• Laser welding is a highly precise and efficient joining process, but one of the most critical yet often overlooked parameters is pulse frequency. Unlike continuous-wave (CW) lasers, pulsed lasers deliver energy in short bursts, and the frequency of these pulses plays a significant role in weld penetration, heat input, and overall quality.
    https://www.cnmarking.com/laser-welding-machine
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    China Laser Welding Machine Manufacturer - Zixu
    Thanks to the mass production and use of fiber lasers in recent years, handheld laser welding machines have become affordable and cost-effective for small and
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  • La pandemia è stato una prova generale di colpo di stato totalitario della Elite mondialista.

    Ecco il testo integrale dell'intervista:

    L’intervista
    ANDREA ZHOK
    «No, non possiamo chiudere il capitolo della pandemia»
    Il filosofo: «Le ingiustizie di quella stagione devono ancora essere sanate. Cosa peggiore, l’esperimento autoritario che allora si aprì in Occidente rischia di essere solo agli inizi»

    di FABIO DRAGONI

    Andrea Zhok, professore di Filosofia morale all’Università degli studi di Milano: «I risarcimenti alle vittime e la sanzione delle gravi ingiustizie sono le spalle da voltare alla stagione della pandemia».
    Eppure la volontà pare inspiegabilmente latente, la critica di gestione pandemica è ancora un tabù.
    «È comprensibile, da settant’anni in qua tendiamo ad assimilare la memoria storica. Riflessi condizionati, in questo riflettere e contrapporre eventi passati deve provare fastidio, discredito per un’epoca di cui si è deciso di essere stati parte».
    Ora, la coazione quasi etica a “voltare pagina” impedisce di rendere giustizia a quanti furono penalizzati da provvedimenti illiberali. Così si rinuncia a porre rimedio. E si rinuncia, anche, a consolidare i fondamenti democratici: l’uso di poteri straordinari in tempi ordinari è diventato una possibilità.
    La morale collettiva si è rotta, e i torti che continuano a infierire meritano giustizia.

    Morale, che vuol dire?
    «L’aspetto morale centrale riguarda un’ingiustizia profonda, mai riconosciuta e tantomeno sanata. La pandemia, in particolare il 15% della popolazione italiana – coloro che, per vari motivi, hanno scelto di non vaccinarsi o non vaccinarsi dopo i figli – è stato sottoposto a un bullismo istituzionale e sociale di proporzioni inedite. Non semplicemente con esclusione da luoghi vari, ma proprio su campagna di deliberata denigrazione. Processo di “chiarificazione amico/nemico” ben orchestrato in cui rappresentanti istituzionali e media, insieme a medici, esperti, officer, supervisori di vario tipo, non solo si sono resi attori, ma hanno attivamente sostenuto l’idea che fosse giusto colpire i non allineati e che non si potesse loro concedere voce, rispetto o tolleranza. Il meccanismo psicologico e sociale messo in atto è quello tipico di ogni persecuzione».

    Una persecuzione?
    «Sì. E proprio perché questo meccanismo è stato a lungo attivo, e ha prodotto danni pesanti (che sono tuttora presenti), sarebbe necessario riconoscerli pubblicamente e moralmente. È un’esigenza morale e civile di verità, ma anche psicologica e sociale. Non si può “passare oltre” come se nulla fosse stato».

    Perché?
    «Perché questi torti, queste ferite, sono rimaste aperte. Nessuno ha chiesto scusa, nessuno ha cercato di ristabilire il diritto a esistere, socialmente e simbolicamente, delle persone così colpite».

    E allora?
    «Bisogna ricominciare dalla verità dei fatti e dei comportamenti. Non si è trattato solo di una serie di decisioni pubbliche più o meno discutibili. Le istituzioni sono andate ben oltre, nella direzione di una campagna sistematica di marginalizzazione del dissenso. Questa è la verità che deve venire alla luce, e di cui si deve rispondere».

    E invece?
    «Nessun tentativo di rielaborazione collettiva. Tutto sotto il tappeto, in attesa che il tempo cancelli i ricordi. Il fatto è che questa ferita non rimarginata è rimasta sana, e continua a ritornare sull’argomento. La rimozione non basta».

    Le paure anche le motivazioni sono rimaste
    «Le conseguenze pratiche della gestione antidemocratica della pandemia sono molte e altrettanto rilevanti. Sul piano istituzionale, il Parlamento è stato esautorato; sul piano giudiziario, si è rivelato incapace di far valere fondamentali diritti costituzionali; sul piano mediatico, si è realizzato un controllo totale dell’informazione, con la messa al bando del dissenso e la sua criminalizzazione; sul piano culturale, si è attivata una spinta alla conformizzazione sociale e alla delazione; sul piano economico, si sono discriminati i lavoratori e imposti obblighi arbitrari, producendo la perdita del reddito. Si sono prodotti danni sanitari, psicologici e traumatici e tutt’oggi ci sono costi persistenti. E che dire dell’impatto psicologico sulle giovani generazioni? Preadolescenti e adolescenti, costretti a lockdown, distanza, distanziamenti e isolamenti, con l’uso della pandemia come tassa obbligata di depressione, ansia, insonnia, isolamento, suicidio e abbandono scolastico. Gli psicologi che lavorano con loro confermano: il sistema di supporto psicologico è già collassato».

    E anche chi non ha avuto traumi, dice che qualcosa è cambiato.
    «Tutti, anche chi è stato meno coinvolto, ha visto mutare radicalmente l’ambiente, l’aria che si respira. Una fetta della popolazione ha smesso di avere fiducia nelle istituzioni, nei media, nella giustizia, nella scienza. È emerso un problema di controllo capillare dell’informazione. Una delle cose emblematiche di quell’evento, rimossa e non discussa, è proprio l’uso sistematico del “fact checking” come dispositivo di manipolazione».

    Le parole della scienza.
    «Sì. E anche l’uso propagandistico della “scienza”, evocata come “autorità indiscutibile”, che però è stata contraddetta sistematicamente dai fatti. La gestione della pandemia è stata una guerra psicologica in piena regola. E ora? Ora, secondo Zhok, «è da lì (da quella data) che il sistema occidentale non riesce più a tornare a una dimensione ordinaria».

    La militarizzazione è un’eredità della pandemia?
    «In Germania alcuni documenti ufficiali hanno reso noto che gli strumenti di controllo della pandemia erano già stati predisposti nel 2012: test di simulazione, documenti e testimonianze confermano la presenza di esperti militari e rappresentanti della Nato nei comitati scientifici, giustificata dalla possibilità di un attacco batteriologico. Indipendentemente da dove il virus che oggi sembri accreditato essere artificiale – ciò che accaduto è stato un cambiamento di paradigma politico».

    A proposito di lockdown, Neil Ferguson ed epidemiologi britannici ebbero a dire: “la Cina è un regime comunista e parlò di uno. Non riusciremmo a farlo in Europa, ah, abbiamo provato. E poi l’Italia lo ha fatto. E si è messo così come potevano farlo».
    Per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale le società occidentali sono state sottoposte a meccanismi di sorveglianza e controllo degni di uno stato totalitario. Una trasformazione è stata gestita con una violenza senza precedenti. L’intimidazione è stata massiccia, sostenuta da organismi sanitari, ministri, talk show, stampa e riviste scientifiche».

    E chi ha provato a opporsi?
    «È stato deriso, criminalizzato, censurato. I media, le piattaforme, i social hanno selezionato sistematicamente le fonti e le opinioni da pubblicare. L’informazione è stata appaltata a “verificatori indipendenti”, che nel 90% dei casi hanno agito come censori. Il dissenso è diventato un reato».

    Cosa significa oggi?
    «Che non si tratta solo di una parentesi. Il problema è che questo esperimento autoritario rischia di essere solo agli inizi. Oggi abbiamo ancora stati di emergenza prorogati in molti Paesi occidentali. E resta la tendenza a criminalizzare il dissenso: ancora oggi in Germania le manifestazioni vengono vietate, in Italia molti professionisti sono stati sospesi o radiati, i media censurano posizioni “controverse”, i social censurano voci dissonanti. La democrazia occidentale non si è ripresa».
    La pandemia è stato una prova generale di colpo di stato totalitario della Elite mondialista. Ecco il testo integrale dell'intervista: L’intervista ANDREA ZHOK «No, non possiamo chiudere il capitolo della pandemia» Il filosofo: «Le ingiustizie di quella stagione devono ancora essere sanate. Cosa peggiore, l’esperimento autoritario che allora si aprì in Occidente rischia di essere solo agli inizi» di FABIO DRAGONI Andrea Zhok, professore di Filosofia morale all’Università degli studi di Milano: «I risarcimenti alle vittime e la sanzione delle gravi ingiustizie sono le spalle da voltare alla stagione della pandemia». Eppure la volontà pare inspiegabilmente latente, la critica di gestione pandemica è ancora un tabù. «È comprensibile, da settant’anni in qua tendiamo ad assimilare la memoria storica. Riflessi condizionati, in questo riflettere e contrapporre eventi passati deve provare fastidio, discredito per un’epoca di cui si è deciso di essere stati parte». Ora, la coazione quasi etica a “voltare pagina” impedisce di rendere giustizia a quanti furono penalizzati da provvedimenti illiberali. Così si rinuncia a porre rimedio. E si rinuncia, anche, a consolidare i fondamenti democratici: l’uso di poteri straordinari in tempi ordinari è diventato una possibilità. La morale collettiva si è rotta, e i torti che continuano a infierire meritano giustizia. Morale, che vuol dire? «L’aspetto morale centrale riguarda un’ingiustizia profonda, mai riconosciuta e tantomeno sanata. La pandemia, in particolare il 15% della popolazione italiana – coloro che, per vari motivi, hanno scelto di non vaccinarsi o non vaccinarsi dopo i figli – è stato sottoposto a un bullismo istituzionale e sociale di proporzioni inedite. Non semplicemente con esclusione da luoghi vari, ma proprio su campagna di deliberata denigrazione. Processo di “chiarificazione amico/nemico” ben orchestrato in cui rappresentanti istituzionali e media, insieme a medici, esperti, officer, supervisori di vario tipo, non solo si sono resi attori, ma hanno attivamente sostenuto l’idea che fosse giusto colpire i non allineati e che non si potesse loro concedere voce, rispetto o tolleranza. Il meccanismo psicologico e sociale messo in atto è quello tipico di ogni persecuzione». Una persecuzione? «Sì. E proprio perché questo meccanismo è stato a lungo attivo, e ha prodotto danni pesanti (che sono tuttora presenti), sarebbe necessario riconoscerli pubblicamente e moralmente. È un’esigenza morale e civile di verità, ma anche psicologica e sociale. Non si può “passare oltre” come se nulla fosse stato». Perché? «Perché questi torti, queste ferite, sono rimaste aperte. Nessuno ha chiesto scusa, nessuno ha cercato di ristabilire il diritto a esistere, socialmente e simbolicamente, delle persone così colpite». E allora? «Bisogna ricominciare dalla verità dei fatti e dei comportamenti. Non si è trattato solo di una serie di decisioni pubbliche più o meno discutibili. Le istituzioni sono andate ben oltre, nella direzione di una campagna sistematica di marginalizzazione del dissenso. Questa è la verità che deve venire alla luce, e di cui si deve rispondere». E invece? «Nessun tentativo di rielaborazione collettiva. Tutto sotto il tappeto, in attesa che il tempo cancelli i ricordi. Il fatto è che questa ferita non rimarginata è rimasta sana, e continua a ritornare sull’argomento. La rimozione non basta». Le paure anche le motivazioni sono rimaste «Le conseguenze pratiche della gestione antidemocratica della pandemia sono molte e altrettanto rilevanti. Sul piano istituzionale, il Parlamento è stato esautorato; sul piano giudiziario, si è rivelato incapace di far valere fondamentali diritti costituzionali; sul piano mediatico, si è realizzato un controllo totale dell’informazione, con la messa al bando del dissenso e la sua criminalizzazione; sul piano culturale, si è attivata una spinta alla conformizzazione sociale e alla delazione; sul piano economico, si sono discriminati i lavoratori e imposti obblighi arbitrari, producendo la perdita del reddito. Si sono prodotti danni sanitari, psicologici e traumatici e tutt’oggi ci sono costi persistenti. E che dire dell’impatto psicologico sulle giovani generazioni? Preadolescenti e adolescenti, costretti a lockdown, distanza, distanziamenti e isolamenti, con l’uso della pandemia come tassa obbligata di depressione, ansia, insonnia, isolamento, suicidio e abbandono scolastico. Gli psicologi che lavorano con loro confermano: il sistema di supporto psicologico è già collassato». E anche chi non ha avuto traumi, dice che qualcosa è cambiato. «Tutti, anche chi è stato meno coinvolto, ha visto mutare radicalmente l’ambiente, l’aria che si respira. Una fetta della popolazione ha smesso di avere fiducia nelle istituzioni, nei media, nella giustizia, nella scienza. È emerso un problema di controllo capillare dell’informazione. Una delle cose emblematiche di quell’evento, rimossa e non discussa, è proprio l’uso sistematico del “fact checking” come dispositivo di manipolazione». Le parole della scienza. «Sì. E anche l’uso propagandistico della “scienza”, evocata come “autorità indiscutibile”, che però è stata contraddetta sistematicamente dai fatti. La gestione della pandemia è stata una guerra psicologica in piena regola. E ora? Ora, secondo Zhok, «è da lì (da quella data) che il sistema occidentale non riesce più a tornare a una dimensione ordinaria». La militarizzazione è un’eredità della pandemia? «In Germania alcuni documenti ufficiali hanno reso noto che gli strumenti di controllo della pandemia erano già stati predisposti nel 2012: test di simulazione, documenti e testimonianze confermano la presenza di esperti militari e rappresentanti della Nato nei comitati scientifici, giustificata dalla possibilità di un attacco batteriologico. Indipendentemente da dove il virus che oggi sembri accreditato essere artificiale – ciò che accaduto è stato un cambiamento di paradigma politico». A proposito di lockdown, Neil Ferguson ed epidemiologi britannici ebbero a dire: “la Cina è un regime comunista e parlò di uno. Non riusciremmo a farlo in Europa, ah, abbiamo provato. E poi l’Italia lo ha fatto. E si è messo così come potevano farlo». Per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale le società occidentali sono state sottoposte a meccanismi di sorveglianza e controllo degni di uno stato totalitario. Una trasformazione è stata gestita con una violenza senza precedenti. L’intimidazione è stata massiccia, sostenuta da organismi sanitari, ministri, talk show, stampa e riviste scientifiche». E chi ha provato a opporsi? «È stato deriso, criminalizzato, censurato. I media, le piattaforme, i social hanno selezionato sistematicamente le fonti e le opinioni da pubblicare. L’informazione è stata appaltata a “verificatori indipendenti”, che nel 90% dei casi hanno agito come censori. Il dissenso è diventato un reato». Cosa significa oggi? «Che non si tratta solo di una parentesi. Il problema è che questo esperimento autoritario rischia di essere solo agli inizi. Oggi abbiamo ancora stati di emergenza prorogati in molti Paesi occidentali. E resta la tendenza a criminalizzare il dissenso: ancora oggi in Germania le manifestazioni vengono vietate, in Italia molti professionisti sono stati sospesi o radiati, i media censurano posizioni “controverse”, i social censurano voci dissonanti. La democrazia occidentale non si è ripresa».
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  • Moni Ovadia: “L’uso infame dell’epiteto ‘antisemita’ contro chi è dalla parte dei perseguitati è una schifezza”

    “L’uso infame e ripugnante dell’epiteto ‘antisemita’, rivolto a persone perbene che sentono come loro fratelli gli ultimi, i vessati, i perseguitati, è una schifezza. È come sputare sulle ceneri dei morti della Shoah“. Sono le parole pronunciate ai microfoni di Battitori Liberi (Radio Cusano Campus) da Moni Ovadia a proposito degli opinionisti che furoreggiano in tv e che sostengono la liceità dei crimini israeliani “per combattere il terrorismo di Hamas”: “Questi giornalisti dicono una stupidaggine di proporzioni ciclopiche, perché sostengono un partito preso a priori. Se fossero onesti, direbbero almeno che Israele ha violato tutte le risoluzioni dell’Onu e la convenzione di Ginevra. Israele, insieme al suo complice, cioè gli Usa – continua- – ha fatto carne di porco del diritto internazionale. Il danno che hanno fatto i sionisti è inenarrabile. Intanto, è la bancarotta fraudolenta di tutto l’Occidente che non si è opposto. Bastava dire agli israeliani che sarebbero stati sostenuti, a patto che avessero rispettato le risoluzioni di Ginevra e dell’Onu. E invece a chiunque muova una critica loro danno dell’antisemita”.

    Ovadia si pronuncia sulle proteste dei parenti degli ostaggi israeliani contro Netanyahu: “Io capisco e sento la tragedia dei familiari, ma avrebbero fatto bene a protestare prima, cioè quando le colonizzazioni, l’occupazione, la segregazione e il razzismo si estendevano progressivamente. Il sionismo è sempre stato ab origine un’ideologia colonialista, razzista e segregazionista. Quando hanno esteso le colonie a dismisura, non c’era ancora Netanyahu. Netanyahu non è una deriva rispetto al sionismo ma è l’epitome del sionismo – continua, citando Golda Meir – C’era Ben Gurion quando fecero la pulizia etnica del ’48, non c’era Netanyahu. Ora c’è naturalmente Netanyahu che fa parte del sionismo revisionista, cioè fascista. Quindi, Netanyahu è un fascista e anche peggio. Però tutto il progetto sionista è stato concepito per scotomizzare i palestinesi dalla realtà”.
    E aggiunge: “Io mi definisco un radicale antisionista. Il sionismo è un progetto fallito nell’infamia. Mi riferisco alle parole del professor Amos Goldberg, il più illustre storico dell’Olocausto israeliano e docente dipartimento di storia ebraica dell’Università ebraica di Gerusalemme e che ha definito quello che accade a Gaza “genocidio intenzionale””.

    Lo scrittore conclude: “A Londra manifestano ogni giorno alcuni sopravvissuti alla Shoah. Il loro rappresentante si chiama Stephen Kapos, da Budapest fu deportato per sette anni ad Auschwitz. Lui gira con un cartello attaccato al collo con la scritta “Stop genocide in Gaza”, ogni giorno che Dio manda in terra. Quindi, nessuno può avocare a sé la titolarità di quella terribile catastrofe subita dagli ebrei – chiosa – perché gli ebrei che sono stati sterminati dai nazisti non avevano una nazione, non erano ebrei della Diaspora. Dubito che, se Hitler avesse visto gli ebrei come sono oggi gli israeliani, avrebbe messo in piedi quell’immane macello. E lo dico perché è pieno di antisemiti che sono ultrafilosionisti, soprattutto in America”.



    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/05/06/ovadia-israele-gaza-genocidio-sionismo-netanyahu/7977351/
    Moni Ovadia: “L’uso infame dell’epiteto ‘antisemita’ contro chi è dalla parte dei perseguitati è una schifezza” “L’uso infame e ripugnante dell’epiteto ‘antisemita’, rivolto a persone perbene che sentono come loro fratelli gli ultimi, i vessati, i perseguitati, è una schifezza. È come sputare sulle ceneri dei morti della Shoah“. Sono le parole pronunciate ai microfoni di Battitori Liberi (Radio Cusano Campus) da Moni Ovadia a proposito degli opinionisti che furoreggiano in tv e che sostengono la liceità dei crimini israeliani “per combattere il terrorismo di Hamas”: “Questi giornalisti dicono una stupidaggine di proporzioni ciclopiche, perché sostengono un partito preso a priori. Se fossero onesti, direbbero almeno che Israele ha violato tutte le risoluzioni dell’Onu e la convenzione di Ginevra. Israele, insieme al suo complice, cioè gli Usa – continua- – ha fatto carne di porco del diritto internazionale. Il danno che hanno fatto i sionisti è inenarrabile. Intanto, è la bancarotta fraudolenta di tutto l’Occidente che non si è opposto. Bastava dire agli israeliani che sarebbero stati sostenuti, a patto che avessero rispettato le risoluzioni di Ginevra e dell’Onu. E invece a chiunque muova una critica loro danno dell’antisemita”. Ovadia si pronuncia sulle proteste dei parenti degli ostaggi israeliani contro Netanyahu: “Io capisco e sento la tragedia dei familiari, ma avrebbero fatto bene a protestare prima, cioè quando le colonizzazioni, l’occupazione, la segregazione e il razzismo si estendevano progressivamente. Il sionismo è sempre stato ab origine un’ideologia colonialista, razzista e segregazionista. Quando hanno esteso le colonie a dismisura, non c’era ancora Netanyahu. Netanyahu non è una deriva rispetto al sionismo ma è l’epitome del sionismo – continua, citando Golda Meir – C’era Ben Gurion quando fecero la pulizia etnica del ’48, non c’era Netanyahu. Ora c’è naturalmente Netanyahu che fa parte del sionismo revisionista, cioè fascista. Quindi, Netanyahu è un fascista e anche peggio. Però tutto il progetto sionista è stato concepito per scotomizzare i palestinesi dalla realtà”. E aggiunge: “Io mi definisco un radicale antisionista. Il sionismo è un progetto fallito nell’infamia. Mi riferisco alle parole del professor Amos Goldberg, il più illustre storico dell’Olocausto israeliano e docente dipartimento di storia ebraica dell’Università ebraica di Gerusalemme e che ha definito quello che accade a Gaza “genocidio intenzionale””. Lo scrittore conclude: “A Londra manifestano ogni giorno alcuni sopravvissuti alla Shoah. Il loro rappresentante si chiama Stephen Kapos, da Budapest fu deportato per sette anni ad Auschwitz. Lui gira con un cartello attaccato al collo con la scritta “Stop genocide in Gaza”, ogni giorno che Dio manda in terra. Quindi, nessuno può avocare a sé la titolarità di quella terribile catastrofe subita dagli ebrei – chiosa – perché gli ebrei che sono stati sterminati dai nazisti non avevano una nazione, non erano ebrei della Diaspora. Dubito che, se Hitler avesse visto gli ebrei come sono oggi gli israeliani, avrebbe messo in piedi quell’immane macello. E lo dico perché è pieno di antisemiti che sono ultrafilosionisti, soprattutto in America”. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/05/06/ovadia-israele-gaza-genocidio-sionismo-netanyahu/7977351/
    WWW.ILFATTOQUOTIDIANO.IT
    Ovadia: “L’uso infame dell’epiteto ‘antisemita’ contro chi è dalla parte dei perseguitati è una schifezza” - Il Fatto Quotidiano
    Lo scrittore cita Amos Goldberg: “A Gaza c’è un genocidio intenzionale”. E attacca il sionismo e molti commentatori televisivi - Video
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  • Snubbing operations are critical in well intervention, allowing for safe and efficient work on live wells. While simulation training provides a controlled environment to develop skills, transitioning to real-world field operations requires careful planning and execution.
    https://www.esimtech.com/well-intervention-simulator/snubbing-simulator-mr.html
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    Deep Well Snubbing Simulator - VR Technology I Esimtech
    Snubbing simulator (MR) combines the full-size drilling snubbing simulator with VR technology. Combination of virtual and reality training environment enables trainees to learn to use the snubbing unit.
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  • Essential Tips for Achieving High-Quality T-Shirt Printing in Australia

    When you're looking to do custom T-shirt printing in Australia, producing high-quality results is essential to developing products people will notice. If you are going to get the best possible result, you have to select a printing method that will allow you to produce the best possible outcome. This means weighing up your options depending on your design and budget: screen printing, direct-to-garment (DTG) printing, or heat transfer printing. You should also use the highest quality materials that will last, look good, and be a pleasure to wear. Your choice of fabric is critical, because if it is poor quality, so will the print. When working somewhere where this may apply, you need to ensure the color is correct, so always work with quality inks and check the printer is prepped with the appropriate settings. A decent printer will go a step further and give you a proof detailing every aspect of your design before producing the final print. We encourage partners to seek experienced professionals who can offer advice, support, and an understanding of the differences when doing prints on specific fabrics. By following these points and working with the right people, you will produce quality, bright, long-lasting T-shirts that will be appreciated by your audience long after the sale.

    https://peakperformanceprints.com.au/
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  • In modern manufacturing, surface preparation is a critical step in ensuring product quality, durability, and performance.

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  • Qualche anno dopo la mia nascita, mio padre conobbe una sconosciuta appena arrivata nel nostro piccolo paese.
    Fin da subito ne fu affascinato…
    Tanto da invitarla a vivere con noi.

    La sconosciuta accettò. E, sorprendentemente, anche mia madre lo fece.

    Crescendo, quella presenza diventò parte della mia vita.
    Aveva un posto tutto suo nella nostra casa e nella mia mente.

    Mia madre mi insegnava il bene e il male.
    Mio padre mi insegnava l’obbedienza.
    Ma lei…
    Lei era più forte.

    Ci parlava per ore di misteri, avventure, emozioni.
    Aveva sempre una risposta a tutto.
    Conosceva il passato, il presente… e prevedeva il futuro.
    Non si poteva discutere con lei.
    Aveva sempre l’ultima parola.

    Fu lei a portarci per la prima volta a una partita di calcio,
    a farci ridere, a farci piangere.
    Parlava senza sosta, e mio padre la adorava.
    Mia madre, un po’ gelosa, ci diceva: «Zitti, ascoltiamo».

    Mio padre, a volte, la portava in camera sua… e ci dormiva accanto.
    A mia madre non piaceva, ma la accettò.

    E ora mi chiedo: avrà mai pregato che se ne andasse?

    Mio padre gestiva la casa con principi morali forti.
    Ma lei non era tenuta a seguirli.

    Niente parolacce, niente litigi tra noi.
    Ma lei?
    Parlava in modo volgare, libero, a volte offensivo.
    Faceva arrossire mio padre e mia madre.

    Ci era vietato fumare o bere.
    Ma lei ci incoraggiava, diceva che era “normale”.
    Parlava apertamente (forse troppo) di sesso.
    E oggi so: ha influenzato il mio modo di vedere le relazioni.

    L’abbiamo criticata tante volte.
    Ma non se n’è mai andata.
    Anzi.
    Siamo stati noi a darle spazio. A farla restare.

    Sono passati più di cinquant’anni.
    Lei è ancora lì.
    È cambiata. È più giovane. Più elegante. Più “smart”.
    Sta lì, in silenzio,
    aspettando che qualcuno le dedichi del tempo.

    Il suo nome?

    La Televisione.

    Ora è sposata con il Computer,
    ha un figlio chiamato Tablet,
    e un nipote chiamato Cellulare.

    La sconosciuta ha una famiglia.

    E la nostra?
    Ognuno più distante dall’altro…
    Qualche anno dopo la mia nascita, mio padre conobbe una sconosciuta appena arrivata nel nostro piccolo paese. Fin da subito ne fu affascinato… Tanto da invitarla a vivere con noi. La sconosciuta accettò. E, sorprendentemente, anche mia madre lo fece. Crescendo, quella presenza diventò parte della mia vita. Aveva un posto tutto suo nella nostra casa e nella mia mente. Mia madre mi insegnava il bene e il male. Mio padre mi insegnava l’obbedienza. Ma lei… Lei era più forte. Ci parlava per ore di misteri, avventure, emozioni. Aveva sempre una risposta a tutto. Conosceva il passato, il presente… e prevedeva il futuro. Non si poteva discutere con lei. Aveva sempre l’ultima parola. Fu lei a portarci per la prima volta a una partita di calcio, a farci ridere, a farci piangere. Parlava senza sosta, e mio padre la adorava. Mia madre, un po’ gelosa, ci diceva: «Zitti, ascoltiamo». Mio padre, a volte, la portava in camera sua… e ci dormiva accanto. A mia madre non piaceva, ma la accettò. E ora mi chiedo: avrà mai pregato che se ne andasse? Mio padre gestiva la casa con principi morali forti. Ma lei non era tenuta a seguirli. Niente parolacce, niente litigi tra noi. Ma lei? Parlava in modo volgare, libero, a volte offensivo. Faceva arrossire mio padre e mia madre. Ci era vietato fumare o bere. Ma lei ci incoraggiava, diceva che era “normale”. Parlava apertamente (forse troppo) di sesso. E oggi so: ha influenzato il mio modo di vedere le relazioni. L’abbiamo criticata tante volte. Ma non se n’è mai andata. Anzi. Siamo stati noi a darle spazio. A farla restare. Sono passati più di cinquant’anni. Lei è ancora lì. È cambiata. È più giovane. Più elegante. Più “smart”. Sta lì, in silenzio, aspettando che qualcuno le dedichi del tempo. Il suo nome? La Televisione. 📺 Ora è sposata con il Computer, ha un figlio chiamato Tablet, e un nipote chiamato Cellulare. La sconosciuta ha una famiglia. E la nostra? Ognuno più distante dall’altro…
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  • Italia e la libertà di stampa: un declino che preoccupa

    Il nuovo rapporto annuale di Reporters sans frontières (RSF) fotografa una realtà allarmante: la libertà di stampa nel mondo è al “minimo storico” e l’Italia scivola al 49esimo posto, il peggiore dell’Europa occidentale, perdendo tre posizioni rispetto all’anno precedente.
    Un dato che non sorprende chi segue da tempo le dinamiche del nostro Paese, ma che dovrebbe comunque indignare e preoccupare ogni cittadino consapevole del ruolo cruciale dell’informazione in una democrazia.

    I motivi della retrocessione

    Secondo RSF, le minacce alla libertà di stampa in Italia sono molteplici e strutturali:
    • Le organizzazioni mafiose, soprattutto nel Sud, continuano a intimidire e condizionare i giornalisti.
    • Gruppi estremisti compiono atti di violenza contro chi fa informazione.
    • La classe politica tenta di ostacolare la libera informazione, in particolare sulle inchieste giudiziarie, attraverso la cosiddetta “legge bavaglio” che limita la pubblicazione delle intercettazioni.
    • Proliferano le azioni legali strumentali (le cosiddette “querele temerarie”) per intimidire, imbavagliare o punire chi cerca di raccontare fatti di interesse pubblico.

    Un quadro internazionale cupo, ma l’Italia spicca in negativo

    La situazione globale è grave: oltre metà della popolazione mondiale vive in Paesi dove la stampa è sotto attacco. In fondo alla classifica troviamo regimi notoriamente autoritari come Cina, Corea del Nord ed Eritrea. Tuttavia, l’Italia, pur restando formalmente una democrazia, mostra segnali preoccupanti di deriva autoritaria proprio nel modo in cui tratta l’informazione e chi la produce.

    La deriva autoritaria: segnali da non sottovalutare

    Il progressivo restringimento degli spazi di libertà per la stampa è un indicatore chiave della salute democratica di un Paese. In Italia, il tentativo di limitare la pubblicazione delle intercettazioni, la pressione giudiziaria sui giornalisti e la violenza – fisica e verbale – contro chi esercita il diritto di cronaca, sono segnali inequivocabili di una deriva autoritaria.
    Non si tratta di semplici “incidenti di percorso”, ma di una strategia sistematica volta a ridurre la capacità dei media di svolgere il loro ruolo di controllo del potere.
    “Il giornalismo indipendente è una spina nel fianco degli autocrati”, ricorda la direttrice generale di RSF Anja Osterhaus.
    Se i media sono finanziariamente in difficoltà e sotto pressione politica e giudiziaria, chi smaschererà disinformazione e propaganda?

    Cosa resta della democrazia senza una stampa libera?

    La libertà di stampa non è un lusso, ma il fondamento di ogni democrazia reale. Senza la possibilità per i giornalisti di indagare, raccontare e criticare senza timori di ritorsioni, la democrazia si svuota di significato e diventa una mera facciata. La discesa dell’Italia nella classifica RSF non è solo un dato statistico: è il sintomo di una malattia profonda che rischia di uccidere quel poco di democrazia che ancora ci resta.

    Conclusione

    Davanti a questi dati, non basta indignarsi: serve una presa di coscienza collettiva e una mobilitazione concreta per difendere la libertà di stampa. Perché dove muore l’informazione, muore anche la democrazia. E la deriva autoritaria, oggi, non è più solo una minaccia lontana, ma una realtà che avanza silenziosa, giorno dopo giorno, anche in Italia.

    COMMENTO all'ARTICOLO uscito oggi:
    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/05/02/nel-mondo-la-liberta-di-stampa-e-al-minimo-storico-litalia-scende-al-49esimo-posto-il-report-di-rsf/7972129
    Italia e la libertà di stampa: un declino che preoccupa Il nuovo rapporto annuale di Reporters sans frontières (RSF) fotografa una realtà allarmante: la libertà di stampa nel mondo è al “minimo storico” e l’Italia scivola al 49esimo posto, il peggiore dell’Europa occidentale, perdendo tre posizioni rispetto all’anno precedente. Un dato che non sorprende chi segue da tempo le dinamiche del nostro Paese, ma che dovrebbe comunque indignare e preoccupare ogni cittadino consapevole del ruolo cruciale dell’informazione in una democrazia. I motivi della retrocessione Secondo RSF, le minacce alla libertà di stampa in Italia sono molteplici e strutturali: • Le organizzazioni mafiose, soprattutto nel Sud, continuano a intimidire e condizionare i giornalisti. • Gruppi estremisti compiono atti di violenza contro chi fa informazione. • La classe politica tenta di ostacolare la libera informazione, in particolare sulle inchieste giudiziarie, attraverso la cosiddetta “legge bavaglio” che limita la pubblicazione delle intercettazioni. • Proliferano le azioni legali strumentali (le cosiddette “querele temerarie”) per intimidire, imbavagliare o punire chi cerca di raccontare fatti di interesse pubblico. Un quadro internazionale cupo, ma l’Italia spicca in negativo La situazione globale è grave: oltre metà della popolazione mondiale vive in Paesi dove la stampa è sotto attacco. In fondo alla classifica troviamo regimi notoriamente autoritari come Cina, Corea del Nord ed Eritrea. Tuttavia, l’Italia, pur restando formalmente una democrazia, mostra segnali preoccupanti di deriva autoritaria proprio nel modo in cui tratta l’informazione e chi la produce. La deriva autoritaria: segnali da non sottovalutare Il progressivo restringimento degli spazi di libertà per la stampa è un indicatore chiave della salute democratica di un Paese. In Italia, il tentativo di limitare la pubblicazione delle intercettazioni, la pressione giudiziaria sui giornalisti e la violenza – fisica e verbale – contro chi esercita il diritto di cronaca, sono segnali inequivocabili di una deriva autoritaria. Non si tratta di semplici “incidenti di percorso”, ma di una strategia sistematica volta a ridurre la capacità dei media di svolgere il loro ruolo di controllo del potere. “Il giornalismo indipendente è una spina nel fianco degli autocrati”, ricorda la direttrice generale di RSF Anja Osterhaus. Se i media sono finanziariamente in difficoltà e sotto pressione politica e giudiziaria, chi smaschererà disinformazione e propaganda? Cosa resta della democrazia senza una stampa libera? La libertà di stampa non è un lusso, ma il fondamento di ogni democrazia reale. Senza la possibilità per i giornalisti di indagare, raccontare e criticare senza timori di ritorsioni, la democrazia si svuota di significato e diventa una mera facciata. La discesa dell’Italia nella classifica RSF non è solo un dato statistico: è il sintomo di una malattia profonda che rischia di uccidere quel poco di democrazia che ancora ci resta. Conclusione Davanti a questi dati, non basta indignarsi: serve una presa di coscienza collettiva e una mobilitazione concreta per difendere la libertà di stampa. Perché dove muore l’informazione, muore anche la democrazia. E la deriva autoritaria, oggi, non è più solo una minaccia lontana, ma una realtà che avanza silenziosa, giorno dopo giorno, anche in Italia. COMMENTO all'ARTICOLO uscito oggi: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/05/02/nel-mondo-la-liberta-di-stampa-e-al-minimo-storico-litalia-scende-al-49esimo-posto-il-report-di-rsf/7972129
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    Nel mondo la libertà di stampa è al "minimo storico", l'Italia scende al 49esimo posto. Il report di Rsf - Il Fatto Quotidiano
    Siamo il Paese peggiore dell’Europa occidentale, scesi di ben tre posti (dal 46esimo al 49esimo) nella classifica generale. Passano gli anni e i numeri di Reporters sans frontières che riguardano la libertà di stampa per l’Italia, ma non solo, sono sempre più impietosi. Proprio alla vigilia della Giornata internazionale per la libertà di stampa, l’organizzazione …
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  • Ma va? Non ce n'eravamo accorti? SI VUOLE ASSASSINARE la DEMOCRAZIA o quel POCO che NE RIMANE!

    Nel mondo la libertà di stampa è al "minimo storico", l'Italia scende al 49esimo posto. Il report di Rsf - Il Fatto Quotidiano
    Siamo il Paese peggiore dell’Europa occidentale, scesi di ben tre posti (dal 46esimo al 49esimo) nella classifica generale. Passano gli anni e i numeri di Reporters sans frontières che riguardano la libertà di stampa per l’Italia, ma non solo, sono sempre più impietosi. Proprio alla vigilia della Giornata internazionale per la libertà di stampa, l’organizzazione …

    Siamo il Paese peggiore dell’Europa occidentale, scesi di ben tre posti (dal 46esimo al 49esimo) nella classifica generale. Passano gli anni e i numeri di Reporters sans frontières che riguardano la libertà di stampa per l’Italia, ma non solo, sono sempre più impietosi. Proprio alla vigilia della Giornata internazionale per la libertà di stampa, l’organizzazione no profit anticipa i risultati del suo report annuale (basato su cinque categorie: politica, diritti, economia, socio-cultura e sicurezza) e, a proposito del nostro Paese, scrive: “La libertà di stampa in Italia continua a essere minacciata dalle organizzazioni mafiose, in particolare nel sud del Paese, nonché da vari gruppi estremisti che commettono atti di violenza. I giornalisti lamentano anche il tentativo della classe politica di ostacolare la libera informazione in materia giudiziaria attraverso una ‘legge bavaglio‘ – quella che impedisce la pubblicazione delle intercettazioni, ndr – che si aggiunge alla prassi di azioni legali intentate per intimidire, imbavagliare o punire coloro che cercano di partecipare e di esprimersi su questioni di interesse pubblico”.

    Non è, però, che al resto del mondo vada molto meglio. “La situazione della libertà di stampa globale nel 2025 è ai minimi storici – spiega l’organizzazione nella sua analisi –. Più di metà della popolazione mondiale vive in Paesi con una situazione molto grave”. In fondo alla classifica ci sono Cina, Corea del Nord ed Eritrea, che si collocano rispettivamente alla 178ma, 179ma e 180ma posizione. Male anche gli Stati Uniti, e già nei mesi prima del ritorno del tycoon: passano dal 55mo al 57mo posto con “il primo significativo e prolungato declino della libertà di stampa nella storia moderna, mentre il ritorno di Donald Trump alla presidenza sta aggravando notevolmente la situazione”.

    L’Europa rimane ancora il posto del mondo in cui i giornalisti possono fare informazione con maggiore libertà: nel nostro continente troviamo sette Paesi (sui 180) in cui la situazione è “buona”.

    A guidare la classifica mondiale c’è infatti la Norvegia, primato che si rinnova, seguita da Estonia e Paesi Bassi. Il Regno Unito si piazza ventesimo, surclassato – ed è la sorpresa – da Trinidad e Tobago, la Francia segue Taiwan al 25esimo posto. Ci sono poi delle retrocessioni ancora più eclatanti: la Germania, lo scorso anno al decimo posto, è finita undicesima a causa del “clima di lavoro sempre più ostile per i professionisti dei media in Germania, in particolare a causa degli attacchi dell’estrema destra”. Nel 2024, scrive Rsf, i giornalisti tedeschi che hanno avuto a che fare con ambienti di estrema destra e partiti come Alternativa per la Germania sono stati nuovamente a rischio, denunciando minacce, insulti e timore di violenza fisica. Anche in termini editoriali, la Germania è stata criticata, con il rapporto che indica “numerosi casi documentati in cui i professionisti dei media hanno segnalato ostacoli sproporzionatamente elevati nel riportare informazioni sul conflitto in Medio Oriente”.

    In generale, per la libertà di stampa in tutto il mondo non è un buon momento: “Oltre a una situazione di sicurezza fragile e al crescente autoritarismo, la pressione economica in particolare sta causando problemi ai media di tutto il mondo”, ha affermato Reporters Sans Frontieres. Come sottolinea la direttrice generale Anja Osterhaus, “il giornalismo indipendente è una spina nel fianco degli autocrati”, ma “se i media sono finanziariamente in difficoltà, chi smaschererà disinformazione, disinformazione e propaganda? Oltre alla nostra lotta quotidiana per la sicurezza dei giornalisti, ci impegniamo quindi anche a rafforzare le basi economiche del giornalismo”.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/05/02/nel-mondo-la-liberta-di-stampa-e-al-minimo-storico-litalia-scende-al-49esimo-posto-il-report-di-rsf/7972129/
    Ma va? Non ce n'eravamo accorti? SI VUOLE ASSASSINARE la DEMOCRAZIA o quel POCO che NE RIMANE! Nel mondo la libertà di stampa è al "minimo storico", l'Italia scende al 49esimo posto. Il report di Rsf - Il Fatto Quotidiano Siamo il Paese peggiore dell’Europa occidentale, scesi di ben tre posti (dal 46esimo al 49esimo) nella classifica generale. Passano gli anni e i numeri di Reporters sans frontières che riguardano la libertà di stampa per l’Italia, ma non solo, sono sempre più impietosi. Proprio alla vigilia della Giornata internazionale per la libertà di stampa, l’organizzazione … Siamo il Paese peggiore dell’Europa occidentale, scesi di ben tre posti (dal 46esimo al 49esimo) nella classifica generale. Passano gli anni e i numeri di Reporters sans frontières che riguardano la libertà di stampa per l’Italia, ma non solo, sono sempre più impietosi. Proprio alla vigilia della Giornata internazionale per la libertà di stampa, l’organizzazione no profit anticipa i risultati del suo report annuale (basato su cinque categorie: politica, diritti, economia, socio-cultura e sicurezza) e, a proposito del nostro Paese, scrive: “La libertà di stampa in Italia continua a essere minacciata dalle organizzazioni mafiose, in particolare nel sud del Paese, nonché da vari gruppi estremisti che commettono atti di violenza. I giornalisti lamentano anche il tentativo della classe politica di ostacolare la libera informazione in materia giudiziaria attraverso una ‘legge bavaglio‘ – quella che impedisce la pubblicazione delle intercettazioni, ndr – che si aggiunge alla prassi di azioni legali intentate per intimidire, imbavagliare o punire coloro che cercano di partecipare e di esprimersi su questioni di interesse pubblico”. Non è, però, che al resto del mondo vada molto meglio. “La situazione della libertà di stampa globale nel 2025 è ai minimi storici – spiega l’organizzazione nella sua analisi –. Più di metà della popolazione mondiale vive in Paesi con una situazione molto grave”. In fondo alla classifica ci sono Cina, Corea del Nord ed Eritrea, che si collocano rispettivamente alla 178ma, 179ma e 180ma posizione. Male anche gli Stati Uniti, e già nei mesi prima del ritorno del tycoon: passano dal 55mo al 57mo posto con “il primo significativo e prolungato declino della libertà di stampa nella storia moderna, mentre il ritorno di Donald Trump alla presidenza sta aggravando notevolmente la situazione”. L’Europa rimane ancora il posto del mondo in cui i giornalisti possono fare informazione con maggiore libertà: nel nostro continente troviamo sette Paesi (sui 180) in cui la situazione è “buona”. A guidare la classifica mondiale c’è infatti la Norvegia, primato che si rinnova, seguita da Estonia e Paesi Bassi. Il Regno Unito si piazza ventesimo, surclassato – ed è la sorpresa – da Trinidad e Tobago, la Francia segue Taiwan al 25esimo posto. Ci sono poi delle retrocessioni ancora più eclatanti: la Germania, lo scorso anno al decimo posto, è finita undicesima a causa del “clima di lavoro sempre più ostile per i professionisti dei media in Germania, in particolare a causa degli attacchi dell’estrema destra”. Nel 2024, scrive Rsf, i giornalisti tedeschi che hanno avuto a che fare con ambienti di estrema destra e partiti come Alternativa per la Germania sono stati nuovamente a rischio, denunciando minacce, insulti e timore di violenza fisica. Anche in termini editoriali, la Germania è stata criticata, con il rapporto che indica “numerosi casi documentati in cui i professionisti dei media hanno segnalato ostacoli sproporzionatamente elevati nel riportare informazioni sul conflitto in Medio Oriente”. In generale, per la libertà di stampa in tutto il mondo non è un buon momento: “Oltre a una situazione di sicurezza fragile e al crescente autoritarismo, la pressione economica in particolare sta causando problemi ai media di tutto il mondo”, ha affermato Reporters Sans Frontieres. Come sottolinea la direttrice generale Anja Osterhaus, “il giornalismo indipendente è una spina nel fianco degli autocrati”, ma “se i media sono finanziariamente in difficoltà, chi smaschererà disinformazione, disinformazione e propaganda? Oltre alla nostra lotta quotidiana per la sicurezza dei giornalisti, ci impegniamo quindi anche a rafforzare le basi economiche del giornalismo”. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/05/02/nel-mondo-la-liberta-di-stampa-e-al-minimo-storico-litalia-scende-al-49esimo-posto-il-report-di-rsf/7972129/
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    Nel mondo la libertà di stampa è al "minimo storico", l'Italia scende al 49esimo posto. Il report di Rsf - Il Fatto Quotidiano
    Siamo il Paese peggiore dell’Europa occidentale, scesi di ben tre posti (dal 46esimo al 49esimo) nella classifica generale. Passano gli anni e i numeri di Reporters sans frontières che riguardano la libertà di stampa per l’Italia, ma non solo, sono sempre più impietosi. Proprio alla vigilia della Giornata internazionale per la libertà di stampa, l’organizzazione …
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  • The global Organic Spices Market is experiencing a dynamic transformation as the growing consumer inclination toward healthier and more sustainable food options continues to gain momentum. With the rise in health-conscious consumers, the demand for organic spices has surged, driven by their potential health benefits and the increasing awareness of the harmful effects of synthetic pesticides and fertilizers. This press release highlights the market’s trajectory, key growth drivers, challenges, regional dynamics, and leading companies in the industry.The organic spices market size is expected to reach USD 3.83 billion by 2034, according to a new study by Polaris Market Research.

    Market Overview:
    The organic spices market refers to the production, distribution, and sale of spices cultivated through organic farming methods. Organic farming excludes the use of synthetic chemicals, fertilizers, and pesticides, making organic spices a healthier alternative to conventionally grown spices. Spices are essential ingredients in culinary traditions across the world, and organic versions are increasingly sought after for their rich flavor profiles, higher nutritional value, and environmental sustainability.

    As per recent market reports, the global organic spices market is projected to grow significantly over the next decade. The rise in organic food consumption and increased awareness about the health benefits of organic spices, combined with the expanding popularity of plant-based diets, is expected to boost the market further. Organic spices are increasingly seen not only as flavor enhancers but also as functional foods with medicinal and nutritional benefits.

    Key Market Growth Drivers:
    Several factors are driving the expansion of the organic spices market globally:

    Health Benefits of Organic Spices: One of the primary drivers of the organic spice demand is the increasing focus on health and wellness. Consumers are becoming more conscious of the health implications of their food choices. Organic spices, including turmeric, ginger, cinnamon, and black pepper, are rich in antioxidants, anti-inflammatory properties, and various vitamins and minerals. Studies have linked these compounds to improved immune function, digestive health, and even cancer prevention, making organic spices a sought-after ingredient in health-conscious diets.

    Rise in Health-Conscious Consumers: As more individuals adopt clean eating habits, there has been a substantial rise in the consumption of organic food products. Organic spices, being a key component of a healthy diet, have witnessed a steady increase in demand. The global trend towards plant-based diets also drives the need for organic, flavor-enhancing alternatives to processed foods.

    Increased Awareness of Sustainable Agriculture: The shift towards sustainable farming practices has accelerated, with consumers increasingly prioritizing products that are environmentally friendly. Organic farming practices, which focus on soil health, biodiversity, and reducing chemical use, have gained widespread acceptance. This focus on sustainable agriculture has played a critical role in boosting the demand for organic spices, as they align with consumers' environmental values.

    Globalization of Cuisines and Spices Export: The globalization of food cultures has made exotic spices more popular across regions. As culinary traditions from Asia, Africa, and the Middle East influence international food trends, organic spices are becoming increasingly available in mainstream markets. Spices export from countries like India, Indonesia, and Sri Lanka is growing, with these nations serving as key suppliers of organic spices to developed markets such as the United States and Europe.

    Market Challenges:
    Despite the impressive growth potential, the organic spices market faces several challenges:

    High Production Costs: Organic farming typically requires more labor-intensive processes and longer crop cycles compared to conventional farming. These factors lead to higher production costs, which can make organic spices more expensive than their non-organic counterparts. For some consumers, the price gap is a significant barrier to purchasing organic spices, especially in price-sensitive markets.

    Supply Chain and Quality Control Issues: The organic spice supply chain is complex, with many stages from cultivation to distribution. Ensuring consistent quality and adhering to certification standards are crucial but challenging, as spices need to meet stringent organic certification guidelines. There have been concerns about fraud and contamination, as some products may be labeled as organic when they do not meet the required standards. This issue can undermine consumer trust and hinder market growth.

    Weather and Climate Dependency: Organic spice production is highly dependent on favorable weather and climate conditions. Any disruptions due to extreme weather events, such as droughts or floods, can negatively impact crop yields and spice quality. This makes organic spice cultivation vulnerable to climate change, which is increasingly affecting global agricultural practices.

    Regional Analysis:
    The organic spices market is growing at different rates across regions, with some markets expanding faster than others:

    North America: North America, particularly the United States and Canada, represents one of the largest markets for organic spices. The growing popularity of organic products among North American consumers is due to increased awareness of the health benefits of organic foods. Organic spices are widely available in retail chains, health food stores, and online marketplaces. Moreover, North America is a major importer of organic spices from countries in Asia, Latin America, and Africa.

    Europe: Europe is another key region for the organic spices market. Countries like Germany, France, and the UK have seen a significant rise in the demand for organic food products, including spices. The European market is driven by consumer demand for health-conscious products and sustainability. Organic certification requirements in Europe are stringent, ensuring high-quality standards for organic spices.

    Asia-Pacific: The Asia-Pacific region holds a dominant position in the production and export of organic spices. India, in particular, is a key player in the global organic spice market, known for producing high-quality organic spices such as turmeric, ginger, and cardamom. The rising middle class in countries like India and China is also contributing to the increasing domestic demand for organic products.

    Latin America: Latin America has been gradually expanding its footprint in the organic spices market. Countries like Mexico and Peru are increasing their production of organic spices, catering to both local and international markets. With a favorable climate for spice cultivation, Latin America has the potential to become a leading supplier of organic spices.

    Key Companies in the Organic Spices Market:
    Several companies are leading the charge in the organic spices market, focusing on innovation, sustainability, and quality to meet consumer demand. Some of the major players include:

    McCormick & Company, Inc.: A global leader in the spice industry, McCormick offers a wide range of organic spices. The company’s commitment to sustainability and sourcing organic ingredients has positioned it as a key player in the organic spices market.

    Frontier Co-op: Known for its focus on organic and fair trade products, Frontier Co-op offers a diverse selection of organic spices, including popular varieties such as cumin, chili powder, and cinnamon.

    Organic Spices Pvt. Ltd.: An India-based company specializing in organic spice production, Organic Spices Pvt. Ltd. is one of the largest producers of organic spices, exporting products to North America, Europe, and the Middle East.

    Spicely Organics: Spicely Organics is a US-based company that specializes in producing certified organic spices. They are known for their wide range of high-quality, sustainably sourced organic spices and herbs.

    Starwest Botanicals: Another leading player in the organic spice market, Starwest Botanicals offers a variety of organic spices, herbs, and teas. The company places a strong emphasis on sustainability and ethical sourcing.

    Conclusion:
    The organic spices market is poised for remarkable growth as health-conscious consumers increasingly choose organic products for their culinary and health benefits. With growing demand, especially in North America and Europe, the market offers significant opportunities for producers, exporters, and retailers. However, challenges such as high production costs and supply chain complexities remain. By addressing these issues and continuing to prioritize sustainability and health benefits, the organic spice market can continue to thrive in the years to come.

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Spices are essential ingredients in culinary traditions across the world, and organic versions are increasingly sought after for their rich flavor profiles, higher nutritional value, and environmental sustainability. As per recent market reports, the global organic spices market is projected to grow significantly over the next decade. The rise in organic food consumption and increased awareness about the health benefits of organic spices, combined with the expanding popularity of plant-based diets, is expected to boost the market further. Organic spices are increasingly seen not only as flavor enhancers but also as functional foods with medicinal and nutritional benefits. Key Market Growth Drivers: Several factors are driving the expansion of the organic spices market globally: Health Benefits of Organic Spices: One of the primary drivers of the organic spice demand is the increasing focus on health and wellness. Consumers are becoming more conscious of the health implications of their food choices. Organic spices, including turmeric, ginger, cinnamon, and black pepper, are rich in antioxidants, anti-inflammatory properties, and various vitamins and minerals. Studies have linked these compounds to improved immune function, digestive health, and even cancer prevention, making organic spices a sought-after ingredient in health-conscious diets. Rise in Health-Conscious Consumers: As more individuals adopt clean eating habits, there has been a substantial rise in the consumption of organic food products. Organic spices, being a key component of a healthy diet, have witnessed a steady increase in demand. The global trend towards plant-based diets also drives the need for organic, flavor-enhancing alternatives to processed foods. Increased Awareness of Sustainable Agriculture: The shift towards sustainable farming practices has accelerated, with consumers increasingly prioritizing products that are environmentally friendly. Organic farming practices, which focus on soil health, biodiversity, and reducing chemical use, have gained widespread acceptance. This focus on sustainable agriculture has played a critical role in boosting the demand for organic spices, as they align with consumers' environmental values. Globalization of Cuisines and Spices Export: The globalization of food cultures has made exotic spices more popular across regions. As culinary traditions from Asia, Africa, and the Middle East influence international food trends, organic spices are becoming increasingly available in mainstream markets. Spices export from countries like India, Indonesia, and Sri Lanka is growing, with these nations serving as key suppliers of organic spices to developed markets such as the United States and Europe. Market Challenges: Despite the impressive growth potential, the organic spices market faces several challenges: High Production Costs: Organic farming typically requires more labor-intensive processes and longer crop cycles compared to conventional farming. These factors lead to higher production costs, which can make organic spices more expensive than their non-organic counterparts. For some consumers, the price gap is a significant barrier to purchasing organic spices, especially in price-sensitive markets. Supply Chain and Quality Control Issues: The organic spice supply chain is complex, with many stages from cultivation to distribution. Ensuring consistent quality and adhering to certification standards are crucial but challenging, as spices need to meet stringent organic certification guidelines. There have been concerns about fraud and contamination, as some products may be labeled as organic when they do not meet the required standards. This issue can undermine consumer trust and hinder market growth. Weather and Climate Dependency: Organic spice production is highly dependent on favorable weather and climate conditions. Any disruptions due to extreme weather events, such as droughts or floods, can negatively impact crop yields and spice quality. This makes organic spice cultivation vulnerable to climate change, which is increasingly affecting global agricultural practices. Regional Analysis: The organic spices market is growing at different rates across regions, with some markets expanding faster than others: North America: North America, particularly the United States and Canada, represents one of the largest markets for organic spices. The growing popularity of organic products among North American consumers is due to increased awareness of the health benefits of organic foods. Organic spices are widely available in retail chains, health food stores, and online marketplaces. Moreover, North America is a major importer of organic spices from countries in Asia, Latin America, and Africa. Europe: Europe is another key region for the organic spices market. Countries like Germany, France, and the UK have seen a significant rise in the demand for organic food products, including spices. The European market is driven by consumer demand for health-conscious products and sustainability. Organic certification requirements in Europe are stringent, ensuring high-quality standards for organic spices. Asia-Pacific: The Asia-Pacific region holds a dominant position in the production and export of organic spices. India, in particular, is a key player in the global organic spice market, known for producing high-quality organic spices such as turmeric, ginger, and cardamom. The rising middle class in countries like India and China is also contributing to the increasing domestic demand for organic products. Latin America: Latin America has been gradually expanding its footprint in the organic spices market. Countries like Mexico and Peru are increasing their production of organic spices, catering to both local and international markets. With a favorable climate for spice cultivation, Latin America has the potential to become a leading supplier of organic spices. Key Companies in the Organic Spices Market: Several companies are leading the charge in the organic spices market, focusing on innovation, sustainability, and quality to meet consumer demand. Some of the major players include: McCormick & Company, Inc.: A global leader in the spice industry, McCormick offers a wide range of organic spices. The company’s commitment to sustainability and sourcing organic ingredients has positioned it as a key player in the organic spices market. Frontier Co-op: Known for its focus on organic and fair trade products, Frontier Co-op offers a diverse selection of organic spices, including popular varieties such as cumin, chili powder, and cinnamon. Organic Spices Pvt. Ltd.: An India-based company specializing in organic spice production, Organic Spices Pvt. Ltd. is one of the largest producers of organic spices, exporting products to North America, Europe, and the Middle East. Spicely Organics: Spicely Organics is a US-based company that specializes in producing certified organic spices. They are known for their wide range of high-quality, sustainably sourced organic spices and herbs. Starwest Botanicals: Another leading player in the organic spice market, Starwest Botanicals offers a variety of organic spices, herbs, and teas. The company places a strong emphasis on sustainability and ethical sourcing. Conclusion: The organic spices market is poised for remarkable growth as health-conscious consumers increasingly choose organic products for their culinary and health benefits. With growing demand, especially in North America and Europe, the market offers significant opportunities for producers, exporters, and retailers. However, challenges such as high production costs and supply chain complexities remain. By addressing these issues and continuing to prioritize sustainability and health benefits, the organic spice market can continue to thrive in the years to come. More Trending Latest Reports By Polaris Market Research: Infectious Disease Diagnostics Market Bee Pollen Supplements Market Chilled and Deli Foods Market Mobile Wallet Market Modified Polypropylene Market Engineering Services Outsourcing Market Automation COE Market Playout Automation & Channel-in-a-Box Market Blood Glucose Monitoring Device Market
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