• Qualche settimana fa sono entrato in una panetteria in Porta Venezia perché avevo visto dei bomboloni in vetrina. Ne ho chiesto uno senza accertarmi del prezzo, alla cassa mi è stato detto: quattro euro e cinquanta centesimi. Quattro euro e cinquanta centesimi? Quattro euro e cinquanta centesimi. Ho risposto che avevo cambiato idea. Ho salutato, stavo per uscire a mani vuote, poi siccome sono riminese e i bomboloni sono sacri in Romagna mi è venuta la curiosità di sapere se per caso nella crema ci fosse un ingrediente segreto, magari della polvere dorata, o dello zafferano, del caviale. La commessa mi ha guardato senza rispondere, dal retro del negozio è uscito il panettiere che mi ha intimato di andarmene, una merce è una merce e chi la vuole la compra e chi non la vuole non la compra.

    Ma c’è della polvere dorata nella crema?
    Vada via!
    Insomma, di solito sono reticente a qualsiasi forma di protesta, ma sono rimasto lì ed è cominciata una spiegazione tecnica da parte del fornaio: su quattro euro e cinquanta, metà vanno in tasse. Rimangono due euro e venticinque, da cui togliere venticinque di materie prime. Venticinque di materie prime? Venticinque di materie prime. Dei restanti due euro bisogna togliere la forza lavoro, l’affitto del negozio, le bollette. Quanto rimane di ricavo al netto? Rimane circa un euro a bombolone. Poi il fornaio è sparito nel retro, io sono uscito dalla panetteria. Tempo dopo sono ripassato di lì. Ho sbirciato in vetrina, c’erano i bomboloni ed era comparso un cartellino di quelli fosforescenti che diceva: tre euro. Mi sono avvicinato, i bomboloni erano grandi uguali a quelli della protesta. Sono entrato e ne ho ordinato uno. La commessa mi ha riconosciuto...

    Source: https://www.corriere.it/sette/25_dicembre_20/marco-missiroli-milano-31b66fcd-cc24-453e-b96a-5a2765ec0xlk_amp.shtml
    Qualche settimana fa sono entrato in una panetteria in Porta Venezia perché avevo visto dei bomboloni in vetrina. Ne ho chiesto uno senza accertarmi del prezzo, alla cassa mi è stato detto: quattro euro e cinquanta centesimi. Quattro euro e cinquanta centesimi? Quattro euro e cinquanta centesimi. Ho risposto che avevo cambiato idea. Ho salutato, stavo per uscire a mani vuote, poi siccome sono riminese e i bomboloni sono sacri in Romagna mi è venuta la curiosità di sapere se per caso nella crema ci fosse un ingrediente segreto, magari della polvere dorata, o dello zafferano, del caviale. La commessa mi ha guardato senza rispondere, dal retro del negozio è uscito il panettiere che mi ha intimato di andarmene, una merce è una merce e chi la vuole la compra e chi non la vuole non la compra. Ma c’è della polvere dorata nella crema? Vada via! Insomma, di solito sono reticente a qualsiasi forma di protesta, ma sono rimasto lì ed è cominciata una spiegazione tecnica da parte del fornaio: su quattro euro e cinquanta, metà vanno in tasse. Rimangono due euro e venticinque, da cui togliere venticinque di materie prime. Venticinque di materie prime? Venticinque di materie prime. Dei restanti due euro bisogna togliere la forza lavoro, l’affitto del negozio, le bollette. Quanto rimane di ricavo al netto? Rimane circa un euro a bombolone. Poi il fornaio è sparito nel retro, io sono uscito dalla panetteria. Tempo dopo sono ripassato di lì. Ho sbirciato in vetrina, c’erano i bomboloni ed era comparso un cartellino di quelli fosforescenti che diceva: tre euro. Mi sono avvicinato, i bomboloni erano grandi uguali a quelli della protesta. Sono entrato e ne ho ordinato uno. La commessa mi ha riconosciuto... Source: https://www.corriere.it/sette/25_dicembre_20/marco-missiroli-milano-31b66fcd-cc24-453e-b96a-5a2765ec0xlk_amp.shtml
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  • In Canada una morte su venti avviene ormai per eutanasia: nel 2024 le uccisioni con il programma MAiD sono state 16.499, sempre più spesso non su malati terminali, ma su persone disabili, sole, considerate un “peso”.

    Leggi le drammatiche statistiche della morte di Stato
    https://www.provitaefamiglia.it/blog/ennesimo-drammatico-record-di-morti-in-canada-per-eutanasia-16500
    In Canada una morte su venti avviene ormai per eutanasia: nel 2024 le uccisioni con il programma MAiD sono state 16.499, sempre più spesso non su malati terminali, ma su persone disabili, sole, considerate un “peso”. Leggi le drammatiche statistiche della morte di StatoπŸ‘‡ https://www.provitaefamiglia.it/blog/ennesimo-drammatico-record-di-morti-in-canada-per-eutanasia-16500
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    Ennesimo, drammatico, record di morti in Canada per eutanasia in un solo anno: 16.500
    Nel 2024 il Canada ha raggiunto un triste primato: 16.499 persone hanno perso la vita per eutanasia , attraverso il programma di Medical Assistance in Dy
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  • ALTERNATIVA (Politica)

    Potrei passare ore a scrivere dei mille mali di #Milano. Farne l’ennesima lista della spesa. Ma a cosa serve, davvero?

    Elencare ciò che non funziona non sposta nulla, non muove coscienze, non cambia i rapporti di forza. È come ripetere che il governo fa schifo o indignarsi per l’ennesimo capo di Stato sanguinario: vero, sacrosanto, ma sterile se resta solo sfogo.
    L’ho già detto e lo ribadisco: Milano non è immune dal dolore, dalla frustrazione, dall’insoddisfazione. Ma questo non è il tempo dei pianti greci. È il tempo del fare. O, se vogliamo dirla fino in fondo, del ritrovare il coraggio.

    C’è una convinzione tossica che circola da troppo tempo: che non sia più possibile costruire un’alternativa duratura e credibile. È un errore grave. Finché siamo vivi abbiamo il dovere politico e morale di migliorarci e di cambiare la realtà quando non funziona. Sempre.

    Ci sono almeno tre mali che dobbiamo avere il coraggio di estirpare.

    Primo.
    I milanesi – come molti italiani – non hanno più voglia, o forza, o motivazioni per costruire un progetto nuovo che si prenda davvero cura della città. E allora succede questo: un percorso silenzioso di colonizzazione, l’egemonia di pochi, sempre gli stessi. Non perché siano invincibili, ma perché non li contrastiamo più dove dovremmo.
    Ci piace criticare da fuori, dai social, dai cortei. È legittimo. Ma non basta.

    Secondo.
    Si pensa che una lista civica, un simbolo nuovo, poco conosciuto, sia sinonimo di inefficienza, inesperienza, inutilità. Davvero?
    E votando da decenni gli stessi nomi e gli stessi simboli… cosa sarebbe cambiato? Vogliamo ridurre la politica a una questione da stadio? Tifo per la squadra più forte, altrimenti non vale?
    È troppo facile. Troppo comodo. Troppo coerente con una città che vive di apparenze e di grandi firme – anche in politica – che difenderanno sempre prima la propria azienda e solo dopo, forse, la città. Pensateci bene.

    Terzo.
    Il ritornello più pigro di tutti: “tanto rubano tutti”, “sono tutti uguali”. Stessa musica, stesso alibi.
    Sì, il passato recente ci ha vaccinati male, a colpi di delusioni. Ma esistono ancora uomini e donne capaci di imparare dagli errori, di uscirne più solidi. Esistono ancora valori che spingono qualcuno a impegnarsi per pura passione civile.
    E non c’è nulla di più gratificante che vedere un tuo concittadino sorriderti perché, anche solo un po’, gli hai migliorato la vita. Vale più di un bonifico, più di un selfie, più di qualsiasi applauso.

    Servono scelte di coraggio.
    Segnatevelo tra i buoni propositi per il 2026. Se siamo davvero dialoganti, dovremmo esserlo anche verso una sfida nuova. Si può perdere o si può vincere. Nessuna scorciatoia, nessuna zona grigia.
    Ma la cosa essenziale è rimettersi in gioco. Mettersi in discussione. Sempre.

    È questo, oggi, l’atto politico più radicale.

    #Alternativa #Milano #Coraggio #PoliticaSeria #MilanoLibera #SpiritoCritico #FareNonLamentarsi #Responsabilità #Futuro
    ALTERNATIVA (Politica) ✊🧭 Potrei passare ore a scrivere dei mille mali di #Milano. Farne l’ennesima lista della spesa. Ma a cosa serve, davvero? Elencare ciò che non funziona non sposta nulla, non muove coscienze, non cambia i rapporti di forza. È come ripetere che il governo fa schifo o indignarsi per l’ennesimo capo di Stato sanguinario: vero, sacrosanto, ma sterile se resta solo sfogo. L’ho già detto e lo ribadisco: Milano non è immune dal dolore, dalla frustrazione, dall’insoddisfazione. Ma questo non è il tempo dei pianti greci. È il tempo del fare. O, se vogliamo dirla fino in fondo, del ritrovare il coraggio. πŸ’₯ C’è una convinzione tossica che circola da troppo tempo: che non sia più possibile costruire un’alternativa duratura e credibile. È un errore grave. Finché siamo vivi abbiamo il dovere politico e morale di migliorarci e di cambiare la realtà quando non funziona. Sempre. Ci sono almeno tre mali che dobbiamo avere il coraggio di estirpare. Primo. I milanesi – come molti italiani – non hanno più voglia, o forza, o motivazioni per costruire un progetto nuovo che si prenda davvero cura della città. E allora succede questo: un percorso silenzioso di colonizzazione, l’egemonia di pochi, sempre gli stessi. Non perché siano invincibili, ma perché non li contrastiamo più dove dovremmo. Ci piace criticare da fuori, dai social, dai cortei. È legittimo. Ma non basta. Secondo. Si pensa che una lista civica, un simbolo nuovo, poco conosciuto, sia sinonimo di inefficienza, inesperienza, inutilità. Davvero? E votando da decenni gli stessi nomi e gli stessi simboli… cosa sarebbe cambiato? Vogliamo ridurre la politica a una questione da stadio? Tifo per la squadra più forte, altrimenti non vale? È troppo facile. Troppo comodo. Troppo coerente con una città che vive di apparenze e di grandi firme – anche in politica – che difenderanno sempre prima la propria azienda e solo dopo, forse, la città. Pensateci bene. Terzo. Il ritornello più pigro di tutti: “tanto rubano tutti”, “sono tutti uguali”. Stessa musica, stesso alibi. Sì, il passato recente ci ha vaccinati male, a colpi di delusioni. Ma esistono ancora uomini e donne capaci di imparare dagli errori, di uscirne più solidi. Esistono ancora valori che spingono qualcuno a impegnarsi per pura passione civile. E non c’è nulla di più gratificante che vedere un tuo concittadino sorriderti perché, anche solo un po’, gli hai migliorato la vita. Vale più di un bonifico, più di un selfie, più di qualsiasi applauso. πŸ™‚ Servono scelte di coraggio. Segnatevelo tra i buoni propositi per il 2026. Se siamo davvero dialoganti, dovremmo esserlo anche verso una sfida nuova. Si può perdere o si può vincere. Nessuna scorciatoia, nessuna zona grigia. Ma la cosa essenziale è rimettersi in gioco. Mettersi in discussione. Sempre. È questo, oggi, l’atto politico più radicale. #Alternativa #Milano #Coraggio #PoliticaSeria #MilanoLibera #SpiritoCritico #FareNonLamentarsi #Responsabilità #Futuro
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