• BASILE / ALBANESE — la verità è donna

    Più passano i giorni e più mi sembra evidente che l'essere umano non sia programmato per la Pace.
    Perché, diciamolo, in queste ore un assassinio come quello di Charlie Kirk diventa occasione di scannamento e tiro al bersaglio — sia per i nostri magnanimi governanti sia per noi opinionisti da salotto digitale. Paradossale? Sì. Punto.
    Eppure esistono persone che — senza prediche dal piedistallo — riescono a parlare chiaro, a rimettere le posizioni ideologiche su un piano di verità e coraggio. Doti rare, ormai: tanti leader avrebbero visibilità, mezzi e possibilità per guidare verso il buonsenso, ma non lo fanno. Perché il profitto ha inquinato i pozzi da tempo.

    Che la donna sia fonte di ispirazione non è una novità. Ma in tempi di guerra e incertezza il pragmatismo femminile è necessario come l’aria.
    Nel contesto della festa del Fatto Quotidiano, due interventi sono spiccati — quasi passati sotto silenzio rispetto al frastuono dei TG — e meritano di essere ripresi. Li riportiamo per ricordare qual è il vero “succo” di ciò che accade, quello che molti fingono di non vedere.

    Aprire faide e polemiche infinite è sempre più semplice — soprattutto qui dove tutto serve a lanciare bordate tra centrodestra e centrosinistra. Ecco perché non saremo mai pronti alla pace.
    Ma torniamo al punto: gli interventi sono due. Possono sembrare scontati, triti e ritriti, ma non lasciano spazio a immaginazioni o allucinazioni.

    Elena Basile, ex ambasciatrice e voce critica della diplomazia italiana, ha affrontato con toni durissimi la questione palestinese e il sostegno occidentale alle politiche israeliane.
    “La politica che sta tenendo Israele oggi è una politica mafiosa, terrorista”, ha dichiarato dal palco, distinguendola persino dalle strategie dei primi governi israeliani: “Ben Gurion faceva interventi lampo perché teneva conto della situazione geografica e delle forze di Israele, metteva gli ostaggi in primo luogo. Oggi abbiamo un paese che mantiene sette fronti militari: Gaza, Cisgiordania, Libano, Yemen, Iran, Siria e Iraq. E con l’attacco a Doha sta mettendo in discussione le stesse alleanze con Egitto, Giordania e le monarchie del Golfo, gli interlocutori degli accordi di Abramo”.
    Secondo Basile, Israele appare oggi sempre più isolato: “Alle Nazioni Unite due terzi del mondo votano contro Israele. Grazie soprattutto al lavoro di Francesca Albanese, la società civile resiste e si oppone”. Tuttavia, ha sottolineato che anche Russia, Cina e paesi arabi “non sfidano apertamente Israele, pur non essendone complici come l’Occidente”.

    E rilancia :
    “Dobbiamo concentrarci in una mobilitazione dentro gli Stati europei e, se possibile, negli Stati Uniti, per chiedere la fine della cooperazione politica, militare ed economica con Israele. Grazie a Francesca Albanese, oggi abbiamo i nomi e cognomi di tutte le imprese che fanno profitto col genocidio”.

    E proprio Francesca Albanese subentra chiamando le cose con il loro nome: genocidio o atto di supremazia — non una semplice “guerra” — parlando con la franchezza di chi conosce il conflitto e con lo sguardo lucido di chi analizza i fatti:

    “Dinanzi a questa brutalità non si reagisce con le contromisure previste dal diritto: fermare trasferimenti e acquisti di armi, sospendere gli accordi commerciali. È un obbligo degli Stati”. E ha definito Israele nei territori occupati “una dittatura militare che ha governato 5 milioni di persone attraverso ordini scritti da soldati e rivisti da corti militari composte da soldati”.

    Sulla sua situazione personale mantiene una compostezza e un’obiettività invidiabili da che da questo luglio 2025, Francesca Albanese è finita nella lista nera degli Stati Uniti.
    ‘Vorrei non essere la notizia. Credo che la cosa più importante sia continuare a parlare di Gaza. Ma le sanzioni significano non poter entrare negli Stati Uniti, e per chi ha legami personali o familiari lì, come mia figlia, nata negli Usa, anche rischiare pene pecuniarie o persino l’arresto fino a 20 anni di carcere.
    L’obiettivo è intimidire, isolare, congelare chi denuncia’.”

    E chiude con una constatazione che fotografa la tossicità del dibattito pubblico:
    “Non credo neanche che sia giusta la frase che ho detto prima, e cioè che quello a Gaza sia il primo genocidio trasmesso in televisione. Le immagini passano, ma vengono accompagnate da una narrazione totalmente falsata. È questa tossicità del dibattito che non permette di capire cosa sta succedendo”.

    Cosa ne penso ?
    Questo è il nostro tempo: la spettacolarizzazione di ogni delitto o decesso e il disprezzo per un’informazione che rispetti i fatti hanno trasformato il dibattito in un’arena che uccide le ragioni. A chilometri da qui muoiono persone; nel cosiddetto “Occidente evoluto” muoiono valori e ideali. Stiamo scavando un fondo cui è difficile credere che non ci siamo già inabissati.

    La testimonianza di due “outsider” come Basile e Albanese è, in questo contesto, una boccata d’ossigeno a pochi metri dal baratro. È la lezione semplice e urgente del “parlare chiaro”: senza urlare, con rigore e sotto il frastuono di una cacofonia che noi stessi alimentiamo online.
    Serve un passo indietro rispetto agli interessi e un passo avanti verso verità e responsabilità. Serve un’informazione che sia veritiera, rigorosa e capace di restituire dignità alle vittime e senso alle azioni politiche.

    Siamo tutti, in una misura o nell’altra, parte del problema. Se vogliamo davvero costruire una nuova umanità, il primo gesto è scegliere di essere meritevoli di quella fiducia reciproca che oggi manca. Lo ripeto: al momento non lo siamo — ma possiamo decidere di cambiare.

    #Basile #Albanese #Informazione #Verità #Gaza #DirittiUmani #Pace #Responsabilità #StopProfittoSullaGuerra
    BASILE / ALBANESE — la verità è donna ✨👩‍⚖️ Più passano i giorni e più mi sembra evidente che l'essere umano non sia programmato per la Pace. Perché, diciamolo, in queste ore un assassinio come quello di Charlie Kirk diventa occasione di scannamento e tiro al bersaglio — sia per i nostri magnanimi governanti sia per noi opinionisti da salotto digitale. Paradossale? Sì. Punto. 🙄 Eppure esistono persone che — senza prediche dal piedistallo — riescono a parlare chiaro, a rimettere le posizioni ideologiche su un piano di verità e coraggio. Doti rare, ormai: tanti leader avrebbero visibilità, mezzi e possibilità per guidare verso il buonsenso, ma non lo fanno. Perché il profitto ha inquinato i pozzi da tempo. Che la donna sia fonte di ispirazione non è una novità. Ma in tempi di guerra e incertezza il pragmatismo femminile è necessario come l’aria. Nel contesto della festa del Fatto Quotidiano, due interventi sono spiccati — quasi passati sotto silenzio rispetto al frastuono dei TG — e meritano di essere ripresi. Li riportiamo per ricordare qual è il vero “succo” di ciò che accade, quello che molti fingono di non vedere. Aprire faide e polemiche infinite è sempre più semplice — soprattutto qui dove tutto serve a lanciare bordate tra centrodestra e centrosinistra. Ecco perché non saremo mai pronti alla pace. Ma torniamo al punto: gli interventi sono due. Possono sembrare scontati, triti e ritriti, ma non lasciano spazio a immaginazioni o allucinazioni. Elena Basile, ex ambasciatrice e voce critica della diplomazia italiana, ha affrontato con toni durissimi la questione palestinese e il sostegno occidentale alle politiche israeliane. “La politica che sta tenendo Israele oggi è una politica mafiosa, terrorista”, ha dichiarato dal palco, distinguendola persino dalle strategie dei primi governi israeliani: “Ben Gurion faceva interventi lampo perché teneva conto della situazione geografica e delle forze di Israele, metteva gli ostaggi in primo luogo. Oggi abbiamo un paese che mantiene sette fronti militari: Gaza, Cisgiordania, Libano, Yemen, Iran, Siria e Iraq. E con l’attacco a Doha sta mettendo in discussione le stesse alleanze con Egitto, Giordania e le monarchie del Golfo, gli interlocutori degli accordi di Abramo”. Secondo Basile, Israele appare oggi sempre più isolato: “Alle Nazioni Unite due terzi del mondo votano contro Israele. Grazie soprattutto al lavoro di Francesca Albanese, la società civile resiste e si oppone”. Tuttavia, ha sottolineato che anche Russia, Cina e paesi arabi “non sfidano apertamente Israele, pur non essendone complici come l’Occidente”. E rilancia : “Dobbiamo concentrarci in una mobilitazione dentro gli Stati europei e, se possibile, negli Stati Uniti, per chiedere la fine della cooperazione politica, militare ed economica con Israele. Grazie a Francesca Albanese, oggi abbiamo i nomi e cognomi di tutte le imprese che fanno profitto col genocidio”. E proprio Francesca Albanese subentra chiamando le cose con il loro nome: genocidio o atto di supremazia — non una semplice “guerra” — parlando con la franchezza di chi conosce il conflitto e con lo sguardo lucido di chi analizza i fatti: “Dinanzi a questa brutalità non si reagisce con le contromisure previste dal diritto: fermare trasferimenti e acquisti di armi, sospendere gli accordi commerciali. È un obbligo degli Stati”. E ha definito Israele nei territori occupati “una dittatura militare che ha governato 5 milioni di persone attraverso ordini scritti da soldati e rivisti da corti militari composte da soldati”. Sulla sua situazione personale mantiene una compostezza e un’obiettività invidiabili da che da questo luglio 2025, Francesca Albanese è finita nella lista nera degli Stati Uniti. ‘Vorrei non essere la notizia. Credo che la cosa più importante sia continuare a parlare di Gaza. Ma le sanzioni significano non poter entrare negli Stati Uniti, e per chi ha legami personali o familiari lì, come mia figlia, nata negli Usa, anche rischiare pene pecuniarie o persino l’arresto fino a 20 anni di carcere. L’obiettivo è intimidire, isolare, congelare chi denuncia’.” E chiude con una constatazione che fotografa la tossicità del dibattito pubblico: “Non credo neanche che sia giusta la frase che ho detto prima, e cioè che quello a Gaza sia il primo genocidio trasmesso in televisione. Le immagini passano, ma vengono accompagnate da una narrazione totalmente falsata. È questa tossicità del dibattito che non permette di capire cosa sta succedendo”. 📌Cosa ne penso ? Questo è il nostro tempo: la spettacolarizzazione di ogni delitto o decesso e il disprezzo per un’informazione che rispetti i fatti hanno trasformato il dibattito in un’arena che uccide le ragioni. A chilometri da qui muoiono persone; nel cosiddetto “Occidente evoluto” muoiono valori e ideali. Stiamo scavando un fondo cui è difficile credere che non ci siamo già inabissati. 😔 La testimonianza di due “outsider” come Basile e Albanese è, in questo contesto, una boccata d’ossigeno a pochi metri dal baratro. È la lezione semplice e urgente del “parlare chiaro”: senza urlare, con rigore e sotto il frastuono di una cacofonia che noi stessi alimentiamo online. Serve un passo indietro rispetto agli interessi e un passo avanti verso verità e responsabilità. Serve un’informazione che sia veritiera, rigorosa e capace di restituire dignità alle vittime e senso alle azioni politiche. Siamo tutti, in una misura o nell’altra, parte del problema. Se vogliamo davvero costruire una nuova umanità, il primo gesto è scegliere di essere meritevoli di quella fiducia reciproca che oggi manca. Lo ripeto: al momento non lo siamo — ma possiamo decidere di cambiare. #Basile #Albanese #Informazione #Verità #Gaza #DirittiUmani #Pace #Responsabilità #StopProfittoSullaGuerra
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