Camerun: elezioni presidenziali blindate, opposizione divisa

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Il 12 ottobre 2025 i camerunesi saranno chiamati alle urne per un’elezione presidenziale dall’esito apparentemente già scritto: Paul Biya, 93 anni, al potere dal 1982, rimane al centro di un sistema politico completamente bloccato. Ma se il presidente uscente resta invisibile, governando tramite ministri e consiglieri, la questione della sua successione e della credibilità del processo elettorale domina tutte le conversazioni, dalle capanne dei villaggi ai circoli politici della capitale.

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Il vecchio leone, ancora presente

A 93 anni, Paul Biya è uno dei più longevi capi di Stato ancora in carica al mondo. Dopo 43 anni alla guida del paese, la sua assenza dalla scena pubblica alimenta interrogativi e speculazioni. Per molti, le sue decisioni sono ormai trasmesse dai suoi fedeli luogotenenti, in particolare dal segretario generale della presidenza, Ferdinand Ngoh Ngoh.

Nonostante i dubbi sulle sue condizioni fisiche, Biya rimane l’ultimo arbitro di un sistema che ha costruito pezzo per pezzo, blindando le istituzioni e l’apparato di sicurezza.

Un’economia in panne e un popolo silenziosamente arrabbiato

La situazione socio-economica del Camerun alimenta un profondo malessere. La crescita ristagna tra il 3,3 e il 4,4%, lontanissima dalle promesse di “emergenza” previste per il 2035. La povertà aumenta, il carrello della spesa si svuota sotto il peso dell’inflazione, e la corruzione dilaga in tutti i settori.

Le infrastrutture si degradano: strade dissestate, ospedali mal equipaggiati, servizi pubblici inefficienti. A poche settimane dal voto, il governo tenta un’operazione di charme lanciando in fretta lavori stradali urbani e interurbani, spesso abbandonati da più di sette anni. Molti li considerano semplici manovre elettoralistiche senza alcuna visione di lungo periodo.

Un’opposizione in cerca di unità

Di fronte a un potere invecchiato ma saldamente radicato, l’opposizione fatica a trovare una strategia comune. Una piattaforma battezzata Union pour le Changement 2025 ha designato Issa Tchiroma Bakary, ex ministro, come candidato di coalizione. Una scelta sorprendente per molti, dato che l’uomo è stato a lungo percepito come vicino al regime. Ma Tchiroma ha accettato condizioni forti: un mandato limitato, un audit dello Stato e una conferenza nazionale per rifondare il paese.

Questa candidatura, tuttavia, non ha fatto l’unanimità. Il partito di Bello Bouba Maïgari ha preso le distanze, affermando di non essere stato consultato. Inoltre, alcuni attori denunciano minacce e intimidazioni da parte del potere, che ostacolano ogni tentativo di coalizione.

Kamto, l’aquila dalle ali spezzate

Maurice Kamto, arrivato secondo nel 2018 e vera figura dell’opposizione, è stato escluso dalla corsa dal Consiglio costituzionale. La sua squalifica ha creato un’onda d’urto. Carismatico e popolare, resta comunque un attore centrale. Diversi candidati ora cercano il suo sostegno, consapevoli che la sua indicazione potrebbe essere determinante. Kamto, da parte sua, sembra cercare il profilo capace di difendere i voti dei suoi elettori di fronte a un sistema elettorale giudicato opaco e asservito al presidente uscente.

Un paese in tensione contenuta

Nonostante la rabbia palpabile nelle case, non vengono organizzate manifestazioni di rilievo. La paura di una repressione brutale da parte delle forze di sicurezza scoraggia qualsiasi mobilitazione. Il ricordo degli arresti di massa del 2019, dopo le proteste contro i risultati della precedente presidenziale, è ancora vivo.

La popolazione esprime il desiderio di cambiamento nelle conversazioni private e sui social network, ma raramente in piazza. Lo scetticismo è forte: molti ritengono che la partita sia già chiusa.

Scenari possibili

Tre scenari si delineano in vista del voto:

  • La rielezione senza sorprese di Paul Biya, sostenuta da un apparato istituzionale solido ma contestata nella sua legittimità.
  • Un sussulto dell’opposizione attorno a un candidato unico, ipotesi ancora debole per mancanza di vera unità.
  • Una transizione, se si esercitassero pressioni nazionali e internazionali per garantire un voto libero – ipotesi per ora molto fragile.

Una democrazia in respirazione artificiale

Il Camerun affronta questa presidenziale con fratture profonde: economiche, sociali, politiche. La mancanza di fiducia nelle istituzioni elettorali, la corruzione diffusa e il blocco del sistema minano la credibilità di un’elezione che dovrebbe rappresentare un momento di respiro democratico.

In assenza di un vero dibattito pubblico e di una mobilitazione cittadina, il futuro del paese sembra giocarsi nelle trattative tra élite: tra un presidente fantasma, un’opposizione divisa e un popolo stanco di attendere il cambiamento.

Djimi Amadou Ahidjo 

 

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