamo di prepotenza nel caso di Francesca Albanese. In due giorni: valanghe di petizioni, candidature a premi, appelli, endorsement e probabilmente a breve anche spillette e magliette a tiratura limitata. Tutto nobile, per carità. E io firmo. Firmerei anche bendato. đŸ˜¶‍đŸŒ«ïž 👉Chi ha sostenuto Julian Assange non può che stare dalla parte degli "outsiders"che pagano il prezzo di dire ciò che è scomodo. 👉Ma c’è un problema: la mancanza totale di coesione. Tutti propongono, tutti firmano, tutti rilanciano… ma ognuno per conto suo. Il risultato? Un rumore di fondo talmente disordinato che più che sostenere Albanese, sembra voler promuovere chi lancia l’iniziativa. 🙄 ❗E il rischio è il solito: boicottaggi incrociati, gelosie da primo firmatario, orgoglio di bottega che manda tutto in corto circuito. 🔩 Più luci sparse fanno effetto, ma quanto sarebbe più potente un unico fascio di luce concentrato in una sola direzione? Ho fatto un pippotto? Sì, certamente. đŸ€·‍♂ Ma chi mi legge sa quanto tengo alla causa. Francesca Albanese non è un nome da talk show, ma una voce scomoda per chi non accetta che i diritti umani valgano per tutti. E ora sta pagando il prezzo di questa posizione con sanzioni gravi che non possiamo ignorare: 📍 Congelamento di eventuali beni e conti bancari negli Stati Uniti 📍 Divieto di ingresso per lei e i suoi familiari 📍 Divieto di collaborazione economica con enti o cittadini americani 📍 Rischio di isolamento accademico e diplomatico internazionale Una punizione che sa di intimidazione, in pieno stile "legge del più forte". E che mina, ancora una volta, la credibilità già traballante dell’ONU. Per questo vi propongo di convogliare le energie su una delle iniziative già più strutturate e trasversali, con un buon livello di rappresentanza: 🔗 Firma la petizione su Change.org: https://chng.it/Wkp9QccdYZ 🔮Ma, al di là della singola petizione, non possiamo fermarci qui. Serve una rete di supporto vera: politica, mediatica, diplomatica, umana. Perché quando una persona diventa scomoda o politicamente pericolosa, il passo verso la sua eliminazione (fisica o simbolica) è breve. E il silenzio o la frammentazione di chi dovrebbe proteggerla è una complicità indiretta. 👉Quindi sì: firmiamo, giriamo e inoltriamo,ma non dimentichiamo quello che siamo e per cosa ci battiamo. ✊ #FrancescaAlbanese #FreeSpeech #HumanRights #StopCensorship #ONU #NobelPerLaPace #AttivismoResponsabile #Dignità #DirittiUmani #GiustiziaPerTutti #SupportFrancescaAlbanese #UnaVoceSola #AttivismoEtico #unitisivince
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  • Trent’anni dopo Srebrenica, il difficile lavoro di chi cerca di dare un nome alle vittime: “Ci sono ancora 1000 corpi da trovare.



    Sono passati trent’anni da quando le forze serbo-bosniache guidate dal generale Ratko Mladić uccisero circa 8mila musulmani che avevano cercato riparo a Srebrenica, l’area dichiarata protetta dalle Nazioni Unite e che nel luglio del 1995 si trasformò invece in una trappola mortale. In poche ore i maschi dai 12 anni in su furono prelevati e uccisi, il tutto avvenne di fronte al contingente dei Caschi blu, 400 peacekeeper olandesi la cui impotenza permise alle forze serbo-bosniache di agire indisturbati. Con la fine della guerra, in Bosnia-Erzegovina prese pian piano forma la necessità di trovare i morti e dare loro un nome. Da qui, la nascita nel 1996 dell’ICMP, la Commissione Internazionale per le persone scomparse, che ha avuto un ruolo decisivo nell’identificazione delle vittime del conflitto, per una percentuale che al momento si attesta attorno al 75%. Nel team che si occupa del riconoscimento delle vittime di Srebrenica lavora da oltre vent’anni l’antropologa forense Dragana Vučetić.

    Nel suo laboratorio di Tuzla ricostruisce con pazienza i profili biologici dei resti ossei ritrovati nelle fosse comuni, estrapola campioni del Dna e li confronta con quelli forniti dalle famiglie che cercano ancora i propri cari. “Se la corrispondenza genetica è del 99,95% allora procediamo all’identificazione ufficiale” spiega Vučetić. La ricostruzione delle identità delle vittime di Srebrenica, tuttavia, presenta un elemento di difficoltà specifico. In quell’estate ci furono infatti almeno cinque luoghi di esecuzione. I responsabili dei crimini, dopo aver compiuto gli omicidi, cercarono di nascondere le evidenze e successivamente riaprirono le cosiddette fosse primarie per trasferire i corpi già in decomposizione nelle fosse secondarie. Questi spostamenti, effettuati con mezzi pesanti hanno contribuito allo smembramento dei cadaveri, col risultato che i resti appartenenti a una singola persona spesso sono stati ritrovati a chilometri di distanza. Proprio per questo motivo, per quanto riguarda le vittime di Srebrenica, è molto difficile che un singolo corpo sia ritrovato integralmente.

    Il sistema dell’identificazione del Dna è stato adottato dalla Bosnia-Erzegovina nei primi anni del 2000 e ha comportato una vera svolta. Prima di allora, i match venivano effettuati con metodi tradizionali e imprecisi, basati sul riconoscimento dei vestiti o degli oggetti personali. “Molte famiglie riconoscevano lo stesso corpo come proprio parente, quindi possiamo dire che il sistema del Dna ci ha davvero aiutati”. Attualmente mancano all’appello ancora circa mille persone e la speranza è che lo sviluppo di nuove tecnologie possa dare un nuovo impulso al lavoro di localizzazione dei dispersi, che diventa sempre più complicata.


    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/07/11/genocidio-srebrenica-identificazione-vittime-oggi/8055647/
    Trent’anni dopo Srebrenica, il difficile lavoro di chi cerca di dare un nome alle vittime: “Ci sono ancora 1000 corpi da trovare. Sono passati trent’anni da quando le forze serbo-bosniache guidate dal generale Ratko Mladić uccisero circa 8mila musulmani che avevano cercato riparo a Srebrenica, l’area dichiarata protetta dalle Nazioni Unite e che nel luglio del 1995 si trasformò invece in una trappola mortale. In poche ore i maschi dai 12 anni in su furono prelevati e uccisi, il tutto avvenne di fronte al contingente dei Caschi blu, 400 peacekeeper olandesi la cui impotenza permise alle forze serbo-bosniache di agire indisturbati. Con la fine della guerra, in Bosnia-Erzegovina prese pian piano forma la necessità di trovare i morti e dare loro un nome. Da qui, la nascita nel 1996 dell’ICMP, la Commissione Internazionale per le persone scomparse, che ha avuto un ruolo decisivo nell’identificazione delle vittime del conflitto, per una percentuale che al momento si attesta attorno al 75%. Nel team che si occupa del riconoscimento delle vittime di Srebrenica lavora da oltre vent’anni l’antropologa forense Dragana Vučetić. Nel suo laboratorio di Tuzla ricostruisce con pazienza i profili biologici dei resti ossei ritrovati nelle fosse comuni, estrapola campioni del Dna e li confronta con quelli forniti dalle famiglie che cercano ancora i propri cari. “Se la corrispondenza genetica è del 99,95% allora procediamo all’identificazione ufficiale” spiega Vučetić. La ricostruzione delle identità delle vittime di Srebrenica, tuttavia, presenta un elemento di difficoltà specifico. In quell’estate ci furono infatti almeno cinque luoghi di esecuzione. I responsabili dei crimini, dopo aver compiuto gli omicidi, cercarono di nascondere le evidenze e successivamente riaprirono le cosiddette fosse primarie per trasferire i corpi già in decomposizione nelle fosse secondarie. Questi spostamenti, effettuati con mezzi pesanti hanno contribuito allo smembramento dei cadaveri, col risultato che i resti appartenenti a una singola persona spesso sono stati ritrovati a chilometri di distanza. Proprio per questo motivo, per quanto riguarda le vittime di Srebrenica, è molto difficile che un singolo corpo sia ritrovato integralmente. Il sistema dell’identificazione del Dna è stato adottato dalla Bosnia-Erzegovina nei primi anni del 2000 e ha comportato una vera svolta. Prima di allora, i match venivano effettuati con metodi tradizionali e imprecisi, basati sul riconoscimento dei vestiti o degli oggetti personali. “Molte famiglie riconoscevano lo stesso corpo come proprio parente, quindi possiamo dire che il sistema del Dna ci ha davvero aiutati”. Attualmente mancano all’appello ancora circa mille persone e la speranza è che lo sviluppo di nuove tecnologie possa dare un nuovo impulso al lavoro di localizzazione dei dispersi, che diventa sempre più complicata. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/07/11/genocidio-srebrenica-identificazione-vittime-oggi/8055647/
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    Srebrenica, 30 anni dal massacro: il difficile lavoro di chi prova a dare un nome alle vittime
    L'antropologa forense Dragana Vučetić racconta come si identificano i resti di chi è stato ucciso dalle forze serbo-bosniache. Ancora 1000 dispersi
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