• Over a billion people were forced into a biometric system linking food, pensions, and healthcare to a single digital ID. The result? A humanitarian crisis.

    Criminals hacked and cloned identities, leaving families starving, elderly without pensions, and the sick turned away from hospitals.

    In one state alone, two dozen people starved to death after being denied rations due to system failures. Millions of fake accounts siphoned funds meant for the poor, creating a black market for stolen identities.

    Sold as “secure,” it became a tool for control and exploitation. When survival depends on a single ID, a glitch—or a hacker—can erase your access to life itself.

    This isn’t progress. It’s a blueprint for dystopia.

    Il disastro dell'identità digitale in India è un monito per il mondo.

    Oltre un miliardo di persone sono state costrette a utilizzare un sistema biometrico che collega cibo, pensioni e assistenza sanitaria a un unico documento d'identità digitale. Il risultato? Una crisi umanitaria.

    I criminali hanno hackerato e clonato identità, lasciando famiglie affamate, anziani senza pensione e malati respinti dagli ospedali.

    In un solo stato, due dozzine di persone sono morte di fame dopo essersi viste negare le razioni alimentari a causa di guasti al sistema. Milioni di account falsi hanno sottratto fondi destinati ai poveri, creando un mercato nero per le identità rubate.

    Venduto come "sicuro", è diventato uno strumento di controllo e sfruttamento. Quando la sopravvivenza dipende da un singolo documento d'identità, un problema tecnico – o un hacker – può cancellare l'accesso alla vita stessa.

    Questo non è progresso. È un modello per una distopia.

    Source: https://x.com/newstart_2024/status/1985023958131904643?t=Jz-FGT_g4m-Qk9vJkwW4nA&s=19
    Over a billion people were forced into a biometric system linking food, pensions, and healthcare to a single digital ID. The result? A humanitarian crisis. Criminals hacked and cloned identities, leaving families starving, elderly without pensions, and the sick turned away from hospitals. In one state alone, two dozen people starved to death after being denied rations due to system failures. Millions of fake accounts siphoned funds meant for the poor, creating a black market for stolen identities. Sold as “secure,” it became a tool for control and exploitation. When survival depends on a single ID, a glitch—or a hacker—can erase your access to life itself. This isn’t progress. It’s a blueprint for dystopia. Il disastro dell'identità digitale in India è un monito per il mondo. Oltre un miliardo di persone sono state costrette a utilizzare un sistema biometrico che collega cibo, pensioni e assistenza sanitaria a un unico documento d'identità digitale. Il risultato? Una crisi umanitaria. I criminali hanno hackerato e clonato identità, lasciando famiglie affamate, anziani senza pensione e malati respinti dagli ospedali. In un solo stato, due dozzine di persone sono morte di fame dopo essersi viste negare le razioni alimentari a causa di guasti al sistema. Milioni di account falsi hanno sottratto fondi destinati ai poveri, creando un mercato nero per le identità rubate. Venduto come "sicuro", è diventato uno strumento di controllo e sfruttamento. Quando la sopravvivenza dipende da un singolo documento d'identità, un problema tecnico – o un hacker – può cancellare l'accesso alla vita stessa. Questo non è progresso. È un modello per una distopia. Source: https://x.com/newstart_2024/status/1985023958131904643?t=Jz-FGT_g4m-Qk9vJkwW4nA&s=19
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  • India’s digital ID disaster is a warning to the world.

    Over a billion people were forced into a biometric system linking food, pensions, and healthcare to a single digital ID. The result? A humanitarian crisis.

    Criminals hacked and cloned identities, leaving families starving, elderly without pensions, and the sick turned away from hospitals.

    In one state alone, two dozen people starved to death after being denied rations due to system failures. Millions of fake accounts siphoned funds meant for the poor, creating a black market for stolen identities.

    Sold as “secure,” it became a tool for control and exploitation. When survival depends on a single ID, a glitch—or a hacker—can erase your access to life itself.

    This isn’t progress. It’s a blueprint for dystopia.

    Il disastro dell'identità digitale in India è un monito per il mondo.

    Oltre un miliardo di persone sono state costrette a utilizzare un sistema biometrico che collega cibo, pensioni e assistenza sanitaria a un unico documento d'identità digitale. Il risultato? Una crisi umanitaria.

    I criminali hanno hackerato e clonato identità, lasciando famiglie affamate, anziani senza pensione e malati respinti dagli ospedali.

    In un solo stato, due dozzine di persone sono morte di fame dopo essersi viste negare le razioni alimentari a causa di guasti al sistema. Milioni di account falsi hanno sottratto fondi destinati ai poveri, creando un mercato nero per le identità rubate.

    Venduto come "sicuro", è diventato uno strumento di controllo e sfruttamento. Quando la sopravvivenza dipende da un singolo documento d'identità, un problema tecnico – o un hacker – può cancellare l'accesso alla vita stessa.

    Questo non è progresso. È un modello per una distopia.

    https://x.com/newstart_2024/status/1985023958131904643?t=Q-33F8eWrrvSjut4_BIphg&s=19
    India’s digital ID disaster is a warning to the world. Over a billion people were forced into a biometric system linking food, pensions, and healthcare to a single digital ID. The result? A humanitarian crisis. Criminals hacked and cloned identities, leaving families starving, elderly without pensions, and the sick turned away from hospitals. In one state alone, two dozen people starved to death after being denied rations due to system failures. Millions of fake accounts siphoned funds meant for the poor, creating a black market for stolen identities. Sold as “secure,” it became a tool for control and exploitation. When survival depends on a single ID, a glitch—or a hacker—can erase your access to life itself. This isn’t progress. It’s a blueprint for dystopia. Il disastro dell'identità digitale in India è un monito per il mondo. Oltre un miliardo di persone sono state costrette a utilizzare un sistema biometrico che collega cibo, pensioni e assistenza sanitaria a un unico documento d'identità digitale. Il risultato? Una crisi umanitaria. I criminali hanno hackerato e clonato identità, lasciando famiglie affamate, anziani senza pensione e malati respinti dagli ospedali. In un solo stato, due dozzine di persone sono morte di fame dopo essersi viste negare le razioni alimentari a causa di guasti al sistema. Milioni di account falsi hanno sottratto fondi destinati ai poveri, creando un mercato nero per le identità rubate. Venduto come "sicuro", è diventato uno strumento di controllo e sfruttamento. Quando la sopravvivenza dipende da un singolo documento d'identità, un problema tecnico – o un hacker – può cancellare l'accesso alla vita stessa. Questo non è progresso. È un modello per una distopia. https://x.com/newstart_2024/status/1985023958131904643?t=Q-33F8eWrrvSjut4_BIphg&s=19
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  • Intelligenza artificiale, decine di migliaia i posti di lavoro che stanno saltando. Collini: "A rischio tutti i ruoli amministrativi. Se l'Ia sa tutto, cosa è necessario sapere?"
    TRENTO. Negli Stati Uniti decine di migliaia di impieghi d'ufficio – i cosiddetti white-collar jobs – stanno scomparendo (anche) a causa del ruolo sempre più importante che, nel mercato del lavoro, rivestono i sistemi di intelligenza artificiale, rendendo sempre più...
    https://www.ildolomiti.it/economia/2025/intelligenza-artificiale-decine-di-migliaia-i-posti-di-lavoro-che-stanno-saltando-collini-a-rischio-tutti-i-ruoli-amministrativi-se-lia-sa-tutto-cosa-e-necessario-sapere
    Intelligenza artificiale, decine di migliaia i posti di lavoro che stanno saltando. Collini: "A rischio tutti i ruoli amministrativi. Se l'Ia sa tutto, cosa è necessario sapere?" TRENTO. Negli Stati Uniti decine di migliaia di impieghi d'ufficio – i cosiddetti white-collar jobs – stanno scomparendo (anche) a causa del ruolo sempre più importante che, nel mercato del lavoro, rivestono i sistemi di intelligenza artificiale, rendendo sempre più... https://www.ildolomiti.it/economia/2025/intelligenza-artificiale-decine-di-migliaia-i-posti-di-lavoro-che-stanno-saltando-collini-a-rischio-tutti-i-ruoli-amministrativi-se-lia-sa-tutto-cosa-e-necessario-sapere
    WWW.ILDOLOMITI.IT
    Intelligenza artificiale, decine di migliaia i posti di lavoro che stanno saltando. Collini: "A rischio tutti i ruoli amministrativi. Se l'Ia sa tutto, cosa è necessario sapere?"
    TRENTO. Negli Stati Uniti decine di migliaia di impieghi d'ufficio – i cosiddetti white-collar jobs – stanno scomparendo (anche) a causa del ruolo sempre più importante che, nel mercato del lavoro, rivestono i sistemi di intelligenza artificiale, rendendo sempre più attuale – e urgente – un ragionamento complessivo circa il nuovo paradigma lavorativo che, giocoforza, l'Ia sta introducendo....
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  • ULTIMA ORA: IL GIUDICE SUSANNA ZANDA ASSOLTA IN CASSAZIONE.

    La Corte di Cassazione si è espressa con l'assoluzione della giudice Susanna Zanda dalle accuse rivoltegli.

    La giudice ha subito provvedimenti e sanzioni disciplinari che minano la sua carriera e la sua dignità umana e professionale per aver emesso sentenze contro le restrizioni ingiustificate alle libertà dei cittadini durante il periodo della c. d. pandemia. Accuse che appaiono a molti come una ritorsione e un avvertimento verso quelle toghe che osano contraddire le decisioni dei Governi.

    Aveva per prima rifiutato il Green Pass e esternato il suo dissenso tanto da vedersi deferita al CSM (Consiglio Superiore della Magistratura).

    “Il supergreen pass tende ad indurre gli over 50 all’inoculo di un trattamento genico sperimentale, che si era già acclarato avere un’efficacia immunizzante ‘negativa’, come confermato dagli ultimi dati Aifa”, disse.

    Inoltre la Giudice aveva ricordato che "La degradazione della persona del lavoratore a merce di supermercato, potrebbe essere giudicato lesivo della dignità della persona, integrando un comportamento illecito della parte datoriale" definendo il provvedimento della tessera verde come eversivo rispetto ai diritti disciplinati e garantiti in Costituzione.

    Oggi la pronuncia di assoluzione dal provvedimento disciplinare aperto dalla Procura Generale della stessa Corte, per sindacare in merito alle decisioni prese dal Magistrato Zanda.

    Ogni tanto una buona notizia.



    Seguimi e aiutami ad essere un giornalista indipendente con una donazione libera su Paypal:

    paypal.me/DavideGianlucaPorro

    Non ho editori alle spalle, posso svolgere questo lavoro solo grazie ai miei sacrifici e all'aiuto spontaneo di cittadini onesti come te.

    Grazie di cuore.
    🔴ULTIMA ORA: IL GIUDICE SUSANNA ZANDA ASSOLTA IN CASSAZIONE. La Corte di Cassazione si è espressa con l'assoluzione della giudice Susanna Zanda dalle accuse rivoltegli. La giudice ha subito provvedimenti e sanzioni disciplinari che minano la sua carriera e la sua dignità umana e professionale per aver emesso sentenze contro le restrizioni ingiustificate alle libertà dei cittadini durante il periodo della c. d. pandemia. Accuse che appaiono a molti come una ritorsione e un avvertimento verso quelle toghe che osano contraddire le decisioni dei Governi. Aveva per prima rifiutato il Green Pass e esternato il suo dissenso tanto da vedersi deferita al CSM (Consiglio Superiore della Magistratura). “Il supergreen pass tende ad indurre gli over 50 all’inoculo di un trattamento genico sperimentale, che si era già acclarato avere un’efficacia immunizzante ‘negativa’, come confermato dagli ultimi dati Aifa”, disse. Inoltre la Giudice aveva ricordato che "La degradazione della persona del lavoratore a merce di supermercato, potrebbe essere giudicato lesivo della dignità della persona, integrando un comportamento illecito della parte datoriale" definendo il provvedimento della tessera verde come eversivo rispetto ai diritti disciplinati e garantiti in Costituzione. Oggi la pronuncia di assoluzione dal provvedimento disciplinare aperto dalla Procura Generale della stessa Corte, per sindacare in merito alle decisioni prese dal Magistrato Zanda. Ogni tanto una buona notizia. 🆘🆘🆘🆘🆘🆘🆘🆘🆘🆘🆘🆘🆘 👍 Seguimi e aiutami ad essere un giornalista indipendente con una donazione libera su Paypal: paypal.me/DavideGianlucaPorro Non ho editori alle spalle, posso svolgere questo lavoro solo grazie ai miei sacrifici e all'aiuto spontaneo di cittadini onesti come te. Grazie di cuore.
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  • Como, il racconto di Jessica è un pugno al cuore: "Niccolò, disperato davanti al supermercato con i suoi cani che non vuole abbandonare" - ComoZero
    Riceviamo e pubblichiamo integralmente la mail di Jessica arrivata in redazione, perché davvero non c’è altro da aggiungere alla storia che racconta: Aiuto urgente per Niccolò, senzatetto con 4 cani a Fino Mornasco Salve, mi chiamo Jessica. Oggi, per pura casualità, mi sono trovata al supermercato Lidl di Fino Mornasco, in Via Tevere. Io e […]
    https://comozero.it/attualita/como-il-racconto-di-jessica-e-un-pugno-al-cuore-niccolo-disperato-davanti-al-supermercato-con-i-suoi-cani-che-non-vuole-abbandonare/
    Como, il racconto di Jessica è un pugno al cuore: "Niccolò, disperato davanti al supermercato con i suoi cani che non vuole abbandonare" - ComoZero Riceviamo e pubblichiamo integralmente la mail di Jessica arrivata in redazione, perché davvero non c’è altro da aggiungere alla storia che racconta: Aiuto urgente per Niccolò, senzatetto con 4 cani a Fino Mornasco Salve, mi chiamo Jessica. Oggi, per pura casualità, mi sono trovata al supermercato Lidl di Fino Mornasco, in Via Tevere. Io e […] https://comozero.it/attualita/como-il-racconto-di-jessica-e-un-pugno-al-cuore-niccolo-disperato-davanti-al-supermercato-con-i-suoi-cani-che-non-vuole-abbandonare/
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    Como, il racconto di Jessica è un pugno al cuore: "Niccolò, disperato davanti al supermercato con i suoi cani che non vuole abbandonare" - ComoZero
    Riceviamo e pubblichiamo integralmente la mail di Jessica arrivata in redazione, perché davvero non c’è altro da aggiungere alla storia che racconta: Aiuto urgente per Niccolò, senzatetto con 4 cani a Fino Mornasco Salve, mi chiamo Jessica. Oggi, per pura casualità, mi sono trovata al supermercato Lidl di Fino Mornasco, in Via Tevere. Io e […]
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  • Alessandro Orsini sul piano Trump per Gaza: "Cornice giuridica per la pulizia etnica" | Il Fatto - Il Fatto Quotidiano
    Ad Accordi&Disaccordi il professore ha analizzato due punti messi nero su bianco dal presidente Usa: "I palestinesi non hanno più nulla: come compreranno le case previste dalla ricostruzione?
    “Il piano di Trump è semplicemente il tentativo di costruire una cornice giuridica intorno alla pulizia etnica della Palestina“. Così Alessandro Orsini ad Accordi&Disaccordi il talk condotto da Luca Sommi sul Nove con la partecipazione di Marco Travaglio e Andrea Scanzi. Secondo il professore di Sociologia del Terrorismo alla Luiss “questo si capisce dalla differenza tra il punto 2 del piano e il punto 10. Il punto due infatti dice che tutta la ricostruzione di Gaza avverrà ad esclusivo vantaggio dei suoi abitanti, il punto 10 invece dice che la ricostruzione avverrà in base al libero mercato attraverso l’attrazione di capitali privati. – ha proseguito l’analista – Sempre nel punto 10 c’è scritto che vogliono costruire una città dei sogni mediorientale. Per costruire una città dei sogni mediorientale, devi costruire centinaia di migliaia di appartamenti lussuosi e i palestinesi non avranno mai i soldi per comprarsi quegli appartamenti. Sempre il punto 10 non dice che le case verranno costruite da Israele, con i soldi dei contribuenti israeliani, con i soldi dello Stato israeliano che ripaga tutto quello che ha distrutto, ma affida tutto al libero mercato. Ai palestinesi non è rimasto nulla, quindi non avranno i soldi per comprarsi questi appartamenti. Ci sarà così un’alterazione della composizione etnica e demografica della Striscia, dove tanti gazawi saranno costretti a vivere nei campi profughi o ad abbandonare il Paese”, ha concluso Orsini.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/10/12/orsini-piano-trump-gaza-pulizia-etnica-news/8157360/amp/
    Alessandro Orsini sul piano Trump per Gaza: "Cornice giuridica per la pulizia etnica" | Il Fatto - Il Fatto Quotidiano Ad Accordi&Disaccordi il professore ha analizzato due punti messi nero su bianco dal presidente Usa: "I palestinesi non hanno più nulla: come compreranno le case previste dalla ricostruzione? “Il piano di Trump è semplicemente il tentativo di costruire una cornice giuridica intorno alla pulizia etnica della Palestina“. Così Alessandro Orsini ad Accordi&Disaccordi il talk condotto da Luca Sommi sul Nove con la partecipazione di Marco Travaglio e Andrea Scanzi. Secondo il professore di Sociologia del Terrorismo alla Luiss “questo si capisce dalla differenza tra il punto 2 del piano e il punto 10. Il punto due infatti dice che tutta la ricostruzione di Gaza avverrà ad esclusivo vantaggio dei suoi abitanti, il punto 10 invece dice che la ricostruzione avverrà in base al libero mercato attraverso l’attrazione di capitali privati. – ha proseguito l’analista – Sempre nel punto 10 c’è scritto che vogliono costruire una città dei sogni mediorientale. Per costruire una città dei sogni mediorientale, devi costruire centinaia di migliaia di appartamenti lussuosi e i palestinesi non avranno mai i soldi per comprarsi quegli appartamenti. Sempre il punto 10 non dice che le case verranno costruite da Israele, con i soldi dei contribuenti israeliani, con i soldi dello Stato israeliano che ripaga tutto quello che ha distrutto, ma affida tutto al libero mercato. Ai palestinesi non è rimasto nulla, quindi non avranno i soldi per comprarsi questi appartamenti. Ci sarà così un’alterazione della composizione etnica e demografica della Striscia, dove tanti gazawi saranno costretti a vivere nei campi profughi o ad abbandonare il Paese”, ha concluso Orsini. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/10/12/orsini-piano-trump-gaza-pulizia-etnica-news/8157360/amp/
    Alessandro Orsini sul piano Trump per Gaza: "Cornice giuridica per la pulizia etnica" | Il Fatto - Il Fatto Quotidiano
    Ad Accordi&Disaccordi il professore ha analizzato due punti messi nero su bianco dal presidente Usa: "I palestinesi non hanno più nulla: come compreranno le case previste dalla ricostruzione?"
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  • MILANO, IL CORAGGIO NON LO TROVI IN GIUNTA

    Il coraggio, evidentemente, non lo si compra al mercato.

    La via istituzionale resta sempre quella più dura ma necessaria, perché è lì — tra i banchi del Consiglio — che si misura il peso vero della politica. È lì che servono spina dorsale e coscienza.

    Eppure anche oggi, a Milano, abbiamo motivo per incazzarci sul serio. Perché quando si tradiscono i valori, non è solo una mozione a cadere: è un pezzo di dignità collettiva che si sgretola.

    La mozione bocciata chiedeva una cosa semplice, chiara, limpida:
    che Milano cessasse il gemellaggio con Tel Aviv finché Israele continuerà a violare i diritti umani e il diritto internazionale nei territori palestinesi,
    e che la città si facesse promotrice di un dialogo di pace vero, libero da complicità istituzionali e da relazioni di comodo.

    Non era una provocazione, ma una presa di posizione morale.
    Un segnale concreto per dire che la pace non si invoca: si costruisce anche prendendo le distanze da chi la calpesta ogni giorno.

    Dalla città che ama definirsi “medaglia d’oro della Resistenza”, ci saremmo aspettati almeno un lampo di coraggio. Un voto chiaro, netto, capace di dire: “Sì, vogliamo rompere con chi perpetua violenza e oppressione.”

    Io quella mozione l’ho firmata convintamente, orgoglioso di essere tra i 1238 milanesi che hanno scelto la coerenza alla convenienza. Perché un’idea giusta non ha bisogno di “targhe” politiche: si sostiene, punto.

    Ma ancora una volta, le nostre speranze si sono infrante contro il muro di una Giunta senza vergogna né dignità, dove l’unica bussola sembra essere quella degli affari e delle relazioni “strategiche”.

    Sciogliere il gemellaggio con Tel Aviv non era un atto di guerra.
    Era un atto di coscienza politica, un segno di autodeterminazione e rispetto verso chi subisce, ogni giorno, la negazione della propria libertà.
    Era un modo per dire: Milano è ancora viva, pensa, sceglie.

    E invece no.
    Milano ha preferito il silenzio.
    Ha scelto la comodità dei vincoli, delle lobby, delle famiglie “intoccabili”, e di una memoria storica brandita come scudo, non come lezione.

    Oggi questa città vive di rendita morale, come un artista decaduto che si presenta ancora ai festival con un premio vinto quarant’anni fa.
    O peggio — come una prostituta di lusso, pronta a muoversi solo quando c’è da compiacere il miglior offerente.

    E così, una mozione cade.
    E con lei cade un’altra occasione per dimostrare che Milano è ancora la città della Resistenza, e non una vetrina di ipocrisia.

    Ma la storia non finisce qui.
    Perché fuori da Palazzo Marino, tra chi non si arrende, c’è ancora chi crede in un nuovo soggetto politico dal basso, fondato su coraggio, verità e partecipazione reale.

    Da domani basta slogan.
    Basta medaglie d’oro sventolate come souvenir.
    Milano deve scegliere se vuole essere memoria o coscienza viva.
    Perché oggi, purtroppo, non è né l’una né l’altra.

    #MilanoSenzaCoraggio
    #ResistenzaTradita
    #StopGemellaggioTelAviv
    #GiuntaSenzaVergogna
    #PoliticaConCoscienza
    #MilanoIpocrita
    #OltreGliAffari
    #MilanoResiste
    #VergognaCivica
    #dirittiumanisempre
    🔥 MILANO, IL CORAGGIO NON LO TROVI IN GIUNTA Il coraggio, evidentemente, non lo si compra al mercato. La via istituzionale resta sempre quella più dura ma necessaria, perché è lì — tra i banchi del Consiglio — che si misura il peso vero della politica. È lì che servono spina dorsale e coscienza. Eppure anche oggi, a Milano, abbiamo motivo per incazzarci sul serio. Perché quando si tradiscono i valori, non è solo una mozione a cadere: è un pezzo di dignità collettiva che si sgretola. La mozione bocciata chiedeva una cosa semplice, chiara, limpida: 👉 che Milano cessasse il gemellaggio con Tel Aviv finché Israele continuerà a violare i diritti umani e il diritto internazionale nei territori palestinesi, 👉 e che la città si facesse promotrice di un dialogo di pace vero, libero da complicità istituzionali e da relazioni di comodo. Non era una provocazione, ma una presa di posizione morale. Un segnale concreto per dire che la pace non si invoca: si costruisce anche prendendo le distanze da chi la calpesta ogni giorno. Dalla città che ama definirsi “medaglia d’oro della Resistenza”, ci saremmo aspettati almeno un lampo di coraggio. Un voto chiaro, netto, capace di dire: “Sì, vogliamo rompere con chi perpetua violenza e oppressione.” Io quella mozione l’ho firmata convintamente, orgoglioso di essere tra i 1238 milanesi che hanno scelto la coerenza alla convenienza. Perché un’idea giusta non ha bisogno di “targhe” politiche: si sostiene, punto. Ma ancora una volta, le nostre speranze si sono infrante contro il muro di una Giunta senza vergogna né dignità, dove l’unica bussola sembra essere quella degli affari e delle relazioni “strategiche”. Sciogliere il gemellaggio con Tel Aviv non era un atto di guerra. Era un atto di coscienza politica, un segno di autodeterminazione e rispetto verso chi subisce, ogni giorno, la negazione della propria libertà. Era un modo per dire: Milano è ancora viva, pensa, sceglie. E invece no. Milano ha preferito il silenzio. Ha scelto la comodità dei vincoli, delle lobby, delle famiglie “intoccabili”, e di una memoria storica brandita come scudo, non come lezione. Oggi questa città vive di rendita morale, come un artista decaduto che si presenta ancora ai festival con un premio vinto quarant’anni fa. O peggio — come una prostituta di lusso, pronta a muoversi solo quando c’è da compiacere il miglior offerente. E così, una mozione cade. E con lei cade un’altra occasione per dimostrare che Milano è ancora la città della Resistenza, e non una vetrina di ipocrisia. Ma la storia non finisce qui. Perché fuori da Palazzo Marino, tra chi non si arrende, c’è ancora chi crede in un nuovo soggetto politico dal basso, fondato su coraggio, verità e partecipazione reale. Da domani basta slogan. Basta medaglie d’oro sventolate come souvenir. Milano deve scegliere se vuole essere memoria o coscienza viva. Perché oggi, purtroppo, non è né l’una né l’altra. #MilanoSenzaCoraggio #ResistenzaTradita #StopGemellaggioTelAviv #GiuntaSenzaVergogna #PoliticaConCoscienza #MilanoIpocrita #OltreGliAffari #MilanoResiste #VergognaCivica #dirittiumanisempre
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  • SOTTOSCRIVO IN TOTO!
    È ARRIVATO IL GIORNO DI PRENDERE IN MANO LE NOSTRE VITE!
    NON POSSIAMO FARCI SCHIACCIARE COME SCARAFAGGI!

    Telegram, oggi sull'app compare un messaggio apocalittico
    10 Ottobre 2025

    Chi oggi apre Telegram si trova davanti a un messaggio apocalittico: "Fine dell'internet libero. L'internet libero sta diventando uno strumento di controllo". Con un tap sulla notifica, si viene rimandati al canale di Pavel Durov, dove si può leggere un messaggio ancora più sconfortante: "Sto per compiere 41 anni", inizia il fondatore di Telegram, "ma non ho voglia di festeggiare". Di seguito il testo completo tradotto in italiano:

    "Sto per compiere 41 anni, ma non ho voglia di festeggiare.

    La nostra generazione sta esaurendo il tempo per salvare l'Internet libero costruito per noi dai nostri padri.

    Quello che una volta era la promessa dello scambio libero di informazioni si sta trasformando nell'ultimo strumento di controllo.

    Paesi un tempo liberi stanno introducendo misure distopiche come le identità digitali (Regno Unito), i controlli online dell'età (Australia) e la scansione di massa dei messaggi privati (UE).

    La Germania perseguita chiunque osi criticare i funzionari su Internet. Il Regno Unito sta imprigionando migliaia di persone per i loro tweet. La Francia sta indagando penalmente i leader tecnologici che difendono la libertà e la privacy.

    Un mondo oscuro e distopico si avvicina rapidamente — mentre noi dormiamo. La nostra generazione rischia di passare alla storia come l'ultima ad aver avuto libertà — e ad averle lasciate togliere.

    Ci è stata raccontata una bugia.

    Ci hanno fatto credere che la più grande lotta della nostra generazione sia distruggere tutto ciò che i nostri antenati ci hanno lasciato: tradizione, privacy, sovranità, libero mercato e libertà di parola.

    Tradendo l'eredità dei nostri antenati, ci siamo messi su una strada verso l'autodistruzione — morale, intellettuale, economica e infine biologica.

    Quindi no, oggi non festeggerò. Sto esaurendo il tempo. Noi stiamo esaurendo il tempo."

    Durov ne ha per tutti, in primis per i governi che hanno introdotto le identità digitali e altri meccanismi di controllo. E poi ne ha per i funzionari del Web, che non stanno mettendo in atto una "resistenza" al contrario di quanto fatto da lui con Telegram. Qualche giorno fa, in un altro messaggio sul suo canale, Durov ribadiva il suo impegno per la libertà di espressione e la denuncia verso "ogni tentativo di fare pressione per censurare la nostra piattaforma".

    Con quest'ultima comunicazione, il padre di Telegram sembra "chiamare i rinforzi": chiunque condivida la sua visione è invitato a combattere per scongiurare la fine del mondo virtuale (e, peggio ancora, reale) come lo conoscevamo ieri.

    https://www.hdblog.it/smartphone/articoli/n634489/telegram-fine-internet-libero-messaggio-durov/
    SOTTOSCRIVO IN TOTO! È ARRIVATO IL GIORNO DI PRENDERE IN MANO LE NOSTRE VITE! NON POSSIAMO FARCI SCHIACCIARE COME SCARAFAGGI! Telegram, oggi sull'app compare un messaggio apocalittico 10 Ottobre 2025 Chi oggi apre Telegram si trova davanti a un messaggio apocalittico: "Fine dell'internet libero. L'internet libero sta diventando uno strumento di controllo". Con un tap sulla notifica, si viene rimandati al canale di Pavel Durov, dove si può leggere un messaggio ancora più sconfortante: "Sto per compiere 41 anni", inizia il fondatore di Telegram, "ma non ho voglia di festeggiare". Di seguito il testo completo tradotto in italiano: "Sto per compiere 41 anni, ma non ho voglia di festeggiare. La nostra generazione sta esaurendo il tempo per salvare l'Internet libero costruito per noi dai nostri padri. Quello che una volta era la promessa dello scambio libero di informazioni si sta trasformando nell'ultimo strumento di controllo. Paesi un tempo liberi stanno introducendo misure distopiche come le identità digitali (Regno Unito), i controlli online dell'età (Australia) e la scansione di massa dei messaggi privati (UE). La Germania perseguita chiunque osi criticare i funzionari su Internet. Il Regno Unito sta imprigionando migliaia di persone per i loro tweet. La Francia sta indagando penalmente i leader tecnologici che difendono la libertà e la privacy. Un mondo oscuro e distopico si avvicina rapidamente — mentre noi dormiamo. La nostra generazione rischia di passare alla storia come l'ultima ad aver avuto libertà — e ad averle lasciate togliere. Ci è stata raccontata una bugia. Ci hanno fatto credere che la più grande lotta della nostra generazione sia distruggere tutto ciò che i nostri antenati ci hanno lasciato: tradizione, privacy, sovranità, libero mercato e libertà di parola. Tradendo l'eredità dei nostri antenati, ci siamo messi su una strada verso l'autodistruzione — morale, intellettuale, economica e infine biologica. Quindi no, oggi non festeggerò. Sto esaurendo il tempo. Noi stiamo esaurendo il tempo." Durov ne ha per tutti, in primis per i governi che hanno introdotto le identità digitali e altri meccanismi di controllo. E poi ne ha per i funzionari del Web, che non stanno mettendo in atto una "resistenza" al contrario di quanto fatto da lui con Telegram. Qualche giorno fa, in un altro messaggio sul suo canale, Durov ribadiva il suo impegno per la libertà di espressione e la denuncia verso "ogni tentativo di fare pressione per censurare la nostra piattaforma". Con quest'ultima comunicazione, il padre di Telegram sembra "chiamare i rinforzi": chiunque condivida la sua visione è invitato a combattere per scongiurare la fine del mondo virtuale (e, peggio ancora, reale) come lo conoscevamo ieri. https://www.hdblog.it/smartphone/articoli/n634489/telegram-fine-internet-libero-messaggio-durov/
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  • EFFETTO SALA su MILANO. UNA CITTA' PER SUPER RICCHI! E' VERGOGNOSO!
    MILANO ai MILANESI!
    Milano, mercato immobiliare alle stelle: 23mila euro al metro a Citylife
    Nel Quadrilatero si arriva a 27mila euro al metro. Il mercato è trainato da italiani benestanti e manager di ritorno dall'estero...
    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/10/10/mercato-immobiliare-milano-prezzi-record-news/8155662/
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  • Chiesta la misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria per Tod’s spa
    La Procura di Milano ha chiesto la misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria per Tod’s spa per una "condotta agevolatoria" per non aver controllato...

    Chiesta l’amministrazione giudiziaria per Tod’s spa dalla procura di Milano. “Divise per i dipendenti confezionate da ditte cinesi”
    di F. Q.
    La procura di Milano contesta una "condotta agevolatoria" per non aver controllato fenomeni di "sfruttamento del lavoro" che non riguarda i semilavorati o i prodotti "destinati alla vendita", ma l'abbigliamento dei lavoratori del marchio
    Chiesta l’amministrazione giudiziaria per Tod’s spa dalla procura di Milano. “Divise per i dipendenti confezionate da ditte cinesi”.
    Il marchio del lusso nel mirino della Procura di Milano per sfruttamento del lavoro. Gli inquirenti hanno chiesto la misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria per Tod’s spa per una “condotta agevolatoria” per non aver controllato fenomeni di “sfruttamento del lavoro” nella catena di produzione, attraverso opifici gestiti da cinese, delle divise destinati ai commessi negli store. Si tratta di accertamenti, coordinati dal pm Paolo Storari, che si inseriscono nella linea di altri casi che hanno riguardato colossi della moda, per i quali si è proceduto al commissariamento. In questo caso non è stato disposto, allo stato, perché pende in Cassazione una questione di competenza territoriale. La notizia, anticipata da Reuters, è stata confermata all’Ansa. Il caso è però è molto diverso dagli altri casi perché l’ipotizzato sfruttamento non riguarda i semilavorati o i prodotti “destinati alla vendita”, forniti da ditte cinesi nelle province di Fermo e Macerata, appunto all’abbigliamento dei lavoratori.

    I precedenti
    Prima di Tod’s erano finiti sotto indagine la Giorgio Armani Operation spa (per cui era stata revocato il provvedimento dopo un “percorso virtuoso”, ndr). A maggio invece era finita in amministrazione giudiziaria la Valentino Bags Lab, società di produzione di borse e accessori. Storari nel 2024 aveva chiesto e ottenuto i commissariamenti anche di Alviero Martini, Armani operations appunto e Manufactures Dior, poi revocati dopo che le società hanno adottato contromisure.

    La decisione in Cassazione
    La Cassazione ha fissato un’udienza per il 19 novembre dopo l’iniziale rigetto della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano. Il coinvolgimento di Tod’s, nel cui board siedono anche figure come Luca Cordero di Montezemolo e Luigi Abete, nelle inchieste sul caporalato e gli opifici cinesi utilizzati nell’alta moda italiana era già emerso a luglio 2025 nell’indagine che ha portato all’amministrazione giudiziaria del marchio Loro Piana controllato da una delle 10 famiglie più ricche del mondo (gli Arnault). La società non è formalmente indagata nel fascicolo del pm con i carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Milano ma risponde in base all’articolo 34 del codice antimafia sulle “carenze organizzative” e “i mancati controlli” che agevolano “colposamente” appaltatori e subappaltatori gravemente indiziati di caporalato.

    La richiesta del pm
    Non esiste una “distinzione tra caporalato consentito e non consentito” perché ciò sarebbe totalmente “fuori dal sistema” scrive Storari nel ricorso per Cassazione con cui chiede agli ermellini di annullare l’ordinanza con cui il Tribunale di Milano e la Corte d’appello hanno rigettato l’amministrazione giudiziari. In particolare, nel marzo 2025 la sezione misure di prevenzione milanese ha respinto la richiesta di ‘commissariare’ il colosso della famiglia Della Valle, non per insussistenza degli elementi investigativi, che anzi sarebbe “conclamata”, si legge nelle 94 pagine del ricorso, ma per una questione di competenza territoriale.

    Per i giudici l’agevolazione colposa dello sfruttamento lavorativo dentro il noto brand marchigiano sarebbe avvenuta non sui semilavorati o i prodotti “destinati alla vendita”, forniti da ditte cinesi nelle province di Fermo e Macerata (e quindi la competenza sarebbe della Corte distrettuale d’appello di Ancona), ma esclusivamente nella catena produttiva che si occupa di “confezionare le divise” per i “commessi dei negozi Tod’s”, all’interno di due stabilimenti nella provincia di Milano e in Lombardia. Rispetto alle “divise” per il proprio “personale” Tod’s riveste il ruolo di “cliente che richiede una fornitura di prodotti per lo svolgimento della sua attività” e non di “impresa che realizza prodotti che immette sul mercato e caratterizzanti il brand e la sua immagine” è il ragionamento che hanno fatto i giudici nel rigettare la richiesta.

    Per loro solo sulla seconda tipologia di prodotto “il livello di controllo nella filiera” deve “essere certamente più capillare al fine di garantirne la originalità e la qualità” della merce da vendere “al pubblico”. Tesi che il pm ritiene “francamente incomprensibile”. Per Storari la legge non fa alcuna “distinzione” tra “prodotti destinati alla vendita” come le “scarpe, dove Tod’s dovrebbe effettuare un penetrante controllo” e quelli ad “uso interno” come le “divise, dove Tod’s non dovrebbe controllare nulla”. “Il Tribunale – scrive alla Cassazione chiedendo di accogliere il proprio ricorso – pare introdurre una sorta di distinzione tra caporalato consentito e non consentito che pare fuori dal sistema“.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/10/08/chiesta-la-misura-di-prevenzione-dellamministrazione-giudiziaria-per-tods-spa/8153549/
    Chiesta la misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria per Tod’s spa La Procura di Milano ha chiesto la misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria per Tod’s spa per una "condotta agevolatoria" per non aver controllato... Chiesta l’amministrazione giudiziaria per Tod’s spa dalla procura di Milano. “Divise per i dipendenti confezionate da ditte cinesi” di F. Q. La procura di Milano contesta una "condotta agevolatoria" per non aver controllato fenomeni di "sfruttamento del lavoro" che non riguarda i semilavorati o i prodotti "destinati alla vendita", ma l'abbigliamento dei lavoratori del marchio Chiesta l’amministrazione giudiziaria per Tod’s spa dalla procura di Milano. “Divise per i dipendenti confezionate da ditte cinesi”. Il marchio del lusso nel mirino della Procura di Milano per sfruttamento del lavoro. Gli inquirenti hanno chiesto la misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria per Tod’s spa per una “condotta agevolatoria” per non aver controllato fenomeni di “sfruttamento del lavoro” nella catena di produzione, attraverso opifici gestiti da cinese, delle divise destinati ai commessi negli store. Si tratta di accertamenti, coordinati dal pm Paolo Storari, che si inseriscono nella linea di altri casi che hanno riguardato colossi della moda, per i quali si è proceduto al commissariamento. In questo caso non è stato disposto, allo stato, perché pende in Cassazione una questione di competenza territoriale. La notizia, anticipata da Reuters, è stata confermata all’Ansa. Il caso è però è molto diverso dagli altri casi perché l’ipotizzato sfruttamento non riguarda i semilavorati o i prodotti “destinati alla vendita”, forniti da ditte cinesi nelle province di Fermo e Macerata, appunto all’abbigliamento dei lavoratori. I precedenti Prima di Tod’s erano finiti sotto indagine la Giorgio Armani Operation spa (per cui era stata revocato il provvedimento dopo un “percorso virtuoso”, ndr). A maggio invece era finita in amministrazione giudiziaria la Valentino Bags Lab, società di produzione di borse e accessori. Storari nel 2024 aveva chiesto e ottenuto i commissariamenti anche di Alviero Martini, Armani operations appunto e Manufactures Dior, poi revocati dopo che le società hanno adottato contromisure. La decisione in Cassazione La Cassazione ha fissato un’udienza per il 19 novembre dopo l’iniziale rigetto della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano. Il coinvolgimento di Tod’s, nel cui board siedono anche figure come Luca Cordero di Montezemolo e Luigi Abete, nelle inchieste sul caporalato e gli opifici cinesi utilizzati nell’alta moda italiana era già emerso a luglio 2025 nell’indagine che ha portato all’amministrazione giudiziaria del marchio Loro Piana controllato da una delle 10 famiglie più ricche del mondo (gli Arnault). La società non è formalmente indagata nel fascicolo del pm con i carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Milano ma risponde in base all’articolo 34 del codice antimafia sulle “carenze organizzative” e “i mancati controlli” che agevolano “colposamente” appaltatori e subappaltatori gravemente indiziati di caporalato. La richiesta del pm Non esiste una “distinzione tra caporalato consentito e non consentito” perché ciò sarebbe totalmente “fuori dal sistema” scrive Storari nel ricorso per Cassazione con cui chiede agli ermellini di annullare l’ordinanza con cui il Tribunale di Milano e la Corte d’appello hanno rigettato l’amministrazione giudiziari. In particolare, nel marzo 2025 la sezione misure di prevenzione milanese ha respinto la richiesta di ‘commissariare’ il colosso della famiglia Della Valle, non per insussistenza degli elementi investigativi, che anzi sarebbe “conclamata”, si legge nelle 94 pagine del ricorso, ma per una questione di competenza territoriale. Per i giudici l’agevolazione colposa dello sfruttamento lavorativo dentro il noto brand marchigiano sarebbe avvenuta non sui semilavorati o i prodotti “destinati alla vendita”, forniti da ditte cinesi nelle province di Fermo e Macerata (e quindi la competenza sarebbe della Corte distrettuale d’appello di Ancona), ma esclusivamente nella catena produttiva che si occupa di “confezionare le divise” per i “commessi dei negozi Tod’s”, all’interno di due stabilimenti nella provincia di Milano e in Lombardia. Rispetto alle “divise” per il proprio “personale” Tod’s riveste il ruolo di “cliente che richiede una fornitura di prodotti per lo svolgimento della sua attività” e non di “impresa che realizza prodotti che immette sul mercato e caratterizzanti il brand e la sua immagine” è il ragionamento che hanno fatto i giudici nel rigettare la richiesta. Per loro solo sulla seconda tipologia di prodotto “il livello di controllo nella filiera” deve “essere certamente più capillare al fine di garantirne la originalità e la qualità” della merce da vendere “al pubblico”. Tesi che il pm ritiene “francamente incomprensibile”. Per Storari la legge non fa alcuna “distinzione” tra “prodotti destinati alla vendita” come le “scarpe, dove Tod’s dovrebbe effettuare un penetrante controllo” e quelli ad “uso interno” come le “divise, dove Tod’s non dovrebbe controllare nulla”. “Il Tribunale – scrive alla Cassazione chiedendo di accogliere il proprio ricorso – pare introdurre una sorta di distinzione tra caporalato consentito e non consentito che pare fuori dal sistema“. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/10/08/chiesta-la-misura-di-prevenzione-dellamministrazione-giudiziaria-per-tods-spa/8153549/
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    La Procura di Milano ha chiesto la misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria per Tod’s spa per una "condotta agevolatoria" per non aver controll...
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