• VENEZIA 82 | Appello per la Pace

    La Mostra del Cinema di Venezia non può ridursi a un “contenitore vuoto” di glamour, tappeti rossi e premi scintillanti. Certo, da decenni siamo abituati a questa faccia della kermesse, in competizione eterna con Cannes. Ma oggi la sfida non può limitarsi all’estetica: deve riguardare la libertà di espressione, la difesa dei diritti umani e la capacità dell’arte di denunciare.

    Se la musica ha già dato voce a Gaza con prese di posizione forti da parte di artisti italiani e internazionali, ora anche la settima arte sceglie di schierarsi. Merito del collettivo Venice4Palestine (V4P), che sta raccogliendo adesioni e consensi crescenti. Tra queste spicca anche la madrina della 82ª edizione, Emanuela Fanelli, chiamata a un compito tanto simbolico quanto politico: trasformare il palcoscenico veneziano in una cassa di risonanza globale per un appello al #cessateilfuoco e alla #pace.

    In meno di 24 ore, l’appello di Venice4Palestine – “Non è più possibile restare in silenzio di fronte al massacro in corso in Palestina” – ha raccolto oltre 1.200 firme. Una mobilitazione senza precedenti nel mondo del cinema, con nomi come Marco Bellocchio, Laura Morante, Valeria Golino, Toni e Beppe Servillo, Carlo Verdone, Miriam Leone, Fiorella Mannoia, Alba e Alice Rohrwacher, Gabriele Muccino, Abel Ferrara, Roger Waters e moltissimi altri.

    Attori, registi, musicisti, scrittori e intellettuali si uniscono per chiedere alla Biennale e alla Mostra di assumere una posizione “chiara, visibile e solidale” rispetto a Gaza. Perché il cinema non è un lusso per pochi, ma un dovere civile: farsi strumento di consapevolezza, riflessione e resistenza.

    Il collettivo domanda che Venezia non sia una “vetrina vuota”, ma che apra spazi di discussione e confronto sui crimini in Palestina. La mobilitazione del 30 agosto, sostenuta dalla rete Artisti #NoBavaglio, sarà un momento cruciale: un banco di prova per capire se la Mostra saprà ancora incarnare lo spirito politico e di resistenza che in passato ha reso il cinema un linguaggio universale di lotta.

    La Biennale, dal canto suo, ha risposto dichiarandosi “aperta al dialogo”, ricordando come già negli ultimi anni siano stati presentati film che affrontano le urgenze del nostro tempo, da The Voice of Hind Rajab di Kaouther Ben Hania a Of Dogs and Men di Dani Rosenberg. Ma ora il passo richiesto è più radicale: non basta proiettare, serve prendere posizione.

    ❗️❗️Mentre la politica resta silente, incapace di schierarsi, è ancora una volta l’arte a compiere il gesto più radicale: dare voce a chi non ce l’ha. Forse un festival non cambierà gli equilibri mondiali, ma può diventare megafono di un messaggio necessario.

    ❗️❗️In un Paese dove il cinema sembra ormai confinato a dibattiti nostalgici o ad “oggetto fuori moda”, almeno le sue platee e i suoi riflettori possono trasformarsi in teatri di resistenza, capaci di gridare in faccia a governi e istituzioni la loro colpevole inazione.

    Confido che questa Mostra non sia solo una parentesi di luccichio e mondanità , ma che sappia tornare a incarnare il ruolo più autentico della Cultura: rompere il silenzio e scuotere coscienze.

    E forse – chissà – se avessimo ancora il maestro Pasolini, avremmo parole ancora più taglienti per raccontare questo nostro tempo così fragile e contraddittorio.

    #Venezia82 #Venice4Palestine #CulturaResistenza #CinemaPolitico #StopWar #FreePalestine #ArtePerLaPace #NoAlGenocidio
    🎬✨ VENEZIA 82 | Appello per la Pace 🕊️🇵🇸 La Mostra del Cinema di Venezia non può ridursi a un “contenitore vuoto” di glamour, tappeti rossi e premi scintillanti. Certo, da decenni siamo abituati a questa faccia della kermesse, in competizione eterna con Cannes. Ma oggi la sfida non può limitarsi all’estetica: deve riguardare la libertà di espressione, la difesa dei diritti umani e la capacità dell’arte di denunciare. Se la musica ha già dato voce a Gaza con prese di posizione forti da parte di artisti italiani e internazionali, ora anche la settima arte sceglie di schierarsi. Merito del collettivo Venice4Palestine (V4P), che sta raccogliendo adesioni e consensi crescenti. Tra queste spicca anche la madrina della 82ª edizione, Emanuela Fanelli, chiamata a un compito tanto simbolico quanto politico: trasformare il palcoscenico veneziano in una cassa di risonanza globale per un appello al #cessateilfuoco e alla #pace. 🌍🎥 In meno di 24 ore, l’appello di Venice4Palestine – “Non è più possibile restare in silenzio di fronte al massacro in corso in Palestina” – ha raccolto oltre 1.200 firme. Una mobilitazione senza precedenti nel mondo del cinema, con nomi come Marco Bellocchio, Laura Morante, Valeria Golino, Toni e Beppe Servillo, Carlo Verdone, Miriam Leone, Fiorella Mannoia, Alba e Alice Rohrwacher, Gabriele Muccino, Abel Ferrara, Roger Waters e moltissimi altri. Attori, registi, musicisti, scrittori e intellettuali si uniscono per chiedere alla Biennale e alla Mostra di assumere una posizione “chiara, visibile e solidale” rispetto a Gaza. Perché il cinema non è un lusso per pochi, ma un dovere civile: farsi strumento di consapevolezza, riflessione e resistenza. Il collettivo domanda che Venezia non sia una “vetrina vuota”, ma che apra spazi di discussione e confronto sui crimini in Palestina. La mobilitazione del 30 agosto, sostenuta dalla rete Artisti #NoBavaglio, sarà un momento cruciale: un banco di prova per capire se la Mostra saprà ancora incarnare lo spirito politico e di resistenza che in passato ha reso il cinema un linguaggio universale di lotta. La Biennale, dal canto suo, ha risposto dichiarandosi “aperta al dialogo”, ricordando come già negli ultimi anni siano stati presentati film che affrontano le urgenze del nostro tempo, da The Voice of Hind Rajab di Kaouther Ben Hania a Of Dogs and Men di Dani Rosenberg. Ma ora il passo richiesto è più radicale: non basta proiettare, serve prendere posizione. ❗️❗️👉Mentre la politica resta silente, incapace di schierarsi, è ancora una volta l’arte a compiere il gesto più radicale: dare voce a chi non ce l’ha. Forse un festival non cambierà gli equilibri mondiali, ma può diventare megafono di un messaggio necessario. ❗️❗️👉In un Paese dove il cinema sembra ormai confinato a dibattiti nostalgici o ad “oggetto fuori moda”, almeno le sue platee e i suoi riflettori possono trasformarsi in teatri di resistenza, capaci di gridare in faccia a governi e istituzioni la loro colpevole inazione. 🎬👉Confido che questa Mostra non sia solo una parentesi di luccichio e mondanità ✨, ma che sappia tornare a incarnare il ruolo più autentico della Cultura: rompere il silenzio e scuotere coscienze. E forse – chissà – se avessimo ancora il maestro Pasolini, avremmo parole ancora più taglienti per raccontare questo nostro tempo così fragile e contraddittorio. 📽️🔥 #Venezia82 #Venice4Palestine #CulturaResistenza #CinemaPolitico #StopWar #FreePalestine #ArtePerLaPace #NoAlGenocidio
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  • ENO / ALBARN & CO. – La musica colpisce ancora

    Se insisto a dire che la Cultura e l'Arte sono la "chiave" di lettura e riconciliazione delle parti nel mondo non è a caso. Perché a differenza di tanti fuffaguru, santoni del web o letterati moderni che devono per forza vendere e accedere alla categoria best seller, gli artisti operano su canoni emozionali e valori condivisi che riescono ad accomunare davvero le persone al di sopra dei soliti criteri politici. E questa non è sola e semplice ricerca di visibilità, perché una kermesse fatta di più interpreti di stili diversi che si unicorno per una performance di un giorno ha un valore maggiore di un comizio. Negli anni ’80 ringraziammo Bob Geldof che con il “Live Aid” lanciò insieme a una schiera di artisti un segnale storico per la lotta alla fame nel mondo. I problemi non sono cambiati purtroppo e si ritornerà di nuovo a Wembley. Magari con meno sfarzo e magniloquenza da anni ’80 ma con una musica che colpisce ancora e lancia i suoi segnali. Possiamo ritenerci fortunati che in questa metà di anni ’20 possiamo ancora contare su “gegnacci” come Brian Eno e Damon Albarn che, con la solita compostezza, occupano ora le prime pagine per un evento degno di nota.

    Il 17 settembre, Wembley Arena: Together For Palestine. Brian Eno e Damon Albarn guidano una lineup che mescola star globali (James Blake, Jamie xx, Bastille, Paloma Faith…) e voci palestinesi come Adnan Joubran, Faraj Suleiman e Nai Barghouti. L’obiettivo? Eno lo dice chiaro: «Gli artisti hanno sempre aiutato a denunciare le ingiustizie e a immaginare futuri migliori. È il momento di unirci, alzare la voce e riaffermare la nostra umanità condivisa».

    E poi Albarn, che davanti a Channel 4 News non si nasconde più: «Bisogna riconoscere il genocidio che avviene a Gaza. I palestinesi appartengono a quei territori, non si possono semplicemente cacciare via. Non è accettabile». Il musicista inglese già
    durante la promozione del nuovo progetto del collettivo Africa Express, Bahidorà, aveva inoltre espresso il desiderio di lavorare con musicisti palestinesi e israeliani: “Africa Express potrebbe andare in Palestina,” aveva detto. “Non è politica, è cultura. Vorrei andare anche in Israele per unire le persone”.

    Semplice e senza doppie interpretazioni.
    La musica non ha mai smesso di lanciare i suoi segnali nei decenni. Segnali e simboli che non si vogliono considerare forse con le dovute attenzioni e riguardi, relegando come sempre la cultura in un piano secondario.
    Per fortuna ci sono ancora personalità motivate e pronte e rialzare la testa oltre che il suono.
    La Cultura è la strada e l'arte è la sua forma più profonda e precisa per segnarne il percorso.
    Restiamo sintonizzati. Soprattutto col cervello. E che questi suoni arrivino alle orecchie da "mercante"del governante.

    #TogetherForPalestine #BrianEno #DamonAlbarn #MusicaPerLaPace #ArteAttivismo #CulturaResistenza #FreePalestine #StopWar #Wembley2025
    🎶 ENO / ALBARN & CO. – La musica colpisce ancora 🎤✊ Se insisto a dire che la Cultura e l'Arte sono la "chiave" di lettura e riconciliazione delle parti nel mondo non è a caso. Perché a differenza di tanti fuffaguru, santoni del web o letterati moderni che devono per forza vendere e accedere alla categoria best seller, gli artisti operano su canoni emozionali e valori condivisi che riescono ad accomunare davvero le persone al di sopra dei soliti criteri politici. E questa non è sola e semplice ricerca di visibilità, perché una kermesse fatta di più interpreti di stili diversi che si unicorno per una performance di un giorno ha un valore maggiore di un comizio. Negli anni ’80 ringraziammo Bob Geldof che con il “Live Aid” lanciò insieme a una schiera di artisti un segnale storico per la lotta alla fame nel mondo. I problemi non sono cambiati purtroppo e si ritornerà di nuovo a Wembley. Magari con meno sfarzo e magniloquenza da anni ’80 ma con una musica che colpisce ancora e lancia i suoi segnali. Possiamo ritenerci fortunati che in questa metà di anni ’20 possiamo ancora contare su “gegnacci” come Brian Eno e Damon Albarn che, con la solita compostezza, occupano ora le prime pagine per un evento degno di nota. Il 17 settembre, Wembley Arena: Together For Palestine. Brian Eno e Damon Albarn guidano una lineup che mescola star globali (James Blake, Jamie xx, Bastille, Paloma Faith…) e voci palestinesi come Adnan Joubran, Faraj Suleiman e Nai Barghouti. L’obiettivo? Eno lo dice chiaro: «Gli artisti hanno sempre aiutato a denunciare le ingiustizie e a immaginare futuri migliori. È il momento di unirci, alzare la voce e riaffermare la nostra umanità condivisa». E poi Albarn, che davanti a Channel 4 News non si nasconde più: «Bisogna riconoscere il genocidio che avviene a Gaza. I palestinesi appartengono a quei territori, non si possono semplicemente cacciare via. Non è accettabile». Il musicista inglese già durante la promozione del nuovo progetto del collettivo Africa Express, Bahidorà, aveva inoltre espresso il desiderio di lavorare con musicisti palestinesi e israeliani: “Africa Express potrebbe andare in Palestina,” aveva detto. “Non è politica, è cultura. Vorrei andare anche in Israele per unire le persone”. Semplice e senza doppie interpretazioni. La musica non ha mai smesso di lanciare i suoi segnali nei decenni. Segnali e simboli che non si vogliono considerare forse con le dovute attenzioni e riguardi, relegando come sempre la cultura in un piano secondario. Per fortuna ci sono ancora personalità motivate e pronte e rialzare la testa oltre che il suono. La Cultura è la strada e l'arte è la sua forma più profonda e precisa per segnarne il percorso. Restiamo sintonizzati. Soprattutto col cervello. E che questi suoni arrivino alle orecchie da "mercante"del governante. #TogetherForPalestine #BrianEno #DamonAlbarn #MusicaPerLaPace #ArteAttivismo #CulturaResistenza #FreePalestine #StopWar #Wembley2025
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