MILANO, IL CORAGGIO NON LO TROVI IN GIUNTA
Il coraggio, evidentemente, non lo si compra al mercato.
La via istituzionale resta sempre quella più dura ma necessaria, perché è lì — tra i banchi del Consiglio — che si misura il peso vero della politica. È lì che servono spina dorsale e coscienza.
Eppure anche oggi, a Milano, abbiamo motivo per incazzarci sul serio. Perché quando si tradiscono i valori, non è solo una mozione a cadere: è un pezzo di dignità collettiva che si sgretola.
La mozione bocciata chiedeva una cosa semplice, chiara, limpida:
che Milano cessasse il gemellaggio con Tel Aviv finché Israele continuerà a violare i diritti umani e il diritto internazionale nei territori palestinesi,
e che la città si facesse promotrice di un dialogo di pace vero, libero da complicità istituzionali e da relazioni di comodo.
Non era una provocazione, ma una presa di posizione morale.
Un segnale concreto per dire che la pace non si invoca: si costruisce anche prendendo le distanze da chi la calpesta ogni giorno.
Dalla città che ama definirsi “medaglia d’oro della Resistenza”, ci saremmo aspettati almeno un lampo di coraggio. Un voto chiaro, netto, capace di dire: “Sì, vogliamo rompere con chi perpetua violenza e oppressione.”
Io quella mozione l’ho firmata convintamente, orgoglioso di essere tra i 1238 milanesi che hanno scelto la coerenza alla convenienza. Perché un’idea giusta non ha bisogno di “targhe” politiche: si sostiene, punto.
Ma ancora una volta, le nostre speranze si sono infrante contro il muro di una Giunta senza vergogna né dignità, dove l’unica bussola sembra essere quella degli affari e delle relazioni “strategiche”.
Sciogliere il gemellaggio con Tel Aviv non era un atto di guerra.
Era un atto di coscienza politica, un segno di autodeterminazione e rispetto verso chi subisce, ogni giorno, la negazione della propria libertà.
Era un modo per dire: Milano è ancora viva, pensa, sceglie.
E invece no.
Milano ha preferito il silenzio.
Ha scelto la comodità dei vincoli, delle lobby, delle famiglie “intoccabili”, e di una memoria storica brandita come scudo, non come lezione.
Oggi questa città vive di rendita morale, come un artista decaduto che si presenta ancora ai festival con un premio vinto quarant’anni fa.
O peggio — come una prostituta di lusso, pronta a muoversi solo quando c’è da compiacere il miglior offerente.
E così, una mozione cade.
E con lei cade un’altra occasione per dimostrare che Milano è ancora la città della Resistenza, e non una vetrina di ipocrisia.
Ma la storia non finisce qui.
Perché fuori da Palazzo Marino, tra chi non si arrende, c’è ancora chi crede in un nuovo soggetto politico dal basso, fondato su coraggio, verità e partecipazione reale.
Da domani basta slogan.
Basta medaglie d’oro sventolate come souvenir.
Milano deve scegliere se vuole essere memoria o coscienza viva.
Perché oggi, purtroppo, non è né l’una né l’altra.
#MilanoSenzaCoraggio
#ResistenzaTradita
#StopGemellaggioTelAviv
#GiuntaSenzaVergogna
#PoliticaConCoscienza
#MilanoIpocrita
#OltreGliAffari
#MilanoResiste
#VergognaCivica
#dirittiumanisempre
🔥 MILANO, IL CORAGGIO NON LO TROVI IN GIUNTA
Il coraggio, evidentemente, non lo si compra al mercato.
La via istituzionale resta sempre quella più dura ma necessaria, perché è lì — tra i banchi del Consiglio — che si misura il peso vero della politica. È lì che servono spina dorsale e coscienza.
Eppure anche oggi, a Milano, abbiamo motivo per incazzarci sul serio. Perché quando si tradiscono i valori, non è solo una mozione a cadere: è un pezzo di dignità collettiva che si sgretola.
La mozione bocciata chiedeva una cosa semplice, chiara, limpida:
👉 che Milano cessasse il gemellaggio con Tel Aviv finché Israele continuerà a violare i diritti umani e il diritto internazionale nei territori palestinesi,
👉 e che la città si facesse promotrice di un dialogo di pace vero, libero da complicità istituzionali e da relazioni di comodo.
Non era una provocazione, ma una presa di posizione morale.
Un segnale concreto per dire che la pace non si invoca: si costruisce anche prendendo le distanze da chi la calpesta ogni giorno.
Dalla città che ama definirsi “medaglia d’oro della Resistenza”, ci saremmo aspettati almeno un lampo di coraggio. Un voto chiaro, netto, capace di dire: “Sì, vogliamo rompere con chi perpetua violenza e oppressione.”
Io quella mozione l’ho firmata convintamente, orgoglioso di essere tra i 1238 milanesi che hanno scelto la coerenza alla convenienza. Perché un’idea giusta non ha bisogno di “targhe” politiche: si sostiene, punto.
Ma ancora una volta, le nostre speranze si sono infrante contro il muro di una Giunta senza vergogna né dignità, dove l’unica bussola sembra essere quella degli affari e delle relazioni “strategiche”.
Sciogliere il gemellaggio con Tel Aviv non era un atto di guerra.
Era un atto di coscienza politica, un segno di autodeterminazione e rispetto verso chi subisce, ogni giorno, la negazione della propria libertà.
Era un modo per dire: Milano è ancora viva, pensa, sceglie.
E invece no.
Milano ha preferito il silenzio.
Ha scelto la comodità dei vincoli, delle lobby, delle famiglie “intoccabili”, e di una memoria storica brandita come scudo, non come lezione.
Oggi questa città vive di rendita morale, come un artista decaduto che si presenta ancora ai festival con un premio vinto quarant’anni fa.
O peggio — come una prostituta di lusso, pronta a muoversi solo quando c’è da compiacere il miglior offerente.
E così, una mozione cade.
E con lei cade un’altra occasione per dimostrare che Milano è ancora la città della Resistenza, e non una vetrina di ipocrisia.
Ma la storia non finisce qui.
Perché fuori da Palazzo Marino, tra chi non si arrende, c’è ancora chi crede in un nuovo soggetto politico dal basso, fondato su coraggio, verità e partecipazione reale.
Da domani basta slogan.
Basta medaglie d’oro sventolate come souvenir.
Milano deve scegliere se vuole essere memoria o coscienza viva.
Perché oggi, purtroppo, non è né l’una né l’altra.
#MilanoSenzaCoraggio
#ResistenzaTradita
#StopGemellaggioTelAviv
#GiuntaSenzaVergogna
#PoliticaConCoscienza
#MilanoIpocrita
#OltreGliAffari
#MilanoResiste
#VergognaCivica
#dirittiumanisempre